Mese: Aprile 2025 Pagina 4 di 7

Tuttofood alza l’asticella. Milano punta al vertice globale del food & beverage

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Tuttofood alza l’asticella. Milano punta al vertice globale del food & beverage – Tuttofood è pronta a trasformare Milano nella capitale mondiale del cibo. La decima edizione della manifestazione, presentata alla Farnesina, promette di superare ogni aspettativa grazie a una regia strategica che unisce la visione di Fiere di Parma, la potenza logistica di Fiera Milano e il respiro internazionale di Koelnmesse. È una mossa audace, maturata in due anni di preparazione certosina, per rendere l’evento non solo il palcoscenico più ambito per il food & beverage italiano, ma anche una calamita per gli attori globali della filiera agroalimentare.

Milano si prepara a vivere una vera e propria full immersion, non solo nei padiglioni di Rho Fiera ma anche con un fuori salone diffuso che promette di conquistare la città. Un format pensato per andare oltre la classica fiera di settore e trasformarsi in un’esperienza immersiva capace di attrarre tanto il pubblico business quanto i consumatori finali. La data da segnare è il 3 maggio, quando le porte di Tuttofood si apriranno per accogliere una platea di 3.000 buyer internazionali tra retail e food service, frutto di un raffinato lavoro di scouting e data mining condotto da Ice e Fiere di Parma.

Il messaggio è chiaro: l’Italia non si accontenta di giocare in casa. Il nostro agroalimentare, che rappresenta da solo il 10% della manifattura nazionale e si posiziona come secondo settore industriale dopo la meccanica, punta con decisione a consolidare la propria leadership internazionale. L’obiettivo non è solo competere, ma differenziarsi, evitando la corsa al ribasso sui volumi e puntando invece su qualità, autenticità e sostenibilità. Le nostre piccole e medie imprese, maestre nell’arte dei prodotti Dop e Igp, trovano in Tuttofood una piattaforma ideale per raccontare al mondo intero la propria capacità di innovare rispettando la tradizione.

Dietro questo ambizioso disegno c’è anche la visione del governo italiano. Matteo Zoppas, presidente di Ice, ha sottolineato con forza come la “diplomazia della crescita” sia la strada maestra per abbattere barriere come i dazi e ampliare la presenza del made in Italy oltre i consueti circuiti della ristorazione etnica. Con il supporto di strumenti dedicati, dalle missioni esplorative all’orientamento doganale e di certificazione, Ice affianca le imprese nei loro percorsi di internazionalizzazione garantendo un potenziale di crescita fino al +5%.

A tutto questo si aggiunge un progetto dal sapore culturale ma con enormi risvolti economici: la candidatura della cucina italiana a Patrimonio dell’Umanità Unesco, sostenuta da un investimento governativo da 100 miliardi di euro. Un riconoscimento che andrebbe a rafforzare ulteriormente il posizionamento del nostro cibo nei mercati internazionali, ampliando la portata dei prodotti italiani in canali ancora oggi poco esplorati.

Antonio Tajani, ministro degli Affari Esteri, ha ribadito il pieno appoggio dell’esecutivo a questa sfida, fissando obiettivi precisi: portare l’export italiano da 623 miliardi a 700 miliardi entro la fine della legislatura. Ambasciate e consolati saranno la vetrina del made in Italy nel mondo, supportati da una squadra compatta di istituzioni e strumenti finanziari, da Ice a Sace, da Simest a Cassa Depositi e Prestiti. E i prossimi viaggi del ministro, dall’India all’Arabia Saudita, dal Messico al Giappone, confermano la volontà di presidiare ogni mercato strategico.

Per il comparto ittico e agroalimentare italiano, Tuttofood 2025 rappresenta quindi una straordinaria occasione di visibilità e crescita. Non si tratta solo di partecipare a una fiera, ma di essere protagonisti di una narrazione globale che intreccia cultura, economia e innovazione.

Tuttofood alza l’asticella. Milano punta al vertice globale del food & beverage

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Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe

Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe

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Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe – Carlino è un marchio che, negli ambienti della trasformazione ittica, suona familiare. Un’azienda siciliana che da circa cinquant’anni lavora acciughe a Sciacca, nel cuore della costa sud-occidentale della Sicilia. Una posizione strategica, ma soprattutto una scelta precisa: produrre in un territorio dove il pesce non è solo materia prima, ma parte di un sistema culturale e produttivo.

Oggi Carlino si presenta come una realtà solida, a conduzione familiare, in grado di gestire l’intera filiera con coerenza e sostenibilità: dall’acquisto del pesce fresco, rigorosamente selezionato nel periodo di migliore qualità, alla trasformazione, alla stagionatura, fino al confezionamento. L’azienda, con due stabilimenti di produzione e due bolli CE, certificata BRC e IFS, attua una gestione verticale che permette controllo, velocità operativa e una standardizzazione consapevole della qualità. Tutto questo con una grande attenzione alla sostenibilità: grazie all’utilizzo di energia solare, l’azienda oggi copre tra il 70 e l’80% del proprio fabbisogno energetico, riducendo l’impatto ambientale della produzione e rafforzando il legame con il territorio.

Il vero punto di forza è la specializzazione. Carlino lavora solo acciughe, sardine sotto sale e filettate sott’olio, pasta di acciughe, colatura di acciughe e filetti di acciughe marinate: pochi prodotti, ma confezionati con diversi packaging — banda stagnata, plastica, vetro. In un mercato che spesso si disperde nella ricerca di assortimenti estesi, qui la scelta è stata quella di rafforzare un’identità precisa. Il risultato è un’offerta credibile, al servizio delle esigenze del consumatore, con una qualità costante e un’attenzione a un posizionamento ben studiato.

L’azienda ha sviluppato sei linee commerciali che riflettono sia esigenze distributive sia scelte strategiche. “Fior d’Acciuga” punta su un’estetica curata e su un approccio moderno al packaging, ideale per canali gourmet o scaffali specializzati. “Carlino” è la linea madre, quella che porta il nome della famiglia. “Don Pasquale”, più tradizionale, è il tributo alle origini e porta il nome del fondatore e padre dell’attuale amministratore. “Aurora“, il marchio storico e più antico, registrato da tre generazioni in capo alle attività familiari; “Marni”, che porta il nome del pesciolino, marchio creato negli anni Novanta; e “Mizar”, il marchio per le produzioni dedicate ai canali di vendita che necessitano di un prezzo aggressivo, completano il portafoglio, offrendo alternative diversificate in termini di grammatura, confezionamento e fascia di prezzo.

A differenza di molte realtà artigianali, Carlino ha saputo integrare tecnologie produttive moderne senza perdere l’impostazione tradizionale. Lo stabilimento è attrezzato per garantire una lavorazione rapida, controllata, adatta agli standard richiesti sia dal retail, sia dal food service, sia dall’industria nazionale ed estera. E proprio l’export rappresenta oggi un asse strategico, in quanto costituisce circa il 40% dei volumi: parliamo di una presenza in oltre 20 Paesi e quattro continenti.

Il posizionamento dell’azienda sul mercato è chiaro: proporre un prodotto che parla di territorio, che racconta una filiera mediterranea trasparente e valorizza la stagionalità della pesca. Nessuna rincorsa al prezzo più basso, ma un’attenzione crescente al valore percepito, alla coerenza del messaggio e all’affidabilità commerciale.

Carlino è un esempio concreto di come un’azienda familiare, radicata nel territorio e specializzata su un prodotto, possa rimanere competitiva nel tempo. Lo fa con una strategia sobria ma efficace, fatta di scelte operative solide, attenzione al brand e investimenti mirati. In un settore complesso e in continua evoluzione come quello delle conserve ittiche, rappresenta un caso interessante da osservare e — per certi aspetti — da prendere come riferimento.

Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe

“In Rete” è la rubrica di Pesceinrete che racconta le aziende del settore ittico attraverso le informazioni disponibili online. Il nostro obiettivo è offrire una fotografia oggettiva delle realtà presenti sul web, con l’intento di documentare il panorama del mercato in modo trasparente e informativo.

 

 

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Regione Siciliana. 600 mila euro per la promozione dei prodotti ittici

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Regione Siciliana. 600 mila euro per la promozione dei prodotti ittici  – È stata definita la graduatoria con la quale si finanzieranno 21 Comuni siciliani per iniziative di sensibilizzazione del pubblico sul consumo di prodotti ittici siciliani pescati, allevati o trasformati che coinvolgeranno le famiglie, gli istituti di formazione gastronomica e la ristorazione. L’intervento promosso dal dipartimento regionale della Pesca mediterranea metterà in campo 600 mila euro, per un massimo di 30 mila a progetto.

“In questo difficile momento congiunturale e di forte crisi del settore – sottolinea l’assessore all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo è fondamentale cercare di valorizzare tutta la produzione ittica attraverso tutti gli strumenti a nostra disposizione, ai quali si aggiunge il prestigioso riconoscimento di ‘Regione europea della gastronomia?, assegnato dall’Istituto internazionale di gastronomia, cultura, arti e turismo (Igcat) alla Sicilia“.

L’azione fa parte degli obiettivi del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca, l’acquacoltura (Feampa 2021-2027) e in particolare dell’Obiettivo specifico 2.2 – Azione 4 – “Resilienza, stabilità, trasparenza ed equa concorrenza nei settori della commercializzazione e trasformazione e miglioramento dell’organizzazione di mercato dei prodotti della pesca e acquacoltura”. L’avvio delle iniziative potrà contribuire a rivitalizzare tante realtà costiere, ma anche interne della Sicilia, e aggiungere valore alla produzione ittica, soprattutto in relazione al pescato.

Qui il decreto di approvazione e la graduatoria.

Regione Siciliana. 600 mila euro per la promozione dei prodotti ittici

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Il Giappone cambia tutto: il seafood entra in una nuova era globale

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Il Giappone cambia tutto: il seafood entra in una nuova era globale . Quando un’azienda con 145 anni di storia decide di cancellare il proprio nome, non è mai una decisione di facciata. Dal 1° marzo 2026 Maruha Nichiro diventerà Umios Corporation e, con questa scelta, lancia un messaggio chiaro all’intero settore: non è più sufficiente essere competitivi. È tempo di essere necessari alla società.

In un comparto dove spesso il valore si misura in volumi, margini e mercati conquistati, Umios propone un’altra logica: prima il contributo sociale e ambientale, poi il profitto. La nuova identità non è solo un cambio grafico, ma una ridefinizione della funzione dell’azienda nel mondo. E se a farlo è il più grande gruppo ittico giapponese, il messaggio è forte e globale.

Il nuovo nome – una sintesi tra umi (oceano), one (unità con gli stakeholder) e solutions – mette in chiaro il posizionamento futuro. Non si tratta di vendere più tonno o prodotti surgelati, ma di creare valore sostenibile e rigenerativo. Umios si propone come attore integrato, capace di rispondere ai grandi temi del nostro tempo: scarsità di risorse, sicurezza alimentare, salute pubblica, salvaguardia degli ecosistemi.

Il cambio di nome coincide con quella che il board ha definito la “terza fondazione” del gruppo. Dopo le origini (fine Ottocento) e la fusione Maruha-Nichiro (2007), arriva oggi la fase della trasformazione strategica: l’azienda si riorganizza in chiave glocale*, ridisegna le sue filiere, investe sul valore sociale come asset competitivo e si apre a una narrazione internazionale, più universale.

Non si tratta di marketing. Si tratta di ridefinire cosa vuol dire essere una grande impresa del seafood nel 2025. E forse, anche in Europa, dovremmo iniziare a guardare con più attenzione cosa succede in Giappone. Perché se un colosso da miliardi decide che l’obiettivo non è più crescere, ma contribuire, allora è chiaro che qualcosa sta cambiando davvero.

Umios non nasce per stupire. Nasce per durare. E nel farlo, riscrive le priorità di un’intera industria.

Il ruolo del Giappone nell’industria ittica globale

Il Giappone non è solo una potenza storica del settore ittico. È uno dei principali riferimenti culturali, tecnologici e strategici dell’intero comparto. Anche se negli ultimi vent’anni ha perso peso in termini di volumi, il suo impatto resta determinante su più livelli.

La cultura alimentare giapponese ha definito standard globali nella selezione e lavorazione del pesce. Il Paese è all’avanguardia nelle tecnologie per pesca sostenibile, tracciabilità, automazione e sicurezza alimentare. È leader nella trasformazione industriale e nella creazione di valore aggiunto, con modelli replicati ovunque.

Importatore tra i più esigenti, è anche un mercato-guida per chi esporta qualità. Negli ultimi anni ha accelerato nella direzione di modelli produttivi più responsabili, rigenerativi, orientati alla sostenibilità. L’esempio di Umios ne è la dimostrazione.

Nel settore ittico globale, quello che il Giappone fa oggi, il resto del mondo osserva e spesso replica domani. Quando un suo colosso cambia visione, è l’industria intera che viene chiamata a reagire.

*Il termine “glocale” è una fusione di globale e locale, e indica un approccio che concilia la visione e le strategie globali con l’attenzione e l’adattamento alle specificità locali.

Nella foto Masaru Ikemi, Presidente di Maruha Nichiro

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Approvato il nuovo partenariato di pesca con la Guinea-Bissau

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Approvato il nuovo partenariato di pesca con la Guinea-Bissau – Ieri il Parlamento europeo ha approvato il rinnovo dell’accordo di pesca con la Guinea-Bissau, garantendo l’accesso alle acque del paese a 41 navi dell’UE per i prossimi cinque anni.

In base al nuovo protocollo, applicato provvisoriamente dal 18 settembre 2024, consente l’accesso alle acque della Guinea-Bissau per 28 tonniere congelatrici con reti a circuizione e pescherecci con palangaro e 13 tonniere con lenza e canne provenienti da Spagna, Italia, Grecia, Francia e Portogallo. L’accordo permette ai pescatori europei di catturare 3.500 tonnellate di cefalopodi e 3.700 tonnellate di gamberi all’anno fino al 2029. Le specie di piccoli pelagici rimangono escluse a causa dello stato degli stock e del basso sfruttamento.

In cambio, l’UE stanzierà 17 milioni di euro annui per un totale di 85 milioni di finanziamenti durante i cinque anni. Di questi, 4,5 milioni all’anno saranno destinati a promuovere la gestione sostenibile delle risorse ittiche della Guinea-Bissau, potenziare le capacità di controllo e sorveglianza e supportare le comunità di pescatori locali. Si tratta di un aumento di 1,4 milioni di euro all’anno rispetto al precedente accordo.

Oltre al contributo dell’UE, gli armatori pagheranno i canoni di licenza e di cattura all’amministrazione della Guinea-Bissau. La combinazione tra il contributo dell’UE e le tariffe corrisposte dagli operatori europei fa sì che il finanziamento totale superi i 100 milioni di euro nel periodo di cinque anni.

Il nuovo protocollo è stato approvato in plenaria con 518 voti a favore, 104 contrari e 61 astensioni.

Maggiore sostegno alla pesca locale

Con 605 voti a favore, 68 contrari e 10 astensioni, il Parlamento ha approvato una serie di raccomandazioni per la Commissione europea e le autorità della Guinea-Bissau da considerare nelle future negoziazioni e nell’applicazione del suddetto protocollo.

Al fine di garantire che l’accordo contribuisca realmente allo sviluppo della pesca locale, i deputati chiedono di migliorare le infrastrutture del paese per assicurare l’accesso al mercato per prodotti ittici locali e rafforzare la cooperazione per consentire alla Guinea-Bissau di esportare il proprio pescato.

I deputati si dicono preoccupati per il fatto che la Guinea-Bissau stia emergendo come paese di bandiera di comodo. La lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è ostacolata dalla mancata trasparenza sulla titolarità delle imbarcazioni. I deputati chiedono quindi all’UE di mobilitare assistenza tecnica e finanziaria per rafforzare il monitoraggio e il controllo delle attività di pesca, prevenire la pesca illegale e contrastare le strategie di reimmatricolazione delle imbarcazioni.

“La Commissione dovrebbe migliorare il monitoraggio e garantire che la cooperazione settoriale sia maggiormente orientata ai bisogni di sicurezza alimentare locale, alle condizioni sociali a bordo dei pescherecci e al riconoscimento del ruolo delle donne nelle comunità costiere” ha dichiarato il relatore Eric Sargiacomo (S&D, FR).

Per la quantità di risorse finanziarie coinvolte, l’accordo con la Guinea-Bissau è il secondo più importante partenariato per la pesca dell’UE con un paese terzo, dopo quello con la Mauritania.

Sebbene la pesca rappresenti il 15% delle entrate governative della Guinea-Bissau, il paese non può esportare prodotti ittici nell’UE perché non rispetta i requisiti sanitari e igienici europei. Si stima inoltre che solo il 3% del pescato delle imbarcazioni straniere nella zona di pesca della Guinea-Bissau venga sbarcato nel paese.

Approvato il nuovo partenariato di pesca con la Guinea-Bissau

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