Mese: Aprile 2025 Pagina 7 di 13

Il futuro della pesca al centro dell’incontro tra Europêche e gli Stati membri

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Il futuro della pesca al centro dell’incontro tra Europêche e gli Stati membri – Il settore della pesca europea alza la voce e lo fa con decisione, chiedendo all’Europa meno promesse e più risultati concreti. A guidare questa richiesta è Europêche, che ha convocato una riunione strategica con gli Stati membri per fare il punto sui primi mesi di lavoro della nuova Commissione e mettere sul tavolo priorità non più rinviabili. L’urgenza è palpabile: servono scelte rapide, coraggiose e finalmente efficaci per evitare che la competitività del settore venga soffocata sotto il peso di norme rigide e una burocrazia sempre più asfissiante.

Europêche ha riconosciuto il rinnovato slancio politico dato dalla Commissione europea, ma ha sottolineato come le buone intenzioni non bastino. L’organizzazione ha ribadito la necessità di trasformare le parole in azioni tangibili, a partire dalla revisione di una legislazione ormai incapace di rispondere alle vere esigenze dei pescatori. La richiesta è chiara: semplificare le regole, tagliare la burocrazia e garantire una reale sostenibilità che tenga conto della dimensione economica e sociale del settore.

Durante la discussione, grande attenzione è stata dedicata al Patto per gli Oceani, una proposta che, pur ambiziosa, solleva interrogativi importanti. Europêche teme che l’iniziativa possa evolversi in un quadro legislativo troppo stringente, rischiando di marginalizzare la pesca all’interno delle politiche marittime. Il messaggio è forte e diretto: la pesca deve rimanere un pilastro centrale, con una strategia autonoma e rispettosa delle competenze degli Stati membri.

Altro tema caldo è l’attuazione del nuovo Regolamento sul controllo della pesca. Europêche ha lanciato l’allarme su bozze di atti di attuazione che rischiano di superare il mandato legale originario, imponendo carichi amministrativi sproporzionati. Il settore chiede una regolamentazione snella e davvero utile, capace di sostenere chi lavora in mare ogni giorno, anziché ostacolarlo con complicazioni inutili.

Il dialogo con la Norvegia è un ulteriore fronte aperto. Europêche sollecita chiarezza sui diritti di pesca e l’accesso alle quote, sottolineando la necessità di un nuovo partenariato equo tra UE e Norvegia, capace di garantire un trattamento giusto per la flotta europea e fermare pratiche non sostenibili nell’Atlantico nord-orientale.

Sul piano finanziario, il settore chiede più coraggio. Aumentare i fondi disponibili, rendere i criteri di accesso più inclusivi e pianificare il rinnovamento della flotta sono passi indispensabili per assicurare al comparto la stabilità necessaria a guardare con fiducia al futuro. Europêche ha accolto positivamente l’impegno della Commissione a ridurre del 25% gli oneri amministrativi, ma ha avvertito che serve ben altro: un processo di consultazione reale e inclusivo che superi la sola revisione della politica comune della pesca.

La posta in gioco è alta. Se l’Europa vuole mantenere viva la sua pesca, deve intervenire subito sulle questioni più urgenti, dalla revisione dei piani pluriennali alle chiusure ingiustificate di zone di pesca, fino all’applicazione di deroghe già previste dalla normativa esistente. Ogni giorno di inattività pesa sulla tenuta economica e sociale delle comunità costiere e degli operatori che rappresentano il cuore pulsante della blue economy europea.

Europêche lancia un appello forte e chiaro: Bruxelles deve cambiare passo. Il futuro della pesca europea non può aspettare oltre.

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Question Time alla Camera: il Ministro ricorda l’intesa europea che salva il settore ittico italiano

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Question Time alla Camera: il Ministro ricorda l’intesa europea che salva il settore ittico italiano – Durante il Question Time di ieri, alla Camera dei Deputati, il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha illustrato le misure adottate dal Governo per sostenere il comparto agroalimentare italiano di fronte alla crisi dei dazi.
Nel suo intervento, sebbene il focus principale fosse rivolto alle eccellenze agricole e vitivinicole, non è mancato un importante riferimento al settore della pesca, che merita di essere evidenziato.

Il Ministro ha infatti confermato che, grazie all’azione negoziale portata avanti nelle sedi europee, è stato scongiurato il previsto taglio del 38% dello sforzo di pesca per le imprese italiane.
Una misura che, se applicata, avrebbe avuto conseguenze pesantissime per la filiera ittica nazionale, mettendo a rischio centinaia di aziende e compromettendo la tenuta economica di interi territori costieri.

“Abbiamo portato due volte in Italia il Commissario all’Agricoltura Hansen e il Commissario alla Pesca Kadis, reduce dalla trattativa con noi conclusasi con l’azzeramento della proposta di taglio del 38% dello sforzo di pesca per le imprese italiane, che avrebbe messo in ginocchio l’intero settore”, ha dichiarato Lollobrigida davanti all’Aula.

Questo risultato rappresenta un punto di svolta, non solo per la pesca italiana, ma anche per il più ampio scenario europeo, considerando l’impatto che le politiche comunitarie hanno sull’equilibrio tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica del settore.

Il Ministro ha ribadito l’importanza di mantenere un approccio costruttivo nelle relazioni internazionali, specie con gli Stati Uniti, e ha annunciato che il Governo continuerà a monitorare gli effetti dei dazi sulle produzioni italiane, compresi i prodotti ittici, valutando eventuali misure compensative in sinergia con l’Unione europea.

Il settore ittico, dunque, torna al centro dell’agenda politica, con una rinnovata attenzione alle dinamiche europee e alla necessità di difendere il lavoro delle imprese italiane del mare. In un contesto globale sempre più competitivo e complesso, la difesa della filiera rappresenta una priorità strategica.

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È online il primo numero di “Ittico Guida Buyer”

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È online il primo numero di “Ittico Guida Buyer” – È ufficialmente disponibile il primo numero di “Ittico Guida Buyer“, il trimestrale digitale pensato per supportare concretamente aziende, buyer e operatori della filiera ittica nazionale e internazionale. Una guida agile, gratuita e scaricabile, che si pone l’obiettivo di offrire contenuti selezionati, analisi di mercato, approfondimenti strategici e panoramiche utili per orientarsi in un settore in continua evoluzione.

Lanciata da In Rete S.r.l., editore di Pesceinrete, la Guida Buyer è un progetto editoriale che nasce con l’intenzione di affiancare l’attività quotidiana di chi opera nella commercializzazione di prodotti ittici, mettendo in connessione produttori, distributori e fornitori di servizi in un’unica piattaforma editoriale.

Uno strumento per chi compra e per chi vende

Dalle interviste istituzionali ai focus di prodotto, dalle tendenze di mercato alle tecnologie innovative, ogni pagina è pensata per aiutare i professionisti a prendere decisioni informate, anticipando le sfide e cogliendo le opportunità del comparto. In questo primo numero, spazio all’analisi sull’evoluzione del segmento “bastoncini di pesce”, alla crescita dell’export norvegese verso l’Italia, alle prospettive dell’acquacoltura italiana e a un’intervista esclusiva al Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che offre una visione chiara sulla direzione della politica nazionale in tema di pesca e sovranità alimentare.

Buyer, produttori, distributori: tutti protagonisti

“Ittico Guida Buyer” è anche una vetrina per le aziende protagoniste del mercato, con una sezione dedicata interamente alle schede di referenze e ai contatti utili, per agevolare l’incontro tra domanda e offerta. Spazio, inoltre, agli appuntamenti fieristici più rilevanti per il settore, con un calendario aggiornato e preziosi spunti per programmare la propria presenza alle manifestazioni internazionali.

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Il primo numero è già disponibile e può essere scaricato gratuitamente. La distribuzione è digitale, per garantire la massima diffusione e accessibilità ai contenuti, in linea con una visione moderna e sostenibile dell’editoria di settore.

Con “Ittico Guida Buyer” si apre una nuova stagione per l’informazione specializzata: un ponte tra aziende e mercato, pensato per accompagnare il business ittico nelle sue sfide quotidiane.

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È online il primo numero di “Ittico Guida Buyer”

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La crisi nel settore del salmone cileno taglia 1.500 posti di lavoro

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La crisi nel settore del salmone cileno taglia 1.500 posti di lavoro – L’industria ittica, in tutte le sue forme e in ogni angolo del mondo, è una colonna portante dell’occupazione globale. Dalla pesca alle lavorazioni, fino alla distribuzione, garantisce il sostentamento a milioni di famiglie. Ma proprio da uno dei poli strategici per la produzione mondiale di salmone arriva un segnale d’allarme che deve far riflettere l’intero comparto: nella regione di Magellano, in Cile, la brusca frenata della produzione ha cancellato 1.500 posti di lavoro nei soli stabilimenti di trasformazione.

Il cuore pulsante dell’industria salmonicola cilena sta battendo più piano. Più di tre anni fa, il Cile toccava il record di 180.000 tonnellate di salmone, una cifra che oggi sembra appartenere a un’altra era. Il 2024 si è chiuso con appena 100.000 tonnellate, segnando un crollo del 44,4%. Dietro questi numeri si nasconde la realtà quotidiana di impianti costretti a lavorare a ritmo ridotto, operando con un solo turno giornaliero. I macchinari restano fermi, i tavoli di lavorazione si svuotano e il personale qualificato resta senza prospettive.

Secondo Carlos Odebret, presidente della Magallanes Salmon Farmers Association, la situazione è figlia di una serie di ostacoli normativi e ambientali che stanno bloccando la crescita di un settore vitale. La gestione delle aree costiere, le concessioni ambientali e le lungaggini burocratiche hanno reso il percorso delle aziende un labirinto senza uscita. Le aree selvagge protette, che rappresentano il 60% della regione, restano precluse allo sviluppo dell’acquacoltura, mentre le istituzioni locali delegano la gestione a enti come il Biodiversity and Protected Areas Service, creando ulteriori freni alla produzione.

Non è tutto. Oltre 59 richieste di nuove concessioni per allevamenti di salmone giacciono in un limbo burocratico da oltre otto anni. Si tratta di potenziali spazi produttivi che coprirebbero 676 ettari, distribuiti strategicamente tra Puerto Natales, Punta Arenas e Río Verde. Ma le procedure, bloccate anche dalle richieste irrisolte riguardanti lo Spazio Marittimo Costiero per i Popoli Indigeni (ECMPO), restano ferme al palo, alimentando l’incertezza degli operatori e congelando qualsiasi piano di espansione.

La proposta di gestione della riserva nazionale di Kawésqar, sotto la lente d’ingrandimento per il suo potenziale impatto sull’industria, è un ulteriore elemento di tensione. Gli allevatori di salmone vedono in questo piano, redatto da una ONG statunitense, una minaccia concreta alla sopravvivenza di un settore già fortemente penalizzato.

Il caso cileno non è solo una cronaca locale: è il riflesso di come le politiche ambientali, se non bilanciate con le esigenze produttive, possano mettere a rischio interi comparti occupazionali. Un monito che attraversa l’oceano e chiama in causa anche l’Europa e l’Italia, dove la coesistenza tra sostenibilità e crescita economica rimane una sfida costante. Per il salmone cileno, il tempo stringe. E per l’industria ittica globale è il momento di interrogarsi sul proprio futuro.

La crisi nel settore del salmone cileno taglia 1.500 posti di lavoro

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Dazi USA, terremoto nei mercati ittici globali

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Dazi USA, terremoto nei mercati ittici globali – Le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti stanno riscrivendo le dinamiche del commercio internazionale dei prodotti ittici, con conseguenze che vanno ben oltre le previsioni di mercato. Secondo Rabobank, le barriere introdotte dall’amministrazione Trump penalizzano fortemente Europa e Asia, aprendo spazi inediti per l’America Latina. Si prospetta una revisione completa delle strategie di export, con effetti diretti sulla competitività e sulla sostenibilità delle forniture mondiali.

Gorjan Nikolik, sottolinea che questa nuova stagione di dazi è solo l’inizio. L’eventualità di misure di ritorsione da parte di Unione Europea, Cina e Giappone rischia di aggravare ulteriormente la situazione. L’intero comparto si trova sotto pressione, dai produttori fino ai consumatori finali americani, che inevitabilmente subiranno l’aumento dei prezzi.

Il comparto del salmone è uno degli osservati speciali. Il Cile, con quasi il 50% delle forniture dirette agli Stati Uniti, beneficia di dazi contenuti al 10%, riuscendo così a mantenere stabilità nelle esportazioni. Il Canada, protetto dall’accordo commerciale USMCA, esporta principalmente salmone fresco ed è attualmente esente da imposte. Tuttavia, un’eventuale modifica della politica commerciale americana potrebbe colpire duramente anche Ottawa. La Norvegia, invece, fatica a reggere la concorrenza a causa di tariffe comprese tra il 15 e il 20%, e l’Unione Europea si trova in una posizione ancora più sfavorevole, priva di accordi specifici. Islanda e Isole Faroe, pur avvantaggiate da costi doganali più bassi, non dispongono dei volumi necessari per incidere significativamente sul mercato.

Lo scenario dei gamberi segue una traiettoria simile, ma con impatti ancora più marcati per i paesi asiatici. L’India, primo fornitore mondiale per gli Stati Uniti, è gravata da una tariffa combinata di circa il 34%, mentre Vietnam, Indonesia e Thailandia devono confrontarsi con imposte che possono superare il 46%. In questo contesto, l’Ecuador si posiziona come potenziale vincitore, a condizione di rafforzare la propria capacità di trasformazione e di sfruttare la domanda crescente sul mercato nordamericano. Non si esclude, nel medio periodo, una strategia orientata a ricevere materia prima asiatica da lavorare localmente prima di esportarla verso gli Stati Uniti.

Per quanto riguarda i pesci d’acqua dolce, il mercato attende un riorientamento deciso. La Cina, leader nelle esportazioni di filetti di tilapia congelati con oltre l’80% del mercato USA, si trova ad affrontare dazi fino al 76%. Anche il Vietnam, candidato alla sostituzione di Pechino, è appesantito da tariffe del 46%. Emergono così opportunità per paesi come Brasile, Honduras e Colombia, che però devono investire in maniera sostanziale in infrastrutture e capacità produttive per colmare il vuoto lasciato dai concorrenti asiatici.

Nel complesso, l’impatto delle nuove politiche commerciali americane spinge a una rivalutazione globale delle strategie di approvvigionamento. I prezzi in aumento dei prodotti ittici rischiano di dirottare i consumatori statunitensi verso fonti proteiche alternative, come manzo e pollo, mentre i paesi asiatici sono chiamati a rafforzare i mercati domestici o a ristrutturare le proprie catene di distribuzione internazionali, magari attraverso triangolazioni commerciali con paesi terzi.

La situazione è fluida e in continuo aggiornamento. Gli operatori della filiera ittica dovranno muoversi con estrema attenzione per intercettare le nuove opportunità e mitigare le criticità emergenti, in uno scenario che premia chi saprà anticipare le prossime mosse.

Dazi USA, terremoto nei mercati ittici globali

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