Mese: Marzo 2025 Pagina 2 di 6

La pesca siciliana in crisi. Sciacca lancia l’allarme

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La pesca siciliana in crisi. Sciacca lancia l’allarme – La marineria di Sciacca, un tempo fiore all’occhiello della pesca siciliana, sta affrontando una delle crisi più gravi della sua storia. Le imbarcazioni tornano sempre più spesso con reti vuote, i costi operativi aumentano e i pescatori lottano per mantenere in vita un mestiere che sembra scivolare verso il declino. La situazione ha spinto le principali cooperative locali a rivolgersi direttamente al governo nazionale e regionale, chiedendo la dichiarazione dello stato di calamità naturale per un comparto che non riesce più a sopravvivere.

Il problema principale è il drastico calo del pescato nel Canale di Sicilia. Il gambero, una delle specie più redditizie per la flotta di Sciacca, sta diventando sempre più raro, con un impatto devastante sulle economie delle imprese ittiche. Anche il pesce azzurro, come alici e sarde, registra un crollo delle catture, mentre merluzzi, triglie, polpi e calamari si fanno sempre più difficili da trovare. Gli esperti attribuiscono questo fenomeno ai cambiamenti climatici, all’aumento della temperatura delle acque e a dinamiche ambientali ancora poco comprese, che stanno modificando gli equilibri marini della regione.

L’effetto di questa crisi è evidente sulle banchine: le imprese ittiche, schiacciate tra il calo delle entrate e il peso delle spese di gestione, si trovano costrette a ricorrere a prestiti bancari e dilazioni nei pagamenti ai fornitori. Molti pescatori parlano di una condizione ormai insostenibile, con la paura che intere famiglie possano perdere la loro unica fonte di reddito. A Sciacca, oltre 120 imbarcazioni e circa 400 lavoratori dipendono direttamente dalla pesca, senza contare l’indotto delle attività a terra, che sta subendo ripercussioni altrettanto gravi.

Le misure di protezione attuate negli ultimi anni, come le zone di ripopolamento ittico imposte dall’Unione Europea e dalla Regione Siciliana, non sembrano aver sortito gli effetti sperati. Anzi, i pescatori denunciano una situazione ancora più drammatica, con stock ittici che non mostrano segni di ripresa e imprese sempre più in difficoltà. La sensazione è che la politica abbia sottovalutato la gravità del problema, lasciando la marineria siciliana sola ad affrontare una tempesta economica e ambientale senza precedenti.

Serve un piano di intervento immediato. Le istituzioni devono rispondere all’appello delle cooperative di Sciacca e delle altre marinerie siciliane, mettendo in campo strategie efficaci per garantire la sostenibilità del settore. Non si tratta solo di salvare un comparto economico, ma di preservare una tradizione secolare, un’identità culturale e il lavoro di centinaia di persone che hanno fatto della pesca il cuore pulsante della loro comunità. Il tempo stringe, e senza soluzioni concrete, il rischio è che il mare siciliano non sia più una risorsa, ma un confine invalicabile per un’intera generazione di pescatori.

La pesca siciliana in crisi. Sciacca lancia l’allarme

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Comunicazione e consumo. Conxemar rivoluziona la percezione del pesce congelato

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Comunicazione e consumo. Conxemar rivoluziona la percezione del pesce congelato – L’efficacia di una campagna di comunicazione si misura nella capacità di cambiare le percezioni radicate e raggiungere il consumatore con un messaggio chiaro e diretto. Conxemar, l’Associazione spagnola dei grossisti, importatori, esportatori e trasformatori di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, ha deciso di sfidare i pregiudizi sul pesce congelato con un’iniziativa mirata e coinvolgente. A partire da oggi, 6 marzo, prende il via la campagna Due volte fresco, due volte buono, che vede protagonista il comico e attore Leo Harlem. L’obiettivo è ribaltare le convinzioni errate e dimostrare che il pesce congelato è una scelta di qualità, sicurezza e convenienza.

Un messaggio incisivo per abbattere i pregiudizi

Nonostante il pesce congelato sia parte integrante delle abitudini alimentari di molti consumatori, permane la convinzione che sia di qualità inferiore rispetto al pesce fresco. Conxemar intende scardinare questi preconcetti, sottolineando i vantaggi del prodotto surgelato: grazie all’ultra-congelamento, effettuato subito dopo la cattura, il pesce preserva intatte le sue proprietà nutrizionali, impedendo la proliferazione di microrganismi e mantenendo sapore, consistenza e valore nutritivo.

Il pesce e i frutti di mare rappresentano una risorsa essenziale per un’alimentazione equilibrata, grazie all’elevato contenuto di proteine di alta qualità, Omega-3, iodio, calcio e vitamine. I benefici spaziano dal supporto allo sviluppo neurologico nei bambini fino alla riduzione del rischio di patologie cardiovascolari, rendendo questi alimenti irrinunciabili per il benessere quotidiano.

Leo Harlem in prima linea per una comunicazione diretta e coinvolgente

Per rendere il messaggio immediato e incisivo, la campagna punta su un volto noto della comicità spagnola. Con il suo stile ironico e brillante, Harlem interpreta due situazioni quotidiane, un ristorante e un supermercato, per dimostrare come la scelta del pesce congelato sia non solo sensata, ma vantaggiosa. Nei panni di un cameriere e di un responsabile del reparto surgelati, guida i consumatori nella riscoperta di un prodotto di qualità, sfatando i pregiudizi con argomentazioni convincenti e un tocco di humor.

Ma la strategia comunicativa non si ferma qui. La campagna si estende ai social media con una serie di video esclusivi, in cui Harlem affronta e smonta con ironia i falsi miti legati al pesce congelato. L’operazione prevede una copertura multicanale, dalla televisione alle piattaforme digitali, passando per YouTube e outdoor advertising, per garantire un impatto capillare e diffuso.

Sostenibilità e lotta allo spreco alimentare: un valore aggiunto

Oltre alla qualità e alla sicurezza, il pesce congelato si distingue anche per la sua sostenibilità. La possibilità di conservarlo a lungo senza alterarne le caratteristiche consente di ridurre significativamente lo spreco alimentare e di ottimizzare le risorse ittiche. Inoltre, la stabilità dei prezzi rispetto al pesce fresco protegge i consumatori dalle fluttuazioni del mercato, offrendo un’alternativa accessibile e conveniente.

Dall’alta ristorazione alla cucina domestica, il pesce congelato rappresenta una scelta intelligente, capace di coniugare praticità, gusto e rispetto per l’ambiente. Con questa iniziativa, Conxemar mira a cambiare la percezione collettiva, ribadendo un concetto chiave: il pesce surgelato è davvero “due volte fresco, due volte buono”.

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La crescita record delle capesante traina il settore dell’acquacoltura in Perù

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La crescita record delle capesante traina il settore dell’acquacoltura in Perù – Dopo due anni di calo, l’acquacoltura peruviana segna una lieve ripresa nel 2024, con un incremento del 2,9% della produzione che ha raggiunto le 108.144 tonnellate. A fare da protagonista è la capesanta, che nel 2024 registra un balzo straordinario del 179,9% rispetto al 2023, arrivando a 43.006 tonnellate. Questo boom produttivo ha sostenuto l’intero comparto, contrastando il forte calo di altre specie chiave.

Infatti, la produzione di gamberi ha subito una riduzione drastica del 52,4%, fermandosi a 20.425 tonnellate. Anche la trota ha registrato un calo (-2,8%), con una produzione totale di 38.726 tonnellate, mentre la tilapia è scesa del 12,3%, fermandosi a 2.477 tonnellate.

Questi numeri si riflettono direttamente sulle vendite nazionali, diminuite del 4,6% rispetto all’anno precedente. Il crollo più evidente è stato quello dei gamberi, le cui vendite interne sono diminuite del 92,1%, seguito dalla trota (-8,6%) e dalla tilapia (-5,4%). Solo la capesanta ha mostrato un aumento della domanda interna, con un incremento del 137,5%.

Anche il commercio estero ha subito l’impatto di questa contrazione produttiva. Le esportazioni di gamberi congelati sono calate del 38,3%, mentre quelle di tilapia del 19,25%. Tuttavia, le capesante hanno mostrato una crescita significativa nelle esportazioni (+88,9%), così come le trote (+3,6%), grazie alla domanda proveniente da mercati chiave come Stati Uniti, Spagna e Giappone. Complessivamente, il volume delle esportazioni dell’acquacoltura peruviana ha registrato un calo del 22,4%, con una perdita del 5,3% in valore, attestandosi a 347 milioni di dollari.

Nonostante queste difficoltà, le prospettive per il 2025 indicano un possibile recupero. Se le condizioni oceanografiche e climatiche dovessero tornare alla normalità, il settore potrebbe registrare un incremento complessivo del 5,3%. Le previsioni indicano una crescita dell’8,9% per i gamberi, del 16,5% per la tilapia, mentre la produzione di trota potrebbe toccare le 40.000 tonnellate. La capesanta, invece, continuerebbe la sua ascesa, raggiungendo quota 45.000 tonnellate.

Oltre alle condizioni ambientali più favorevoli, il rilancio dell’acquacoltura in Perù potrebbe beneficiare anche dei nuovi incentivi fiscali e della Politica nazionale per l’acquacoltura fino al 2030. Questi strumenti, se ben implementati, potrebbero offrire una base solida per un’espansione più strutturata del settore nei prossimi anni.

La crescita record delle capesante traina il settore dell’acquacoltura in Perù

 

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Tiozzo alla guida di Italiana Produttori Ittici

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Tiozzo alla guida di Italiana Produttori Ittici  – Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca, è il nuovo presidente di Italiana Produttori Ittici (IPI), la principale associazione che raggruppa le organizzazioni nazionali di produttori ittici con 30 OP, su un totale di 45 riconosciute in Italia.

Delle 45 OP attive in Italia, 34 operano nell’ambito della pesca e 11 in quello dell’acquacoltura. Dalla produzione di vongole, cozze, ostriche e fasolari al pesce azzurro, senza dimenticare crostacei dall’alto valore commerciale come i gamberi.

L’IPI abbraccia tutti i settori produttivi della filiera ittica.

“Le organizzazioni di produttori – afferma Tiozzo- sono un modello di gestione in grado di coniugare economia, valorizzazione del prodotto e sfruttamento sostenibile delle risorse. L’obiettivo è quello di rafforzare sempre di più questo strumento. Il futuro della pesca – conclude Tiozzo- non può prescindere dalle OP, per la loro capacità di aggregare, e dare più forza sui mercati alle produzioni e alle cooperative di pesca e rispondere al meglio alle sfide del mercato globalizzato”.

Tiozzo alla guida di Italiana Produttori Ittici 

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Ostriche, alternativa per i pescatori colpiti dal granchio blu

Ostriche, alternativa per i pescatori colpiti dal granchio blu

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«Lo chiediamo da tempo di adeguare l’Iva sulla produzione alle aliquote di altri Stati Ue nostri concorrenti come Francia e Spagna. Questo consentirebbe di vendere ad un prezzo più basso e favorirebbe una grande espressione della pesca made in Italy, un segmento emergente dell’acquacoltura in tutto il Paese Lo chiediamo a maggior ragione adesso dal momento che l’ostrica resiste meglio di altri molluschi al granchio blu e la riduzione dell’Iva è diventata una necessità per poter dare agli allevatori una possibilità di diversificazione. Quindi la sua coltivazione diventa importante per un settore a forte rischio per le innumerevoli perdite. È bene che il ministro Francesco Lollobrigida abbia rilanciato la proposta di riduzione dell’Iva dal 22% al 10%», dichiarano Legacoop Agroalimentare e Agci Pesca e Acquacoltura.

Quella della riduzione dell’Iva è «una proposta che abbiamo avanzato con tutti i gruppi parlamentari perché ci sono famiglie di pescatori da tutelare, economie di intere marinerie da difendere. L’ostrica non deve essere relegata a prodotto di lusso in quanto da noi è frutto del lavoro e della sapienza di secoli di tradizione. Alla base dell’ostricoltura non ci sono i luoghi comuni che vanno tanto di moda sui social, ma grandi esperienze di ricerca, di sperimentazione, di tecniche produttive in contesti ambientalmente straordinari. Si fa molto presto a fare ironia su una dichiarazione di un ministro, ma bisognerebbe sforzarsi di comprendere che in questo momento ci sono migliaia di persone che sono a rischio nelle loro attività economiche per colpa di un invasore alieno, il granchio blu, e che è un dovere poter cercare delle alternative».

Ostriche: non solo lusso, ma valore per l’Italia

Le ostriche non sono un lusso. «Nell’immaginario collettivo sono associate al lusso, alla Francia dove si lega allo Champagne, ma non sono e non devono essere un prodotto di lusso. E per questo è importante favorire consumo per il rilancio dell’ostrica italiana».

Grande valore di sostenibilità: le ostriche eliminano la Co2. Secondo una ricerca dell’Università di Ferrara, allevare ostriche, oltre che cozze e vongole, è un modo virtuoso per eliminare la Co2 dall’ambiente: un chilogrammo di ostriche è in grado di sottrarre all’ambiente 275,8 grammi di anidride carbonica e con l’attuale produzione annua italiana e mondiale, si arriva ad un abbattimento di 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica. «Con le sue caratteristiche di unicità e per le sue peculiarità che ne fanno un prodotto sostenibile e alleato dell’ambiente», spiegano le due associazioni.

Le ostriche, una storia italiana. La coltivazione delle ostriche ha una storia che parte da lontano, già dal tempo dei Romani. Nel 79 d.C. Plinio il Vecchio parla di allevamenti di ostriche a Pompei. Negli anni è riuscita ad avere numeri importanti tanto da essere esportata anche nella stessa Francia che poi ne ha fatto un vanto nazionale e di fatto ha colonizzato il mercato.

I numeri della produzione italiana

I numeri delle ostriche in Italia. Secondo dati recenti, oggi la produzione italiana di ostriche è di circa 500 tonnellate all’anno (erano appena 33 nel 2015), compresa la grossa fetta di produttori che fanno ri-immersione dall’estero, ovvero acquistano da Francia, Portogallo e Spagna e poi finiscono il processo in Italia. Numeri bassi rispetto ai cugini d’Oltralpe ne producono circa 85mila tonnellate mentre 10 anni fa erano 100mila. Inoltre ci sono gli ostricoltori che allevano ostriche da seme. Facendo una stima si tratta di meno della metà della produzione complessiva italiana, quasi 180 tonnellate delle quali 10 tonnellate circa alla Spezia, il resto tra Sardegna, Puglia, Emilia Romagna e Veneto. Si tratta di un settore con una crescita importante che va sostenuta. E quindi ecco richiesta di abbassamento dell’Iva per favorire i consumi.

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