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La Pietra, decreto tonno rosso rafforza accordi di filiera e sostenibilità ambientale

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La Pietra, decreto tonno rosso rafforza accordi di filiera e sostenibilità ambientale -“Con il decreto campagna di pesca del tonno rosso per l’anno 2025, procediamo nel percorso virtuoso avviato lo scorso anno, incentivando l’aggregazione e la costruzione di filiere, eliminando i comportamenti speculativi sul passaggio di quote e andando a colpire la pesca illegale. Grazie al decreto per l’anno 2025 ci poniamo, inoltre, obiettivi ambiziosi finalizzati a offrire una più strutturata immissione del prodotto sul mercato, un miglioramento della gestione dell’offerta e garantire una maggiore stabilità economica agli operatori del settore. A conferma della centralità delle OP, gli aderenti potranno trasferire fino al 50% della propria quota assegnata anche tra sistemi differenti per ottimizzare obiettivi comuni nei rispettivi piani di produzione e commercializzazione. La quota trasferita viene quindi messa a fattore comune nell’ottica di una migliore commercializzazione del prodotto. Riguardo agli accordi di filiera introdotti dal decreto 2024 sono in fase di definizione le istruttorie per l’assegnazione della quota premiale, che rappresentano un sistema innovativo in grado di premiare gli investimenti negli accordi commerciali e favorire una più forte collaborazione tra i diversi attori del settore. Il quantitativo che verrà assegnato nel corso dell’anno sarà ridistribuito nella successiva annualità agli operatori che dimostreranno, alla data del 31 dicembre 2025, di aver dato esecuzione agli accordi di filiera e che intendono proseguirli per l’annualità 2026. Vogliamo anche premiare gli operatori del sistema di pesca “Palangaro (LL)” che, nel corso dell’ultimo triennio, hanno tenuto un comportamento virtuoso, impegnandosi a pescare continuativamente un quantitativo ulteriore rispetto alla quota assegnata per valorizzare il proprio modello imprenditoriale incentrato sull’attività di pesca. Nel contempo per consentire una migliore gestione del valore del tonno rosso permetteremo le catture accidentali nel limite del 20% del quantitativo sbarcato nella sola giornata di pesca. Nell’ambito del contrasto alla pesca illegale abbiamo introdotto, in via sperimentale, il “sigillo di garanzia”, che prevede l’obbligo di apporre una targhetta su ogni singolo esemplare di tonno rosso all’atto dello sbarco e della convalida del documento elettronico di cattura (eBCD), in modo da rafforzare la tracciabilità ed etichettatura a tutela del consumatore”.

È quanto dichiara il sottosegretario al Masaf, senatore Patrizio La Pietra, a margine della firma al decreto “campagna di pesca del tonno rosso per l’anno 2025“.

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Sussidi, gestione e cambiamento climatico: la pesca mondiale secondo l’OCSE

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Sussidi, gestione e cambiamento climatico: la pesca mondiale secondo l’OCSE – La produzione mondiale di prodotti ittici è in aumento, spinta principalmente dalla rapida espansione dell’acquacoltura nei paesi asiatici non OCSE, come Cina, India, Indonesia e Vietnam. Nei paesi OCSE, invece, si osserva una crescita più lenta dell’acquacoltura e un calo costante dell’occupazione nella pesca, a fronte di una maggiore stabilità del valore economico generato.

Il nuovo report OCSE sulla pesca 2025, che analizza 41 paesi tra membri OCSE e principali produttori mondiali, mostra un settore ancora lontano da un equilibrio sostenibile. Oltre 10 miliardi di dollari l’anno sono stati destinati al comparto tra il 2020 e il 2022, una somma pari al 10,6% del valore totale degli sbarchi. Tuttavia, il 65% di questi fondi pubblici è stato erogato attraverso strumenti che, in assenza di una gestione efficace delle risorse, rischiano di incentivare la pesca eccessiva o dannosa per gli ecosistemi marini.

Sussidi al carburante, modernizzazione della flotta e infrastrutture rappresentano le principali forme di sostegno pubblico, ma raramente sono accompagnati da meccanismi di controllo sufficienti. L’OCSE invita a ricalibrare queste risorse verso attività più utili alla sostenibilità del settore, come il rafforzamento della gestione, il monitoraggio degli stock e il supporto alla resilienza climatica.

Alcuni segnali incoraggianti emergono dai paesi OCSE, dove aumentano gli investimenti in controllo, sorveglianza e gestione, mentre riducono gradualmente i sussidi al carburante. Cresce inoltre il ricorso a forme di supporto al reddito, considerate meno rischiose dal punto di vista ambientale.

Il report sottolinea come solo il 59% dei titoli valutati sia gestito in modo da raggiungere la massima produttività possibile, nonostante l’81% risulta in buono stato di salute. Una gestione più efficiente permetterebbe di aumentare i rendimenti, ridurre le emissioni e migliorare la redditività dei pescatori, specialmente in un contesto sempre più influenzato dai cambiamenti climatici.

Un altro elemento critico riguarda la scarsa attenzione alle questioni di genere. Nella gran parte dei paesi analizzati mancano dati disaggregati sul ruolo delle donne nel settore, rendendo difficile l’attuazione di politiche realmente inclusive. L’OCSE invita a colmare questa lacuna per garantire una rappresentanza più equa lungo l’intera filiera.

Il 2025 rappresenta un anno strategico per la pesca mondiale, anche in vista della 3ª Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (9-13 giugno 2025). Il report propone un quadro chiaro per le riforme: ridurre le forme di sostegno più dannose, rafforzare la gestione scientifica delle risorse e destinare i fondi pubblici a politiche realmente orientate alla sostenibilità economica, sociale e ambientale.

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Canale di Panama, arriva il NetZero Slot

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Canale di Panama, arriva il NetZero Slot – Le spedizioni internazionale cambiano rotta. A guidare la virata è il Canale di Panama, snodo cruciale del commercio globale, che dal 5 ottobre 2025 introdurrà il rivoluzionario NetZero Slot, una finestra di transito esclusiva dedicata alle imbarcazioni con basse emissioni di carbonio. Non si tratta solo di un’opzione ecologica, ma di un vero e proprio incentivo operativo che apre nuove prospettive anche per l’industria ittica, sempre più legata a una logistica marittima sostenibile ed efficiente.

Nel dettaglio, la prima fase dell’iniziativa riguarderà le navi Neopanamax dotate di motori a doppio combustibile che impiegano, almeno in parte, carburanti con un’intensità di carbonio inferiore a 75 gCO₂(e)/MJ. Si parla dunque di unità in grado di ridurre in modo concreto l’impatto ambientale, dalla produzione del combustibile fino alla sua combustione, secondo il criterio “Well to Wake“.

Ma non finisce qui. Il NetZero Slot non sarà assegnato tramite le classiche aste, spesso appannaggio di chi può permettersi cifre elevate, bensì attraverso una procedura competitiva condotta nei 30 giorni precedenti alla data di transito, premiando l’impegno reale verso la decarbonizzazione.

Il vantaggio è chiaro: le navi selezionate avranno diritto a scegliere la data di passaggio, potranno contare su un tempo di transito garantito di 24 ore, e beneficeranno del servizio “just in time”, che ottimizza i tempi di navigazione e riduce i consumi in attesa dell’ingresso nel canale.

Questa svolta ambientale è tutt’altro che simbolica. Si inserisce all’interno di una più ampia strategia di sostenibilità che mira a incentivare gli armatori a investire in tecnologie a basse emissioni e migliorare l’efficienza energetica delle flotte. Il Canale di Panama, da sempre baricentro dei traffici tra l’Oceano Atlantico e il Pacifico, si propone oggi anche come attore protagonista della transizione ecologica nel trasporto marittimo, riconoscendo e premiando chi investe realmente in un futuro più pulito.

La seconda fase dell’iniziativa, attesa nel 2026, sarà annunciata nei prossimi mesi e potrebbe estendere ulteriormente i criteri di ammissione e le agevolazioni, tracciando un percorso progressivo verso una filiera logistica globale sempre più green.

In uno scenario in cui anche l’industria ittica guarda con crescente attenzione alla sostenibilità della catena del freddo, della logistica e delle certificazioni ambientali, scelte come quelle del Canale di Panama rappresentano un segnale forte.

Canale di Panama, arriva il NetZero Slot

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Europêche, tonno europeo a rischio

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Europêche, tonno europeo a rischio – Mentre a Bruxelles si aprono i negoziati per l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Thailandia, in Europa cresce l’inquietudine tra gli operatori del settore ittico. In prima linea c’è l’industria del tonno, che vede nell’accordo una minaccia concreta alla propria sopravvivenza. La posta in gioco è alta: liberalizzare l’ingresso del tonno tailandese nel mercato europeo significherebbe spalancare le porte a prodotti più economici, spesso realizzati senza le garanzie sociali, ambientali e sanitarie richieste alle flotte comunitarie.

La Thailandia è oggi il primo produttore mondiale di tonno trasformato, con 470.000 tonnellate annue tra scatolette e preparati. Attualmente solo una piccola parte di questo prodotto entra nel mercato europeo, frenata da un dazio del 24%. Ma se l’accordo venisse siglato con l’inclusione dei prodotti a base di tonno, quel freno verrebbe rimosso. Le conseguenze saranno immediate: boom delle conseguenze, caduta dei prezzi e destabilizzazione di un’intera filiera che in Europa ha costruito la propria reputazione su tracciabilità, etica e qualità.

È proprio questo squilibrio che l’Europa denuncia con forza. Europêche, associazione che rappresenta le principali realtà della pesca europea, chiede l’esclusione del tonno dall’FTA in discussione. La motivazione è netta: l’industria tailandese opera secondo logiche profondamente diverse rispetto a quelle europee. Da un lato ci sono le tonniere dell’UE, soggette a monitoraggi continui, regole severe e certificazioni internazionali come MSC, APR e AFNOR. Dall’altro, impianti di lavorazione tailandesi che importano tonno da Paesi privi di controlli stringenti, e che non applicano nemmeno le convenzioni internazionali sul lavoro marittimo.

Nel 2024, due aziende storiche del tonno europeo – Via Océan e Nicra 7 – hanno chiuso i battenti. Un segnale drammatico di un settore sotto attacco, costretto a fronteggiare una concorrenza che non gioca secondo le stesse regole. Le imprese europee investono su sostenibilità, sicurezza e legalità, ma vengono lasciate sole in un mercato che premia il prodotto più economico, anche quando questo significa chiudere un occhio sugli abusi e sullo sfruttamento.

L’ultimo audit della Commissione europea sulla Thailandia ha evidenziato numerose criticità in tema di sicurezza alimentare. Eppure, nonostante questi segnali d’allarme, l’Europa sembra pronta a sacrificare una delle sue filiere più avanzate sull’altare della liberalizzazione commerciale. Un paradosso che colpisce ancora una volta la pesca europea, stretta tra normativa interna sempre più severa e una politica commerciale esterna che ne vanifica gli sforzi.

L’appello di Europêche è un invito al buon senso. mantenere i dazi sul tonno tailandese non è protezionismo, ma tutela della qualità, dei posti di lavoro e di un modello industriale basato sulla responsabilità. Escludere il tonno dall’accordo UE-Thailandia è una scelta strategica per salvaguardare un’eccellenza europea che rischia, altrimenti, di sparire in silenzio.

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La transizione inevitabile. Dall’agonia della pesca al dominio dell’acquacoltura

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La transizione inevitabile. Dall’agonia della pesca al dominio dell’acquacoltura – Il mondo della pesca sta cambiando in peggio e anche rapidamente e non è più una previsione lontana, ma una realtà che stiamo già vivendo. Entro il 2030, il 62% del fabbisogno mondiale di pesce sarà coperto dall’acquacoltura, un salto enorme rispetto al 27% del 2000. E guardando al 2050, questa percentuale salirà ancor più. Questo significa che la pesca tradizionale, per come la conosciamo, sta scomparendo.

Non è difficile accorgersene. La produzione globale della pesca è in costante calo, le restrizioni aumentano, e gli stock ittici naturali sono sempre più sotto pressione. Non si tratta di fare allarmismo, ma di guardare in faccia la realtà. Gli scienziati lo dicono da tempo. La pesca non è più sostenibile, e le normative sono sempre più rigide per proteggere le risorse marine.

In questo scenario, le Organizzazioni di Produttori, le associazioni di categoria in generale del settore ittico hanno un ruolo fondamentale. Devono, con sforzi immani, ove possibile, tentare da un lato di sostenere la pesca nei pochi anni che restano, e dall’altro preparare il terreno per un futuro dominato dall’acquacoltura.

Chi ha già compreso questo passaggio sta cercando soluzioni per adattarsi, mentre chi continua a ignorarlo rischia di rimanere indietro e trovarsi in una crisi irreversibile.

L’acquacoltura non è più un settore di nicchia, ma il motore della produzione ittica del futuro. I grandi investitori lo sanno e stanno già puntando su tecnologie innovative per rendere gli allevamenti più efficienti e sostenibili. Dalla riduzione dell’impatto ambientale alla scelta di specie più adatte alla crescita controllata, tutto indica che questa transizione è inarrestabile.

Le organizzazioni di riferimento della pesca devono muoversi adesso. Serve una strategia chiara, investimenti mirati e collaborazioni con chi è già avanti in questo settore. L’obiettivo non è solo garantire la sopravvivenza economica delle comunità che oggi vivono di pesca, ma offrire loro un nuovo futuro in un settore in piena espansione. E qui arriva il punto cruciale. I paesi che stanno investendo nell’acquacoltura saranno in netto vantaggio rispetto a quelli che ancora esitano. L’Italia, ad esempio, è ancora troppo legata alla pesca tradizionale e fatica a considerare l’acquacoltura come una vera alternativa. Ma il tempo stringe e se non si cambia rotta, il rischio è quello di trovarsi fuori dai giochi, mentre altri paesi prenderanno il controllo del mercato. La Cina, per esempio, ad oggi detiene la maggiore produzione mondiale. Il quantitativo prodotto è pari a 24.6 milioni tons (69% della produzione mondiale).

Non è questione di scelte, ma di necessità. Il futuro è già scritto e chi saprà leggere i segnali del cambiamento è pronto a cogliere nuove opportunità, chi rimane fermo rischia di scomparire. La transizione è già iniziata e il tempo per prepararsi è adesso. Aspettare ancora potrebbe costare caro.

La transizione inevitabile. Dall’agonia della pesca al dominio dell’acquacoltura

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