E’ stato presentato questa mattina al Blue Forum, in anteprima nazionale l’XI Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare, un documento atteso dall’intero comparto, dal titolo “La dimensione nazionale e territoriale dello sviluppo”.
Realizzato da Camera di Commercio Frosinone Latina, Informare ed Ossermare con Unioncamere, Centro Studi Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne e la Rete dell’Economia del Mare Italiana, lo studio prende le mosse da una introduzione del Ministro Nello Musumeci di cui riportiamo alcuni passaggi: “Possiamo dirlo, ormai, con assoluta certezza: sta maturando in Italia una nuova coscienza “marinara“ o, se si preferisce, un diverso e più consapevole approccio culturale verso il mare (…).
È in tale contesto quanto mai favorevole – e, per certi versi, inedito – che vede la luce questo XI Rapporto nazionale sull’Economia del mare. Un appuntamento annuale con uno fra i più preziosi strumenti di analisi e di programmazione delle attività legate alla risorsa mare. Ed è per questo che sento di esprimere la mia gratitudine al Sistema camerale, alla Camera di Commercio Frosinone Latina, all’Osservatorio nazionale ed al Centro studi Tagliacarne, per questo lavoro di sintesi che da oltre un decennio mettono a disposizione di tutti i soggetti pubblici e privati interessati. I dati che offre il Rapporto, ad una prima lettura, sono confortanti e confermano un trend positivo: cresce il tessuto imprenditoriale legato al mare e cresce, soprattutto, nel Mezzogiorno; e si affermano sempre più, anche all’estero, l’apprezzamento per la qualità della nostra cantieristica e la produzione ittica, solo per fare un esempio. Abbiamo davanti a noi sfide impegnative da affrontare e vincere, in una competizione internazionale che non concede tregua. Il governo – che ha deciso di mettere il Mare al centro della propria agenda – è pronto a fare la sua parte, accanto alle imprese e al mondo del lavoro, per la crescita e lo sviluppo sostenibile. Vento in poppa, dunque, verso gli orizzonti comuni”.
Parole queste alle quali si unisce Acampora, Presidente della Camera di Commercio di Frosinone e Latina, Si.Camera e Assonautica Italiana: “L’Economia del Mare ha finalmente trovato un panorama istituzionale favorevole, grazie all’istituzione del Ministero per le politiche del Mare e del Comitato Interministeriale, che confermano la scelta di percorrere la strada del riconoscimento della identità marittima dell’Italia. Identità, oltre alla centralità geografica nel Mediterraneo, che trova riscontro nella nostra lunga storia di relazioni commerciali, di tradizioni e di mestieri fortemente legate al Mare Nostrum, e che merita di avere una sintesi istituzionale univoca, dove si definisca la visione strategica unitaria di sviluppo, che risponda ad un’agenda chiara e percorribile.
Alla scrittura di questa agenda devono necessariamente concorrere gli utenti del mare di tutti i settori che operano per e nell’Economia del Mare, in un partenariato pubblico/privato che sta trovando la sua forza nella determinazione di tutti gli stakeholder.
Per questo, partendo dalla Comunicazione della Commissione Europea 240 final del 17 Maggio 2021, abbiamo lanciato il Blue Forum Italia Network, una comunità ampia e trasversale che si riconosca nella necessità di tutelare e valorizzare la nostra risorsa più grande, il mare.
Il percorso avviato, in piena sintonia con l’Europa e in particolare con la Presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola, prosegue per contribuire insieme alla costruzione della nuova visione strategica marittima italiana nel contesto europeo, in linea con gli obiettivi comuni e comunitari di una economia blu sostenibile. L’intero sistema camerale, capitanato da Assonautica Italiana, l’Associazione nazionale per lo sviluppo dell’Economia del Mare espressione di Unioncamere e deputata a svolgere il ruolo di facilitatore per tutte le Associazioni e per tutti gli operatori e le imprese del perimetro di attività della blue economy, da sempre è in prima linea facendo da sponda al mondo produttivo e alle Istituzioni, locali e nazionali, con un’azione la cui rotta è ispirata ad una visione trasversale rispetto alle diverse filiere e fortemente orientata alle sinergie dei territori.
Proprio per questo il Summit Nazionale sull’Economia del Mare è e continuerà ad essere l’occasione di confronto e di lavoro annuale di tutti gli stakeholder del mare operanti in tutti i settori”.
Dichiarazioni queste seguite da quelle di Antonello Testa Coordinatore Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare – OsserMare nel corso della presentazione a Gaeta: “L’Economia del Mare tra componente diretta e indiretta arriva a circa 143 Miliardi di Euro quasi il 9% del complesso del valore aggiunto con una occupazione di circa 914 mila addetti. Siamo arrivati alla undicesima edizione del Rapporto Nazionale, uno strumento sempre più evoluto che ci permette di verificare i movimenti dei mercati del Sistema Mare, fissando in modo scientifico e inequivocabile le dinamiche di questo importante macrosettore. Coerentemente con gli obiettivi di questo 2° Summit il nostro contributo al piano del mare non può essere che evidenziare quanto sia importante conoscere i valori economici sempre aggiornati dell’Economia del Mare, al fine di definire lo scenario e la strategia marittima della nostra nazione”.
Ma entriamo nel merito del Report.
Scrive Gaetano Fausto Esposito, Direttore Generale Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne: “Il Rapporto ci racconta del superamento della grave crisi pandemica che aveva colpito la filiera, in particolare nella componente più direttamente legata allo spostamento di persone e agli aspetti di ordine turistico. Nel 2021 il “Sistema mare” ha segnato una crescita del prodotto diretto del 9,2%, una crescita più ampia rispetto al dato medio nazionale del 6,4%. Un’economia che, considerando anche la componente indiretta, arriva a circa 143 miliardi di euro, quasi il 9% del complesso del valore aggiunto prodotto, con una occupazione di circa 914 mila persone direttamente coinvolte. L’economia del mare sotto molti versi “capovolge” il tradizionale modo di guardare ai processi territoriali dello sviluppo nel nostro Paese e ridisegna le relazioni Nord-Sud, con un’Italia Centrale e un Mezzogiorno che concentrano il 61% del valore aggiunto prodotto dalla filiera, contro poco più del 44% di quello complessivo, e il 67,3% degli occupati, rispetto a meno del 49% di quelli totali.
Il dinamismo di questa componente è poi confermato dalla voglia di fare impresa: nel 2022 rispetto al 2019 il tessuto imprenditoriale blu si è incremento del 4,4%, contro una contrazione nello stesso periodo dell’1,2% del totale delle imprese. E nel Mezzogiorno questa crescita è stata più che doppia rispetto al dato medio nazionale, sfiorando il 10%.
La Blue Economy è quindi anche un fattore di riequilibrio territoriale all’interno di una più ampia attenzione ai trend di sviluppo. Questo accade anche per la componente imprenditoriale giovanile, che è molto più presente nel Mezzogiorno e rappresenta un indubbio elemento positivo anche valutato nella prospettiva di ulteriore crescita. Ma il tema resta ancora una volta la diversa capacità di “fare filiera”, e filiera ad alto valore aggiunto, dell’economia blu nelle diverse aree del Paese. Una misura della capacità di attivare sviluppo ci è dato dal valore del moltiplicatore, che se per l’intero Paese è pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella Blue Economy se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende a 1,6, contro l’1,9 del dato settentrionale. Per avere un’idea, qualora il valore del moltiplicatore nel Mezzogiorno fosse pari a quello settentrionale ci sarebbe un ulteriore incremento del valore aggiunto dell’area pari a circa 6 milioni di euro. Tra le novità positive del Rapporto di quest’anno si segnala anche la forte crescita della presenza internazionale della filiera. In questo caso la misurazione riguarda il solo settore della cantieristica e quello ittico, che nel complesso sono cresciuti di oltre il 37% rispetto al 2021 (a fronte di una variazione dell’export nazionale che si attesta al 20%). Ma il dato più significativo è il saldo della bilancia commerciale relativa, che segna un attivo, riconducibile al forte surplus della cantieristica, per la prima volta dopo oltre dieci anni.
Nel valore di una filiera entrano oggi sempre più aspetti relativi alla sostenibilità ambientale, e da questo punto di vista ci sono tanti segnali di una filiera che è più attenta rispetto alle altre componenti dell’economia: le imprese blu che hanno realizzato soluzioni per la promozione della sostenibilità ambientale ridisegnando il processo produttivo assumono valori doppi rispetto alla media delle imprese italiane (rispettivamente 18% contro poco più del 9%).
In sintesi, da questa edizione del Rapporto emerge, quindi, una filiera in salute e in crescita, capace di dare un contributo molto importante ai processi di sviluppo e, per questa via, anche a una maggiore espressione della libertà effettiva delle persone”.
La Commissione Europea, come ormai da cinque anni, ha pubblicato l’edizione 2022 del “The EU Blue Economy Report”, un rapporto annuale nel quale si fornisce un quadro sulla portata e sulla dimensione della Blue Economy in tutta l’Unione Europea. Dal punto di vista geografico il Report si concentra sul territorio dell’Unione Europea comprese, ove possibile, le regioni ultraperiferiche dell’UE egli Stati membri senza sbocco sul mare. Dal punto di vista temporale l’analisi si focalizza sul decennio 2009-2019.
Il quadro che emerge, in sintesi, è quello di una economia blu complessivamente in espansione nell’Unione Europea. In tutta l’Unione Europea il valore aggiunto lordo generato dalla Blue Economy risulta pari, nel 2019, a 184 miliardi di euro, circa 30 miliardi di euro in più rispetto a quanto si rilevava nel decennio precedente. Un incremento che in termini percentuali si attesta sul 20%.
I settori che maggiormente contribuiscono alla generazione di valore aggiunto sono il settore del turismo costiero, il trasporto marittimo e le attività portuali. L’utile lordo prodotto raggiunge i 73 miliardi di euro, anche in questo caso in aumento rispetto al 2009 (+22%).
La Blue Economy occupa direttamente quasi 4,5 milioni di persone.
Per quanto riguarda l’apporto fornito in termini di valore aggiunto, le maggiori economie risultano la Spagna (17,8%), la Germania (17,5%), l’Italia (13,3%) e la Francia (12,2%).
Complessivamente questi paesi producono ben oltre la metà – precisamente il 60,8% – del valore aggiunto dell’economia blu europea. Se le quote della Germania, della Spagna e della Francia alla ricchezza prodotta sono aumentate rispetto a quanto si evidenziava nel 2009, mostra, invece, una riduzione il nostro Paese (-0,6 p.p.) che comunque continua ad occupare il terzo posto nell’Ue a 27 anche nel 2019.
Guardando al mercato del lavoro, l’Italia occupa il 12% dei cosiddetti “Blue jobs”, posizionandosi al terzo posto a livello europeo, preceduta da Spagna e Grecia. Analogamente a quanto evidenziato per il valore aggiunto, si evince una riduzione, rispetto al 2009, del contributo dell’Italia all’occupazione dell’economia blu d’Europa, considerato che il peso passa dal 13,8% del 2019 al 12% del 2019.
Nel campo delle risorse biologiche marine, l’Italia produce il 14% del valore aggiunto del settore, collocandosi al quarto posto dopo la Spagna (19%), la Germania (16%), e la Francia (15%).
Nell’attività delle risorse marine non biologiche, l’Italia si colloca con il 16% al terzo posto, dopo i paesi bassi e la Danimarca.
Nella cantieristica navale e riparazioni l’Italia si colloca al terzo posto con il 19% del valore aggiunto e nel turismo costiero, dove contribuisce per il 13% (al primo e secondo posto rispettivamente Spagna, 29%, e Francia, 14%).
Al terzo posto anche in riferimento al trasporto marittimo, dove l’Italia produce il 14% del valore aggiunto, con Germania in testa alla classifica, seguita alla Danimarca.
Nelle attività portuali l’Italia si colloca in coda rispetto alle altre grandi economie blu europee, contribuendo per l’8%. La precedono la Germania (22), Paesi Bassi (17), Spagna (13), Francia (12).
Valore aggiunto e occupazione dell’Economia del mare
Il 2021 rappresenta, senza dubbio, un anno di profondo cambiamento, in cui si è assistito ad una progressiva riapertura delle attività economiche che precedentemente erano state stravolte dalle molteplici misure adottate dai governi per il contenimento della diffusione della pandemia. Questo si è tradotto dal punto di vista economico in un periodo di ripresa, in parte bloccato dalle strozzature intervenute dal lato dell’offerta e dal rincaro delle materie prime a fine 2021.
Nel 2021 il sistema imprenditoriale della Blue Economy ha prodotto 52,4 miliardi di euro di valore aggiunto, con il lavoro di 914mila occupati.
Confrontando questi dati con quelli del 2020, emerge come il peso rivestito dal settore abbia registrato un incremento rispetto al contributo dell’economia del mare in termini di valore aggiunto (3,2% nel 2020, 3,3% nel 2021), mentre è rimasta stabile l’incidenza dell’occupazione (3,6%).
Il 2021 è stato un anno di ripresa economica anche per l’economia del mare. Il valore aggiunto prodotto dalla Blue Economy segna un incremento del 9,2% rispetto al 2020. Una dinamica significativamente superiore rispetto a quanto si rileva per l’intero sistema economico (+6,4%).
La disaggregazione di tali tendenze dal punto di vista settoriale mostra come l’attività economica che conosce la performance migliore sia l’industria delle estrazioni marine, che registra, rispetto al 2020, un aumento della ricchezza prodotta del 69,8%
A trainare il recupero del Sistema mare sono i servizi di alloggio e ristorazione, che hanno segnato un incremento del 22,1% in termini di valore aggiunto, seguiti dalla filiera della cantieristica, che segna un +11,7% e della filiera ittica (+8,0%).
Trasversalmente positive sono le dinamiche per tutti gli altri comparti: +5,4% le attività sportive e ricreative, +5,1% le attività di movimentazione di merci e passeggeri via mare e +0,4% le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale.
Dal punto di vista occupazionale nel 2021 rispetto al 2020 si rileva un incremento di occupati nei settori della Blue Economy dello 0,5%.
Nella filiera ittica aumentano gli occupati del 3,2%.
Nella movimentazione di merci e passeggeri via mare si registra un +1,6%, nelle attività sportive e ricreative un +1,2%, nelle attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale un +0,9%.
Nell’industria delle estrazioni marine il numero di occupati si riduce del 5,2% e nella filiera della cantieristica dell’1,8%, mentre resta pressocchè stabile nei servizi di alloggio e ristorazione (-0,1%).
Nel 2021 il ruolo più significativo è quello delle attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale, che racchiude il 28,7% della ricchezza complessiva prodotta dall’economia blu.
Da segnalare tuttavia come in un anno il contributo alla ricchezza di tale comparto sia diminuito di quasi tre punti percentuali. Tale riduzione è andata a beneficio, in primo luogo, dei servizi di alloggio e ristorazione che, con oltre 13 miliari di euro di ricchezza prodotta, contribuisce per il 25,3% al valore aggiunto del Sistema mare, registrando un incremento di quasi tre punti percentuali rispetto a quanto osservato nell’anno precedente.
Al terzo posto in termini di ricchezza prodotta si colloca l’attività di movimentazione merci e passeggeri via mare che genera il 19,9% del valore aggiunto della Blue Economy.
Chiudono il quadro la filiera cantieristica e le attività sportive e ricreative, la filiera ittica, e all’ultimo posto l’industria delle estrazioni marine.
Questi ultimi tre settori sono quelli che anche contribuiscono meno all’occupazione blu, mentre i servizi di alloggio e ristorazione continuano ad occupare, come nel 2020, il primo posto con il 38,8% degli occupati.
Dal punto di vista territoriale, la produzione del valore aggiunto del sistema imprenditoriale della Blue Economy riflette il diverso posizionamento geografico delle aree territoriali. Sono il Centro e il Mezzogiorno a sviluppare la maggiore ricchezza del settore. Il primo per oltre 16 miliardi di euro di valore aggiunto, contribuisce per il 31,1% all’intera ricchezza prodotta dall’economia del mare nel 2021, mentre il Mezzogiorno con oltre 15 miliardi di euro, contribuisce per quasi un altro terzo. Seguono i Nord-Ovest e il Nord-Est.
Il Mezzogiorno e il Centro si contraddistinguono anche in riferimento ai dati sul mercato del lavoro.
Nonostante a livello di ripartizione territoriale il mezzogiorno e il Centro costituiscano le aree con i valori più elevati, sia in termini di valore aggiunto che di occupati, dal punto di vista regionale è la Liguria a ricoprire un ruolo di primo piano per incidenza sul totale dell’economia regionale sia per la ricchezza prodotta, sia per l’occupazione.
Al secondo posto il Lazio, a seguire il Friuli Venezia Giulia, la Campania, la Calabria, la Puglia, la Sicilia, le Marche, la Toscana.
Per incidenza di occupati Liguria, Lazio e Sardegna sono seguite da Sicilia, Marche, Campania.
Per quanto riguarda le province al primo posto spicca Trieste, seguono Livorno, La Spezia, Genova, Vibo Valentia, Rimini, Venezia, Sassari, Gorizia e infine Savona.
Sotto il profilo occupazionale al primo posto si colloca Genova, seguono Livorno e La Spezia.
Le imprese legate all’Economia del Mare
Sono oltre 228mila le imprese iscritte nei Registri delle Imprese delle Camere di commercio italiane che operano nell’economia del mare.
Di queste 206mila sono localizzate nelle zone costiere.
Dal punto di vista settoriale, la concentrazione maggiore di imprese delle Blue Economy si evidenzia nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione che persa per il 47,8% sul totale delle imprese del Sistema mare. Seguono le attività sportive e ricreative, la filiera ittica. Supera il 12% il contributo della cantieristica.
A livello di macro-ripartizione, il Mezzogiorno e il Centro sono le aree geografiche in cui la Blue Economy pesa maggiormente sul tessuto produttivo.
Nel 2022 le imprese della Blue Economy guidate da giovani under 35 risultano poco meno di 21mila.
Al 31 dicembre 2022 nel Registro Imprese risultano 50.492 imprese femminili afferenti al Sistema mare. Il 22,1% del totale delle imprese blu.
A fine 2022 sono 16.181 le imprese a conduzione straniera.
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