Mese: Marzo 2024 Pagina 27 di 81

Monitoraggio del salmone scozzese: 60 anni di raccolta dati

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Monitoraggio del salmone scozzese: 60 anni di raccolta dati – Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Aberdeen consente di condividere scoperte fondamentali sul salmone atlantico, una specie a rischio che lotta per sopravvivere negli habitat colpiti dal cambiamento climatico. Il salmone, che necessita di acque marine e fluviali per il suo ciclo di vita, è stato quindi oggetto di questo studio minuzioso a Girnock Burn, Royal Deeside, nel cuore della Scozia.

Dal 1966, sono stati immagazzinati dati in questa valle fluviale, facendo luce su cambiamenti critici nei tassi di ritorno dei salmoni e nello stato ambientale del fiume. Queste informazioni sono state ora pubblicate sulla rivista Hydrological Processes.

La ricerca, condotta con il supporto del governo scozzese e dell’Istituto Leibniz tedesco, ha tracciato la storia dei cosiddetti salmoni “primaverili”, pesci di alto valore che ritornano in acqua dolce dopo più di un anno in mare.

Gli scienziati si sono concentrati su come le variazioni climatiche hanno influenzato il numero dei salmoni e hanno osservato un calo preoccupante dei pesci che fanno ritorno dal mare, un trend allarmante visto anche in molti altri fiumi della Scozia.

Il Professor Chris Soulsby, che studia il Girnock da oltre tre decenni, sottolinea che sebbene il cambiamento climatico abbia impattato negativamente sulle sopravvivenze marine, anche gli habitat fluviali ne sono stati colpiti. I risultati mostrano la necessità di adottare misure come la piantumazione di alberi lungo le rive per ridurre le temperature dell’acqua. Allo stesso tempo, avverte che interventi di ingegneria fluviale per “creare” habitat non saranno efficaci dato che l’habitat giovanile non limita la popolazione.

L’importanza di proteggere i salmoni è cruciale non solo per la biodiversità ma anche per l’economia rurale e l’occupazione in Scozia. Con il cambiamento climatico che minaccia di intensificare inondazioni e siccità, la ricerca continua è essenziale per fornire basi scientifiche affidabili a sostegno delle politiche e delle strategie di gestione future.

Il professor Doerthe Tetzlaff, coautore dello studio, ribadisce l’importanza di dati scientifici a lungo termine per comprendere gli ecosistemi e per influenzare positivamente le politiche e la gestione di specie che indicano lo stato di salute dell’ambiente a livello globale e locale. La ricerca dell’Università di Aberdeen gioca così un ruolo chiave nella fornitura di scienza a supporto della salvaguardia del salmone atlantico.

Monitoraggio del salmone scozzese: 60 anni di raccolta dati

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A Catania tutto pronto per ospitare la Conferenza Europea sui Cetacei

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A Catania tutto pronto per ospitare la Conferenza Europea sui Cetacei – Mancano poco più di due settimane al grande evento, una Conferenza internazionale sul mondo dei cetacei e sulle sfide per raggiungere uno sviluppo sostenibile delle aree costiere, mitigando gli effetti delle azioni umane sull’ecosistema marino e supportando la conservazione dei mammiferi marini.

Una sfida anche per l’Associazione Marecamp, organizzatore ufficiale della Conferenza, che in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (DSBGA) dell’Università di Catania si prepara ad ospitare gli oltre 500 partecipanti già registrati alla 35° Conferenza Annuale della European Cetacean Society (ECS) dal tema Marine mammals and human activities: how to reach a sustainable development of coastal areas? che avrà luogo dal 10 al 12 aprile 2024 presso Le Ciminiere di Catania, e che sarà preceduta da due giornate di workshop paralleli tematici presso lo stesso DSBGA.

Tra i relatori vi saranno docenti, ricercatori e studenti provenienti dall’intera area euromediterranea e oltre – si contano iscritti anche da Cina, Brasile, Nuova Zelanda, USA, Singapore, e India – che esporranno i propri lavori scientifici sui mammiferi marini. Gli interventi di apertura di ciascuna giornata saranno inoltre tenuti da esperti di calibro internazionale quali Frances Gulland (Presidente della Commissione sui Mammiferi Marini degli Stati Uniti), Bruno Cozzi (Fondatore del Centro Studi Cetacei), e Philip Hammond (Professore di Ecologia presso l’Università di St Andrews).

Anche i meno “addetti ai lavori” potranno presenziare gratuitamente a parte dell’evento, durante una serata video tematica dell’11 aprile, sempre presso Le Ciminiere (registrazione obbligatoria sul sito ECS).

L’evento è realizzato grazie al lavoro volontario degli esperti del Comitato Locale Organizzativo (LOC) coordinato da Marecamp, con il supporto del Consiglio ECS. Inoltre, la Conferenza gode del patrocinio del Dipartimento della Pesca Mediterranea (Assessorato dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea della Regione Siciliana), del Comune e della Città Metropolitana di Catania, e dell’Università di Catania.

Pure il servizio di accoglienza presso Le Ciminiere sarà realizzato da studenti volontari provenienti da diverse università italiane ed estere, e da una quarta classe del Politecnico del Mare di Catania.

La 35° Conferenza ECS sarà presentata ufficialmente dal LOC nella Conferenza Stampa del 25 marzo 2024, alle ore 10:00, presso l’ “Aula Consiglio” del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali – Sezione di Biologia Vegetale – ex Conservatorio Vergini al Borgo (via Empedocle 58, Catania) dell’Università di Catania.

“Marecamp ha lavorato sodo per realizzare questa Conferenza, dalla candidatura di Catania a tutta la macchina organizzativa messa in moto col LOC, grazie alla quale oggi possiamo dire che è tutto pronto per aprire le danze. Crediamo con fermezza in una possibile coesistenza uomo-cetacei, e che accendere i riflettori su questo argomento a Catania sia di fondamentale importanza e stimolo, sia per la comunità locale che per gli studiosi che operano in Mediterraneo e altri mari”, ha detto Clara Monaco, Presidente del Comitato Locale Organizzativo e del Comitato Scientifico della 35° Conferenza ECS, e Responsabile scientifico Marecamp.

“Le aule del nostro dipartimento accoglieranno workshop che gli studenti potranno seguire con un duplice vantaggio: arricchire le loro conoscenze sui Cetacei, un gruppo di Mammiferi marini molto amato ma al tempo stesso poco conosciuto soprattutto per quanto riguarda la loro biologia e il loro stato di conservazione. L’altro vantaggio sarà avere la possibilità di scambiare idee, impressioni e conoscenze con studenti provenienti da altre città europee. L’Università di Catania spinge molto sul pedale dell’internazionalizzazione e i nostri studenti hanno ora a disposizione un grande numero di convenzioni con altre università europee pronte ad accoglierli nell’ambito del programma Erasmus, così come l’Università di Catania è pronta ad accogliere gli studenti europei che sempre più numerosi scelgono di frequentarla. Quale migliore occasione quindi la conferenza ci darà se non quella di accogliere a casa nostra docenti, studiosi e studenti europei?”, ha dichiarato Venera Ferrito, Referente ECS per l’Università di Catania, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali.

“In quasi 40 anni di vita della ECS, molteplici sono stati i Paesi che hanno ospitato le sue conferenze annuali, e solo 3 di queste sono state ospitate in Italia. A 6 anni dall’ultima, svoltasi a La Spezia, oggi siamo estramente lieti di avere l’opportunità di organizzare la Conferenza ECS in Sicilia per la prima volta, certi che Catania ci riserverà una perfetta accoglienza”, ha detto Joan Gonzalvo, Presidente della European Cetacean Society (ECS).

A Catania tutto pronto per ospitare la Conferenza Europea sui Cetacei

 

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L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer

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L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer – Uno studio condotto da scenziati dell’Ifremer, del CNRS e di diverse università francesi, ha fatto luce sulla storia dell’ostricoltura francese, un viaggio dagli anni ’70 fino al 2018. Lo studio si concentra sui tre siti più produttivi della Francia: la baia di Veys in Normandia, il bacino Marennes-Oléron in Charente-Maritime, e la laguna di Thau in Occitania. Il progetto Retroscope ha mirato a scoprire non solo la storia ecologica ed economica di queste zone, ma anche la loro storia sociale, con il supporto di coloro che vivono quotidianamente la coltivazione delle ostriche.

Per svelare i segreti del passato, i ricercatori hanno esaminato con precisione i dati ambientali, sanitari e economici, interrogando anche 168 coltivatori di ostriche sul loro mestiere e sui cambiamenti avvenuti nel tempo.

Gli scienziati hanno identificato momenti critici nella storia ostricola, come la grande mortalità degli anni ’70, che ha portato all’adozione dell’ostrica giapponese, e la sua successiva espansione grazie a innovazioni tecnologiche. Hanno dovuto navigare attraverso crisi sanitarie, inquinamento e cambiamenti legislativi, arrivando agli episodi di mortalità che dal 2008 hanno colpito le coltivazioni di ostriche.

I coltivatori di ostriche hanno risposto con resilienza, adottando nuove specie e metodi di coltivazione, meccanizzando i processi e concentrando i loro sforzi su vendita diretta e spedizioni.

Il progetto Retroscope ha anche messo in luce le sfide ambientali, come la qualità dell’acqua e gli effetti del cambiamento climatico. In Normandia, ad esempio, la battaglia contro l’inquinamento persiste, mentre il bacino Marennes-Oléron sta affrontando i rischi climatici, come tempeste e siccità, oltre alle preoccupazioni per la diversità del fitoplancton e dell’inquinamento microbico.

I coltivatori di ostriche, tuttavia, rimangono ottimisti sul loro futuro, confidando nella loro capacità di adattarsi a un ambiente in costante mutamento.

L’Ifremer, sostenendo i coltivatori attraverso la ricerca e l’osservazione, si impegna a fornire gli strumenti necessari per superare le sfide presenti e future, mantenendo vivo un settore tradizionale fondamentale per l’identità e l’economia delle comunità costiere francesi.

L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer

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L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer

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L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer – Uno studio condotto da scenziati dell’Ifremer, del CNRS e di diverse università francesi, ha fatto luce sulla storia dell’ostricoltura francese, un viaggio dagli anni ’70 fino al 2018. Lo studio si concentra sui tre siti più produttivi della Francia: la baia di Veys in Normandia, il bacino Marennes-Oléron in Charente-Maritime, e la laguna di Thau in Occitania. Il progetto Retroscope ha mirato a scoprire non solo la storia ecologica ed economica di queste zone, ma anche la loro storia sociale, con il supporto di coloro che vivono quotidianamente la coltivazione delle ostriche.

Per svelare i segreti del passato, i ricercatori hanno esaminato con precisione i dati ambientali, sanitari e economici, interrogando anche 168 coltivatori di ostriche sul loro mestiere e sui cambiamenti avvenuti nel tempo.

Gli scienziati hanno identificato momenti critici nella storia ostricola, come la grande mortalità degli anni ’70, che ha portato all’adozione dell’ostrica giapponese, e la sua successiva espansione grazie a innovazioni tecnologiche. Hanno dovuto navigare attraverso crisi sanitarie, inquinamento e cambiamenti legislativi, arrivando agli episodi di mortalità che dal 2008 hanno colpito le coltivazioni di ostriche.

I coltivatori di ostriche hanno risposto con resilienza, adottando nuove specie e metodi di coltivazione, meccanizzando i processi e concentrando i loro sforzi su vendita diretta e spedizioni.

Il progetto Retroscope ha anche messo in luce le sfide ambientali, come la qualità dell’acqua e gli effetti del cambiamento climatico. In Normandia, ad esempio, la battaglia contro l’inquinamento persiste, mentre il bacino Marennes-Oléron sta affrontando i rischi climatici, come tempeste e siccità, oltre alle preoccupazioni per la diversità del fitoplancton e dell’inquinamento microbico.

I coltivatori di ostriche, tuttavia, rimangono ottimisti sul loro futuro, confidando nella loro capacità di adattarsi a un ambiente in costante mutamento.

L’Ifremer, sostenendo i coltivatori attraverso la ricerca e l’osservazione, si impegna a fornire gli strumenti necessari per superare le sfide presenti e future, mantenendo vivo un settore tradizionale fondamentale per l’identità e l’economia delle comunità costiere francesi.

L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer

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L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer – Uno studio condotto da scenziati dell’Ifremer, del CNRS e di diverse università francesi, ha fatto luce sulla storia dell’ostricoltura francese, un viaggio dagli anni ’70 fino al 2018. Lo studio si concentra sui tre siti più produttivi della Francia: la baia di Veys in Normandia, il bacino Marennes-Oléron in Charente-Maritime, e la laguna di Thau in Occitania. Il progetto Retroscope ha mirato a scoprire non solo la storia ecologica ed economica di queste zone, ma anche la loro storia sociale, con il supporto di coloro che vivono quotidianamente la coltivazione delle ostriche.

Per svelare i segreti del passato, i ricercatori hanno esaminato con precisione i dati ambientali, sanitari e economici, interrogando anche 168 coltivatori di ostriche sul loro mestiere e sui cambiamenti avvenuti nel tempo.

Gli scienziati hanno identificato momenti critici nella storia ostricola, come la grande mortalità degli anni ’70, che ha portato all’adozione dell’ostrica giapponese, e la sua successiva espansione grazie a innovazioni tecnologiche. Hanno dovuto navigare attraverso crisi sanitarie, inquinamento e cambiamenti legislativi, arrivando agli episodi di mortalità che dal 2008 hanno colpito le coltivazioni di ostriche.

I coltivatori di ostriche hanno risposto con resilienza, adottando nuove specie e metodi di coltivazione, meccanizzando i processi e concentrando i loro sforzi su vendita diretta e spedizioni.

Il progetto Retroscope ha anche messo in luce le sfide ambientali, come la qualità dell’acqua e gli effetti del cambiamento climatico. In Normandia, ad esempio, la battaglia contro l’inquinamento persiste, mentre il bacino Marennes-Oléron sta affrontando i rischi climatici, come tempeste e siccità, oltre alle preoccupazioni per la diversità del fitoplancton e dell’inquinamento microbico.

I coltivatori di ostriche, tuttavia, rimangono ottimisti sul loro futuro, confidando nella loro capacità di adattarsi a un ambiente in costante mutamento.

L’Ifremer, sostenendo i coltivatori attraverso la ricerca e l’osservazione, si impegna a fornire gli strumenti necessari per superare le sfide presenti e future, mantenendo vivo un settore tradizionale fondamentale per l’identità e l’economia delle comunità costiere francesi.

L’ostricoltura francese in uno studio Ifremer

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