Mese: Settembre 2023 Pagina 32 di 78

Federpesca al Salone Nautico di Genova 2023

 

Federpesca al Salone Nautico di Genova 2023 – “Il mare dentro, storie di pesci, pescatori e acqua” è un’esperienza visiva e sonora. Un percorso sensoriale che i visitatori potranno vivere durante tutto il periodo del Salone Nautico. Una mostra in cui il visitatore può immergersi nel mondo della pesca e scoprire la vita di donne e uomini della pesca attraverso immagini e suoni che raccontano il mare.

La mostra, suddivisa in tre sale, accompagna il visitatore all’interno di un percorso visivo e sonoro, che permette di immergersi fisicamente ed emotivamente nelle storie, fatte di passione, sacrificio e dedizione, di donne e uomini che ogni giorno si impegnano a offrire i migliori prodotti ittici. Una sezione della mostra è proprio incentrata sul ruolo delle donne nel mondo della pesca per trasmettere il loro grande valore. Mogli, madri, figlie, sorelle, spesso percepite come figure silenti in questo settore, che svolgono invece ruoli attivi e indispensabili, soprattutto per le imprese ittiche familiari.

La mostra, che si terrà dal 21 al 26 settembre, nell’area della Banchina N, è stata realizzata da Federpesca con la collaborazione di Quelquechose, proprio con l’obiettivo di coinvolgere il grande pubblico che visita abitualmente l’esposizione attraverso una nuova narrazione incentrata sulla potenza evocativa delle immagini e dei suoni con cui mostrare quanto sia duro il lavoro dei pescatori, quanta cura per il prodotto e quanta attenzione per l’ambiente che li circonda caratterizzi il loro quotidiano.

Federpesca al Salone Nautico di Genova 2023

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UE, standard globali per condivisione dati sulla pesca

 

UE, standard globali per condivisione dati sulla pesca – Nel quadro della crescente consapevolezza dell’importanza cruciale di preservare e gestire le risorse marine, l’Unione Europea ha compiuto un passo significativo verso la promozione di pratiche di pesca sostenibili. La Direzione Generale degli Affari Marittimi e della Pesca (DG MARE) ha recentemente annunciato la volontà dell’Unione Europea di adottare un nuovo standard globale comune per lo scambio di dati sul controllo della pesca, un standard che gode del riconoscimento delle Nazioni Unite.

Questo importante sviluppo rappresenta un punto di svolta nell’approccio alla gestione delle risorse ittiche a livello internazionale. L’Unione Europea si pone come pioniere nella promozione di normative e protocolli condivisi che permetteranno una supervisione più efficace delle attività di pesca a livello mondiale.

Nuovo standard riconosciuto dalle Nazioni Unite

Il nuovo standard, riconosciuto dalle Nazioni Unite, è stato formulato con l’obiettivo di creare un quadro comune che consenta a paesi e regioni di condividere dati rilevanti e aggiornati riguardo alle attività di pesca. Questo metterà a disposizione delle autorità competenti informazioni dettagliate sulle dimensioni delle flotte, sulle zone di pesca, sulle catture e su altri aspetti cruciali per la gestione sostenibile delle risorse ittiche.

Dunque la decisione dell’Unione Europea di abbracciare questo nuovo standard è una dimostrazione tangibile del suo impegno a promuovere la sostenibilità nelle attività di pesca. Con una condivisione più efficiente e accurata di dati, le istituzioni competenti saranno in grado di monitorare con maggiore precisione le attività di pesca, prevenendo sovrasfruttamento e adottando misure di conservazione mirate.

Questo sviluppo segna anche un importante passo avanti nell’armonizzazione degli sforzi globali per la gestione delle risorse marine. L’adozione di un standard globale comune promuove la cooperazione internazionale e facilita la condivisione di conoscenze e best practice tra paesi e regioni.

Passo importante verso la sostenibilità

La decisione dell’Unione Europea di adottare un nuovo standard globale comune per lo scambio di dati sul controllo della pesca, riconosciuto dalle Nazioni Unite, rappresenta un passo importante verso la promozione di pratiche di pesca sostenibili e la conservazione delle risorse ittiche a livello mondiale. Questo impegno dimostra una volta di più la determinazione dell’Unione Europea nel guidare gli sforzi per una gestione responsabile del nostro prezioso ecosistema marino.

UE, standard globali per condivisione dati sulla pesca

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Acidi grassi Omega-3 per la salute dei polmoni

Acidi grassi Omega-3 per la salute dei polmoni

 

Acidi grassi Omega-3 per la salute dei polmoni – Un recente studio supportato dal National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti ha evidenziato l’importante ruolo degli acidi grassi Omega-3 nella preservazione della salute polmonare. I ricercatori hanno condotto un’indagine in due fasi, includendo uno studio osservazionale longitudinale su 15.063 individui americani, per esplorare il legame tra i livelli di acidi grassi Omega-3 nel sangue e l’andamento della funzione polmonare nel tempo.

I risultati hanno rivelato che livelli superiori di acidi grassi Omega-3 nel sangue sono stati associati a un rallentamento del declino della funzione polmonare, come indicato dal NIH. In particolare, l’acido docosaesaenoico (DHA), un Omega-3 abbondante in pesci grassi come salmone, tonno e sardine, ha dimostrato i benefici più significativi per la salute polmonare.

Salmone – acidi grassi Omega-3

Patricia A. Cassano

Nella seconda fase dello studio, sono stati analizzati dati genetici di oltre 500.000 partecipanti europei, confermando l’associazione tra livelli elevati di acidi grassi Omega-3 e una migliore funzionalità polmonare. Patricia A. Cassano, direttrice della Divisione di Scienze della Nutrizione presso la Cornell University, ha sottolineato che sebbene siano noti gli impatti della dieta su cancro e malattie cardiovascolari, il ruolo della dieta nelle patologie polmonari croniche è stato finora poco esplorato.

James P. Kiley

James P. Kiley, direttore della Divisione di Malattie Polmonari presso il National Heart, Lung, and Blood Institute, finanziatore dello studio tramite NIH, ha enfatizzato che questa ricerca rappresenta la prova più solida finora di tale associazione. Egli ha sottolineato l’importanza di includere gli acidi grassi Omega-3 nella dieta, specialmente considerando che molti americani non raggiungono le dosi suggerite dalle attuali linee guida.

Ulteriori ricerche sono necessarie per approfondire la connessione tra acidi grassi Omega-3 e salute polmonare, ma questi risultati aprono interessanti prospettive per futuri studi prospettici. Kiley ha evidenziato che questa linea di ricerca potrebbe contribuire agli sforzi di prevenzione delle malattie polmonari.

Tonno – acidi grassi Omega-3

Inoltre, seguendo le linee guida dietetiche del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, che consigliano il consumo di almeno due porzioni di pesce a settimana, gli americani potrebbero trarre ulteriori vantaggi per la salute.

Attualmente, i ricercatori stanno collaborando con lo studio COPDGene, esaminando i livelli di acidi grassi Omega-3 nel sangue in relazione al declino della funzione polmonare tra persone affette da malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO), incluso il gruppo dei fumatori incalliti. Ciò mira a determinare se l’assunzione di acidi grassi Omega-3 possa conferire benefici anche a questa categoria, dato che lo studio iniziale ha coinvolto solamente adulti in buona salute.

Bonnie K. Patchen

Bonnie K. Patchen, ricercatrice principale presso la Cornell University, ha sottolineato che questo studio segna una svolta nella ricerca nutrizionale e potrebbe portare a raccomandazioni dietetiche personalizzate per individui a rischio di malattie polmonari croniche.

Qui i dettagli completi dell’indagine, intitolata “Investigazione sulle associazioni tra acidi grassi Omega-3, diminuzione della funzionalità polmonare e ostruzione delle vie aeree”, che sono stati pubblicati nel luglio 2023 sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine.

Acidi grassi Omega-3 per la salute dei polmoni

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La bussola. Operatori della pesca al centro della transizione verso l’economia circolare del mare

 

La bussola. Operatori della pesca al centro della transizione verso l’economia circolare del mare – Di recente su questa rubrica mi sono soffermato su un nuovo ruolo degli “operatori della pesca”, così come definiti dall’Unione Europea, e precisamente quello di “pescatori di rifiuti”.
Premesso che il mio pensiero dominante è che i pescatori debbano comunque essere messi nelle condizioni di poter continuare ad esercitare e a sviluppare la propria professione naturale, principio puntualmente proclamato dall’UE ma che sulla sua effettiva realizzazione pratica non sembra che attualmente si raccolgano nel settore molte voci di conferma, tuttavia non si può negare la validità della creazione di forme di diversificazione dell’attività di pesca improntate su ruoli che pongano gli operatori della pesca ad assumere realmente la funzione di “custodi del mare”.

In origine si è puntato su quello della conservazione del patrimonio culturale delle comunità costiere attraverso la promozione di iniziative di pescaturismo e di ittiturismo a cui, adesso, si stanno fortemente aggiungendo quelle della salvaguardia ambientale intesa come contributo alla “pulizia” del mare sia accidentalmente, durante l’ordinario esercizio dell’attività, che volontariamente.

Agenda ONU 2030 e Piano d’Azione UE per l’Economia Circolare

Fermandoci un momento per osservare il panorama internazionale di riferimento al fine di una migliore comprensione di quanto verrà successivamente trattato, riscontriamo molte posizioni e indicazioni a difesa dell’ambiente marino, già parzialmente richiamate in diverse occasioni in questa rubrica, i cui capisaldi sono rappresentati dall’ Agenda ONU 2030 e dal recente Piano d’Azione UE per l’Economia Circolare.

Primo caposaldo

Il primo caposaldo, nel più ampio impegno nella promozione di una transizione verso modelli più sostenibili, rimarca il ruolo fondamentale degli oceani e dei mari per la vita sul pianeta richiamando ad una attenta gestione di questa risorsa globale per uno sviluppo sostenibile.
Tale presa di posizione, sottoscritta nel 2015, era stata preceduta da diversi step in cui la comunità internazionale, partendo dall’affermazione nel 1992 della necessità di coniugare sviluppo e ambiente, ha progressivamente sviluppato degli obiettivi che integrino aspetti economici, sociali e ambientali.

Sono state previste delle scadenze entro le quali eseguire dei report sul reale avanzamento delle attività dirette, nel nostro caso, alla (drastica) riduzione dell’inquinamento marino e la prossima verifica è programmata per il 2025.

Il nostro Paese risulterebbe in forte ritardo, parzialmente smorzato dall’emanazione, nello scorso anno, della cosiddetta “legge salvamare” che in realtà non è ancora pienamente operativa.

Vale la pena sottolineare come anche l’attività di pesca sia finita sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenda ONU 2030 con la richiesta di concrete iniziative per la preservazione delle risorse ittiche, per il contrasto a tutte le forme di pesca illegale nonché il divieto di talune forme di sovvenzione.

Secondo caposaldo

Passando al secondo caposaldo, nel 2020 l’UE ha adottato un aggiornamento della legislazione sulla gestione dei rifiuti per promuovere la transizione verso un’economia circolare in alternativa alla ancora predominante economia lineare.

Com’è noto, con l’economia circolare si estende il ciclo di vita dei prodotti contribuendo a ridurre i rifiuti con l’adozione, laddove possibile, della reintroduzione con il riciclo.

Tale principio ha costituito il motore affinché il Parlamento Europeo, con una risoluzione non legislativa del 2021, spingesse sulla riduzione dei rifiuti marini affermando, in particolare, che l’aumento del riciclaggio nel settore della pesca e la riduzione sostanziale dell’uso della plastica rappresentino la chiave per un mare più pulito.
Ciò va a ricollegarsi alla Direttiva quadro sulla strategia marina emanata dall’UE nel 2008 per mantenere gli ecosistemi marini puliti, sani, produttivi e resilienti, garantendo al tempo stesso un uso più sostenibile delle risorse marine con il beneficio di un contributo diretto all’ambizione del Green Deal europeo, vale a dire la strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030.

Se l’ONU e la UE, sono in prima linea per la risoluzione del problema dei rifiuti marini, va segnalato che anche altre istituzioni, come ad esempio la FAO e l’ IMO, pur essendo già Istituti specializzati dell’ONU, stanno sviluppando autonomi progetti proprio sul tema dei rifiuti marini, anche con il coinvolgimento di vari Stati, al fine di giungere alla creazione di modelli di riferimento.

La protezione dell’ambiente marino affrontata in diverse legislazioni

Da un esame più approfondito di queste norme emerge chiaramente come la protezione dell’ambiente marino sia stata affrontata in diverse legislazioni, aventi anche temi differenti, a dimostrazione della sua indiscussa centralità, facendo nascere pertanto l’esigenza del ricorso ad una più ampia governance integrata che comprenda leggi, regole e comportamenti.

Aprendo una breve parentesi, non passa inosservata la contestata commistione contenuta nei vari provvedimenti internazionali tra la missione della protezione delle risorse ittiche e la lotta globale al cambiamento climatico che è sfociata però nell’evidente accentuazione delle restrizioni sulle attività di pesca.

Ritornando alla nostra tematica, tutti i sopra richiamati intendimenti internazionali sono chiaramente rivolti soprattutto a frenare l’inquinamento marino ma ci si deve porre in maniera decisa anche il problema che i mari necessitano di essere “ripuliti”.

Se si considera che gli oceani e i mari costituiscono oltre il 70% della superficie del pianeta, ci si rende conto che la questione non può essere affrontata esclusivamente attraverso interventi direttamente costituiti.
Pertanto, è stata sviluppata l’idea di coinvolgere gli operatori della pesca i quali, sia dal punto vista numerico che operativo, possono garantire una migliore riuscita dell’azione.
D’altronde si tratta di dare maggiore organizzazione a ciò che già ai pescatori capita e cioè raccogliere rifiuti, soprattutto quelli galleggianti, con l’aggiunta delle fasi successive di deposito e di smaltimento.

I fondi FEAMP e FEAMPA

Dal canto suo, l’Unione Europea con i fondi strutturali del FEAMP e, soprattutto, con quello attuale del FEAMPA ha concretamente abbracciato tale idea prevedendo un sostegno economico per iniziative che coinvolgano sia gli operatori della pesca in campagne di pulizia dei mari sia le Amministrazioni pubbliche nella realizzazione di impianti, possibilmente portuali, per il deposito dei rifiuti pescati sia accidentalmente che volontariamente.

In particolare, il suddetto FEAMPA rappresenta a mio avviso un grosso balzo in avanti poiché introduce un approccio sistematico al tema in questione attraverso l’incoraggiamento a costituire delle apposite filiere per la gestione dei rifiuti marini in cui le fasi di raccolta, deposito/stoccaggio, trasporto, smaltimento/riciclaggio non siano distaccate o autonome fra di loro ma facciano parte di un sistema integrato e coordinato.

Il coordinamento

A mio parere, è su questo aspetto di coordinamento, finora poco preso in considerazione, che bisogna indirizzare gran parte degli sforzi organizzativi, e fare in modo che esso costituisca il punto di forza della filiera.
Non va trascurato inoltre, il necessario supporto e sviluppo di tecnologie che consentano di raggiungere elevati standard qualitativi in ciascuna di queste fasi come, ad esempio:
– la sperimentazione e lo sviluppo di attrezzi e di metodi di raccolta dei rifiuti da parte degli operatori della pesca, sia in superficie che sui fondali, che consentano di non intaccare le risorse ittiche presenti;
– l’automazione delle strutture di deposito/stoccaggio dei rifiuti che faciliti il loro conferimento da parte degli operatori della pesca;
– la realizzazione di prodotti, ad uso della pesca professionale, con materiali provenienti dal riciclaggio dei suddetti rifiuti e che realizzerebbe uno dei punti dell’obiettivo comunitario di collegamento tra il mondo della pesca e quello dell’ambiente verso metodi di pesca sostenibili.

In conclusione, la messa in campo di queste ultime strategie darebbe un forte sostegno alla transizione verso l’economia circolare del mare con gli operatori della pesca direttamente coinvolti in un ruolo di primaria importanza.

La bussola. Operatori della pesca al centro della transizione verso l’economia circolare del mare

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Granchio blu. Mammi: “Ancora nessuna risposta dal Governo”

 

Granchio blu. Mammi: “Ancora nessuna risposta dal Governo” – Nei giorni scorsi la Regione Emilia-Romagna ha nuovamente sollecitato il Ministero dell’Agricoltura per avere l’autorizzazione all’impiego dello strumento di pesca chiamato “ostreghero“, e far fronte alla grave situazione nella Sacca di Goro e le aree costiere del Comune di Comacchio.

La richiesta è dettata dalla necessità di contrastare in modo urgente e rapido la continua proliferazione del granchio blu, all’interno dei siti di acquacoltura e nelle aree immediatamente limitrofe.

“Siamo ancora in attesa di ricevere risposta dal Governo alla richiesta della Regione di dichiarare l’emergenza nazionale per la piaga del granchio blu che ha colpito i pescatori e gli acquacoltori di Goro e Comacchio – ha ricordato l’assessore all’agricoltura Alessio MammiNel frattempo, la proliferazione del granchio ha raggiunto anche altri territori della costa. Da parte nostra abbiamo messo a disposizione 1 milione di euro per indennizzare gli acquacoltori colpiti dall’emergenza granchio blu, un importante segnale di attenzione per chi ha subito danni nel lavoro quotidiano in mare.”

Ostreghero: arma di difesa contro il granchio blu

È uno strumento di pesca a forma di imbuto, che viene tenuto aperto da un palo di ferro. Nella parte inferiore sono presenti piombi che rastrellano il fondo sabbioso.

La possibilità di utilizzalo come “arma di difesa” contro il granchio blu è stata più volte sollecitata dalle associazioni di pescatori. L’ostreghero è già, peraltro, autorizzato nelle aree demaniali marittime della regione Veneto, soggette al regime delle acque interne.

La situazione

Nel 2023 in tutto il Delta del Po e per quanto riguarda l’Emilia-Romagna nei comuni di Goro e Comacchio in provincia di Ferrara, si è verificata una proliferazione massiva di granchio blu (Callinectes Sapidus), una specie alloctona originaria dell’Oceano Atlantico che, senza antagonisti naturali nei nostri mari, sta invadendo l’Adriatico e procedendo alla distruzione sistematica dell’ecosistema marino.

Tale specie si è dimostrata particolarmente aggressiva nei confronti degli allevamenti di acquacoltura presenti nella Sacca di Goro e nei canali adduttori di Comacchio, ambienti naturali dove annualmente vengono prodotte circa 16 mila tonnellate di vongole (il 55% della produzione italiana e al 40% di quella europea).

Nessuna risposta dal Governo

Ad oggi la Regione Emilia-Romagna non ha ancora ricevuto risposta in merito alla richiesta di emergenza nazionale fatta dal presidente della Regione Stefano Bonaccini lo scorso mese di agosto, per riconoscere facoltà e strumenti finanziari adeguati alle amministrazioni locali per procedere allo smaltimento dei granchi e gli indennizzi alle imprese.

La Regione Emilia-Romagna ha chiesto inoltre una strategia di contrasto al granchio blu più strutturata a livello nazionale, anche attraverso il tavolo tecnico istituito dal Ministero con le Regioni, le associazioni che rappresentano le cooperative della pesca e i principali Istituti nazionali.

Granchio blu. Mammi: “Ancora nessuna risposta dal Governo”

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