Mese: Febbraio 2025 Pagina 3 di 18

L’Alaska e il futuro dell’acquacoltura tra innovazione e sostenibilità

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L’Alaska e il futuro dell’acquacoltura tra innovazione e sostenibilità – L’Alaska si prepara a una svolta epocale nel settore ittico. Il governatore Mike Dunleavy ha recentemente presentato un disegno di legge destinato a modificare radicalmente il panorama della pesca e dell’acquacoltura nello Stato, ponendo nuove basi per la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico. Il cuore della proposta, denominata HB 111, mira a consentire l’allevamento di pesci pinnati in ambienti controllati, sfidando una storica tradizione che ha sempre vietato questa pratica, salvo rare eccezioni.

Attualmente, la legislazione dell’Alaska proibisce l’acquacoltura di pesci con pinne, ad eccezione di incubatoi privati senza scopo di lucro. Il nuovo disegno di legge aprirebbe la strada alla coltivazione controllata, permettendo la crescita di specie ittiche in bacini chiusi nell’entroterra. Una decisione che potrebbe ridefinire il ruolo dell’Alaska nel mercato globale, garantendo una maggiore autosufficienza alimentare e creando nuove opportunità di esportazione.

Il provvedimento include una serie di misure stringenti per garantire la sostenibilità e la sicurezza dell’ecosistema. Le aziende che otterranno il permesso dovranno allevare esclusivamente pesci triploidi sterilizzati, incapaci di riprodursi, riducendo al minimo il rischio di contaminazione genetica delle popolazioni selvatiche. Inoltre, la normativa vieta categoricamente l’allevamento delle principali specie di salmone (rosa, keta, sockeye, coho, chinook e atlantico), preservando così l’industria della pesca selvatica che rappresenta ancora oggi una delle principali risorse economiche dello Stato.

Il governatore Dunleavy ha sottolineato come questa proposta legislativa rappresenti un’opportunità senza precedenti per la crescita economica dell’Alaska. “Possiamo unirci alle altre regioni del mondo che già allevano pesce per consumo interno ed esportazione. Questa iniziativa genererà nuovi posti di lavoro, espanderà il settore ittico e offrirà una fonte alimentare sicura e sostenibile per i nostri cittadini”, ha dichiarato Dunleavy.

L’impatto di questa misura potrebbe essere significativo, considerando che nel 2023 le vendite di pesce d’acquacoltura negli Stati Uniti hanno raggiunto gli 819,6 milioni di dollari, secondo il censimento dell’acquacoltura dell’USDA. Sebbene il pesce gatto rappresenti più della metà di questo valore, altre specie come la trota e la tilapia stanno guadagnando terreno. L’Alaska, con il suo ambiente incontaminato e la sua esperienza nella gestione sostenibile delle risorse ittiche, potrebbe ritagliarsi un ruolo di primo piano in questo mercato in espansione.

Se approvata, la HB 111 potrebbe segnare l’inizio di una nuova era per la produzione ittica in Alaska, combinando tradizione e innovazione per affrontare le sfide globali della sicurezza alimentare. Il dibattito è aperto e l’intera industria osserva con attenzione gli sviluppi di questa riforma, che potrebbe ridefinire il futuro della pesca e dell’acquacoltura nel Grande Nord.

L’Alaska e il futuro dell’acquacoltura tra innovazione e sostenibilità

 

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Programmare il microbiota dell’orata con la dieta funziona davvero

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Programmare il microbiota dell’orata con la dieta funziona davvero – L’acquacoltura è sempre più legata alla ricerca scientifica per garantire un settore produttivo efficiente, sostenibile e rispettoso del benessere animale. Proprio la ricerca ha consentito di capire che la chiave per migliorare la salute dei pesci allevati potrebbe trovarsi nell’alimentazione precoce, capace di modificare il microbiota intestinale e il comportamento dell’orata (Sparus aurata). Questo è quanto dimostrato da un nuovo studio condotto dal gruppo di fisiologia ittica e acquacoltura sostenibile dell’ICMAN-CSIC, nell’ambito del progetto BreamEpiMap.

Gli scienziati hanno testato due diverse diete arricchite con fitoestrogeno genisteina (GEN) e vitamine del gruppo B (B-Vit), dimostrando che anche un breve periodo di somministrazione può influenzare la risposta allo stress, il metabolismo epatico e la composizione del microbiota intestinale. Questo approccio apre nuove prospettive nella programmazione nutrizionale dell’acquacoltura commerciale, offrendo strumenti per migliorare la resistenza degli esemplari alle fasi più critiche della loro crescita, come la selezione, il trasporto e l’introduzione nelle gabbie marine.

Secondo i ricercatori, nonostante la crescita uniforme tra tutti i pesci, i soggetti nutriti con diete specifiche mostravano differenze significative: livelli di cortisolo e stress ossidativo epatico alterati, variazioni nella composizione del microbiota e persino cambiamenti comportamentali. Tra i risultati più rilevanti, le orate alimentate con vitamina B hanno evidenziato un miglioramento del sistema antiossidante, una maggiore ricchezza del microbiota intestinale e una resistenza allo stress superiore rispetto ai controlli.

Anche se la maggior parte di questi effetti tende a scomparire dopo 4,5 mesi di alimentazione standard, gli esemplari che avevano assunto vitamine B mantenevano una maggiore audacia e un profilo microbico differente, segno di una possibile memoria metabolica e comportamentale. Questo risultato rappresenta la prima prova concreta degli effetti a lungo termine della programmazione nutrizionale sull’orata, suggerendo che strategie dietetiche mirate potrebbero influenzare positivamente la qualità dell’allevamento.

I ricercatori sottolineano tuttavia la necessità di ulteriori studi per comprendere fino a che punto queste modifiche possano persistere e in che modo possano essere trasferite su larga scala. Il progetto BreamEpiMap, finanziato da MCIN/AEI e FEDER, continua a indagare il potenziale dell’epigenetica nutrizionale nell’itticoltura, esplorando nuove strade per migliorare le performance produttive e il benessere dei pesci allevati.

Questa scoperta potrebbe rappresentare un punto di svolta per l’acquacoltura mediterranea, offrendo agli allevatori strumenti innovativi per gestire la salute degli esemplari sin dalle prime fasi di vita. Con un settore sempre più attento alla sostenibilità e alla qualità del prodotto finale, la programmazione nutrizionale si candida come una delle strategie più promettenti per il futuro dell’allevamento ittico.

Programmare il microbiota dell’orata con la dieta funziona davvero

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Come evolve il mercato del pesce biologico?

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Come evolve il mercato del pesce biologico? – L’industria del pesce biologico sta vivendo un’evoluzione significativa, trainata da una crescente consapevolezza dei consumatori verso la sostenibilità e la necessità di un’alimentazione più sana. Con il supporto di normative più stringenti e una domanda in continua espansione, il settore è destinato a trasformarsi radicalmente nei prossimi anni.

Secondo un recente studio di Persistence Market Research, il valore del mercato globale del pesce biologico è stato stimato in 1,68 miliardi di dollari nel 2024, con una previsione di crescita fino a 2,29 miliardi di dollari entro il 2031, registrando un CAGR del 4,5% nel periodo 2024-2031. Questa espansione è alimentata da un cambiamento delle preferenze alimentari dei consumatori, sempre più orientati verso prodotti privi di sostanze chimiche, antibiotici e ormoni.

Crescita del mercato e fattori trainanti

L’aumento della domanda di pesce biologico è spinto da una serie di fattori chiave. Tra questi, emerge la crescente sensibilità del pubblico verso le questioni ambientali, che sta portando i consumatori a scegliere prodotti ittici sostenibili. L’acquacoltura biologica, rispetto a quella convenzionale, segue pratiche che riducono al minimo l’impatto ambientale e garantiscono una maggiore tutela della biodiversità marina.

Un altro elemento fondamentale è il miglioramento delle normative e delle certificazioni, che rafforzano la fiducia del consumatore nei prodotti ittici biologici. Governi e organizzazioni internazionali stanno implementando regolamenti più rigidi per garantire che il pesce commercializzato come “biologico” soddisfi standard elevati di qualità e sostenibilità.

Infine, l’adozione di tecnologie avanzate sta giocando un ruolo cruciale nell’ottimizzazione della produzione e nella riduzione dei costi, rendendo il pesce biologico sempre più accessibile a una platea più ampia di consumatori.

Benefici del pesce biologico

Il pesce biologico non solo offre un’alternativa più sostenibile, ma garantisce anche numerosi vantaggi per la salute. Rispetto al pesce d’allevamento convenzionale, contiene una maggiore concentrazione di acidi grassi omega-3, proteine di alta qualità e una minore presenza di contaminanti. Inoltre, le condizioni di allevamento biologico evitano l’uso di antibiotici e pesticidi, garantendo un prodotto più naturale e sicuro.

Dal punto di vista ambientale, le pratiche di acquacoltura biologica contribuiscono alla riduzione dell’inquinamento marino e alla tutela degli habitat acquatici. Questo modello di produzione riduce l’uso di mangimi artificiali e sostituisce i metodi intensivi con pratiche più rispettose degli ecosistemi.

Sfide del settore

Nonostante la crescita positiva, il mercato del pesce biologico deve affrontare alcune criticità. Una delle principali problematiche è rappresentata dai costi di produzione, che risultano ancora elevati rispetto all’acquacoltura tradizionale. Questo incide direttamente sul prezzo di vendita, rendendo il pesce biologico meno accessibile per alcune fasce di consumatori.

Inoltre, ottenere la certificazione biologica richiede investimenti considerevoli e il rispetto di standard molto rigorosi. Molti allevatori si trovano quindi di fronte alla necessità di ripensare i propri processi produttivi per conformarsi alle normative vigenti.

Un ulteriore ostacolo riguarda la consapevolezza del consumatore. Nonostante il crescente interesse per la sostenibilità, molti acquirenti non hanno ancora una conoscenza approfondita dei benefici del pesce biologico, il che rende necessario un maggiore sforzo in termini di comunicazione e marketing da parte delle aziende del settore.

Le aziende leader nel mercato del pesce biologico

Diversi attori chiave stanno investendo attivamente per rafforzare la loro posizione nel mercato del pesce biologico. Mowi ASA, ad esempio, è tra i leader nell’acquacoltura sostenibile e pone una forte enfasi sulla produzione di pesce certificato biologico. Cermaq Group AS, con un focus sulla riduzione dell’impatto ambientale, sta implementando pratiche innovative per l’allevamento di pesce biologico su scala globale. Grieg Seafood ASA è impegnata in investimenti mirati a sviluppare soluzioni di acquacoltura ecologica, mentre The Scottish Salmon Company si distingue per la sua attenzione alla qualità del salmone certificato biologico.

Opportunità e prospettive future

Le opportunità per il mercato del pesce biologico sono numerose. Con l’espansione dei mercati emergenti e l’aumento delle collaborazioni tra produttori, rivenditori e ristoratori, il settore può crescere ulteriormente. Innovazioni nelle tecnologie di allevamento e strategie di marketing più efficaci potrebbero contribuire a rendere il pesce biologico più accessibile e competitivo rispetto alle alternative tradizionali.

Guardando al futuro, il settore è destinato a consolidarsi come uno dei pilastri della produzione ittica sostenibile. La sfida principale sarà quella di bilanciare la domanda crescente con pratiche produttive che siano al tempo stesso sostenibili ed economicamente vantaggiose. Con il supporto di normative sempre più attente alla qualità e alla trasparenza, il pesce biologico ha tutte le carte in regola per diventare una scelta predominante nei mercati globali.

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Che volto ha oggi il mercato ittico italiano?

Che volto ha oggi il mercato ittico italiano?

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Che volto ha oggi il mercato ittico italiano? – Il mercato ittico italiano rappresenta un unicum nel contesto europeo, caratterizzato da un forte legame con il pesce fresco e con modalità di acquisto che privilegiano la filiera corta e le pescherie locali. Tuttavia, i dati emersi dallo Special Eurobarometer 558, pubblicato dalla Commissione Europea, evidenziano cambiamenti significativi nelle abitudini di consumo, con una crescente preferenza per i prodotti trasformati e un’attenzione crescente alla sostenibilità e alla tracciabilità.

L’Italia e il consumo di pesce: il fresco domina, ma il surgelato cresce

L’Italia si conferma tra i Paesi con il più alto consumo di pesce fresco in Europa. Il 42% degli italiani consuma pesce fresco almeno una volta a settimana, un dato significativamente superiore alla media europea del 27%. Tuttavia, questa percentuale è in calo di 8 punti percentuali rispetto al 2021, segnale di un’evoluzione nelle abitudini di consumo che privilegia sempre più prodotti conservabili e facili da preparare.

In questo contesto, i prodotti surgelati e trasformati stanno guadagnando popolarità. Il 25% dei consumatori italiani consuma pesce surgelato almeno una volta a settimana, un dato vicino a quello di Paesi come la Francia e la Germania. Questo trend riflette una crescente domanda di prodotti pratici e accessibili, probabilmente influenzata anche dalla pressione inflazionistica sugli acquisti alimentari.

Dove acquistano il pesce gli italiani? Pescherie ancora forti, ma la GDO cresce

A differenza della maggior parte dei Paesi europei, dove il 74% dei consumatori acquista pesce nei supermercati e ipermercati, in Italia questa percentuale è più bassa: il 60% degli italiani continua a preferire pescherie e mercati specializzati. Questo dato riflette una cultura d’acquisto orientata alla freschezza e alla fiducia nel commercio al dettaglio, soprattutto nel Sud Italia.

Tuttavia, la grande distribuzione organizzata sta consolidando la propria posizione anche nel settore ittico, grazie a un’offerta sempre più ampia di prodotti surgelati e ready-to-eat, che incontrano le esigenze di chi ha meno tempo per cucinare.

Prezzo e origine: i fattori chiave nelle scelte di acquisto

L’indagine conferma che il prezzo è il principale criterio di acquisto per gli italiani: il 55% dei consumatori indica il costo come il fattore decisivo, superando l’aspetto estetico del prodotto (52%). Questo dato è in linea con la tendenza europea, dove l’inflazione ha aumentato la sensibilità al prezzo anche nel settore alimentare.

Nonostante il peso del fattore economico, gli italiani prestano una particolare attenzione alla provenienza del pesce. Il 46% dei consumatori ritiene fondamentale conoscere il Paese d’origine del prodotto, mentre il 41% desidera informazioni dettagliate sulla località di allevamento o cattura. Questo evidenzia una domanda crescente di trasparenza e tracciabilità, un aspetto che le aziende ittiche dovranno sempre più valorizzare per rispondere alle esigenze del mercato.

Pesce selvaggio vs acquacoltura: la sfida della percezione

Nonostante i progressi dell’acquacoltura sostenibile, il pesce selvaggio continua a essere la scelta predominante per i consumatori italiani. Il 36% dichiara di preferire il pesce pescato in mare, mentre solo l’8% sceglie consapevolmente il pesce allevato.

Tuttavia, un dato interessante è che il 31% dei consumatori non ha una preferenza specifica tra selvatico e allevato, suggerendo un potenziale margine di crescita per il settore dell’acquacoltura, che dovrà investire in una comunicazione più efficace per migliorare la percezione della qualità e della sostenibilità dei propri prodotti.

Etichettatura e sostenibilità: italiani sempre più attenti alle informazioni

L’attenzione verso la trasparenza nell’etichettatura è in aumento. Il 63% degli italiani considera essenziale la presenza della data di scadenza, mentre il 50% ritiene importante conoscere la specie del pesce acquistato.

L’interesse per la provenienza geografica è in crescita: il 41% dei consumatori vuole sapere in quale mare è stato pescato il prodotto, mentre il 46% considera importante conoscere il Paese di origine per i prodotti di acquacoltura.

Nonostante la sostenibilità sia ancora un fattore secondario rispetto a prezzo e qualità, il 17% degli italiani indica l’impatto ambientale come criterio di scelta, una percentuale in aumento rispetto agli anni precedenti. Questo trend suggerisce che, nei prossimi anni, le certificazioni ambientali e la comunicazione su pratiche sostenibili avranno un ruolo sempre più rilevante.

Il futuro del mercato ittico italiano

Il mercato ittico italiano è in una fase di transizione, in cui la tradizione si confronta con le nuove esigenze di praticità, accessibilità e trasparenza. Per rispondere alle evoluzioni del mercato, i produttori e i distributori dovranno investire su:

  • Comunicazione chiara e trasparente per valorizzare l’origine e la qualità del pesce.
  • Maggior promozione dell’acquacoltura come alternativa sostenibile e sicura.
  • Ampliamento dell’offerta di prodotti ready-to-eat e trasformati per incontrare le esigenze dei consumatori moderni.

L’Italia si distingue ancora per il suo forte legame con il pesce fresco e le pescherie locali, ma sta progressivamente convergendo con le tendenze europee, caratterizzate da un crescente interesse per prodotti trasformati, maggiore tracciabilità e una più forte attenzione alla sostenibilità.

Il 2024 è stato un anno chiave per il settore, tra tradizione e innovazione, e le aziende dovranno saper interpretare questi cambiamenti per mantenere competitività in un mercato sempre più dinamico.

L’Italia nello Special Eurobarometer 558

Consumo di pesce fresco e prodotti trasformati in Italia 

L’Italia ha un consumo settimanale di pesce fresco del 42%, contro il 27% della media UE.
Il calo di 8 punti percentuali rispetto al 2021 è confermato nel report.
Il 25% degli italiani consuma pesce surgelato settimanalmente, in linea con Paesi come Francia e Germania.

Canali di acquisto del pesce in Italia

Il 60% degli italiani acquista pesce nelle pescherie e nei mercati locali, contro il 74% della media UE che sceglie i supermercati.
Il canale GDO è in crescita, ma l’Italia è tra i Paesi con il maggior uso di mercati specializzati.

Fattori che influenzano l’acquisto

Il 55% degli italiani considera il prezzo il fattore principale nella scelta del pesce, superando l’aspetto estetico (52%).
Il 46% considera fondamentale la provenienza geografica del pesce, mentre il 41% vuole informazioni dettagliate su dove è stato allevato o pescato.
(Fonte: pagine 8-9, sezione sulle motivazioni di acquisto).

Preferenza per pesce selvaggio vs allevato

Il 36% degli italiani preferisce pesce selvaggio, mentre solo l’8% sceglie consapevolmente prodotti di acquacoltura.
Il 31% non ha una preferenza specifica tra allevato e selvatico, segnalando un’opportunità di crescita per il settore dell’acquacoltura.

Interesse per etichette e tracciabilità

Il 63% degli italiani considera essenziale la data di scadenza sulle confezioni.
Il 50% vuole conoscere la specie del pesce acquistato.
Il 41% ritiene importante sapere in quale mare è stato pescato il pesce e il 46% considera fondamentale il Paese di origine per il pesce allevato.

Crescente attenzione alla sostenibilità

Il 17% degli italiani considera l’impatto ambientale un criterio di scelta, un dato in aumento rispetto agli anni precedenti.

 

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Alghe: il nuovo trend che sta trasformando il consumo di prodotti marini in Europa

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Alghe: il nuovo trend che sta trasformando il consumo di prodotti marini in Europa – Negli ultimi anni, il settore ittico europeo ha visto emergere una nuova tendenza che sta cambiando il modo in cui i consumatori si avvicinano ai prodotti del mare. Il consumo di alghe e derivati ​​sta guadagnando sempre più spazio, formato dalla diffusione della cucina asiatica, dalla crescente attenzione alla sostenibilità e dall’interesse per ingredienti ricchi di proprietà nutrizionali. Secondo lo Special Eurobarometer 558, il 24% degli under 25 consuma alghe almeno una volta al mese, un dato che evidenzia come questo segmento stia diventando un’opzione concreta per un pubblico sempre più ampio.

Uno dei principali fattori che hanno spinto questa crescita è il ruolo del sushi

Con il 41% del consumo totale di alghe in Europa legato al sushi, è evidente come il successo di questa tipologia di cucina abbia introdotto i consumatori occidentali a nuovi ingredienti provenienti dal mondo marino. Mentre fino a pochi anni fa le alghe erano percepite come un prodotto di nicchia o esclusivamente orientale, oggi sono sempre più presenti sugli scaffali della grande distribuzione, sia sotto forma di snack che come ingredienti per piatti pronti. La loro versatilità e il loro profilo nutrizionale stanno rendendo questo alimento un’alternativa sempre più popolare tra coloro che cercano soluzioni salutari e sostenibili.

L’interesse per le alghe non è legato solo alla gastronomia, ma anche ai benefici per la salute. Le alghe sono ricche di vitamine, minerali e acidi grassi essenziali , tra cui gli Omega-3, e offrono una fonte di proteine ​​vegetali alternativa a quelle animali. Questo le rende particolarmente attraenti per le nuove generazioni di consumatori, sempre più orientate verso diete bilanciate e a basso impatto ambientale. Il loro basso contenuto calorico e il profilo nutrizionale completo le stanno facendo entrare nelle preferenze di chi segue regimi alimentari vegetariani o vegani, aprendo nuove opportunità di mercato per il settore alimentare.

Oltre agli aspetti nutrizionali, un altro driver di crescita per il mercato delle alghe è la loro sostenibilità. A differenza della pesca e dell’acquacoltura, che richiedono grandi quantità di risorse naturali, la coltivazione delle alghe ha un impatto ambientale estremamente ridotto. Non necessita di acqua dolce, fertilizzanti o ampi spazi, e può contribuire all’assorbimento di anidride carbonica e alla riduzione dell’acidificazione degli oceani. Questo aspetto le rende un’opzione interessante per le aziende che vogliono puntare sui loro prodotti con un basso impatto ambientale e sulla creazione di un’economia più circolare.

Le aziende del settore ittico e alimentare stanno iniziando a cogliere questa opportunità, investendo in prodotti a base di alghe destinati sia alla ristorazione che alla vendita al dettaglio. Il fenomeno sta coinvolgendo non solo i tradizionali produttori di alghe asiatici, ma anche aziende europee che stanno sviluppando modelli di coltivazione sostenibili e innovativi. In alcuni Paesi, come la Francia e il Regno Unito, si stanno moltiplicando le iniziative per la produzione locale di alghe destinate al consumo umano, con un focus sulle varietà autoctone delle coste europee.

L’Italia, pur essendo ancora in una fase iniziale rispetto a questa tendenza, potrebbe trarre vantaggio dalla sua forte tradizione culinaria e dalla crescente attenzione alla sostenibilità nel settore alimentare. L’introduzione di alghe nei piatti tipici mediterranei potrebbe rappresentare una strategia vincente per avvicinare i consumatori a questo prodotto in modo naturale, senza forzare un cambiamento nelle abitudini alimentari. Il mercato delle alghe potrebbe quindi diventare un settore chiave per il futuro dell’industria alimentare europea, spingendo i produttori a diversificare la loro offerta e ad ampliare le possibilità di utilizzo di questo ingrediente.

Il settore ittico e la grande distribuzione dovranno quindi valutare con attenzione questa tendenza emergente, adattando le loro strategie di offerta per rispondere a una domanda in crescita. Il posizionamento delle alghe come alimento funzionale, sostenibile e versatile potrebbe trasformarle in uno dei prodotti di punta dei prossimi anni, ridefinendo l’approccio al consumo dei prodotti marini in Europa.

Alghe: il nuovo trend che sta trasformando il consumo di prodotti marini in Europa

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