Mese: Luglio 2023 Pagina 23 di 80

Attrezzi da pesca popolano le barriere coralline

 

Attrezzi da pesca popolano le barriere coralline – Un recente studio pubblicato su Nature ha evidenziato che fino al 75% dell’inquinamento da plastica rilevato sulle barriere coralline di tutto il mondo è causato dagli attrezzi da pesca persi o volontariamente abbandonati in mare. Questo studio ha consentito di analizzare 85 barriere coralline in tutto il mondo, tutte risultate contaminate dalla plastica, a tutti i livelli di profondità tra i 30 e i 150 metri.

I risultati hanno rivelato una sorprendente correlazione tra la profondità delle barriere coralline e la quantità di detriti plastici. Le Comore (Africa orientale) hanno mostrato i livelli più elevati di inquinamento, con circa 84.500 oggetti di plastica per chilometro quadrato, mentre le Isole Marshall (Oceania) presentavano il livello più basso con 580 pezzi di plastica per chilometro quadrato.

“È stato sorprendente scoprire che i detriti aumentavano con la profondità, dal momento che le barriere coralline più profonde in generale sono più lontane dalle fonti di inquinamento da plastica”, ha dichiarato Luiz Rocha coautore dello studio.

Quasi tre quarti della plastica rilevata derivava dagli attrezzi da pesca persi o abbandonati, come corde, lenze e reti, i cosiddetti “attrezzi fantasma”. L’inquinamento da plastica è stato registrato maggiormente nelle barriere coralline vicine alle città popolate e ai confini delle aree marine protette, dove si concentra spesso lo sforzo di pesca commerciale. Inoltre, si è scoperto che l’inquinamento plastico è presente anche a profondità maggiori, poiché le correnti marine e la turbolenza spingono i rifiuti più in profondità.

Questo inquinamento plastico non solo danneggia la fauna marina ma ha anche effetti negativi sulle barriere coralline stesse. Può diffondere malattie tra i coralli e danneggiare gli ecosistemi, influenzando negativamente l’abbondanza e la diversità delle specie. Questa minaccia emergente si aggiunge ai problemi già gravi causati dal rapido cambiamento climatico, che mette a rischio il futuro dei coralli.

Di fronte a questa situazione critica, gli autori dello studio hanno fatto appello a una stretta cooperazione internazionale e a regolamentazioni più severe per ridurre il flusso di rifiuti di plastica verso l’oceano, inclusi gli attrezzi da pesca. Hanno anche suggerito di ampliare le aree marine protette per includere le barriere coralline in acque profonde e di sviluppare alternative biodegradabili a basso costo ai prodotti in plastica.

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Attrezzi da pesca popolano le barriere coralline – Un recente studio pubblicato su Nature ha evidenziato che fino al 75% dell’inquinamento da plastica rilevato sulle barriere coralline di tutto il mondo è causato dagli attrezzi da pesca persi o volontariamente abbandonati in mare. Questo studio ha consentito di analizzare 85 barriere coralline in tutto il mondo, tutte risultate contaminate dalla plastica, a tutti i livelli di profondità tra i 30 e i 150 metri.

I risultati hanno rivelato una sorprendente correlazione tra la profondità delle barriere coralline e la quantità di detriti plastici. Le Comore (Africa orientale) hanno mostrato i livelli più elevati di inquinamento, con circa 84.500 oggetti di plastica per chilometro quadrato, mentre le Isole Marshall (Oceania) presentavano il livello più basso con 580 pezzi di plastica per chilometro quadrato.

“È stato sorprendente scoprire che i detriti aumentavano con la profondità, dal momento che le barriere coralline più profonde in generale sono più lontane dalle fonti di inquinamento da plastica”, ha dichiarato Luiz Rocha coautore dello studio.

Quasi tre quarti della plastica rilevata derivava dagli attrezzi da pesca persi o abbandonati, come corde, lenze e reti, i cosiddetti “attrezzi fantasma”. L’inquinamento da plastica è stato registrato maggiormente nelle barriere coralline vicine alle città popolate e ai confini delle aree marine protette, dove si concentra spesso lo sforzo di pesca commerciale. Inoltre, si è scoperto che l’inquinamento plastico è presente anche a profondità maggiori, poiché le correnti marine e la turbolenza spingono i rifiuti più in profondità.

Questo inquinamento plastico non solo danneggia la fauna marina ma ha anche effetti negativi sulle barriere coralline stesse. Può diffondere malattie tra i coralli e danneggiare gli ecosistemi, influenzando negativamente l’abbondanza e la diversità delle specie. Questa minaccia emergente si aggiunge ai problemi già gravi causati dal rapido cambiamento climatico, che mette a rischio il futuro dei coralli.

Di fronte a questa situazione critica, gli autori dello studio hanno fatto appello a una stretta cooperazione internazionale e a regolamentazioni più severe per ridurre il flusso di rifiuti di plastica verso l’oceano, inclusi gli attrezzi da pesca. Hanno anche suggerito di ampliare le aree marine protette per includere le barriere coralline in acque profonde e di sviluppare alternative biodegradabili a basso costo ai prodotti in plastica.

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I risultati hanno rivelato una sorprendente correlazione tra la profondità delle barriere coralline e la quantità di detriti plastici. Le Comore (Africa orientale) hanno mostrato i livelli più elevati di inquinamento, con circa 84.500 oggetti di plastica per chilometro quadrato, mentre le Isole Marshall (Oceania) presentavano il livello più basso con 580 pezzi di plastica per chilometro quadrato.

“È stato sorprendente scoprire che i detriti aumentavano con la profondità, dal momento che le barriere coralline più profonde in generale sono più lontane dalle fonti di inquinamento da plastica”, ha dichiarato Luiz Rocha coautore dello studio.

Quasi tre quarti della plastica rilevata derivava dagli attrezzi da pesca persi o abbandonati, come corde, lenze e reti, i cosiddetti “attrezzi fantasma”. L’inquinamento da plastica è stato registrato maggiormente nelle barriere coralline vicine alle città popolate e ai confini delle aree marine protette, dove si concentra spesso lo sforzo di pesca commerciale. Inoltre, si è scoperto che l’inquinamento plastico è presente anche a profondità maggiori, poiché le correnti marine e la turbolenza spingono i rifiuti più in profondità.

Questo inquinamento plastico non solo danneggia la fauna marina ma ha anche effetti negativi sulle barriere coralline stesse. Può diffondere malattie tra i coralli e danneggiare gli ecosistemi, influenzando negativamente l’abbondanza e la diversità delle specie. Questa minaccia emergente si aggiunge ai problemi già gravi causati dal rapido cambiamento climatico, che mette a rischio il futuro dei coralli.

Di fronte a questa situazione critica, gli autori dello studio hanno fatto appello a una stretta cooperazione internazionale e a regolamentazioni più severe per ridurre il flusso di rifiuti di plastica verso l’oceano, inclusi gli attrezzi da pesca. Hanno anche suggerito di ampliare le aree marine protette per includere le barriere coralline in acque profonde e di sviluppare alternative biodegradabili a basso costo ai prodotti in plastica.

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I risultati hanno rivelato una sorprendente correlazione tra la profondità delle barriere coralline e la quantità di detriti plastici. Le Comore (Africa orientale) hanno mostrato i livelli più elevati di inquinamento, con circa 84.500 oggetti di plastica per chilometro quadrato, mentre le Isole Marshall (Oceania) presentavano il livello più basso con 580 pezzi di plastica per chilometro quadrato.

“È stato sorprendente scoprire che i detriti aumentavano con la profondità, dal momento che le barriere coralline più profonde in generale sono più lontane dalle fonti di inquinamento da plastica”, ha dichiarato Luiz Rocha coautore dello studio.

Quasi tre quarti della plastica rilevata derivava dagli attrezzi da pesca persi o abbandonati, come corde, lenze e reti, i cosiddetti “attrezzi fantasma”. L’inquinamento da plastica è stato registrato maggiormente nelle barriere coralline vicine alle città popolate e ai confini delle aree marine protette, dove si concentra spesso lo sforzo di pesca commerciale. Inoltre, si è scoperto che l’inquinamento plastico è presente anche a profondità maggiori, poiché le correnti marine e la turbolenza spingono i rifiuti più in profondità.

Questo inquinamento plastico non solo danneggia la fauna marina ma ha anche effetti negativi sulle barriere coralline stesse. Può diffondere malattie tra i coralli e danneggiare gli ecosistemi, influenzando negativamente l’abbondanza e la diversità delle specie. Questa minaccia emergente si aggiunge ai problemi già gravi causati dal rapido cambiamento climatico, che mette a rischio il futuro dei coralli.

Di fronte a questa situazione critica, gli autori dello studio hanno fatto appello a una stretta cooperazione internazionale e a regolamentazioni più severe per ridurre il flusso di rifiuti di plastica verso l’oceano, inclusi gli attrezzi da pesca. Hanno anche suggerito di ampliare le aree marine protette per includere le barriere coralline in acque profonde e di sviluppare alternative biodegradabili a basso costo ai prodotti in plastica.

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I risultati hanno rivelato una sorprendente correlazione tra la profondità delle barriere coralline e la quantità di detriti plastici. Le Comore (Africa orientale) hanno mostrato i livelli più elevati di inquinamento, con circa 84.500 oggetti di plastica per chilometro quadrato, mentre le Isole Marshall (Oceania) presentavano il livello più basso con 580 pezzi di plastica per chilometro quadrato.

“È stato sorprendente scoprire che i detriti aumentavano con la profondità, dal momento che le barriere coralline più profonde in generale sono più lontane dalle fonti di inquinamento da plastica”, ha dichiarato Luiz Rocha coautore dello studio.

Quasi tre quarti della plastica rilevata derivava dagli attrezzi da pesca persi o abbandonati, come corde, lenze e reti, i cosiddetti “attrezzi fantasma”. L’inquinamento da plastica è stato registrato maggiormente nelle barriere coralline vicine alle città popolate e ai confini delle aree marine protette, dove si concentra spesso lo sforzo di pesca commerciale. Inoltre, si è scoperto che l’inquinamento plastico è presente anche a profondità maggiori, poiché le correnti marine e la turbolenza spingono i rifiuti più in profondità.

Questo inquinamento plastico non solo danneggia la fauna marina ma ha anche effetti negativi sulle barriere coralline stesse. Può diffondere malattie tra i coralli e danneggiare gli ecosistemi, influenzando negativamente l’abbondanza e la diversità delle specie. Questa minaccia emergente si aggiunge ai problemi già gravi causati dal rapido cambiamento climatico, che mette a rischio il futuro dei coralli.

Di fronte a questa situazione critica, gli autori dello studio hanno fatto appello a una stretta cooperazione internazionale e a regolamentazioni più severe per ridurre il flusso di rifiuti di plastica verso l’oceano, inclusi gli attrezzi da pesca. Hanno anche suggerito di ampliare le aree marine protette per includere le barriere coralline in acque profonde e di sviluppare alternative biodegradabili a basso costo ai prodotti in plastica.

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