Alla scoperta delle Alici, tra storia, pesca e tradizioni – Le alici, conosciute anche come acciughe, sono una delle prelibatezze ittiche italiane più amate e apprezzate. Questi piccoli pesci pelagici, appartenenti alla categoria del pesce azzurro, non solo deliziano il palato, ma vantano anche una storia millenaria legata alle nostre tradizioni culinarie.

Le alici (Engraulis encrasiculus) sono riconoscibili per la loro forma slanciata, che può raggiungere i 20 centimetri, e per il fatto che la loro vita dura circa quattro anni. Durante i mesi invernali, prediligono le profondità marine, di solito tra i 100 e i 200 metri. In altre stagioni dell’anno, si avvicinano alle coste formando grandi banchi, soprattutto durante la deposizione delle uova. Questi pesci si trovano comunemente nelle acque del Mediterraneo, del Mar Nero e dell’Atlantico orientale.

Nel corso del Medioevo, le alici svolgevano un ruolo cruciale nell’alimentazione delle classi meno abbienti e delle comunità monastiche, specialmente durante i “giorni di magro” istituiti dal Concilio di Trento. In quei periodi, le alici diventavano uno dei principali alimenti per i fedeli che si astenevano dal consumo di carne.

Oggi, la pesca delle alici avviene principalmente tramite reti volanti e l’uso del cianciolo, una rete introdotta nel Novecento. Questa tecnica rappresenta un’evoluzione della lampara, un metodo di pesca notturna che sfrutta l’abitudine dei piccoli pelagici di stazionare sotto una fonte luminosa. Inizialmente, un fuoco veniva posto su un trespolo fuoribordo, sostituito in seguito da una lampada. La rete veniva distesa in modo circolare, il fondo veniva chiuso, e la rete ritirata fino a portare le alici in superficie, dove venivano recuperate tramite retini. La lampara non veniva mai praticata nelle notti di luna piena poiché l’alice è meno attratta da una luce artificiale.

Sebbene le alici abbiano habitat preferiti, come il Mar Cantabrico, gran parte delle acque italiane è popolata da queste luminose creature. In particolare, l’Adriatico, dalla Puglia a Chioggia fino alle coste croate, è ricco di alici.

Questi piccoli pesci possono chiamarsi sia acciughe che alici, e in alcuni casi i termini possono indicare diverse fasi della vita del pesce o metodi di conservazione diversi. Ad esempio, “acciuga” talvolta si riferisce al pesce vivo, mentre “alice” si riferisce al pesce lavorato. In altri casi, “acciuga” può indicare il pesce intero conservato sotto sale, mentre “alice” si riferisce al pesce conservato sott’olio.

Dopo la pesca, segue la lavorazione, spesso eseguita in modo artigianale. Gli abili lavoratori, seguendo antiche tradizioni, puliscono ed eviscerano il pesce fresco appena portato a riva dai pescherecci e procedono con la salatura. La tempestività è cruciale per preservarne le caratteristiche organolettiche, poiché ogni ritardo potrebbe comprometterne il sapore e il valore nutrizionale. La salatura deve essere eseguita con maestria per rispettare gli equilibri delicati. I dosaggi di sale sono cruciali per conservare la carne e garantirne la commestibilità, ma devono essere applicati con attenzione per non sovrastare il gusto e la qualità del prodotto.

Le alici rappresentano un tesoro culinario italiano con una storia millenaria. La loro pesca e lavorazione richiedono competenza e attenzione per garantire la qualità di un prodotto così apprezzato. È importante che, mentre godiamo di queste delizie culinarie, non dimentichiamo la responsabilità di preservare gli ambienti marini e le risorse ittiche. La sostenibilità della pesca è essenziale per garantire che le future generazioni possano continuare a gustare il gusto unico delle alici.

Ricordiamoci sempre che il mare è un patrimonio prezioso, e il suo equilibrio dipende dalla nostra responsabilità nell’utilizzarlo in modo sostenibile. L’alice rappresenta la specie ittica più catturata in Italia, ma la sua conservazione è un dovere per tutti noi.

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