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È stato pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura, il Decreto n. 319453 con cui si determinano le procedure per ottenere le indennità per la definitiva dismissione dell’attività della pesca, delle relative imbarcazioni e/o motopescherecci da parte delle imprese proprietarie: in pratica, è l’atto che determina la fine inesorabile di un’importante e gloriosa storia sia per Molfetta che per Bisceglie. In entrambe le città c’è grande preoccupazione, soprattutto per la perdita di molti posti di lavoro, già fortemente decimati dal vecchio decreto, con il quale le due marinerie furono ridotte di quasi il 50% del loro potenziale e, nello stesso tempo, furono dismessi anche alcuni dei cantieri nautici. Così Cia Bari-Bat e PescAgri-Cia che rilancia sulla necessità di misure a sostegno del settore, non decreti per disincentivare gli imprenditori.
“C’è da chiedersi se siano queste le soluzioni prospettate dalle politiche agroalimentari Ue, che tendono a incentivare le dismissioni e gli abbandoni produttivi a fronte di un contributo una tantum che cancella definitivamente un settore economico strategico per un intero territorio -commenta amaramente Giuseppe De Noia, presidente di Cia Bari-Bat-. Questo decreto -aggiunge- ricorda i tanti e vari Decreti che hanno incentivato l’abbandono della coltivazione di tanti suoli agricoli: pensiamo al set-aside nel settore cerealicolo e all’estirpazione sconsiderata dei vigneti di uva da vino, tutti decreti che, nel tempo, sono serviti per ridurre solo il potenziale produttivo di settori strategici per l’economia alimentare dei territori. Per alcuni, questo incentivo a dismettere rappresenta ‘ossigeno’ dopo decenni bui, fatti di scarsi guadagni e di riduzione costante della risorsa ittica a cui attingere, e funestati da un aumento sconsiderato dei costi, tra cui soprattutto quello del carburante agevolato.
Da un altro punto di vista però, la decurtazione definitiva della flotta delle marinerie di Molfetta e Bisceglie segna un punto di non ritorno, anche perché essa assieme al settore agricolo ha rappresentato per decenni un’importante ricchezza, oltre a un presidio per la tutela dell’ambiente e, soprattutto, un bacino rilevante di posti di lavoro. Queste dismissioni rischiano di avere un impatto sociale e occupazionale devastante per l’intero territorio -ha spiegato De Noia-. Il 2025 si presenterà come un vero spartiacque per tutte le marinerie italiane, ma i presupposti di questo ultimo quadrimestre del 2024 non fanno presagire nulla di buono”.
Dichiarazioni improntante a grave preoccupazione anche quelle di Gennaro Sicolo, presidente regionale dell’organizzazione e vicepresidente nazionale dell’organizzazione: “Noi di Cia siamo fortemente preoccupati per una crisi che, in assenza di decisioni efficaci e in controtendenza, rischia di diventare irreversibile sia nelle campagne che per l’economia del mare. La crisi del settore della pesca viaggia insieme a quello che in questi giorni stiamo vivendo nei settori dell’uva da vino, con prezzi riconosciuti ai produttori che non coprono nemmeno i costi di raccolta. Lo stesso si può dire, purtroppo, della mandorlicoltura, nonostante le svariate richieste dell’industria dolciaria, e del settore cerealicolo, che registra una perdita produttiva di circa mille euro per ettaro” dichiara Sicolo che poi lancia un grido d’allarme sulle politiche agricole Ue.
“Riteniamo sia essenziale rivedere e riprogrammare le scelte di pianificazione strategica in Europa, alla luce dell’aumento della popolazione mondiale. La produzione di cibo salubre e in quantità sufficiente deve essere una priorità, ma occorre puntare sulla piena tracciabilità dei prodotti e la valorizzazione delle produzioni certificate e sostenibili, promuovendo il riconoscimento di una giusta redditività per un’agricoltura, come quella italiana, che tutela il territorio e garantisce reddito e lavoro per milioni di famiglie”.
Sulla questione si è espressa anche PescAgri-Cia Puglia: “Al posto di provvedimenti che disincentivano e premiano le dismissioni, occorrono misure che, invece, incentivino la pesca e che permettano anche ai più giovani di contribuire al rilancio di un settore vitale com’è quello dell’economia del mare”.
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