Mese: Aprile 2024 Pagina 37 di 71

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale

 [[{“value”:”

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale – La crescente consapevolezza dell’impatto ambientale dell’acquacoltura sta spingendo gli esperti a raccomandare un consumo più diretto di pesci selvatici come sgombri, acciughe e aringhe, comunemente utilizzati nei mangimi per il salmone d’allevamento. Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge ha messo in luce come l’attuale modello di produzione del salmone d’allevamento porti a una notevole perdita di nutrienti essenziali, suggerendo che integrare più pesci selvatici nella nostra dieta potrebbe non solo arricchirla di sostanze nutritive, ma anche ridurre la pressione sulle risorse marine limitate.

Il team di ricerca, guidato da David Willer del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge, ha evidenziato che i pesci selvatici utilizzati come mangime presentano livelli di micronutrienti simili o superiori rispetto ai filetti di salmone d’allevamento. Per esempio, è stato scoperto che i livelli di calcio nei pesci selvatici sono oltre cinque volte superiori rispetto al salmone, e sostanze come iodio, ferro, omega-3, vitamina B12 e vitamina A sono significativamente più elevate.

Questi risultati sottolineano una potenziale inefficienza nel settore dell’acquacoltura, dove importanti nutrienti sono persi quando i pesci selvatici vengono trasformati in mangimi piuttosto che essere consumati direttamente dall’uomo. Gli scienziati propongono quindi un cambio di paradigma, dove si valorizzino maggiormente i pesci selvatici non solo per la loro biodiversità, ma anche per il loro alto valore nutrizionale.

Migliorare i mangimi per  l’acquacoltura

Inoltre, i ricercatori hanno osservato come l’industria del salmone potrebbe migliorare la ritenzione dei nutrienti attraverso un uso più strategico degli ingredienti nei mangimi, come i sottoprodotti della pesca e i pesci di qualità industriale provenienti da fonti sostenibili. La proposta include la necessità di un sistema standardizzato che integri la metrica della ritenzione dei nutrienti nelle pratiche industriali, un approccio che potrebbe rendere il settore più efficiente e meno impattante sugli ecosistemi marini.

L’espansione del consumo di varietà di pesci selvatici, non solo beneficerebbe sulla nostra salute, ma contribuirebbe anche alla sostenibilità degli oceani, riducendo la dipendenza da un limitato numero di specie per l’alimentazione del salmone d’allevamento. Questa ricerca, finanziata da enti governativi e privati, è un passo avanti nel comprendere come le nostre scelte alimentari possano avere un impatto diretto sulla salute dell’ecosistema marino globale.

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale

L’articolo Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale

 [[{“value”:”

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale – La crescente consapevolezza dell’impatto ambientale dell’acquacoltura sta spingendo gli esperti a raccomandare un consumo più diretto di pesci selvatici come sgombri, acciughe e aringhe, comunemente utilizzati nei mangimi per il salmone d’allevamento. Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge ha messo in luce come l’attuale modello di produzione del salmone d’allevamento porti a una notevole perdita di nutrienti essenziali, suggerendo che integrare più pesci selvatici nella nostra dieta potrebbe non solo arricchirla di sostanze nutritive, ma anche ridurre la pressione sulle risorse marine limitate.

Il team di ricerca, guidato da David Willer del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge, ha evidenziato che i pesci selvatici utilizzati come mangime presentano livelli di micronutrienti simili o superiori rispetto ai filetti di salmone d’allevamento. Per esempio, è stato scoperto che i livelli di calcio nei pesci selvatici sono oltre cinque volte superiori rispetto al salmone, e sostanze come iodio, ferro, omega-3, vitamina B12 e vitamina A sono significativamente più elevate.

Questi risultati sottolineano una potenziale inefficienza nel settore dell’acquacoltura, dove importanti nutrienti sono persi quando i pesci selvatici vengono trasformati in mangimi piuttosto che essere consumati direttamente dall’uomo. Gli scienziati propongono quindi un cambio di paradigma, dove si valorizzino maggiormente i pesci selvatici non solo per la loro biodiversità, ma anche per il loro alto valore nutrizionale.

Migliorare i mangimi per  l’acquacoltura

Inoltre, i ricercatori hanno osservato come l’industria del salmone potrebbe migliorare la ritenzione dei nutrienti attraverso un uso più strategico degli ingredienti nei mangimi, come i sottoprodotti della pesca e i pesci di qualità industriale provenienti da fonti sostenibili. La proposta include la necessità di un sistema standardizzato che integri la metrica della ritenzione dei nutrienti nelle pratiche industriali, un approccio che potrebbe rendere il settore più efficiente e meno impattante sugli ecosistemi marini.

L’espansione del consumo di varietà di pesci selvatici, non solo beneficerebbe sulla nostra salute, ma contribuirebbe anche alla sostenibilità degli oceani, riducendo la dipendenza da un limitato numero di specie per l’alimentazione del salmone d’allevamento. Questa ricerca, finanziata da enti governativi e privati, è un passo avanti nel comprendere come le nostre scelte alimentari possano avere un impatto diretto sulla salute dell’ecosistema marino globale.

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale

L’articolo Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale

 [[{“value”:”

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale – La crescente consapevolezza dell’impatto ambientale dell’acquacoltura sta spingendo gli esperti a raccomandare un consumo più diretto di pesci selvatici come sgombri, acciughe e aringhe, comunemente utilizzati nei mangimi per il salmone d’allevamento. Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge ha messo in luce come l’attuale modello di produzione del salmone d’allevamento porti a una notevole perdita di nutrienti essenziali, suggerendo che integrare più pesci selvatici nella nostra dieta potrebbe non solo arricchirla di sostanze nutritive, ma anche ridurre la pressione sulle risorse marine limitate.

Il team di ricerca, guidato da David Willer del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge, ha evidenziato che i pesci selvatici utilizzati come mangime presentano livelli di micronutrienti simili o superiori rispetto ai filetti di salmone d’allevamento. Per esempio, è stato scoperto che i livelli di calcio nei pesci selvatici sono oltre cinque volte superiori rispetto al salmone, e sostanze come iodio, ferro, omega-3, vitamina B12 e vitamina A sono significativamente più elevate.

Questi risultati sottolineano una potenziale inefficienza nel settore dell’acquacoltura, dove importanti nutrienti sono persi quando i pesci selvatici vengono trasformati in mangimi piuttosto che essere consumati direttamente dall’uomo. Gli scienziati propongono quindi un cambio di paradigma, dove si valorizzino maggiormente i pesci selvatici non solo per la loro biodiversità, ma anche per il loro alto valore nutrizionale.

Migliorare i mangimi per  l’acquacoltura

Inoltre, i ricercatori hanno osservato come l’industria del salmone potrebbe migliorare la ritenzione dei nutrienti attraverso un uso più strategico degli ingredienti nei mangimi, come i sottoprodotti della pesca e i pesci di qualità industriale provenienti da fonti sostenibili. La proposta include la necessità di un sistema standardizzato che integri la metrica della ritenzione dei nutrienti nelle pratiche industriali, un approccio che potrebbe rendere il settore più efficiente e meno impattante sugli ecosistemi marini.

L’espansione del consumo di varietà di pesci selvatici, non solo beneficerebbe sulla nostra salute, ma contribuirebbe anche alla sostenibilità degli oceani, riducendo la dipendenza da un limitato numero di specie per l’alimentazione del salmone d’allevamento. Questa ricerca, finanziata da enti governativi e privati, è un passo avanti nel comprendere come le nostre scelte alimentari possano avere un impatto diretto sulla salute dell’ecosistema marino globale.

Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale

L’articolo Mangiare più pesce selvatico riduce l’impatto ambientale proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Accordo FAO e CIO-UNESCO per combattere proliferazione algale

 [[{“value”:”

Accordo FAO e CIO-UNESCO per combattere proliferazione algale  – Lo scorso 11 aprile, all’interno della Ocean Decade Conference di Barcellona, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e la Commissione oceanografica intergovernativa (IOC) dell’UNESCO hanno siglato un importante memorandum d’intesa. Questo accordo mira a intensificare la lotta contro le fioriture algali dannose (HAB), fenomeni noti per i loro effetti devastanti sulla sicurezza alimentare e sull’economia marina.

La firma del memorandum tra Manuel Barange, vicedirettore generale della FAO e direttore della divisione Pesca e acquacoltura, e Vidar Helgesen, segretario esecutivo del CIO, segna una pietra miliare nella collaborazione intergovernativa. L’intesa prevede la gestione congiunta di un segretariato CIO-FAO per il Gruppo intergovernativo sulle fioriture algali dannose, consolidando e rafforzando le sinergie tra le due entità.

Le fioriture algali nocive sono un grave problema ambientale che colpisce non solo gli ecosistemi marini ma anche le economie locali, soprattutto quelle dipendenti dalla pesca e dall’acquacoltura. Questi eventi possono causare morte massiva di organismi acquatici e contaminazione dei prodotti ittici, inducendo i consumatori a esitare o a rifiutare l’acquisto di tali prodotti durante le crisi. In aggiunta, le HAB contribuiscono alla creazione di zone morte marine, aree con livelli ridotti di ossigeno disciolto, con conseguenze nocive per la biodiversità.

Le due organizzazioni, mediante questo nuovo accordo, si impegnano non solo a gestire le crisi attuali ma anche a prevenire future emergenze tramite la ricerca avanzata e lo sviluppo di strategie efficaci. Questo includerà la promozione di iniziative formative, lo scambio di conoscenze, la fornitura di risorse e lo sviluppo di nuovi programmi di finanziamento.

L’obiettivo del Gruppo intergovernativo sulle fioriture algali dannose è di raccogliere i massimi esperti nel campo per migliorare la comprensione delle cause e degli effetti delle HAB. Ciò permetterà di prevedere più efficacemente tali eventi e mitigarne le conseguenze ambientali, economiche, sociali e sanitarie. La cooperazione tra FAO e CIO-UNESCO si dimostra quindi essenziale per affrontare una sfida globale che richiede una risposta coordinata e basata sulla scienza.

L’accordo raggiunto tra FAO e CIO-UNESCO rappresenta un avanzamento significativo nel campo della ricerca e della gestione delle fioriture algali dannose. Attraverso un’azione congiunta e mirata, si spera di limitare l’impatto di questi fenomeni distruttivi e di proteggere meglio le risorse marine globali per le generazioni future.

Accordo FAO e CIO-UNESCO per combattere proliferazione algale 

L’articolo Accordo FAO e CIO-UNESCO per combattere proliferazione algale proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Alleanza: escludere carburante pescherecci da revisione direttiva tassazione energia

 [[{“value”:”

Alleanza: escludere carburante pescherecci da revisione direttiva tassazione energia – Parte dall’Italia il fronte europeo tra le associazioni di categoria per evitare l’incremento del costo del gasolio per i pescherecci. L’iniziativa è dell’Alleanza delle Cooperative pesca e acquacoltura (AGCI Agrital, Confcooperative-Fedagripesca, Legacoop Agroalimentare), che ha coinvolto le principali associazioni europee di settore per chiedere all’Europa di escludere la pesca professionale dalla revisione della Direttiva sulla Tassazione dell’Energia, proposta dalla Commissione Europea con l’obiettivo di stabilire soglie fiscali minime per le energie decarbonizzate inferiori a quelle previste imposte ai combustibili fossili. Questo di fatto comporterebbe la perdita delle agevolazioni fiscali applicate in tutta Europa al gasolio che alimenta le imbarcazioni da pesca.

“Siamo favorevoli – sottolinea l’Alleanza – a tutte le strategie volte a dare vita ad una energia più pulita. Del resto, la pesca ha raggiunto con largo anticipo l’obiettivo del Green Deal, fissato al 2030. Dal 1990 al 2021, infatti, le emissioni totali di gas serra della flotta peschereccia dell’UE sono diminuite del 52%. Le emissioni generate dalla pesca nell’UE – prosegue la cooperazione -rappresentano lo 0,01% delle emissioni globali. Per questo riteniamo che il settore non debba pagare un ulteriore scotto legato al carburante, i cui costi possono, per i mestieri più energivori, superare il 40% delle spese di gestione delle imprese di pesca. La crisi energetica – conclude l’Alleanza – innescata dall’invasione russa dell’Ucraina ha avuto un impatto profondo sulla pesca e l’implementazione delle tasse sul carburante aggraverebbe ulteriormente le aziende di pesca già alle prese con gli alti prezzi dell’energia e l’inflazione”.

Alleanza: escludere carburante pescherecci da revisione direttiva tassazione energia

L’articolo Alleanza: escludere carburante pescherecci da revisione direttiva tassazione energia proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pagina 37 di 71

Made with & by Matacotti Design

Privacy & Cookie Policy