Mese: Gennaio 2024 Pagina 8 di 84

Salmone affumicato italiano: eccellenza, qualità e sostenibilità

 

Salmone affumicato italiano: eccellenza, qualità e sostenibilità – L’Italia, celebre per la sua cucina raffinata, vanta anche un settore dell’affumicatura del salmone in crescita, capace di offrire prelibatezze gustose e di alta qualità. Sono diverse le aziende dedite settore che coniugano l’innovazione con tradizioni secolari sperimentando nuove tecniche per soddisfare i palati più esigenti. Sono realtà produttive che incarnano il forte impegno per la sostenibilità.

Salmone: importazioni e qualità

Per le importazioni di salmone da affumicare il Bel Paese si affida principalmente a Norvegia e Scozia. Entrambi questi paesi vantano produzioni di salmone di alta qualità.

La Norvegia è universalmente riconosciuta come uno dei maggiori produttori di salmone al mondo. Le acque fredde e cristalline del mare norvegese forniscono un ambiente ideale per l’allevamento del salmone, garantendo una carne ricca di sapore e caratterizzata da una consistenza pregiata. Le aziende italiane affumicatrici scelgono spesso di importare salmone norvegese per offrire ai consumatori un prodotto di altissima qualità, ottenuto da pratiche di pesca sostenibile e controlli rigorosi sulla qualità.

La Scozia, con le sue acque marine ricche e incontaminate, è un’altra destinazione di rilievo per l’approvvigionamento di salmone. Qui, le aziende italiane possono accedere non solo al salmone di allevamento, caratterizzato da standard elevati e pratiche sostenibili, ma anche al pregiato salmone selvaggio proveniente dai fiumi scozzesi. Questa varietà offre ai consumatori una gamma diversificata di sapori e texture, permettendo alle aziende di soddisfare una vasta gamma di preferenze di gusto.

Le aziende italiane optano per la Norvegia e la Scozia non solo per la qualità del prodotto, ma anche per la reputazione di queste nazioni nel garantire una produzione sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Entrambi i paesi hanno implementato norme rigorose per la pesca e l’allevamento del salmone, garantendo che le pratiche siano etiche e che vengano preservate le risorse marine per le generazioni future.

Mercati di vendita e distribuzione

Il salmone affumicato italiano non conosce confini, e il suo richiamo si estende oltre le coste nazionali. Le aziende del settore esportano i loro prodotti in vari mercati internazionali, contribuendo a diffondere la rinomanza del salmone affumicato italiano. Oltre ai mercati esteri, le aziende forniscono anche il mercato domestico, offrendo opzioni di alta qualità nei supermercati, nei ristoranti e attraverso canali di vendita online.

Impegno per la qualità e la sostenibilità

Un elemento chiave nel successo del settore dell’affumicatura del salmone in Italia è l’impegno costante per la qualità e la sostenibilità. Le aziende adottano pratiche che rispettano l’ambiente marino, promuovendo una pesca sostenibile e garantendo standard elevati nella lavorazione e nella distribuzione. La collaborazione con le comunità locali e il coinvolgimento in progetti di responsabilità sociale sono spesso al centro della filosofia aziendale.

Il settore italiano dell’affumicatura del salmone è una testimonianza di eccellenza culinaria, impegno per la qualità e rispetto per l’ambiente. Le aziende affumicatrici contribuiscono a diffondere i sapori italiani in tutto il mondo, offrendo una deliziosa esperienza gastronomica che incarna la passione e la maestria italiane nel trattare il pesce con cura e dedizione.

Salmone affumicato italiano: eccellenza, qualità e sostenibilità

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Nordic Seafarm e una produzione sostenibile di alghe

 

Nordic Seafarm e una produzione sostenibile di alghe – Nordic Seafarm, un’azienda svedese, ha fatto un ingresso significativo nel settore dell’algocoltura, dimostrando che le onde dell’innovazione possono trasformare anche le coste più tranquille in epicentri di sostenibilità marina. La storia di Johan Johansson, il fondatore dell’azienda, racconta di una trasformazione iniziata nel 2017 durante il suo incarico di consulente strategico in Oman, dove ha collaborato allo sviluppo di allevamenti di pesci, mitili e alghe.

Tornato in Svezia nel 2019, Johansson ha canalizzato la sua esperienza collaborando con esperti di alghe per commercializzare Nordic Seafarm. Inizialmente un progetto di ricerca, l’azienda ha guadagnato slancio dal 2020, raggiungendo una produzione di circa 100 tonnellate all’anno, principalmente alghe zuccherine, con una nuova frontiera in espansione rappresentata dalla coltivazione di Ulva, con previste 30 tonnellate quest’anno.

Uno degli aspetti chiave del successo di Nordic Seafarm è stato il suo approccio flessibile alla lavorazione delle alghe, che include tecniche come essiccazione, scottatura, congelamento, salatura e fermentazione. Collaborazioni strategiche con aziende locali, come una trasformatrice di aringhe, hanno contribuito a ottimizzare i costi di produzione.

L’azienda si è spinta oltre, creando la joint venture Ocean Next per il settore alimentare, sfruttando la fornitura di alghe di alta qualità mentre i partner sviluppano prodotti innovativi.

Mentre l’azienda focalizza principalmente il mercato alimentare in Scandinavia e nel Nord Europa, Johannson vede opportunità in settori come biomateriali e mangimi per animali. Tuttavia, le sfide persistono, come la necessità di ampliare la produzione per soddisfare la crescente domanda e diversificare i mercati.

Con finanziamenti provenienti da sovvenzioni, investimenti azionari e ricavi, Nordic Seafarm punta a raccogliere 2,5 milioni di euro per sostenere la crescita. Guardando al futuro, Johansson prevede un ruolo di primo piano nel coltivare alghe marine in Europa, contribuendo a mitigare gli impatti ambientali e favorendo un settore più sostenibile. La Svezia, con una legislazione favorevole all’acquacoltura delle alghe, offre un terreno fertile per questa crescita, con Nordic Seafarm determinata a diventare un leader nell’industria.

Nordic Seafarm e una produzione sostenibile di alghe

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Pesce congelato e decongelato, una valida alternativa al fresco

Pesce congelato e decongelato, una valida alternativa al fresco

 

Pesce congelato e decongelato, una valida alternativa al fresco – Il mondo ittico si presenta come una realtà dinamica, caratterizzata da processi delicati che richiedono attenzione e precisione. Dopo la cattura, il pesce è sottoposto a una serie di processi finalizzati a garantire freschezza e sicurezza alimentare. Esploreremo ora i dettagli relativi alle pratiche di conservazione che consentono di portare un prodotto d’eccellenza sulle nostre tavole.

Conservazione

Dopo la cattura, il pesce è soggetto a processi degenerativi che favoriscono la proliferazione batterica. Sebbene la refrigerazione, a una temperatura compresa tra 0 e 2 gradi, possa ritardare questo processo, il congelamento diventa essenziale per garantire una conservazione a lungo termine. A -18 gradi, questo processo arresta i processi degenerativi, preservando intatte le caratteristiche del pesce.

La qualità superiore del pesce congelato a -60 gradi

Il pesce congelato a bordo e stoccato a temperature estremamente basse, come -60 gradi, può essere definito addirittura “più fresco del fresco”. A questa temperatura, il pesce non solo mantiene la sua qualità, ma rappresenta anche una scelta sicura per chi ama il pesce crudo. Il congelamento a -60 gradi elimina il rischio di Anisakis, un parassita presente in diverse specie ittiche, conferendo una sicurezza aggiuntiva agli appassionati del pesce crudo.

Leggere le etichette e affidarsi a pescherie con personale formato

Il pesce congelato e decongelato, lavorato nel rispetto delle normative di legge, costituisce un prodotto di eccellente qualità, rappresentando una valida alternativa al pesce fresco. Leggere sempre le etichette e affidarsi a pescherie con personale preparato e formato è essenziale per garantire la qualità del prodotto.

Pesce decongelato confezionato in vaschette Atm o Skin

Una veloce alternativa al pesce decongelato sfuso è quello già confezionato in vaschetta chiusa con film termosaldato. Una ulteriore garanzia per il consumatore, poiché nell’etichetta troviamo il giorno di scadenza, la specie ittica, la presenza di eventuali conservanti e il codice lotto che ci permette di risalire al giorno di lavorazione.

Le differenze tra congelato, surgelato ed abbattuto

È fondamentale comprendere i termini associati al processo di conservazione del pesce per effettuare scelte consapevoli:

Congelato: il processo abbassa gradualmente la temperatura dell’alimento fresco fino a congelarlo, solitamente a temperature intorno a -15°C. Nonostante richieda alcune ore, permette di preservare vari tipi di cibo, mantenendo una buona qualità.

Surgelato: l’alimento scende di temperatura rapidamente, spesso attraverso processi industriali che raggiungono temperature di -18°C o inferiori. La formazione di cristalli di ghiaccio molto piccoli preserva le caratteristiche organolettiche degli alimenti freschi.

Abbattuto: un procedimento utilizzato principalmente per il pesce, che riduce rapidamente la temperatura degli alimenti da 0°C a -40°C in poche ore. Questo processo è cruciale per eliminare batteri e garantire la sicurezza alimentare, preservando le caratteristiche organolettiche del pesce fresco.

Pesce congelato e decongelato, una valida alternativa al fresco

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La bussola. La maggiore attenzione della UE sugli attrezzi da pesca

La bussola. La maggiore attenzione della UE sugli attrezzi da pesca

 

La bussola. La maggiore attenzione della UE sugli attrezzi da pesca – Il 20 dicembre dello scorso anno è stato pubblicato il nuovo regolamento comunitario sui controlli nel settore della pesca di cui avevo accennato, in anteprima, nel mio precedente intervento su questa rubrica.
In questa occasione, visto che nel suddetto regolamento il tema è ripreso più volte, voglio soffermarmi sull’analisi delle problematiche relative ai cosiddetti attrezzi da pesca.

Si evidenzia che questo tema risalta spesso negativamente alla ribalta riguardo soprattutto all’utilizzo dello strascico, risultando fonte di fortissime tensioni tra politica, associazioni ambientaliste e operatori della pesca e già in passato oggetto di trattazione su questa rubrica con alcuni concetti chiave che magari potrebbero essere aggiornati ed approfonditi in una prossima occasione. In generale, però, ci sono diversi aspetti, anche di natura regolamentare, che necessitano di maggiore chiarezza.

Le norme comunitarie fin qui succedutesi non mi risulta che si siano mai preoccupate di dare una definizione del termine “attrezzi da pesca” ma, allo stato attuale, si ha come unico riferimento l’elenco degli attrezzi di cui alla specifica codifica internazionale FAO, adottata nel nostro Paese definitivamente a partire dall’anno 2012, che assegna un codice univoco (composto da tre lettere) ad ogni attrezzo.

In realtà nel nostro ordinamento nazionale esiste una definizione di tali attrezzi. Difatti il primordiale regolamento nazionale del 1968 sulla disciplina della pesca marittima, tuttora in gran parte in vigore, stabilisce che “sono attrezzi da pesca gli strumenti e gli apparecchi destinati alla cattura degli organismi marini”, distinguendoli in: reti, ami, altri strumenti ed apparecchi.

Mantenere questa distinzione ci è utile per destreggiarci meglio tra le pieghe delle norme che direttamente o indirettamente influenzano l’utilizzo degli attrezzi da pesca anche perché bisogna evidenziare, innanzitutto, che proprio gli attrezzi da pesca rappresentano il fulcro di tutta l’attività di pesca e, di conseguenza, sia i mezzi navali che le risorse umane impiegate devono essere direttamente funzionali al tipo di attrezzo che deve essere utilizzato per le specie che si intendono catturare. O quantomeno questa è la direttrice che andrebbe seguita al fine di ottenere il massimo rendimento.

Ciò posto, il tema degli attrezzi da pesca viene primariamente collegato direttamente al concetto di sfruttamento razionale delle risorse biologiche del mare ma, oltre a tale aspetto, sussiste quello legato alla garanzia della sicurezza della navigazione marittima (intesa come circolazione navale) e, di recente, anche quello relativo all’aspetto della salvaguardia ambientale in quanto potenziale fonte di inquinamento marino.

Va subito detto che le problematiche relative alla sicurezza della navigazione sono conosciute quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori e riguardano soprattutto la necessaria visibilità diurna e notturna di taluni attrezzi fissi (reti da posta, palangari), attraverso il posizionamento di apposite segnalazioni diurne e notturne, nonché le regole di condotta da seguire per evitare potenziali sinistri marittimi.

Molto più dibattuto, come già detto, è stato sempre il tema delle specie bersaglio degli attrezzi da pesca i quali devono possedere determinate caratteristiche affinché il loro impiego preservi le forme giovanili e le specie oggetto di apposita tutela.
Vige tuttora nel nostro ordinamento nazionale la clausola della cosiddetta diversificazione dello sforzo di pesca che consente ai titolari di licenze di pesca di poter modificare, in determinati casi, il proprio asset tecnico attraverso operazioni di rinunce, sostituzioni, aggiunte di attrezzi tutte improntate nell’ottica di conseguire un mirato allentamento del suddetto sforzo.

Si ricorderà, al proposito, la messa al bando, a fine anni ‘90, delle reti derivanti denominate comunemente “spadare” con l’estromissione “forzata” dalle licenze di pesca dell’autorizzazione all’uso di tale attrezzo, compensata con il riconoscimento di appositi indennizzi sia per gli armatori che per gli equipaggi aventi diritto.

Prima di addentrarci nel terzo aspetto, quello della salvaguardia ambientale, è necessario, per una migliore comprensione, trattarne un quarto, cioè quello relativo ai controlli. Difatti, il nuovo regolamento comunitario sui controlli pesca richiama la procedura della cosiddetta “marcatura” degli attrezzi da pesca, già prevista dal precedente regolamento del 2009 e ampliandone di fatto la portata.

In concreto, secondo le modalità previste dalle norme di esecuzione, deve essere possibile ricavare la provenienza degli attrezzi fissi (reti ed ami, ma anche le nasse) e delle sfogliare attraverso la lettura di determinate informazioni che devono essere riportate sui suddetti attrezzi mediante l’apposizione di specifiche targhette ed altro; precisando, tuttavia, che tale pratica è attualmente richiesta solamente all’interno delle acque dell’Unione (cioè di giurisdizione dei singoli Stati costieri).

In particolare, le suddette targhette devono riportare la sigla ed il numero di iscrizione dell’unità da pesca cui gli attrezzi appartengono.
Pertanto, in sede di esecuzione dei controlli, oltre alla legalità ed alla conformità degli attrezzi, nonché alla loro corretta indicazione sul giornale di pesca, nelle circostanze sopra descritte verrà verificata anche la corretta marcatura degli stessi.

La marcatura degli attrezzi da pesca, oltre che alle finalità dei controlli sulle attività di pesca, dovrebbe contribuire a responsabilizzare ancora di più gli operatori della pesca nei confronti del fenomeno dell’abbandono degli attrezzi in mare che, soprattutto nei litorali, incide negativamente sulla salvaguardia dell’ecosistema marino, sia a causa dei materiali di cui sono composti, prevalentemente sintetici, che per le trappole che possono costituire per tutte le specie che abitano il mare.

Orbene, il nuovo regolamento comunitario sui controlli introduce altresì, per la prima volta in maniera espressa, l’adozione di procedure per la notifica e il ritorno in porto degli attrezzi da pesca al termine del loro ciclo di vita.

Un’altra innovazione consiste nell’ ulteriore previsione, oltre a quella già preesistente di tenere a bordo delle unità da pesca le “attrezzature” per il recupero degli attrezzi perduti, di indicare nel giornale di pesca, in caso di effettiva perdita in mare, tutte le informazioni necessarie per la loro individuazione quali il tipo e le dimensioni, la data e l’ora stimata della perdita, la posizione (coordinate geografiche) in cui è avvenuta nonché le misure messe in atto per tentarne il recupero. Queste informazioni andranno a confluire poi in un’apposita banca dati a disposizione della Commissione Europea.

Poiché le suddette procedure dovrebbero entrare in vigore a partire dal 10 gennaio 2026, ci si devono attendere degli appositi indirizzi applicativi.

A conclusione di questa sintetica esposizione dei punti focali relativi agli attrezzi da pesca (l’argomento richiederebbe in realtà una trattazione enciclopedica) suggerisco la consultazione del Catalogo degli attrezzi da pesca della FAO (in lingua inglese) di recentissima pubblicazione, nonché l’illustrazione degli Attrezzi da pesca realizzata dalla Commissione Europea (disponibile in lingua italiana).

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Nordic Seafarm e una produzione sostenibile di alghe

 

Nordic Seafarm e una produzione sostenibile di alghe – Nordic Seafarm, un’azienda svedese, ha fatto un ingresso significativo nel settore dell’algocoltura, dimostrando che le onde dell’innovazione possono trasformare anche le coste più tranquille in epicentri di sostenibilità marina. La storia di Johan Johansson, il fondatore dell’azienda, racconta di una trasformazione iniziata nel 2017 durante il suo incarico di consulente strategico in Oman, dove ha collaborato allo sviluppo di allevamenti di pesci, mitili e alghe.

Tornato in Svezia nel 2019, Johansson ha canalizzato la sua esperienza collaborando con esperti di alghe per commercializzare Nordic Seafarm. Inizialmente un progetto di ricerca, l’azienda ha guadagnato slancio dal 2020, raggiungendo una produzione di circa 100 tonnellate all’anno, principalmente alghe zuccherine, con una nuova frontiera in espansione rappresentata dalla coltivazione di Ulva, con previste 30 tonnellate quest’anno.

Uno degli aspetti chiave del successo di Nordic Seafarm è stato il suo approccio flessibile alla lavorazione delle alghe, che include tecniche come essiccazione, scottatura, congelamento, salatura e fermentazione. Collaborazioni strategiche con aziende locali, come una trasformatrice di aringhe, hanno contribuito a ottimizzare i costi di produzione.

L’azienda si è spinta oltre, creando la joint venture Ocean Next per il settore alimentare, sfruttando la fornitura di alghe di alta qualità mentre i partner sviluppano prodotti innovativi.

Mentre l’azienda focalizza principalmente il mercato alimentare in Scandinavia e nel Nord Europa, Johannson vede opportunità in settori come biomateriali e mangimi per animali. Tuttavia, le sfide persistono, come la necessità di ampliare la produzione per soddisfare la crescente domanda e diversificare i mercati.

Con finanziamenti provenienti da sovvenzioni, investimenti azionari e ricavi, Nordic Seafarm punta a raccogliere 2,5 milioni di euro per sostenere la crescita. Guardando al futuro, Johansson prevede un ruolo di primo piano nel coltivare alghe marine in Europa, contribuendo a mitigare gli impatti ambientali e favorendo un settore più sostenibile. La Svezia, con una legislazione favorevole all’acquacoltura delle alghe, offre un terreno fertile per questa crescita, con Nordic Seafarm determinata a diventare un leader nell’industria.

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