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Vox Maris: il progetto che protegge il Mediterraneo dalle reti fantasma

Vox Maris: il progetto che protegge il Mediterraneo dalle reti fantasma

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Vox Maris: il progetto che protegge il Mediterraneo dalle reti fantasma – Ogni anno, tra le 500.000 e il milione di tonnellate di attrezzi da pesca finiscono negli oceani. Nel solo Mediterraneo si stima che circa 100.000 tonnellate di reti e altri strumenti vengono abbandonati o persi in mare, con gravi conseguenze per la biodiversità marina, l’economia ittica e la sicurezza della navigazione. Le cosiddette “reti fantasma” continuano a intrappolare e uccidere pesci e altre specie marine, danneggiano gli habitat sensibili e rappresentano una minaccia concreta per il futuro della pesca sostenibile.

In questo scenario si inserisce Vox Maris, il progetto sviluppato dalla BioDesign Foundation, organizzazione no-profit con sede a San Gallo, in Svizzera, che custodisce e rinnova l’eredità intellettuale e progettuale di Luigi Colani, tra i designer più influenti del XX secolo. L’iniziativa fornisce una soluzione concreta e replicabile al problema degli attrezzi da pesca a fine vita, integrando logiche di economia circolare e coinvolgendo attivamente le comunità di pescatori, le autorità portuali e l’industria del riciclo.

Vox Maris nasce per ridurre in modo significativo l’impatto ambientale della pesca commerciale e ripristinare al mare le condizioni per una rigenerazione reale e misurabile. Il progetto si articola in tre aree operative: Zero Reti in Mare, Zero Olio in Mare e il Progetto Life Save, tutte mirate a eliminare le esternalità negative della pesca industriale e a promuovere una gestione responsabile degli attrezzi da pesca.

Dal 2021, Vox Maris è attivo presso il mercato ittico di Chioggia, uno dei principali hub della pesca italiana. Qui è stato realizzato un sistema di raccolta e gestione dei materiali dismessi, coinvolgendo in maniera diretta i pescatori locali. Ad oggi, sono stati recuperati e trattati oltre 800.000 chilogrammi di reti da pesca , che altrimenti sarebbero finiti in mare contribuendo all’inquinamento da plastica e alla pesca fantasma.
Chioggia rappresenta solo l’inizio. In Italia esistono 272 porti di pesca e l’obiettivo della BioDesign Foundation è estendere il modello Vox Maris in tutto il Mediterraneo, un bacino marittimo che ospita circa 75.000 imbarcazioni da pesca e che ogni anno rischia di vedere disperdere in acqua decine di migliaia di tonnellate di reti sintetiche, in materiale plastico.

A supporto del progetto, la spedizione Phileas – la Vela dei Custodi rappresenta il motore educativo e divulgativo di Vox Maris. A bordo dell’imbarcazione, i team della BioDesign Foundation conducono workshop formativi e sessioni di sensibilizzazione rivolte ai pescatori, insegnando le pratiche di raccolta, conferimento e gestione degli attrezzi a fine ciclo.

I numeri legati alla dispersione degli attrezzi da pesca a livello globale e nel Mediterraneo sono drammatici:
• Circa 1 miliardo di dollari di danni annuali per l’industria ittica mondiale, secondo stime FAO.
• 5-10 milioni di tonnellate di pesce perse ogni anno a causa della pesca fantasma.
• 136.000 tra balene, foche, leoni marini e tartarughe marine rimangono uccisi ogni anno, intrappolati nelle reti abbandonate.
• Le reti sintetiche possono impiegare fino a 1.000 anni per degradarsi completamente, generando nel frattempo microplastiche che contaminano la catena alimentare e gli ecosistemi marini.

Vox Maris interviene su questa emergenza strutturale, proponendo una risposta concreta e replicabile, basata sulla sinergia tra tecnologia, innovazione sociale e responsabilità ambientale.

Il calendario Phileas 2024-2025 prevede tappe nei principali porti del Mediterraneo, tra cui Marina di Carrara, Fiumicino, Porticello, Mazara del Vallo e Malta, con l’ambizione di consolidare una rete di porti “custodi” impegnati attivamente nella tutela della biodiversità marina.

La filosofia che guida il progetto si rifà ai principi ispiratori di Luigi Colani, secondo il quale “non siamo mai stati in grado di essere migliori della natura”. La missione di Vox Maris è oggi quella di dimostrare che possiamo però essere alleati della natura, promuovendo una pesca sostenibile e tracciabile che tutela l’ambiente e garantisce un futuro solido all’intero comparto ittico.

Il messaggio rivolto alle imprese e alle comunità è chiaro: diventare Custodi del Futuro significa investire nella biodiversità come patrimonio collettivo e nel mare come risorsa comune da preservare. Vox Maris rappresenta una concreta opportunità per coniugare sostenibilità ambientale e sviluppo economico, restituendo valore a ogni attore della filiera ittica.

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Mitilla®  arriva nei ristoranti e nelle pescherie delle migliori GDO

Mitilla® arriva nei ristoranti e nelle pescherie delle migliori GDO

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Mitilla® arriva nei ristoranti e nelle pescherie delle migliori GDO – Mitilla® è finalmente disponibile nei ristoranti e nelle pescherie delle migliori GDO che vogliono abbracciare un concetto nuovo di qualità, più sostenibile, più trasparente, più consapevole.

Mitilla® dimostra ogni giorno di non essere una cozza qualunque perché non cresce sul fondo del mare, né si attacca a pali o reti costiere. Nasce sospesa tra cielo e mare, in blue vertical farm: una fattoria blu, dove ogni cozza si sviluppa in verticale, ancorata a corde immerse in profondità nelle acque classificate “A” di Pellestrina. Nessun mangime, nessun intervento chimico: solo correnti marine, ricchezza biologica e il lavoro silenzioso dei mitili, che filtrano fino a 120 litri d’acqua al giorno. Mitilla® non consuma: rigenera. Migliora la qualità dell’acqua, cattura CO₂, non consuma suolo, non altera l’ambiente. Una vera cozza rigenerativa, simbolo di un’acquacoltura che si fa sostenibile, replicabile e virtuosa.

Genny Busetto co-founder di Mitilla

Le cozze Mitilla® crescono in acque di categoria A, il massimo in termini di salubrità. Non necessitano di stabulazione o depurazione. Questo significa nessun passaggio in impianti energivori, nessun trasporto inutile, nessun uso di cloro o UV, nessuna perdita di gusto. Il risultato? Un prodotto naturalmente sano, pronto al consumo, dal sapore autentico, con una carbon footprint inferiore rispetto alle cozze di classe B che devono attraversare un’intera filiera di depurazione.

Mitilla® è una filiera corta, tracciabile, a basso impatto. Dietro ogni cozza c’è un progetto che mette insieme la sapienza secolare dei mitilicoltori di Pellestrina e la visione di un’acquacoltura del futuro: più pulita, più efficace, più umana. Ed è anche una storia di riconoscimenti: 100 Eccellenze Italiane Forbes 2020, Premio Visionari di Impresa 2024, Premiate Eccellenze Venete 2024, e il recente riconoscimento come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) del Ministero dell’Agricoltura. Mitilla® ha inoltre ottenuto la certificazione “Acquacoltura Sostenibile”, grazie a un sistema di monitoraggio rigoroso che valuta l’impatto ambientale, sociale ed economico dell’intero ciclo produttivo.

Mitilla® è buona, sana, e fa bene anche al pianeta.

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La Cina cambia e il settore ittico globale si ridefinisce

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La Cina cambia e il settore ittico globale si ridefinisce – C’è un vuoto che si allarga nel cuore del più grande mercato ittico mondiale, e non è solo una questione di numeri. È un cambiamento strutturale, profondo, che tocca la pancia economica della Cina e si riflette su tutta la filiera globale del pesce. Secondo le stime della Rabobank, entro il 2030 la Cina potrebbe registrare un deficit commerciale ittico da 10 miliardi di dollari. Per un Paese che per decenni è stato tra i principali esportatori mondiali di pesce, si tratta di un’inversione di rotta che lascia il segno.

Le cause di questo squilibrio sono molteplici, ma si intrecciano principalmente con due forze epocali: la trasformazione demografica e la ridefinizione degli equilibri geopolitici. Due fenomeni apparentemente distanti che, combinati, mettono in crisi il motore produttivo di un settore chiave.

Sul fronte demografico, i numeri parlano chiaro. Negli anni ’60 ogni donna cinese metteva al mondo in media sei figli. Oggi il tasso di natalità è crollato a 1,09. Questo si traduce in un progressivo invecchiamento della popolazione: l’età media salirà da 29 anni nel 2000 a 52 anni nel 2050. E la fascia over 60 raggiungerà i 510 milioni di persone, l’equivalente dell’intera popolazione di Europa e Regno Unito.

Questa dinamica riduce drasticamente la forza lavoro disponibile, soprattutto nelle aree rurali dove storicamente si concentrano le attività di pesca e acquacoltura. L’urbanizzazione galoppante – si passerà da 550 milioni a 1,1 miliardi di abitanti nelle città entro il 2050 – aggrava la situazione, creando un vuoto operativo nelle campagne e nei distretti produttivi costieri.

Nel frattempo, però, il consumo di prodotti ittici continua a salire. La popolazione urbana ha gusti più salutisti, il pesce è sempre più richiesto. Le attuali fonti principali – pesca di cattura, allevamento di carpe e molluschi – generano ancora oltre 50 milioni di tonnellate l’anno, ma il loro potenziale si sta assottigliando. L’esaurimento delle risorse e la cronica carenza di manodopera stanno frenando la produzione.

L’allevamento di specie ittiche ad alto valore commerciale potrebbe rappresentare un’alternativa, ma anche qui emergono i limiti. L’affidamento costante a ingredienti come farina di pesce e soia per l’alimentazione degli animali pone un tetto alla crescita sostenibile del comparto.

Ecco perché la Cina si prepara ad assorbire sempre più pesce dall’estero, trasformando da produttore a importatore netto il suo ruolo storico. Questo cambiamento impone però una revisione della mappa commerciale. Dei primi dieci fornitori di prodotti ittici, solo la Russia è allineata con l’asse geopolitico cinese. Gli altri partner strategici – Stati Uniti in testa – sono oggi interlocutori complessi, se non apertamente ostili.

Per rispondere a questa vulnerabilità, Pechino sta riscrivendo i propri patti commerciali, spingendo sull’asse Sud-Sud. Aumentano le importazioni dal Sud-est asiatico, dall’Africa e dall’America Latina. Paesi come India, Vietnam, Ecuador e Indonesia sono al centro di un nuovo disegno di influenza, che unisce economia e strategia geopolitica.

Nel decennio in corso, la battaglia per il pesce sarà molto più di una questione di approvvigionamento. Sarà uno snodo cruciale per capire chi guiderà la catena del valore globale, tra chi produce, chi consuma e chi detta le regole. E con la Cina costretta a cercare fuori ciò che prima dominava in casa, per l’industria ittica mondiale si aprono nuove sfide e inedite opportunità.

La Cina cambia e il settore ittico globale si ridefinisce

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Da AIPE il decalogo green sull’EPS

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Da AIPE il decalogo green sull’EPS – La scelta dei materiali destinati a edilizia e imballaggio, due comparti trainanti per l’economia del Paese, può influenzare in modo significativo l’impatto ambientale dei settori.
Da un lato, la Direttiva Case Green mira, infatti, a rendere a emissioni zero entro il 2050 un patrimonio edilizio attualmente responsabile del 36% delle emissioni totali di CO2 e del 40% dei consumi energetici complessivi1, intervenendo anche sulla produzione e smaltimento dei prodotti utilizzati.
Dall’altro lato è appena entrato in vigore il nuovo Regolamento Imballaggi (PPWR), che si propone di ridurre i rifiuti di imballaggio, aumentando le quantità di materiale riciclato.
In uno scenario in cui è in costante aumento anche la sensibilità degli utilizzatori finali per la sostenibilità dei materiali e la disinformazione rappresenta il rischio numero uno a breve termine,2 è fondamentale incentrare le scelte su basi scientifiche e documentate.

In questo contesto, AIPE (Associazione Italiana Polistirene Espanso) – che è in prima linea nel promuovere la sostenibilità dell’EPS, il suo basso impatto ambientale e nel sostenere la green economy favorendo progetti di ricerca e sviluppo, attività di raccolta e riciclo e l’adozione della metodologia LCA (Life Cycle Assessment), regolamentata dalla norma ISO 140403 – precisa i punti di sostenibilità del materiale:

1. Il polistirene espanso sinterizzato (EPS) è costituito al 98% da aria.

2. Solo il 2% è materia di origine organica, quindi l’impatto ambientale dell’EPS è ridotto al 2% del suo peso.

3. È 100% riciclabile all’infinito, essendo un termoplastico. Il polistirene può pertanto essere reimpiegato nel ciclo produttivo per la realizzazione di prodotti destinati all’edilizia e all’imballaggio, settori in cui trova la sua maggiore applicazione. I dati, in questo senso, sono costantemente in crescita: i volumi di EPS riciclato in Italia hanno registrato un balzo del 25% nel triennio 2019-2022, superando le 20mila tonnellate4. Per il successivo periodo 2023-2025 si stima un ulteriore incremento del 15%.

4. È 100% conforme ai CAM edilizia e imballaggio per l’arredo. In Italia, sia il settore dell’edilizia che quello dell’imballaggio immettono sul mercato prodotti con % di EPS riciclato in base ai CAM (Criteri Ambientali Minimi) previsti. Ad esempio, blocchi e lastre per l’isolamento termico di edifici e abitazioni prevedono un contenuto minimo di riciclato del 15% secondo i CAM Edilizia. Analogamente nell’imballaggio, i CAM Arredo – riferimento per l’acquisto di tutti gli oggetti che rientrano nell’arredo delle sedi operative della PA (Pubblica Amministrazione) – richiedono una percentuale di riciclato all’interno degli imballaggi in EPS di almeno il 25%.

5. In quanto monomateriale, l’EPS è più facilmente recuperabile a fine vita e, inoltre, particolarmente versatile e adatto alla progettazione di imballi in ottica di eco-design, come richiesto dal nuovo regolamento imballaggi PPWR; secondo tale normativa, infatti, entro il 2030 tutti gli imballaggi immessi sul mercato dovranno essere progettati per il riciclo.

6. Fa risparmiare un bene prezioso; bastano 6 litri di acqua per produrre 1 kg di EPS; si tratta del valore più basso rispetto ai materiali alternativi utilizzati nel packaging, rendendo l’EPS una scelta efficiente dal punto di vista del consumo idrico. Inoltre, la Water Footprint migliora a seconda della fonte di materie prime impiegate: ad esempio, l’imballaggio in EPS prodotto con materiali riciclati può avere un’impronta idrica inferiore rispetto a quello prodotto con materiali vergini.

7. È leggero da trasportare: essendo composto per il 98% da aria con una bassa densità (peso il cui range va da 15 a 40 kg/m3), l’EPS è estremamente leggero e agevole per la movimentazione.

8. La CO2 emessa per trasportarlo è ridotta: la bassa densità si traduce in costi di trasporto ridotti, minor uso di carburante per i veicoli e minori emissioni di CO2 – quindi in una minore «Carbon Footprint» – rendendo l’EPS una scelta valida dal punto di vista ambientale ed economico.

9. La CO2 ed energia risparmiate nelle sue applicazioni superano di gran lunga quelle necessarie per la sua produzione. Per via del basso apporto di materie prime, del volume che ha, del peso così basso e del processo produttivo ad alta efficienza energetica, la fabbricazione di EPS nel complesso richiede meno energia della produzione di altri materiali utilizzati in edilizia; 2278 MJ/m3 (GER, Gross Energy Requirement) nel caso dell’EPS bianco vergine e 1920 MJ nel caso di EPS con il 90% di riciclato. Inoltre, aumentando lo spessore della lastra isolante, si può arrivare a evitare fino a oltre l’80% di CO2 emessa in 10 anni.

10. Il contenuto di EPS riciclato migliora i principali indicatori ambientali: 54% di riduzione di CO2 con utilizzo del 90% di EPS riciclato e 30% di riduzione di energia con utilizzo del 90% di riciclato; la produzione di EPS bianco vergine comporta mediamente 4,6 kg di emissioni (GWP, Global Warming Potential) per ogni kg di prodotto. Un aumento del riciclo dell’EPS riduce l’impatto ambientale, derivante sia dal suo smaltimento, sia dalla produzione di materiale vergine; si arriva fino a 3,11 kg di CO2 nel caso di EPS con il 90% di riciclato (dai da 5,75 kg di CO2 di emissioni in assenza di riciclato). Contestualmente si riduce anche l’energia necessaria per produrlo (da 130,50 MJ a 95,99).

“I continui investimenti in ricerca e sviluppo, focalizzati su recupero, riciclo e riuso, di questi ultimi anni hanno confermato la centralità e l’insostituibilità dell’EPS nel panorama dei materiali per l’edilizia e l’imballaggio – ha dichiarato Alessandro Augello, Presidente AIPE –. Il regolamento europeo sugli imballaggi (PPWR) e la legislazione italiana sui Criteri Ambientali Minimi (CAM) in edilizia – di cui ci attendiamo un aggiornamento in primavera – rappresentano ulteriori opportunità per migliorare la competitività del polistirene espanso rispetto ad altri materiali con aree di applicabilità similari e per accompagnare l’industria a essere sempre più sostenibile. Diversi passi per allinearsi con le normative e centrare gli obiettivi sul lungo termine sono già stati fatti e su altri AIPE sta lavorando, di concerto con tutta la filiera. Parallelamente, siamo impegnati in un’altra sfida: diffondere la cultura della sostenibilità poggiandola sulle evidenze operative, per contrastare la disinformazione e l’insorgere di preconcetti spinti dall’emotività. Pensiamo che sia il momento di una narrazione differente, basata sui dati, che dimostrano la sostenibilità del materiale e il suo potenziale di contributo all’innovazione del Paese”.

Da AIPE il decalogo green sull’EPS

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Unci AgroAlimentare, Scognamiglio: decreto introduce novità pesca

Unci AgroAlimentare, Scognamiglio: decreto introduce novità pesca

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decreto pesca

“Sul fermo pesca registriamo un importante cambio di passo, con il nuovo decreto firmato dal ministro Lollobrigida, che recepisce le istanze della categoria, negli ultimi anni fortemente penalizzata da un meccanismo iniquo e che non teneva conto delle difficoltà del settore e delle modalità con cui si svolge l’attività in mare”. Ad affermarlo è Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dell’Unci AgroAlimentare.

“Dopo le novità positive – prosegue il dirigente dell’associazione di settore del mondo cooperativistico – introdotte già dal decreto sperimentale dello scorso anno, che consentiva una flessibilità nella gestione dell’attività, senza alterare il numero complessivo di giorni di fermo, che potevano però essere adattati alle esigenze operative dei lavoratori e alle condizioni meteo locali, con la possibilità di pescare anche il sabato e la domenica, il provvedimento del 2025, approvato qualche giorno addietro, riordina complessivamente la materia, con un inedito sistema di calcolo dello sforzo di pesca.

Un nuovo metodo per calcolare lo sforzo di pesca

La nuova misura infatti prevede che il conteggio dello sforzo avvenga sui tempi effettivi di lavoro, quando i pescherecci svolgono l’attività di prelievo dal mare della risorsa ittica e non mentre compiono il tragitto dal porto alle zone di pesca. Così si riesce a garantire anche maggiore sicurezza ai natanti, in passato spesso costretti a delle vere e proprie corse per ridurre i tempi di percorrenza.

Diamo atto, pertanto, al titolare del ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste e al sottosegretario di Stato, Patrizio Giacomo La Pietra, di aver promosso un proficuo dialogo con lavoratori, imprese e associazioni del comparto, dimostrando grande attenzione nei confronti di un’attività significativa per l’economia e per l’autosufficienza alimentare del Paese e dell’Europa, a lungo sottovalutata e addirittura indebitamente finita nel mirino dell’Ue, arrecando così gravi danni agli operatori, soprattutto quelli italiani e dei Paesi mediterranei, con conseguenze negative per tantissime famiglie e per le economie delle comunità costiere”.

“Con il decreto – conclude Scognamiglio – si concretizza una nuova tappa del percorso di valorizzazione e di rilancio della filiera ittica, con l’obiettivo di imprimere una svolta definitiva alle politiche della pesca di Bruxelles”.

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