Mese: Settembre 2024 Pagina 12 di 13

Pesca: Cia Bari-Bat, con decreto dismissioni a rischio decine di posti di lavoro

Pesca: Cia Bari-Bat, con decreto dismissioni a rischio decine di posti di lavoro

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È stato pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura, il Decreto n. 319453 con cui si determinano le procedure per ottenere le indennità per la definitiva dismissione dell’attività della pesca, delle relative imbarcazioni e/o motopescherecci da parte delle imprese proprietarie: in pratica, è l’atto che determina la fine inesorabile di un’importante e gloriosa storia sia per Molfetta che per Bisceglie. In entrambe le città c’è grande preoccupazione, soprattutto per la perdita di molti posti di lavoro, già fortemente decimati dal vecchio decreto, con il quale le due marinerie furono ridotte di quasi il 50% del loro potenziale e, nello stesso tempo, furono dismessi anche alcuni dei cantieri nautici. Così Cia Bari-Bat e PescAgri-Cia che rilancia sulla necessità di misure a sostegno del settore, non decreti per disincentivare gli imprenditori.

“C’è da chiedersi se siano queste le soluzioni prospettate dalle politiche agroalimentari Ue, che tendono a incentivare le dismissioni e gli abbandoni produttivi a fronte di un contributo una tantum che cancella definitivamente un settore economico strategico per un intero territorio -commenta amaramente Giuseppe De Noia, presidente di Cia Bari-Bat-. Questo decreto -aggiunge- ricorda i tanti e vari Decreti che hanno incentivato l’abbandono della coltivazione di tanti suoli agricoli: pensiamo al set-aside nel settore cerealicolo e all’estirpazione sconsiderata dei vigneti di uva da vino, tutti decreti che, nel tempo, sono serviti per ridurre solo il potenziale produttivo di settori strategici per l’economia alimentare dei territori. Per alcuni, questo incentivo a dismettere rappresenta ‘ossigeno’ dopo decenni bui, fatti di scarsi guadagni e di riduzione costante della risorsa ittica a cui attingere, e funestati da un aumento sconsiderato dei costi, tra cui soprattutto quello del carburante agevolato.

Da un altro punto di vista però, la decurtazione definitiva della flotta delle marinerie di Molfetta e Bisceglie segna un punto di non ritorno, anche perché essa assieme al settore agricolo ha rappresentato per decenni un’importante ricchezza, oltre a un presidio per la tutela dell’ambiente e, soprattutto, un bacino rilevante di posti di lavoro. Queste dismissioni rischiano di avere un impatto sociale e occupazionale devastante per l’intero territorio -ha spiegato De Noia-. Il 2025 si presenterà come un vero spartiacque per tutte le marinerie italiane, ma i presupposti di questo ultimo quadrimestre del 2024 non fanno presagire nulla di buono”.

Dichiarazioni improntante a grave preoccupazione anche quelle di Gennaro Sicolo, presidente regionale dell’organizzazione e vicepresidente nazionale dell’organizzazione: “Noi di Cia siamo fortemente preoccupati per una crisi che, in assenza di decisioni efficaci e in controtendenza, rischia di diventare irreversibile sia nelle campagne che per l’economia del mare. La crisi del settore della pesca viaggia insieme a quello che in questi giorni stiamo vivendo nei settori dell’uva da vino, con prezzi riconosciuti ai produttori che non coprono nemmeno i costi di raccolta. Lo stesso si può dire, purtroppo, della mandorlicoltura, nonostante le svariate richieste dell’industria dolciaria, e del settore cerealicolo, che registra una perdita produttiva di circa mille euro per ettaro” dichiara Sicolo che poi lancia un grido d’allarme sulle politiche agricole Ue.

“Riteniamo sia essenziale rivedere e riprogrammare le scelte di pianificazione strategica in Europa, alla luce dell’aumento della popolazione mondiale. La produzione di cibo salubre e in quantità sufficiente deve essere una priorità, ma occorre puntare sulla piena tracciabilità dei prodotti e la valorizzazione delle produzioni certificate e sostenibili, promuovendo il riconoscimento di una giusta redditività per un’agricoltura, come quella italiana, che tutela il territorio e garantisce reddito e lavoro per milioni di famiglie”.

Sulla questione si è espressa anche PescAgri-Cia Puglia: “Al posto di provvedimenti che disincentivano e premiano le dismissioni, occorrono misure che, invece, incentivino la pesca e che permettano anche ai più giovani di contribuire al rilancio di un settore vitale com’è quello dell’economia del mare”.

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Baltico: Europêche chiede soluzioni oltre i tagli alle quote pesca

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Baltico: Europêche chiede soluzioni oltre i tagli alle quote pesca – “Per affrontare veramente la crisi, dobbiamo concentrarci sulle questioni ambientali di fondo che interessano l’ecosistema del Mar Baltico, piuttosto che concentrarci esclusivamente sul settore della pesca”.

Questo è il messaggio lanciato dall’associazione europea di pesca Europêche dopo la pubblicazione della proposta di TAC e quote per il Baltico per il 2025, recentemente lanciata dalla Commissione europea e che sarà discussa dai ministri della Pesca degli Stati membri il mese prossimo. Europêche insiste sul fatto che il settore della pesca è quello maggiormente colpito dalle condizioni ambientali del Baltico, che hanno portato la Commissione europea a proporre nuovi tagli alle possibilità di pesca entro il 2025, anticipando i tagli attuati negli ultimi anni e ponendo il settore in una situazione delicata. “Le prospettive per il 2025 sono fosche”, afferma l’organizzazione. Europêche sottolinea che la “situazione difficile” nel Mar Baltico non è dovuta alla pesca eccessiva, ma alle complicate condizioni ambientali e ai fattori naturali del mare stesso, e chiede alla Commissione misure efficaci, oltre a concentrarsi esclusivamente sulla pesca.

Europêche ha reagito espressamente alla proposta di continuare a ridurre le quote di catture accessorie di merluzzo bianco. L’organizzazione rivela che i tassi di mortalità naturale del merluzzo sono molte volte superiori a quelli causati dalla pesca. Nuovi dati scientifici suggeriscono che “alti livelli di predazione”, soprattutto da parte dei cormorani, possono spazzare via intere classi di età del merluzzo nel Baltico occidentale. Altri fattori aggiuntivi, come le scarse condizioni di ossigeno, la migrazione delle specie che costituiscono la base alimentare del merluzzo o gli alti livelli di infestazioni parassitarie legate alle popolazioni di foche, “rendono ancora più difficile il recupero delle popolazioni”, sottolinea Europêche . Per questo motivo, il settore europeo mette in dubbio l’efficacia di continuare a ridurre le quote di catture accessorie. “Sembra che queste riduzioni siano più simboliche che effettive, poiché le quote attuali sono già minime”, ha indicato l’organizzazione nelle dichiarazioni fornite a Euractiv.

La proposta del settore è quella di adottare un’estensione delle quote sia per il merluzzo bianco che per l’aringa occidentale. “Sebbene il CIEM riporti lievi miglioramenti in tutti e tre gli stock, ulteriori riduzioni delle quote potrebbero portare a sfide significative”, afferma Europêche, citando come esempi complicazioni nell’assegnazione delle quote tra Stati membri, tensioni tra pescatori e una riduzione della cattura di altre specie. “Il mantenimento delle quote attuali è essenziale per bilanciare il progresso ecologico con la stabilità economica nel settore della pesca”, conclude l’organizzazione.

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Profitti record per il maggior produttore cinese di surimi

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Profitti record per il maggior produttore cinese di surimi – Anjoy Foods, il più grande produttore cinese di surimi, ha registrato una performance finanziaria straordinaria nella prima metà del 2024. Nonostante le sfide economiche globali e una crescente concorrenza interna, l’azienda con sede a Xiamen ha riportato ricavi record di 7,54 miliardi di yuan, pari a circa 1,06 miliardi di dollari, segnando un incremento del 9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’utile netto è cresciuto dell’11,1%, raggiungendo un picco di 772 milioni di yuan.

Questi risultati finanziari si collocano in un contesto di mercato cinese caratterizzato da aspettative di crescita moderate e da una crescente attenzione alla frugalità da parte dei consumatori. Questo scenario ha creato un potenziale di consumo non ancora pienamente sfruttato, con un impatto diretto sulla concorrenza nel settore alimentare. Tuttavia, Anjoy Foods ha saputo navigare abilmente queste acque, consolidando la sua presenza nel mercato attraverso una rete di distribuzione capillare che include oltre 400 magazzini e collaborazioni con piattaforme di e-commerce e catene di supermercati di rilievo come RT-Mart, Yonghui, Walmart, Wumart e Tianhong.

Parallelamente alla crescita del mercato interno, l’azienda sta espandendo la sua influenza a livello internazionale. Una dimostrazione tangibile di questa strategia è rappresentata dalla partecipazione di maggioranza in Oriental Food Express (Kung Fu Food), una società britannica che ha contribuito con 67,7 milioni di yuan ai ricavi totali nel primo semestre del 2024.

Nonostante il successo commerciale, sorgono legittimi dubbi sulla genuinità e sulla qualità del surimi prodotto. Il surimi, un prodotto a base di pesce trasformato, è noto per essere economico e versatile, ma spesso viene criticato per la sua scarsa trasparenza in termini di ingredienti e processo di produzione. Molti consumatori rimangono scettici sulla reale qualità nutrizionale del prodotto, dato che la produzione di surimi prevede l’utilizzo di additivi, conservanti e aromi artificiali che possono compromettere la genuinità del prodotto finale. Questa realtà solleva interrogativi sull’etica della produzione alimentare e sull’impatto a lungo termine sulla salute dei consumatori.

In conclusione, mentre Anjoy Foods celebra i suoi risultati finanziari, il settore deve affrontare una crescente pressione da parte dei consumatori che richiedono maggiore trasparenza e qualità nei prodotti ittici trasformati. La sfida per i produttori di surimi, e per l’industria ittica in generale, sarà quella di bilanciare l’efficienza economica con la crescente domanda di prodotti più sani e genuini.

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Dagli scarti di pesce prodotti ad alto valore commerciale

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Dagli scarti di pesce prodotti ad alto valore commerciale – L’industria ittica sta vivendo una rivoluzione sostenibile, grazie all’iniziativa pionieristica di Sealord, supportata dal governo neozelandese. Il programma “Fish Waste Optimisation” rappresenta un passo significativo verso la valorizzazione degli scarti di pesce, trasformandoli in prodotti di consumo ad alto valore aggiunto. Con un contributo governativo di oltre 2 milioni di dollari su un totale di 5,29 milioni di dollari, questo progetto ambizioso promette di ridefinire il concetto di sostenibilità nel settore ittico.

Sealord, uno dei leader nell’industria della pesca in Nuova Zelanda, ha storicamente destinato la maggior parte dei suoi scarti di pesce alla produzione di farina di pesce, un prodotto dal basso valore commerciale. Tuttavia, grazie al programma sostenuto dal fondo Sustainable Food and Fibre Futures del Ministero delle Industrie Primarie, l’azienda sta sviluppando nuove soluzioni per massimizzare il potenziale di questi scarti, trasformandoli in prodotti di elevato valore.

Il progetto comprende diverse fasi, che spaziano dalla ricerca sui consumatori alla selezione di produttori terzi, dallo sviluppo di formulazioni innovative alla creazione di imballaggi sostenibili. Inoltre, saranno esplorate nuove opzioni di distribuzione e mercati di esportazione per garantire il successo commerciale dei nuovi prodotti.

Il primo risultato tangibile di questo sforzo sarà una gamma di fertilizzanti biologici per il giardino, che potrebbe rappresentare una valida alternativa ai fertilizzanti sintetici utilizzati in agricoltura, viticoltura e orticoltura. Sealord sta inoltre lavorando allo sviluppo di ingredienti di alta qualità per l’industria degli alimenti per animali domestici, con l’obiettivo a lungo termine di lanciare una propria linea di prodotti destinati a questo segmento di mercato in forte crescita.

Questo progetto non solo contribuirà a raddoppiare il valore delle esportazioni ittiche della Nuova Zelanda, ma rafforzerà anche la strategia del governo per un’acquacoltura più sostenibile. L’iniziativa di Sealord risponde a una crescente domanda globale di prodotti eco-compatibili e rappresenta un esempio virtuoso di come l’innovazione possa generare nuovi flussi di entrate, contribuendo al contempo alla salvaguardia dell’ambiente.

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Indipendenza dai prodotti ittici possibile per gli USA

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Indipendenza dai prodotti ittici possibile per gli USA  – Gli Stati Uniti, tra i maggiori produttori e importatori di prodotti ittici al mondo, si trovano oggi di fronte a una possibilità significativa: raggiungere l’indipendenza dai prodotti ittici. Un recente studio dell’Università del Maine suggerisce che la nazione ha il potenziale per soddisfare internamente l’intero fabbisogno di prodotti ittici, ma ciò richiederebbe cambiamenti radicali in diversi settori.

Analisi della capacità di autosufficienza ittica

Lo studio analizza 50 anni di dati relativi alla produzione e al consumo di pesce negli Stati Uniti, rivelando che, nonostante un’elevata capacità produttiva, solo il 76% della domanda nazionale è stato soddisfatto internamente tra il 2012 e il 2021. L’Alaska emerge come la regione più autosufficiente, con una produzione che supera di gran lunga la domanda regionale, mentre altre aree come il Medio Atlantico faticano a soddisfare anche una minima parte del loro fabbisogno.

Le opportunità dell’indipendenza ittica

Raggiungere l’indipendenza dai prodotti ittici non rappresenta solo un traguardo economico, ma offre anche benefici significativi in termini di sicurezza alimentare e salute pubblica. Incrementare l’autosufficienza potrebbe infatti migliorare l’accesso a un’alimentazione più equilibrata e sostenibile, riducendo la dipendenza dalle importazioni e l’esposizione a interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali.

Le sfide

Per realizzare questo obiettivo, è necessario un cambiamento nelle abitudini alimentari degli americani, con un maggiore consumo di specie meno richieste come aringhe e acciughe, che sono ricche di nutrienti essenziali. Inoltre, l’industria ittica dovrà investire in infrastrutture, come celle frigorifere e reti di distribuzione, per migliorare l’accesso ai mercati locali e regionali, e sviluppare l’acquacoltura su piccola scala per aumentare la produzione di molluschi.

Impatto del cambiamento climatico

Qualsiasi strategia volta ad aumentare l’autosufficienza dovrà tenere conto delle sfide poste dal cambiamento climatico. Le variazioni nelle temperature oceaniche e l’acidificazione dei mari rappresentano minacce significative per la pesca e l’acquacoltura. Investire nella resilienza delle infrastrutture e adattare le pratiche di pesca sarà cruciale per garantire una produzione sostenibile a lungo termine.

Gli Stati Uniti insomma hanno il potenziale per raggiungere l’indipendenza dai prodotti ittici, ma per farlo sarà necessario un impegno coordinato che coinvolga produttori, consumatori e istituzioni. Investire in tecnologie sostenibili, modificare le preferenze alimentari e rafforzare le infrastrutture locali rappresentano passi fondamentali per raggiungere questo ambizioso obiettivo.

Indipendenza dai prodotti ittici possibile per gli USA

 

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