Mese: Dicembre 2024 Pagina 2 di 3

Istamina: una minaccia controllata nella filiera ittica

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Istamina: una minaccia controllata nella filiera ittica – L’istamina, comunemente nota come scombrotossina, è una tossina alimentare che può svilupparsi nel pesce, in particolare nelle specie appartenenti alle famiglie Scombridae e Scomberesocidae, come sgombri e tonni. Questa sostanza si forma naturalmente attraverso la trasformazione dell’amminoacido istidina, presente nei tessuti del pesce, in seguito all’azione di specifici batteri. Sebbene in passato fosse una problematica diffusa, oggi il rischio associato all’istamina è stato significativamente ridotto grazie ai progressi tecnologici e alle rigorose normative in vigore in Europa.

La formazione dell’istamina è strettamente legata alle condizioni di conservazione del pesce. Se il pescato non viene immediatamente refrigerato o congelato a temperature inferiori a 4°C, l’attività enzimatica promossa da batteri naturalmente presenti nei tessuti può portare a un accumulo di istamina. Questo rischio si manifesta in modo particolare nei pesci ricchi di istidina libera, come il tonno e lo sgombro. Tuttavia, l’industria europea ha implementato soluzioni all’avanguardia per prevenire tale fenomeno, rendendo il consumo di questi prodotti ittici sicuro per il pubblico.

Grazie alle moderne tecniche di refrigerazione e congelamento, il livello di istamina nei prodotti ittici disponibili sul mercato europeo è oggi estremamente basso. Ad esempio, nel tonno in scatola, i livelli di istamina sono generalmente compresi tra 1 e 30 ppm (parti per milione), ben al di sotto dei limiti di sicurezza fissati dall’Unione Europea, che consentono un massimo di 50 ppm. Tali livelli sono monitorati attraverso controlli rigorosi lungo tutta la filiera, dalla pesca alla lavorazione e alla distribuzione. L’industria ha adottato standard ancora più stringenti, con soglie che spesso si attestano al di sotto dei limiti normativi per garantire una tolleranza anche durante i processi di lavorazione.

L’avvelenamento da istamina, noto come sindrome sgombrotossica, è una rara forma di intossicazione alimentare che si manifesta rapidamente dopo il consumo di pesce contaminato. I sintomi, che possono includere vampate, mal di testa, nausea e rash cutanei, sono generalmente di breve durata e si risolvono autonomamente entro 24 ore. Tuttavia, episodi significativi di questa intossicazione sono ormai limitati a contesti dove le infrastrutture di refrigerazione e le pratiche igieniche sono carenti. Nei paesi europei, i casi registrati sono diventati sporadici, grazie alle misure preventive e agli alti standard di sicurezza alimentare.

È importante sottolineare che una volta formatasi, l’istamina non può essere eliminata tramite cottura o sterilizzazione. Per questo motivo, la prevenzione è cruciale. Le imbarcazioni moderne sono dotate di sistemi di refrigerazione avanzati, che mantengono il pesce fresco sin dal momento della cattura. Durante le fasi di lavorazione, le aziende seguono protocolli stringenti che includono test regolari per verificare i livelli di istamina e garantire il rispetto delle normative europee.

Nonostante i progressi compiuti, il problema dell’istamina persiste in alcune aree del mondo, dove le condizioni igieniche e le infrastrutture di conservazione sono inadeguate. In questi contesti, l’assenza di una catena del freddo efficiente può favorire lo sviluppo di livelli pericolosi di istamina. Questo sottolinea l’importanza di una continua sensibilizzazione sull’importanza della corretta gestione del pescato, non solo per proteggere la salute dei consumatori, ma anche per promuovere la qualità e la sicurezza dei prodotti ittici a livello globale.

In Europa, la combinazione di normative rigorose, innovazione tecnologica e impegno dell’industria garantisce che il rischio legato all’istamina sia oggi estremamente ridotto. I consumatori possono quindi acquistare e consumare prodotti ittici con fiducia, certi che dietro ogni confezione ci siano anni di ricerca, prevenzione e controlli volti a tutelare la loro salute.

Istamina: una minaccia controllata nella filiera ittica

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Sistemi ibridi a flusso continuo (HFTS): il futuro della produzione di salmone su terraferma?

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Sistemi ibridi a flusso continuo (HFTS): il futuro della produzione di salmone su terraferma? – Un’analisi approfondita di Gorjan Nikolik, esperto della Rabobank, evidenzia come i sistemi ibridi a flusso continuo (HFTS) stiano emergendo come una soluzione promettente nel settore dell’acquacoltura terrestre, in particolare per la produzione di salmone. Questi sistemi, sebbene relativamente nuovi, stanno dimostrando un potenziale significativo in termini di profittabilità e stabilità operativa, distinguendosi nettamente dai tradizionali impianti a ricircolo (RAS), spesso criticati per i costi elevati e le complessità tecniche.

HFTS: un’alternativa ai limiti del RAS

Secondo Nikolik, i sistemi RAS presentano due debolezze principali: costi medi operativi molto elevati e una produzione spesso instabile a causa delle difficoltà tecniche, in particolare nella gestione del biofiltro. Al contrario, gli HFTS adottano una tecnologia più semplice e affidabile, che elimina molte delle problematiche operative dei sistemi a ricircolo.

Uno degli svantaggi principali degli HFTS è rappresentato dal costo energetico necessario per pompare grandi quantità di acqua marina. Tuttavia, questo è compensato da benefici tangibili, come la riduzione dei trattamenti sanitari, bassi tassi di mortalità, eccellenti rapporti di conversione alimentare (FCR) e impressionanti tassi di crescita dei pesci. Nikolik sottolinea come questi fattori abbiano contribuito al successo di aziende come Salmon Evolution, che ha raggiunto profitti significativi grazie a questa tecnologia.

Qualità del prodotto e premi di mercato

Gli HFTS offrono anche un vantaggio competitivo nel garantire un’elevata percentuale di salmone di qualità superiore, consentendo agli allevatori di ottenere prezzi premium per i loro prodotti. Nikolik osserva come questo risultato, inizialmente inaspettato, sia diventato un punto di forza per gli operatori HFTS, in particolare in un contesto di mercato caratterizzato da prezzi elevati per il salmone.

Una tecnologia flessibile e scalabile

Un altro aspetto evidenziato da Nikolik è la flessibilità degli HFTS, che permettono di produrre sia pesci di taglia commerciale sia esemplari giovani. Questo consente agli allevatori di adattare il modello di business alle esigenze del mercato, ottimizzando i cicli di cassa e migliorando la redditività. Inoltre, i sistemi HFTS si stanno dimostrando scalabili, con operatori che riescono a generare profitti anche con volumi produttivi limitati.

Sfide geografiche e prospettive globali

Nonostante i vantaggi, gli HFTS presentano alcune limitazioni geografiche. Secondo Nikolik, questi sistemi richiedono acqua costiera con temperature stabili tra 8 e 14 °C, restringendo il loro utilizzo a regioni come Norvegia e Islanda, che attualmente guidano il settore. Tuttavia, progetti pilota in mercati emergenti, come la Corea del Sud, potrebbero aprire nuove possibilità per l’adozione globale di questa tecnologia.

Prospettive di crescita

Nikolik prevede una crescita moderata del settore HFTS, con una produzione che potrebbe raggiungere le 150.000 tonnellate entro il 2030. Sebbene questa cifra rappresenti una piccola porzione del mercato globale del salmone d’allevamento, il potenziale di crescita potrebbe accelerare una volta raggiunta una massa critica. La sostenibilità ambientale e le solide performance economiche degli HFTS potrebbero attrarre maggiori investimenti e supporto governativo, favorendo un’espansione più rapida.

L’analisi di Nikolik pone gli HFTS come una tecnologia promettente nel panorama dell’acquacoltura terrestre. Sebbene vi siano ancora sfide da affrontare, come i limiti geografici e i costi energetici, il potenziale di questi sistemi in termini di sostenibilità, qualità del prodotto e redditività è innegabile. Se sapranno mantenere le promesse, gli HFTS potrebbero ridefinire il futuro della produzione di salmone su terraferma, aprendo nuove opportunità per il settore ittico globale.

Sistemi ibridi a flusso continuo (HFTS): il futuro della produzione di salmone su terraferma?

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ASC si racconta – Acquacoltura responsabile, per il mare, le persone ed il pianeta

ASC si racconta – Acquacoltura responsabile, per il mare, le persone ed il pianeta

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Chi siamo

Aquaculture Stewardship Council (ASC) è un’organizzazione non governativa no profit fondata dal WWF Paesi Bassi e IDH (Dutch Sustainable Trade Initiative) con la missione di trasformare l’acquacoltura in un’industria più sostenibile.

ASC mira a garantire che i prodotti ittici provenienti da allevamenti certificati siano ottenuti in modo responsabile, rispettando l’ambiente e le persone.

ASC mussels Offshore shellfish UK 2023

Perché sceglierci

Produttori e rivenditori

1. Il marchio ASC è riconosciuto e apprezzato dai consumatori nel settore ittico di tutto il mondo e ciò aumenta notevolmente le opportunità di vendita dei prodotti da acquacoltura.

2. L’accesso alla nostra fornitura globale di prodotti ittici d’allevamento provenienti da oltre 50 paesi produttori garantisce maggiore sicurezza e flessibilità dell’approvvigionamento.

3. La nostra presenza globale, i nostri approfondimenti e i nostri strumenti di garanzia supportano e avvisano tempestivamente di qualsiasi rischio nella catena di fornitura, rafforzando la vostra reputazione.

Acquacoltori

1. ASC è l’unico programma per prodotti ittici d’allevamento rappresentato in tutti i principali mercati e regioni di produzione e che collega oltre 100 mercati che vendono prodotti certificati ASC a livello globale.

2. Gli allevamenti certificati ASC possono dimostrare di seguire gli standard di acquacoltura più rigorosi e di avere un impatto ridotto comprovato. ASC gode del più ampio sostegno presso le parti interessate nel settore.

3. Mostrare ai propri clienti che il pesce proviene da un allevatore responsabile, utilizzando prodotti con il marchio ASC, aiuta a rafforzare la reputazione aziendale pur rimanendo flessibili nell’approvvigionamento.

 

 

 

Un marchio, molte garanzie

Dalla nostra ricerca sui consumatori in 14 mercati è emerso che ASC è il marchio di certificazione per i prodotti ittici d’allevamento più riconosciuto in tutti i Paesi esaminati.

È l’unico standard di acquacoltura conforme ad ISEAL (un’organizzazione associativa globale per standard di sostenibilità credibili).

È stato valutato e riconosciuto da GSSI (Global Sustainable Seafood Initiative).

Figura nelle prime posizioni nella classifica del rapporto di Human Right at Sea, di Stiftung Warentest ed altri.

Offerta globale per una maggiore flessibilità

La nostra presenza globale garantisce l’accesso a un’ampia gamma di specie ittiche certificate che coprono le esigenze del vostro portfolio.

Investiamo costantemente nel supportare nuovi produttori per garantire una pipeline di fornitura futura.

Per esempio: Salmone più di 700  allevamenti ittici certificati in 13 paesi in 5 continenti.

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Errata etichettatura dei prodotti ittici

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Errata etichettatura dei prodotti ittici – L’errata etichettatura dei prodotti ittici rappresenta una delle problematiche più complesse e insidiose per il settore alimentare, con ripercussioni significative che spaziano dall’inganno del consumatore al degrado degli ecosistemi marini. Non si tratta di un mero errore tecnico, ma spesso di un atto deliberato che altera il rapporto di fiducia tra produttori, rivenditori e acquirenti. Le conseguenze di questo fenomeno investono aspetti economici, sanitari e ambientali, rendendolo una questione cruciale per chiunque operi nel settore ittico o ne sia un consumatore.

Un problema di trasparenza e fiducia

Il fenomeno dell’errata etichettatura dei prodotti ittici riguarda la vendita di specie dichiarate in modo scorretto rispetto alla loro reale identità. I dati internazionali evidenziano che circa il 20-25% del pesce commercializzato a livello globale presenta errori nelle informazioni riportate sull’etichetta. In molti casi, si tratta di una frode intenzionale, finalizzata a mascherare specie di basso valore come pesci di pregio, incrementando i profitti a scapito della qualità. La fiducia del consumatore, elemento cardine per il successo di qualsiasi mercato, subisce un colpo devastante: quando la trasparenza viene compromessa, ogni acquisto diventa un rischio, ogni scelta alimentare perde la sua autenticità.

In questo contesto, il concetto di tracciabilità – ovvero la capacità di seguire il percorso del prodotto lungo l’intera filiera, dalla cattura o allevamento fino al consumatore finale – si dimostra fondamentale. Tuttavia, l’applicazione di sistemi di tracciabilità efficaci richiede un impegno collettivo che non sempre trova terreno fertile: infrastrutture carenti, normative poco incisive e controlli inadeguati sono ostacoli ancora troppo comuni.

L’impatto sul consumatore: tra inganno e rischi sanitari

Per i consumatori, le conseguenze dell’errata etichettatura sono tutt’altro che trascurabili. Pagare un prezzo premium per un prodotto che in realtà non corrisponde alla specie dichiarata è solo uno degli aspetti. I rischi più gravi riguardano la salute. Alcuni pesci, spacciati per altri, possono contenere alti livelli di contaminanti come il mercurio, mettendo a rischio soprattutto bambini, donne in gravidanza e persone con particolari condizioni di salute.

Inoltre, la mancanza di informazioni veritiere sull’origine del prodotto mina la possibilità per i consumatori di fare scelte consapevoli in termini di sostenibilità ambientale. Per chi desidera privilegiare pesci provenienti da fonti certificate o allevamenti eco-compatibili, l’assenza di trasparenza rappresenta un ostacolo insormontabile.

Il prezzo che paga l’ambiente

Gli impatti negativi non si fermano ai consumatori, ma si amplificano nell’ambiente marino. L’errata etichettatura contribuisce a mantenere alta la domanda di specie sovrasfruttate, spingendo ulteriormente verso il collasso le popolazioni ittiche già in crisi. In parallelo, favorisce pratiche di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU, Illegal, Unreported and Unregulated fishing), che danneggiano gli ecosistemi e privano le comunità locali di risorse fondamentali per la loro sussistenza.

L’effetto a catena è devastante: ecosistemi marini squilibrati, perdita di biodiversità e minori opportunità per uno sviluppo sostenibile del settore. Quando le specie sovrasfruttate vengono sostituite con prodotti meno noti o addirittura illegali, si crea un mercato parallelo che non solo penalizza i pescatori onesti, ma mina la credibilità dell’intero settore ittico.

Le sfide per il futuro tra tecnologia e consapevolezza

Per combattere l’errata etichettatura, la soluzione non può essere unilaterale. È necessario un approccio integrato che coinvolga legislatori, operatori del settore e consumatori. L’implementazione di sistemi tecnologici avanzati come il blockchain potrebbe garantire una tracciabilità trasparente e verificabile per ogni prodotto, rendendo più difficili le frodi lungo la filiera. Parallelamente, le autorità devono intensificare i controlli, con ispezioni regolari e sanzioni severe per i trasgressori.

Anche i consumatori devono essere parte attiva del cambiamento. Imparare a leggere le etichette, riconoscere le certificazioni affidabili e premiare i marchi che dimostrano impegno per la sostenibilità sono azioni essenziali. Le aziende, dal canto loro, devono assumere un ruolo di leadership, adottando pratiche responsabili e comunicando in modo trasparente.

L’errata etichettatura dei prodotti ittici è una battaglia che si combatte su più fronti, ma che può essere vinta solo attraverso un impegno collettivo. È un tema che riguarda non solo i diritti del consumatore, ma anche il futuro degli oceani e della sicurezza alimentare globale. Solo con un cambiamento profondo, radicato nella consapevolezza e nella responsabilità condivisa, sarà possibile garantire un mercato ittico più giusto, trasparente e sostenibile.

Errata etichettatura dei prodotti ittici

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Transizione energetica e pesca: conflitti in mare aperto

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Transizione energetica e pesca: conflitti in mare aperto – Il 28 e 29 novembre si è tenuto a Palermo il workshop MareFuturo: co-creare sviluppo sostenibile nello Stretto di Sicilia, un incontro che ha riunito esperti, ricercatori e organizzazioni per discutere il futuro sostenibile del Mediterraneo. I temi affrontati hanno toccato questioni cruciali come la gestione ambientale, la difesa costiera, la pesca sostenibile e la valorizzazione del paesaggio marino.

Tra i partecipanti oltre al CNR di Palermo e di Mazara del Vallo, anche l’organizzazione dei produttori della pesca Op Blue Sea del Gambero Rosso di Mazara il cui Presidente Maurizio Giacalone ha apportato, con il suo intervento, un contributo significativo non nascondendo però il proprio malcontento per il modo in cui alcune decisioni vengono prese senza considerare a fondo le conseguenze per chi vive e lavora in mare.

Durante i lavori è emersa la forte preoccupazione per la costruzione di parchi eolici offshore, infrastrutture considerate essenziale per la transizione energetica, ma che rischiano di compromettere la sicurezza dei pescatori in mare, le rotte di navigazione mercantili e l’equilibrio degli ecosistemi marini.

“La leggerezza con cui si affrontano questi temi è inaccettabile”, ha dichiarato il presidente dell’OP. “Non si può parlare di sostenibilità ignorando la sicurezza della vita umana in mare e il ruolo delle comunità costiere”.

La pesca è già messa sotto pressione da normative europee stringenti, che spesso rappresentano un ostacolo anziché un sostegno per chi cerca di operare in modo sostenibile. “L’Europa ci ha ingabbiato con regole rigide e ora ci mette i leoni dentro”, è stato il commento amaro del presidente dell’OP. La costruzione di grandi parchi eolici rischia di aggravare ulteriormente la situazione, riducendo gli spazi disponibili per la pesca e creando nuove difficoltà operative.

Un appello per il Mediterraneo

I partecipanti all’evento hanno ribadito l’importanza di un approccio equilibrato che concili le esigenze della transizione energetica con la tutela delle comunità e degli ecosistemi.

Tra le proposte avanzate durante il workshop ci sono:

  • Maggiore coinvolgimento delle comunità locali e delle organizzazioni di pesca nelle fasi di progettazione e valutazione dei progetti offshore.
  • Studi più approfonditi sull’impatto ambientale e sulla sicurezza delle nuove infrastrutture.
  • Politiche europee più flessibili e orientate a sostenere la pesca, riconoscendola come un pilastro della sostenibilità del Mediterraneo.

Una lotta che continua nonostante il senso di scoraggiamento percepito al termine dell’incontro. I pescatori non intendono arrendersi. “Siamo artigiani del mare e continueremo a lottare per il nostro futuro e per il Mediterraneo”, ha dichiarato Maurizio Giacalone, lanciando un appello alle istituzioni e ai cittadini affinché il tema venga affrontato con la serietà che merita.
Marefuturo si è chiuso con una promessa: la lotta per un Mediterraneo che sia sostenibile, sicuro e rispettoso delle tradizioni non si fermerà.

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