Mese: Marzo 2023 Pagina 5 di 149

ISPRA : PESCATORI E RICERCATORI PROTAGONISTI DELLA SALVAGUARDIA DEL MARE

Concluso con successo il progetto Mo.Ri.net

Monitoraggio, censimento, raccolta e avvio al riciclo delle reti fantasma

Reti a strascico, attrezzi da pesca persi o abbandonati, lenze, tramagli, nasse. Questo, in parte, il triste bottino che il mare, in circa un anno e mezzo, ha restituito ai Ricercatori ISPRA, impegnati in prima fila nel progetto Mo.Ri.Net “Monitoraggio, censimento, raccolta e avvio al riciclo delle reti fantasma”, frutto di un partenariato composto da ISPRA, PolieCo, Università degli Studi di Siena, AMP Isola dell’Asinara e AMP Capo Carbonara, nato con l’intento di rimuovere i rifiuti marini, in particolare reti perse o impigliate o parti di esse, precedentemente identificati e geolocalizzati, in due aere Pilota: Area Marina Protetta del Parco dell’Asinara e nel Golfo dell’Asinara e Area Marina Protetta di Capo Carbonara in Sardegna.

Del progetto e dei suoi risultati se ne parlerà oggi nell’evento finale a Porto Torres, uno scambio di esperienze con altri progetti che si occupano del problema dei rifiuti marini in Sardegna, per tracciare nuove prospettive di sviluppo nell’ottica dell’Economia Circolare, perché i rifiuti raccolti, se idonei, possono essere avviati al processo di riciclo e valorizzazione.

Durante la prima fase del progetto, le due aree soggette a protezione sono state caratterizzate in termini di biodiversità, con la descrizione dei popolamenti presenti e l’individuazione di habitat, specie protette, zone di pregio e di rilevanza conservazionistica. Contemporaneamente, attraverso l’impiego di Multibeam e ROV (Remotely Operated Vehicle) sono stati determinati numero, tipologia e densità dei rifiuti marini per una prima valutazione dell’impatto di questi sulle comunità presenti. Sono stati, inoltre, effettuati campionamenti delle microplastiche e il prelievo di biopsie sui cetacei.

Tutti i campionamenti sono stati eseguiti a luglio e agosto 2022 nell’Area Marina Protetta dell’Isola dell’Asinara, a bordo dell’imbarcazione Vega 1 e ad ottobre 2022 nell’Area Marina Protetta di Villasimius a bordo della nave oceanografica Astrea di proprietà dell’ISPRA.

Sono state inoltre condotte campagne di pesca dei rifiuti. Nel Golfo dell’Asinara sono stati trovati mediamente 97 oggetti/km2, con un massimo di 732 oggetti/km2, ma in alcune cale (per la precisione 4 su 37) nessun rifiuto è stato rilevato. Il valore risulta basso se confrontato con altre aree italiane del Mediterraneo, dove sono stati condotti monitoraggi simili (ad esempio nel Golfo di Venezia sono stati trovati mediamente 567/576 oggetti/km2 in monitoraggi svolti tra il 2014 e il 2015. Il prelievo di diverse specie ittiche, analizzate per valutare l’ingestione di particelle di plastiche, ha anche in questo caso evidenziato percentuali più basse rispetto a quelle osservate precedentemente in altre aree del Mediterraneo sulle medesime specie.

La seconda, e più importante fase, ha permesso di rimuovere i rifiuti marini. Complessivamente, ne sono stati raccolte circa 2 tonnellate. Non soltanto reti da pesca o parti di queste, ma anche bottiglie di vetro e plastica, lattine e sacchetti. Un’operazione delicata che segue protocolli specifici al fine di non risultare dannosa per gli organismi e gli habitat.

Oltre all’ausilio del nucleo Carabinieri Subacquei di Cagliari, prezioso è stato il contributo dei pescatori che hanno collaborato al progetto, fornendo supporto logistico e raccogliendo a bordo dei pescherecci i rifiuti rimasti impigliati nelle reti durante la loro attività di pesca (attività nota come fishing for litter). Le reti perse, disincagliate dal fondo dai subacquei, sono state quindi portate in superficie tramite palloni di sollevamento e salpate dai pescherecci che hanno offerto il loro supporto. 

Purtroppo, la terza ed ultima fase, coordinata dal PolieCo, che ha riguardato la gestione del rifiuto a terra del materiale raccolto, non ha avuto l’esito sperato. I rifiuti recuperati hanno mostrato caratteristiche di non idoneità al successivo trattamento di riciclo poiché il lungo tempo di permanenza sul fondo ha determinato che fossero colonizzati da diversi organismi incrostanti, che ne hanno fatto perdere le caratteristiche tecniche idonee al corretto riciclo. Per questo motivo, i materiali raccolti hanno preso la strada dello smaltimento. 

I Ricercatori dell’ISPRA, che costantemente monitorano i fondali marini con l’ausilio del ROV, hanno osservato come i rifiuti e gli attrezzi da pesca persi interagiscano negativamente con l’ambiente marino. I danni sono riconducibili principalmente al fenomeno dell’entanglement, ovvero al ricoprimento, abrasione e/o completa copertura degli organismi. Le reti e le lenze continuando ad esercitare la loro funzione di pesca anche se ormai persi, possono infatti sradicare organismi come gorgonie e coralli, muovendosi sul fondo trascinate dalle correnti, oppure possono diventare una trappola per organismi come pesci e crostacei, che inesorabilmente incontrano la loro distruzione.

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Concluso con successo il progetto Mo.Ri.net

Monitoraggio, censimento, raccolta e avvio al riciclo delle reti fantasma

Reti a strascico, attrezzi da pesca persi o abbandonati, lenze, tramagli, nasse. Questo, in parte, il triste bottino che il mare, in circa un anno e mezzo, ha restituito ai Ricercatori ISPRA, impegnati in prima fila nel progetto Mo.Ri.Net “Monitoraggio, censimento, raccolta e avvio al riciclo delle reti fantasma”, frutto di un partenariato composto da ISPRA, PolieCo, Università degli Studi di Siena, AMP Isola dell’Asinara e AMP Capo Carbonara, nato con l’intento di rimuovere i rifiuti marini, in particolare reti perse o impigliate o parti di esse, precedentemente identificati e geolocalizzati, in due aere Pilota: Area Marina Protetta del Parco dell’Asinara e nel Golfo dell’Asinara e Area Marina Protetta di Capo Carbonara in Sardegna.

Del progetto e dei suoi risultati se ne parlerà oggi nell’evento finale a Porto Torres, uno scambio di esperienze con altri progetti che si occupano del problema dei rifiuti marini in Sardegna, per tracciare nuove prospettive di sviluppo nell’ottica dell’Economia Circolare, perché i rifiuti raccolti, se idonei, possono essere avviati al processo di riciclo e valorizzazione.

Durante la prima fase del progetto, le due aree soggette a protezione sono state caratterizzate in termini di biodiversità, con la descrizione dei popolamenti presenti e l’individuazione di habitat, specie protette, zone di pregio e di rilevanza conservazionistica. Contemporaneamente, attraverso l’impiego di Multibeam e ROV (Remotely Operated Vehicle) sono stati determinati numero, tipologia e densità dei rifiuti marini per una prima valutazione dell’impatto di questi sulle comunità presenti. Sono stati, inoltre, effettuati campionamenti delle microplastiche e il prelievo di biopsie sui cetacei.

Tutti i campionamenti sono stati eseguiti a luglio e agosto 2022 nell’Area Marina Protetta dell’Isola dell’Asinara, a bordo dell’imbarcazione Vega 1 e ad ottobre 2022 nell’Area Marina Protetta di Villasimius a bordo della nave oceanografica Astrea di proprietà dell’ISPRA.

Sono state inoltre condotte campagne di pesca dei rifiuti. Nel Golfo dell’Asinara sono stati trovati mediamente 97 oggetti/km2, con un massimo di 732 oggetti/km2, ma in alcune cale (per la precisione 4 su 37) nessun rifiuto è stato rilevato. Il valore risulta basso se confrontato con altre aree italiane del Mediterraneo, dove sono stati condotti monitoraggi simili (ad esempio nel Golfo di Venezia sono stati trovati mediamente 567/576 oggetti/km2 in monitoraggi svolti tra il 2014 e il 2015. Il prelievo di diverse specie ittiche, analizzate per valutare l’ingestione di particelle di plastiche, ha anche in questo caso evidenziato percentuali più basse rispetto a quelle osservate precedentemente in altre aree del Mediterraneo sulle medesime specie.

La seconda, e più importante fase, ha permesso di rimuovere i rifiuti marini. Complessivamente, ne sono stati raccolte circa 2 tonnellate. Non soltanto reti da pesca o parti di queste, ma anche bottiglie di vetro e plastica, lattine e sacchetti. Un’operazione delicata che segue protocolli specifici al fine di non risultare dannosa per gli organismi e gli habitat.

Oltre all’ausilio del nucleo Carabinieri Subacquei di Cagliari, prezioso è stato il contributo dei pescatori che hanno collaborato al progetto, fornendo supporto logistico e raccogliendo a bordo dei pescherecci i rifiuti rimasti impigliati nelle reti durante la loro attività di pesca (attività nota come fishing for litter). Le reti perse, disincagliate dal fondo dai subacquei, sono state quindi portate in superficie tramite palloni di sollevamento e salpate dai pescherecci che hanno offerto il loro supporto. 

Purtroppo, la terza ed ultima fase, coordinata dal PolieCo, che ha riguardato la gestione del rifiuto a terra del materiale raccolto, non ha avuto l’esito sperato. I rifiuti recuperati hanno mostrato caratteristiche di non idoneità al successivo trattamento di riciclo poiché il lungo tempo di permanenza sul fondo ha determinato che fossero colonizzati da diversi organismi incrostanti, che ne hanno fatto perdere le caratteristiche tecniche idonee al corretto riciclo. Per questo motivo, i materiali raccolti hanno preso la strada dello smaltimento. 

I Ricercatori dell’ISPRA, che costantemente monitorano i fondali marini con l’ausilio del ROV, hanno osservato come i rifiuti e gli attrezzi da pesca persi interagiscano negativamente con l’ambiente marino. I danni sono riconducibili principalmente al fenomeno dell’entanglement, ovvero al ricoprimento, abrasione e/o completa copertura degli organismi. Le reti e le lenze continuando ad esercitare la loro funzione di pesca anche se ormai persi, possono infatti sradicare organismi come gorgonie e coralli, muovendosi sul fondo trascinate dalle correnti, oppure possono diventare una trappola per organismi come pesci e crostacei, che inesorabilmente incontrano la loro distruzione.

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Reti a strascico, attrezzi da pesca persi o abbandonati, lenze, tramagli, nasse. Questo, in parte, il triste bottino che il mare, in circa un anno e mezzo, ha restituito ai Ricercatori ISPRA, impegnati in prima fila nel progetto Mo.Ri.Net “Monitoraggio, censimento, raccolta e avvio al riciclo delle reti fantasma”, frutto di un partenariato composto da ISPRA, PolieCo, Università degli Studi di Siena, AMP Isola dell’Asinara e AMP Capo Carbonara, nato con l’intento di rimuovere i rifiuti marini, in particolare reti perse o impigliate o parti di esse, precedentemente identificati e geolocalizzati, in due aere Pilota: Area Marina Protetta del Parco dell’Asinara e nel Golfo dell’Asinara e Area Marina Protetta di Capo Carbonara in Sardegna.

Del progetto e dei suoi risultati se ne parlerà oggi nell’evento finale a Porto Torres, uno scambio di esperienze con altri progetti che si occupano del problema dei rifiuti marini in Sardegna, per tracciare nuove prospettive di sviluppo nell’ottica dell’Economia Circolare, perché i rifiuti raccolti, se idonei, possono essere avviati al processo di riciclo e valorizzazione.

Durante la prima fase del progetto, le due aree soggette a protezione sono state caratterizzate in termini di biodiversità, con la descrizione dei popolamenti presenti e l’individuazione di habitat, specie protette, zone di pregio e di rilevanza conservazionistica. Contemporaneamente, attraverso l’impiego di Multibeam e ROV (Remotely Operated Vehicle) sono stati determinati numero, tipologia e densità dei rifiuti marini per una prima valutazione dell’impatto di questi sulle comunità presenti. Sono stati, inoltre, effettuati campionamenti delle microplastiche e il prelievo di biopsie sui cetacei.

Tutti i campionamenti sono stati eseguiti a luglio e agosto 2022 nell’Area Marina Protetta dell’Isola dell’Asinara, a bordo dell’imbarcazione Vega 1 e ad ottobre 2022 nell’Area Marina Protetta di Villasimius a bordo della nave oceanografica Astrea di proprietà dell’ISPRA.

Sono state inoltre condotte campagne di pesca dei rifiuti. Nel Golfo dell’Asinara sono stati trovati mediamente 97 oggetti/km2, con un massimo di 732 oggetti/km2, ma in alcune cale (per la precisione 4 su 37) nessun rifiuto è stato rilevato. Il valore risulta basso se confrontato con altre aree italiane del Mediterraneo, dove sono stati condotti monitoraggi simili (ad esempio nel Golfo di Venezia sono stati trovati mediamente 567/576 oggetti/km2 in monitoraggi svolti tra il 2014 e il 2015. Il prelievo di diverse specie ittiche, analizzate per valutare l’ingestione di particelle di plastiche, ha anche in questo caso evidenziato percentuali più basse rispetto a quelle osservate precedentemente in altre aree del Mediterraneo sulle medesime specie.

La seconda, e più importante fase, ha permesso di rimuovere i rifiuti marini. Complessivamente, ne sono stati raccolte circa 2 tonnellate. Non soltanto reti da pesca o parti di queste, ma anche bottiglie di vetro e plastica, lattine e sacchetti. Un’operazione delicata che segue protocolli specifici al fine di non risultare dannosa per gli organismi e gli habitat.

Oltre all’ausilio del nucleo Carabinieri Subacquei di Cagliari, prezioso è stato il contributo dei pescatori che hanno collaborato al progetto, fornendo supporto logistico e raccogliendo a bordo dei pescherecci i rifiuti rimasti impigliati nelle reti durante la loro attività di pesca (attività nota come fishing for litter). Le reti perse, disincagliate dal fondo dai subacquei, sono state quindi portate in superficie tramite palloni di sollevamento e salpate dai pescherecci che hanno offerto il loro supporto. 

Purtroppo, la terza ed ultima fase, coordinata dal PolieCo, che ha riguardato la gestione del rifiuto a terra del materiale raccolto, non ha avuto l’esito sperato. I rifiuti recuperati hanno mostrato caratteristiche di non idoneità al successivo trattamento di riciclo poiché il lungo tempo di permanenza sul fondo ha determinato che fossero colonizzati da diversi organismi incrostanti, che ne hanno fatto perdere le caratteristiche tecniche idonee al corretto riciclo. Per questo motivo, i materiali raccolti hanno preso la strada dello smaltimento. 

I Ricercatori dell’ISPRA, che costantemente monitorano i fondali marini con l’ausilio del ROV, hanno osservato come i rifiuti e gli attrezzi da pesca persi interagiscano negativamente con l’ambiente marino. I danni sono riconducibili principalmente al fenomeno dell’entanglement, ovvero al ricoprimento, abrasione e/o completa copertura degli organismi. Le reti e le lenze continuando ad esercitare la loro funzione di pesca anche se ormai persi, possono infatti sradicare organismi come gorgonie e coralli, muovendosi sul fondo trascinate dalle correnti, oppure possono diventare una trappola per organismi come pesci e crostacei, che inesorabilmente incontrano la loro distruzione.

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Del progetto e dei suoi risultati se ne parlerà oggi nell’evento finale a Porto Torres, uno scambio di esperienze con altri progetti che si occupano del problema dei rifiuti marini in Sardegna, per tracciare nuove prospettive di sviluppo nell’ottica dell’Economia Circolare, perché i rifiuti raccolti, se idonei, possono essere avviati al processo di riciclo e valorizzazione.

Durante la prima fase del progetto, le due aree soggette a protezione sono state caratterizzate in termini di biodiversità, con la descrizione dei popolamenti presenti e l’individuazione di habitat, specie protette, zone di pregio e di rilevanza conservazionistica. Contemporaneamente, attraverso l’impiego di Multibeam e ROV (Remotely Operated Vehicle) sono stati determinati numero, tipologia e densità dei rifiuti marini per una prima valutazione dell’impatto di questi sulle comunità presenti. Sono stati, inoltre, effettuati campionamenti delle microplastiche e il prelievo di biopsie sui cetacei.

Tutti i campionamenti sono stati eseguiti a luglio e agosto 2022 nell’Area Marina Protetta dell’Isola dell’Asinara, a bordo dell’imbarcazione Vega 1 e ad ottobre 2022 nell’Area Marina Protetta di Villasimius a bordo della nave oceanografica Astrea di proprietà dell’ISPRA.

Sono state inoltre condotte campagne di pesca dei rifiuti. Nel Golfo dell’Asinara sono stati trovati mediamente 97 oggetti/km2, con un massimo di 732 oggetti/km2, ma in alcune cale (per la precisione 4 su 37) nessun rifiuto è stato rilevato. Il valore risulta basso se confrontato con altre aree italiane del Mediterraneo, dove sono stati condotti monitoraggi simili (ad esempio nel Golfo di Venezia sono stati trovati mediamente 567/576 oggetti/km2 in monitoraggi svolti tra il 2014 e il 2015. Il prelievo di diverse specie ittiche, analizzate per valutare l’ingestione di particelle di plastiche, ha anche in questo caso evidenziato percentuali più basse rispetto a quelle osservate precedentemente in altre aree del Mediterraneo sulle medesime specie.

La seconda, e più importante fase, ha permesso di rimuovere i rifiuti marini. Complessivamente, ne sono stati raccolte circa 2 tonnellate. Non soltanto reti da pesca o parti di queste, ma anche bottiglie di vetro e plastica, lattine e sacchetti. Un’operazione delicata che segue protocolli specifici al fine di non risultare dannosa per gli organismi e gli habitat.

Oltre all’ausilio del nucleo Carabinieri Subacquei di Cagliari, prezioso è stato il contributo dei pescatori che hanno collaborato al progetto, fornendo supporto logistico e raccogliendo a bordo dei pescherecci i rifiuti rimasti impigliati nelle reti durante la loro attività di pesca (attività nota come fishing for litter). Le reti perse, disincagliate dal fondo dai subacquei, sono state quindi portate in superficie tramite palloni di sollevamento e salpate dai pescherecci che hanno offerto il loro supporto. 

Purtroppo, la terza ed ultima fase, coordinata dal PolieCo, che ha riguardato la gestione del rifiuto a terra del materiale raccolto, non ha avuto l’esito sperato. I rifiuti recuperati hanno mostrato caratteristiche di non idoneità al successivo trattamento di riciclo poiché il lungo tempo di permanenza sul fondo ha determinato che fossero colonizzati da diversi organismi incrostanti, che ne hanno fatto perdere le caratteristiche tecniche idonee al corretto riciclo. Per questo motivo, i materiali raccolti hanno preso la strada dello smaltimento. 

I Ricercatori dell’ISPRA, che costantemente monitorano i fondali marini con l’ausilio del ROV, hanno osservato come i rifiuti e gli attrezzi da pesca persi interagiscano negativamente con l’ambiente marino. I danni sono riconducibili principalmente al fenomeno dell’entanglement, ovvero al ricoprimento, abrasione e/o completa copertura degli organismi. Le reti e le lenze continuando ad esercitare la loro funzione di pesca anche se ormai persi, possono infatti sradicare organismi come gorgonie e coralli, muovendosi sul fondo trascinate dalle correnti, oppure possono diventare una trappola per organismi come pesci e crostacei, che inesorabilmente incontrano la loro distruzione.

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Del progetto e dei suoi risultati se ne parlerà oggi nell’evento finale a Porto Torres, uno scambio di esperienze con altri progetti che si occupano del problema dei rifiuti marini in Sardegna, per tracciare nuove prospettive di sviluppo nell’ottica dell’Economia Circolare, perché i rifiuti raccolti, se idonei, possono essere avviati al processo di riciclo e valorizzazione.

Durante la prima fase del progetto, le due aree soggette a protezione sono state caratterizzate in termini di biodiversità, con la descrizione dei popolamenti presenti e l’individuazione di habitat, specie protette, zone di pregio e di rilevanza conservazionistica. Contemporaneamente, attraverso l’impiego di Multibeam e ROV (Remotely Operated Vehicle) sono stati determinati numero, tipologia e densità dei rifiuti marini per una prima valutazione dell’impatto di questi sulle comunità presenti. Sono stati, inoltre, effettuati campionamenti delle microplastiche e il prelievo di biopsie sui cetacei.

Tutti i campionamenti sono stati eseguiti a luglio e agosto 2022 nell’Area Marina Protetta dell’Isola dell’Asinara, a bordo dell’imbarcazione Vega 1 e ad ottobre 2022 nell’Area Marina Protetta di Villasimius a bordo della nave oceanografica Astrea di proprietà dell’ISPRA.

Sono state inoltre condotte campagne di pesca dei rifiuti. Nel Golfo dell’Asinara sono stati trovati mediamente 97 oggetti/km2, con un massimo di 732 oggetti/km2, ma in alcune cale (per la precisione 4 su 37) nessun rifiuto è stato rilevato. Il valore risulta basso se confrontato con altre aree italiane del Mediterraneo, dove sono stati condotti monitoraggi simili (ad esempio nel Golfo di Venezia sono stati trovati mediamente 567/576 oggetti/km2 in monitoraggi svolti tra il 2014 e il 2015. Il prelievo di diverse specie ittiche, analizzate per valutare l’ingestione di particelle di plastiche, ha anche in questo caso evidenziato percentuali più basse rispetto a quelle osservate precedentemente in altre aree del Mediterraneo sulle medesime specie.

La seconda, e più importante fase, ha permesso di rimuovere i rifiuti marini. Complessivamente, ne sono stati raccolte circa 2 tonnellate. Non soltanto reti da pesca o parti di queste, ma anche bottiglie di vetro e plastica, lattine e sacchetti. Un’operazione delicata che segue protocolli specifici al fine di non risultare dannosa per gli organismi e gli habitat.

Oltre all’ausilio del nucleo Carabinieri Subacquei di Cagliari, prezioso è stato il contributo dei pescatori che hanno collaborato al progetto, fornendo supporto logistico e raccogliendo a bordo dei pescherecci i rifiuti rimasti impigliati nelle reti durante la loro attività di pesca (attività nota come fishing for litter). Le reti perse, disincagliate dal fondo dai subacquei, sono state quindi portate in superficie tramite palloni di sollevamento e salpate dai pescherecci che hanno offerto il loro supporto. 

Purtroppo, la terza ed ultima fase, coordinata dal PolieCo, che ha riguardato la gestione del rifiuto a terra del materiale raccolto, non ha avuto l’esito sperato. I rifiuti recuperati hanno mostrato caratteristiche di non idoneità al successivo trattamento di riciclo poiché il lungo tempo di permanenza sul fondo ha determinato che fossero colonizzati da diversi organismi incrostanti, che ne hanno fatto perdere le caratteristiche tecniche idonee al corretto riciclo. Per questo motivo, i materiali raccolti hanno preso la strada dello smaltimento. 

I Ricercatori dell’ISPRA, che costantemente monitorano i fondali marini con l’ausilio del ROV, hanno osservato come i rifiuti e gli attrezzi da pesca persi interagiscano negativamente con l’ambiente marino. I danni sono riconducibili principalmente al fenomeno dell’entanglement, ovvero al ricoprimento, abrasione e/o completa copertura degli organismi. Le reti e le lenze continuando ad esercitare la loro funzione di pesca anche se ormai persi, possono infatti sradicare organismi come gorgonie e coralli, muovendosi sul fondo trascinate dalle correnti, oppure possono diventare una trappola per organismi come pesci e crostacei, che inesorabilmente incontrano la loro distruzione.

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