La bussola. La maggiore attenzione della UE sugli attrezzi da pesca – Il 20 dicembre dello scorso anno è stato pubblicato il nuovo regolamento comunitario sui controlli nel settore della pesca di cui avevo accennato, in anteprima, nel mio precedente intervento su questa rubrica.
In questa occasione, visto che nel suddetto regolamento il tema è ripreso più volte, voglio soffermarmi sull’analisi delle problematiche relative ai cosiddetti attrezzi da pesca.
Si evidenzia che questo tema risalta spesso negativamente alla ribalta riguardo soprattutto all’utilizzo dello strascico, risultando fonte di fortissime tensioni tra politica, associazioni ambientaliste e operatori della pesca e già in passato oggetto di trattazione su questa rubrica con alcuni concetti chiave che magari potrebbero essere aggiornati ed approfonditi in una prossima occasione. In generale, però, ci sono diversi aspetti, anche di natura regolamentare, che necessitano di maggiore chiarezza.
Le norme comunitarie fin qui succedutesi non mi risulta che si siano mai preoccupate di dare una definizione del termine “attrezzi da pesca” ma, allo stato attuale, si ha come unico riferimento l’elenco degli attrezzi di cui alla specifica codifica internazionale FAO, adottata nel nostro Paese definitivamente a partire dall’anno 2012, che assegna un codice univoco (composto da tre lettere) ad ogni attrezzo.
In realtà nel nostro ordinamento nazionale esiste una definizione di tali attrezzi. Difatti il primordiale regolamento nazionale del 1968 sulla disciplina della pesca marittima, tuttora in gran parte in vigore, stabilisce che “sono attrezzi da pesca gli strumenti e gli apparecchi destinati alla cattura degli organismi marini”, distinguendoli in: reti, ami, altri strumenti ed apparecchi.
Mantenere questa distinzione ci è utile per destreggiarci meglio tra le pieghe delle norme che direttamente o indirettamente influenzano l’utilizzo degli attrezzi da pesca anche perché bisogna evidenziare, innanzitutto, che proprio gli attrezzi da pesca rappresentano il fulcro di tutta l’attività di pesca e, di conseguenza, sia i mezzi navali che le risorse umane impiegate devono essere direttamente funzionali al tipo di attrezzo che deve essere utilizzato per le specie che si intendono catturare. O quantomeno questa è la direttrice che andrebbe seguita al fine di ottenere il massimo rendimento.
Ciò posto, il tema degli attrezzi da pesca viene primariamente collegato direttamente al concetto di sfruttamento razionale delle risorse biologiche del mare ma, oltre a tale aspetto, sussiste quello legato alla garanzia della sicurezza della navigazione marittima (intesa come circolazione navale) e, di recente, anche quello relativo all’aspetto della salvaguardia ambientale in quanto potenziale fonte di inquinamento marino.
Va subito detto che le problematiche relative alla sicurezza della navigazione sono conosciute quasi esclusivamente dagli addetti ai lavori e riguardano soprattutto la necessaria visibilità diurna e notturna di taluni attrezzi fissi (reti da posta, palangari), attraverso il posizionamento di apposite segnalazioni diurne e notturne, nonché le regole di condotta da seguire per evitare potenziali sinistri marittimi.
Molto più dibattuto, come già detto, è stato sempre il tema delle specie bersaglio degli attrezzi da pesca i quali devono possedere determinate caratteristiche affinché il loro impiego preservi le forme giovanili e le specie oggetto di apposita tutela.
Vige tuttora nel nostro ordinamento nazionale la clausola della cosiddetta diversificazione dello sforzo di pesca che consente ai titolari di licenze di pesca di poter modificare, in determinati casi, il proprio asset tecnico attraverso operazioni di rinunce, sostituzioni, aggiunte di attrezzi tutte improntate nell’ottica di conseguire un mirato allentamento del suddetto sforzo.
Si ricorderà, al proposito, la messa al bando, a fine anni ‘90, delle reti derivanti denominate comunemente “spadare” con l’estromissione “forzata” dalle licenze di pesca dell’autorizzazione all’uso di tale attrezzo, compensata con il riconoscimento di appositi indennizzi sia per gli armatori che per gli equipaggi aventi diritto.
Prima di addentrarci nel terzo aspetto, quello della salvaguardia ambientale, è necessario, per una migliore comprensione, trattarne un quarto, cioè quello relativo ai controlli. Difatti, il nuovo regolamento comunitario sui controlli pesca richiama la procedura della cosiddetta “marcatura” degli attrezzi da pesca, già prevista dal precedente regolamento del 2009 e ampliandone di fatto la portata.
In concreto, secondo le modalità previste dalle norme di esecuzione, deve essere possibile ricavare la provenienza degli attrezzi fissi (reti ed ami, ma anche le nasse) e delle sfogliare attraverso la lettura di determinate informazioni che devono essere riportate sui suddetti attrezzi mediante l’apposizione di specifiche targhette ed altro; precisando, tuttavia, che tale pratica è attualmente richiesta solamente all’interno delle acque dell’Unione (cioè di giurisdizione dei singoli Stati costieri).
In particolare, le suddette targhette devono riportare la sigla ed il numero di iscrizione dell’unità da pesca cui gli attrezzi appartengono.
Pertanto, in sede di esecuzione dei controlli, oltre alla legalità ed alla conformità degli attrezzi, nonché alla loro corretta indicazione sul giornale di pesca, nelle circostanze sopra descritte verrà verificata anche la corretta marcatura degli stessi.
La marcatura degli attrezzi da pesca, oltre che alle finalità dei controlli sulle attività di pesca, dovrebbe contribuire a responsabilizzare ancora di più gli operatori della pesca nei confronti del fenomeno dell’abbandono degli attrezzi in mare che, soprattutto nei litorali, incide negativamente sulla salvaguardia dell’ecosistema marino, sia a causa dei materiali di cui sono composti, prevalentemente sintetici, che per le trappole che possono costituire per tutte le specie che abitano il mare.
Orbene, il nuovo regolamento comunitario sui controlli introduce altresì, per la prima volta in maniera espressa, l’adozione di procedure per la notifica e il ritorno in porto degli attrezzi da pesca al termine del loro ciclo di vita.
Un’altra innovazione consiste nell’ ulteriore previsione, oltre a quella già preesistente di tenere a bordo delle unità da pesca le “attrezzature” per il recupero degli attrezzi perduti, di indicare nel giornale di pesca, in caso di effettiva perdita in mare, tutte le informazioni necessarie per la loro individuazione quali il tipo e le dimensioni, la data e l’ora stimata della perdita, la posizione (coordinate geografiche) in cui è avvenuta nonché le misure messe in atto per tentarne il recupero. Queste informazioni andranno a confluire poi in un’apposita banca dati a disposizione della Commissione Europea.
Poiché le suddette procedure dovrebbero entrare in vigore a partire dal 10 gennaio 2026, ci si devono attendere degli appositi indirizzi applicativi.
A conclusione di questa sintetica esposizione dei punti focali relativi agli attrezzi da pesca (l’argomento richiederebbe in realtà una trattazione enciclopedica) suggerisco la consultazione del Catalogo degli attrezzi da pesca della FAO (in lingua inglese) di recentissima pubblicazione, nonché l’illustrazione degli Attrezzi da pesca realizzata dalla Commissione Europea (disponibile in lingua italiana).
La bussola. La maggiore attenzione della UE sugli attrezzi da pesca
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