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Alimentazione e buonumore, un legame riconosciuto da 9 italiani su 10

Alimentazione e buonumore, un legame riconosciuto da 9 italiani su 10

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Alimentazione e buonumore, un legame riconosciuto da 9 italiani su 10 – Si parla sempre più spesso di “mindful eating”, l’alimentazione consapevole che sottende un legame tra cibo e benessere psicofisico e che incuriosisce sempre più gli italiani. Che la consapevolezza della correlazione tra stato emotivo e cibo sia in crescita è dimostrato anche dall’aumento dei volumi delle ricerche su Google, che registrano rispettivamente 36.000 e 2.630 ricerche medie mensili da gennaio 2021, relative a parole come “alimenti e serotonina”, “alimentazione antistress”, “cibi per il buonumore”, “cosa mangiare per essere felici”, “cibi per la mente” (Fonte: HelloFresh). E La scienza lo conferma: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “lo stato di salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale. Non si tratta solo di assenza di malattia o infermità”. La salute è connessa con quella mentale così come il buonumore passa anche da quello che mangiamo e come lo mangiamo. Non solo: nella frenesia della società odierna, riuscire a focalizzarsi sui propri sensi mentre si acquistano ingredienti, si cucinano e si gustano, ha infatti degli effetti positivi sull’umore e la convivialità è un ingrediente fondamentale del benessere a 360 gradi. E gli italiani lo sanno. È chiaro il ruolo dell’alimentazione per l’equilibrio psicofisico: circa 9 su 10 concordano sul fatto che contribuisce al nostro benessere, non solo fisico ma anche mentale, fa parte di uno stile di vita sano per il benessere del corpo, ha un ruolo importante per vivere più a lungo e prevenire le malattie degenerative.

È quanto emerge dall’indagine “Tonno in scatola e buonumore” commissionata ad AstraRicerche da ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) e realizzata a marzo 2025 su un campione di 1.025 italiani 18-65enni, per indagare quanto ne sanno gli italiani del rapporto tra alimentazione e benessere mentale e quali gli alimenti che favoriscono il buonumore con un focus particolare sul ruolo del tonno in scatola. I risultati fanno emergere una consapevolezza piuttosto elevata. Praticamente a pari merito, è riconosciuta l’importanza di fare attività fisica, movimento e sport (90,5%), di dormire almeno 8 ore (90,3%) e di avere un’alimentazione variegata (90%).

Dieta variegata, meno cibi ipercalorici, mangiare in compagnia: le 3 regole d’oro

E se, tra le abitudini e i comportamenti che fanno bene all’umore, gli italiani riconoscono la riduzione del consumo di cibi ipercalorici o ricchi di grassi saturi (81.4%) e l’avere 5 pasti nella giornata (74%), ci sono anche aspetti legati alla convivialità che fanno la differenza: per oltre 8 italiani su 10 (86,8%) mangiare in compagnia contribuisce a produrre effetti positivi sull’umore, ma anche il consumare il pasto all’aperto (82,6%) contribuiscono ad avere degli effetti positivi, dimostrando che il contesto esterno ha un ruolo non trascurabile. Con un focus più stringente sull’alimentazione, le scelte in tavola sono dettate maggiormente dal desiderio di vivere più a lungo e prevenire malattie degenerative (76.1%).

“Mood Food”, i cibi del buonumore. In pochi sanno che c’è anche il tonno in scatola

Fino a poco tempo fa, si parlava di “comfort food”, di alimenti capaci di offrire una gratificazione gustativa immediata grazie al loro valore “proustiano” consolatorio, nostalgico o sentimentale. Oggi, il concetto si è evoluto in quello di “mood food”, cibi che incidono direttamente sull’umore e sullo stato emotivo in virtù della loro ricchezza nutrizionale e della presenza di specifici nutrienti, come per esempio il Triptofano, l’amminoacido precursore della serotonina, nota come “ormone della felicità”. Una premessa fondamentale: se è vero che quasi la metà (49.3%) degli intervistati ha sentito nominare il Triptofano, solo il 18.4% lo associa a effetti positivi sul buonumore. Interrogati sugli alimenti che favoriscono il buonumore, grazie alle sostanze che contengono, non sempre gli italiani sono informati.
Nella classifica stilata dagli intervistati troviamo infatti prodotti che contengono il triptofano, quali il cioccolato (74,8%), la frutta secca (44,1%), la pasta (32,0%), il pesce fresco (26,3%), ma anche alimenti che sono riconosciuti più per la loro capacità di offrire un piacere su base conviviale o edonistica e che non contengono il triptofano come i dolci (45,7%), tè e caffè (38,9%), tisane (33,7%) e vino/aperitivi (28,1%).

Secondo la Banca Dati di Composizione degli Alimenti per Studi Epidemiologici in Italia (BDA), tra i cibi che forniscono una buona percentuale di Triptofano, compare il tonno in scatola (insieme a parmigiano, prosciutto crudo e salame cacciatore), ma appena l’8,4% degli italiani conosce il suo ruolo fondamentale nel benessere mentale. Un risultato che testimonia una scarsa consapevolezza delle proprietà intrinseche e delle qualità di questo alimento che, invece, è tra le fonti più ricche di Triptofano: 280 mg ogni 100 grammi, insieme alle alici sott’olio (270 mg). Più del tonno fresco (237 mg) e delle carni bianche (215 mg). Inoltre, il tonno in scatola vanta un basso contenuto calorico: il valore energetico del tonno in scatola è pari a circa 190 Kcal per 100 grammi mentre quello in salamoia apporta 100 Kcal per 100 grammi (Fonte: Tabelle nutrizionali del Crea).

Luca Piretta: “Triptofano, omega 3, vitamina b e d, tonno in scatola al top per l’umore”

Il tonno in scatola, spesso conosciuto per il suo apporto di proteine nobili ed Omega 3, è in realtà un vero e proprio “mix del buonumore”, grazie alla presenza di molti altri nutrienti chiave. Sono ben due italiani su tre a sapere che il tonno in scatola contiene Omega 3 (67.3%), mentre molto meno diffusa è la conoscenza dei suoi alti livelli di vitamine del gruppo B (30.4%), essenziali per il metabolismo energetico, della vitamina D (26.0%), che contribuisce alla salute delle ossa e del sistema immunitario e ancor meno del triptofano (25.9%), l’amminoacido essenziale precursore della serotonina, prezioso alleato del benessere mentale e del buonumore, ma anche della melatonina che ci aiuta a dormire meglio regolando il ciclo sonno-veglia. E la scienza lo conferma “All’interno di un regime vario e completo, è fondamentale inserire alimenti che sono una buona fonte di Triptofano – commenta Luca Piretta, Gastroenterologo e Nutrizionista, Università Campus Bio-medico di Roma – Tra questi c’è il tonno in scatola ma in molti non lo sanno. Inoltre, consumato insieme ai carboidrati, come la nota e tanto amata pasta al tonno, non solo si rivela un mix vincente di carboidrati e proteine che fornisce energia e salute dei muscoli ma copre il fabbisogno giornaliero di Triptofano”. Secondo la FAO, il fabbisogno giornaliero di Triptofano è di 3,5 mg per kg di peso. Considerando un adulto di un peso medio di 70 kg, il fabbisogno di Triptofano giornaliero è di 245 mg. Un piatto di spaghetti di 80 grammi (porzione media raccomandata) forniscono 104 mg di Triptofano che, aggiunti ai 140 mg forniti da 50 g di tonno in scatola sott’olio, arriviamo ad un totale di 244 mg. “L’alimentazione svolge un ruolo cruciale nel mantenimento dell’equilibrio psicofisico – prosegue Piretta – facendo da veicolo del benessere non solo fisico ma anche mentale. Il triptofano è un amminoacido essenziale, precursore della serotonina, regolatrice dell’umore e della sensazione di benessere ma anche della melatonina, neurotrasmettitore del sonno. Bassi livelli di melatonina potrebbero far dormire male, rappresentando così un duplice fattore di rischio: sia per l’aumento di peso che per l’instabilità emotiva e quindi il cattivo umore”.

Vincenzo Russo: “La convivialità contribuisce al buonumore, la spiegazione della scienza”

Sono numerosi gli studi scientifici che dimostrano il potere della convivialità, parte integrante della Dieta Mediterranea, intesa come stile di vita e non solo come regime alimentare. Una ricerca dell’Università del Minnesota pubblicata sulla rivista Family, System and Health fotografa l’attuale “stato di salute” della convivialità analizzando abitudini e riti quotidiani in Italia, Germania e Stati Uniti. Inoltre, un articolo pubblicato sulla rivista Nutrition Research analizza perché mangiare insieme faccia bene alla salute, renda più felici e meno stressati. “Non importa ciò che mangiamo, ma anche come mangiamo – afferma Vincenzo Russo, Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing e Fondatore e Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior and Brain Lab” dell’Università IULM – Le occasioni conviviali incitano il nostro organismo a produrre serotonina, l’ormone della felicità, inibendo invece il cortisolo, che causa stress. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza. Non solo, anche consumare il pasto all’aperto ha conseguenze positive: l’effetto della luce solare stimola le cellule ipersensibili sotto la retina che attivano il sistema limbico, attivando la dopamina e favorendo sensazioni di benessere”.

Passione tonno in scatola: 6 italiani su 10 lo portano in tavola fino a 4 volte settimana

Il tonno in scatola è un alimento immancabile nelle dispense degli italiani: 6 su 10 (59,9%) lo portano in tavola da una volta ad almeno 3-4 volte alla settimana. A guidare le scelte dei consumatori sono soprattutto il gusto (42,7%), la praticità e l’immediatezza di consumo (42,7%) caratteristiche che lo rendono perfetto per una dieta moderna e dinamica. Riconosciuto a tutti gli effetti come un alimento salutistico, privo di conservanti e naturalmente ricco di proteine, Omega 3 e vitamine, risponde perfettamente ai trend del “free from” e del benessere alimentare. Non a caso, un italiano su tre (34,8%) afferma di averne aumentato il consumo negli ultimi 2-3 anni. Tra i fattori che hanno spinto a un maggiore consumo emergono la praticità (35,1%), la sua funzione anti-spreco (26,1%), ma anche il suo ruolo come valida alternativa al pesce fresco (25,9%) e come alimento proteico per chi pratica sport (21,3%). La crescente attenzione verso una dieta equilibrata e il generale aumento del consumo di pesce (20,9%) confermano il tonno in scatola come un ingrediente versatile, nutriente e in linea con le esigenze della vita contemporanea.

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BioMar: innovazione e sostenibilità nell’acquacoltura

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BioMar: innovazione e sostenibilità nell’acquacoltura – BioMar, azienda leader nel settore dei mangimi per acquacoltura, ha annunciato nel suo Report di Sostenibilità 2024 di aver raggiunto un rapporto di dipendenza dai pesci foraggio (FFDR) ai minimi storici, pari a 0,37. Questo risultato è stato ottenuto grazie all’uso innovativo di ingredienti alternativi e sfridi di lavorazione, che ora costituiscono il 55% del totale degli ingredienti marini utilizzati .

Carlos Diaz, CEO del Gruppo BioMar, ha dichiarato: “Abbiamo avuto un anno di sostenibilità impressionante, dimostrando che essere sostenibili non è solo la cosa giusta da fare, ma ha anche un buon senso commerciale. Il nostro investimento iniziale in innovazione e sviluppo di materie prime sta dando i suoi frutti e probabilmente assisteremo a un’escalation nella produzione di materiali alternativi nei prossimi anni” .

Nel 2024, BioMar ha valutato un numero record di materie prime alternative attraverso la sua pipeline di innovazione e ha prodotto quasi 1 milione di tonnellate di mangimi per acquacoltura contenenti microalghe, rappresentando circa il 70% del volume totale di mangimi dell’azienda.

L’impegno di BioMar nella riduzione dell’impronta di carbonio è evidente: nel 2024, l’azienda ha registrato una rilasciata del 14,4% dell’impronta di carbonio totale per tonnellata di mangime prodotto rispetto alla baseline del 2020. Inoltre, BioMar è stata la prima azienda di mangimi per acquacoltura a sottoscrivere la traiettoria SBTi 1,5°C .

Vidar Gundersen, Direttore della Sostenibilità Globale di BioMar, ha affermato: “Continuiamo a fornire buoni risultati sui nostri obiettivi di riduzione del carbonio SBTi. Quest’anno abbiamo ottenuto una riduzione del 20,6% nelle emissioni di Scope 1 e 2 e una riduzione del 23,6% nelle emissioni di Scope 3 rispetto alle linee di base” .

Sul fronte sociale, BioMar ha implementato nuove politiche sui diritti umani riguardanti il ​​congedo parentale, la salute e la sicurezza e la conformità della catena di fornitura. L’obiettivo per il 2030 di garantire un salario dignitoso al 100% dei dipendenti è stato quasi raggiunto, attestandosi al 99,9% nel 2024.

Questi risultati evidenziano l’impegno di BioMar nel promuovere un’acquacoltura sostenibile attraverso l’innovazione e la responsabilità ambientale e sociale.

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Ghiaccio intelligente, pesce più fresco: la tecnologia Glaice conquista il settore ittico

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Ghiaccio intelligente, pesce più fresco: la tecnologia Glaice conquista il settore ittico – Nel trasporto e nella distribuzione dei prodotti ittici, il punto debole è sempre stato il freddo. O meglio: il controllo efficiente del freddo, spesso affidato a sistemi superati, costosi da gestire, poco igienici e soggetti a dispersione. Ma oggi, grazie a soluzioni come quelle sviluppate da Glaice Srls, quell’anello debole si trasforma in un vantaggio competitivo reale per tutta la filiera.

L’azienda siciliana, con sede operativa a Francofonte (SR), ha creato una gamma di prodotti termici intelligenti per la conservazione e il trasporto del pesce, progettati per rispondere alle nuove esigenze di efficienza logistica, qualità, branding e sostenibilità. Il cuore dell’innovazione Glaice è il ghiaccio sintetico Glaice-Gel, un sistema di refrigerazione che supera i limiti del ghiaccio tradizionale e garantisce un controllo termico prolungato, pulito e ottimizzato per ogni tipo di trasporto, dalla piccola spedizione locale fino all’export.

A differenza del ghiaccio convenzionale, il ghiaccio sintetico prodotto da Glaice non si scioglie in acqua: resta solido più a lungo, non bagna, non contamina. Questo significa igiene garantita, conservazione più stabile del pesce, meno sprechi e una drastica riduzione dei costi di pulizia e smaltimento. Le buste refrigeranti riutilizzabili sono progettate per l’impiego industriale e possono essere combinate con buste termiche e box isotermici di ultima generazione, disponibili anche in versioni personalizzabili con il marchio del cliente. Un plus che fa la differenza nei mercati GDO e HORECA, dove l’immagine aziendale e la tracciabilità del freddo sono diventati fattori chiave.

Dal punto di vista tecnico, i materiali impiegati da Glaice garantiscono elevati standard di isolamento termico, in grado di mantenere la temperatura del pescato entro i range critici richiesti dalla normativa, anche in condizioni ambientali difficili. I prodotti sono pensati per integrarsi perfettamente con i sistemi logistici già esistenti, rendendone l’adozione rapida, modulare e scalabile, senza costi di conversione strutturale.

Non è un caso se Glaice sta attirando l’attenzione di cooperative di pescatori, aziende di trasformazione, esportatori e distributori specializzati, che vedono in queste soluzioni non solo un supporto operativo, ma anche una risposta concreta alla crescente domanda di qualità e sostenibilità nella filiera ittica.

L’azienda è attiva anche sul fronte del servizio clienti, con un approccio diretto e flessibile: preventivi su misura, assistenza nella scelta delle soluzioni migliori, possibilità di personalizzare i volumi e i materiali a seconda della destinazione del prodotto (mercato interno, estero, vendita al dettaglio o ingrosso).

In un momento storico in cui il mercato ittico è chiamato a fare un salto di qualità su tutta la linea – tracciabilità, logistica, valore aggiunto – Glaice si propone come partner strategico, capace di accompagnare le imprese in una transizione fredda, ma intelligente. Una transizione dove la tecnologia del freddo smette di essere solo una spesa e inizia a generare valore.

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Adriatico, due pesi e due misure. Il paradosso della pesca al pesce azzurro

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Adriatico, due pesi e due misure. Il paradosso della pesca al pesce azzurro – Nel Medio Adriatico, tra le coste delle Marche e dell’Abruzzo, le imprese dedite alla pesca del pesce azzurro, come alici e sardine, si trovano da anni a fare i conti con una disparità di trattamento che grida vendetta. Mentre i pescatori che utilizzano sistemi di pesca a strascico ricevono, seppur con ritardi cronici, indennizzi per i periodi di fermo biologico imposti dalle autorità per il riposo delle risorse ittiche, le piccole imprese che operano con metodi tradizionali per il pesce azzurro restano sistematicamente escluse da qualsiasi forma di sostegno economico. Una situazione che solleva interrogativi sulla coerenza delle politiche di gestione della pesca e sull’equità nei confronti di un settore già messo a dura prova da costi crescenti e regolamentazioni stringenti.

Il fermo pesca, introdotto in Italia circa quarant’anni fa, ha l’obiettivo di tutelare le specie marine favorendone la riproduzione durante periodi critici del loro ciclo biologico. Per il 2025, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) ha previsto specifiche misure di riposo biologico per la pesca a strascico nell’Adriatico. Il decreto stabilisce un’interruzione temporanea obbligatoria per le reti a strascico a divergenti (OTB), reti gemelle a divergenti (OTT) e sfogliare rapide (TBB), con un fondo di indennizzo stanziato attraverso il Fondo di Solidarietà per la Pesca, alimentato sia da risorse nazionali che dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA). Si tratta di una misura che, pur con tempistiche di erogazione spesso lente, garantisce un sostegno economico ai pescatori fermati.
Eppure, per le imprese di pesca del pesce azzurro, che operano prevalentemente con reti a circuizione o sistemi di piccola pesca, non è previsto nulla di simile nonostante anch’esse siano soggette a periodi di fermo nel Medio Adriatico (GSA 17-18). Le ragioni di questa esclusione? Sarebbe doveroso chiedersi se vi siano motivazioni legate alla biologia delle specie o alla gestione delle risorse.
Ragioni scientifiche o alibi burocratici?

Il pesce azzurro, in particolare acciughe (Engraulis encrasicolus) e sardine (Sardina pilchardus), rappresenta una componente fondamentale dell’ecosistema marino adriatico. Studi scientifici, come quelli condotti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dalla FAO, evidenziano che queste specie, pur essendo abbondanti, sono soggette a fluttuazioni significative a causa di fattori ambientali e della pressione antropica. Il riposo biologico è quindi essenziale anche per i piccoli pelagici, tanto che la Raccomandazione UE GFCM/42/2018/8 ne sottolinea l’importanza per la sostenibilità delle popolazioni ittiche nel Mediterraneo. Tuttavia, a differenza delle specie demersali pescate a strascico (come sogliole o gamberi), il pesce azzurro non beneficia di una tutela economica per i pescatori durante i fermi.

La disparità è tanto più grave se si considera la realtà socio-economica delle Marche e dell’Abruzzo, dove la pesca del pesce azzurro sostiene numerose piccole imprese familiari, spesso prive delle risorse per affrontare lunghi periodi di inattività. Mentre i pescatori a strascico possono contare su un indennizzo giornaliero (che nel 2023, ad esempio, ammontava a 30 euro al giorno, erogato nel 2024), i colleghi del pesce azzurro sono lasciati a se stessi, nonostante il loro contributo alla filiera ittica e alla dieta mediterranea.

È tempo che le autorità, a partire dal MASAF, rivedano questa politica discriminatoria ed offrano un’occasione per estendere i fondi anche alla pesca dei piccoli pelagici, riconoscendo il valore ecologico ed economico di questo comparto. Senza un intervento deciso, il rischio è quello di penalizzare ulteriormente un settore già fragile, minando la biodiversità dell’Adriatico e la sopravvivenza di chi vive di questa tradizione.

La scienza chiede sostenibilità, l’equità chiede giustizia: è ora di ascoltarle entrambe.

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DiCaprio esorta l’Australia a chiudere gli allevamenti di salmone

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DiCaprio esorta l’Australia a chiudere gli allevamenti di salmone – Nelle acque scure e profonde del Macquarie Harbour, in Tasmania, nuota una creatura che ha attraversato le ere geologiche, sopravvivendo a cataclismi e trasformazioni epocali. È la razza Maugean, un “dinosauro vivente” che oggi rischia di scomparire per sempre a causa di un nemico moderno: l’acquacoltura intensiva del salmone.

L’allarme è scattato a livello globale quando Leonardo DiCaprio ha condiviso sui social un appello accolto per salvare la razza, sostenendo la petizione della Bob Brown Foundation, che chiede al governo australiano di fermare le attività industriali di allevamento di salmone nel porto di Macquarie. Con lui anche il celebre surfista Mick Fanning, uniti in una battaglia che va ben oltre la Tasmania e mette al centro un tema urgente: la sostenibilità delle pratiche di acquacoltura.

Le immagini postate dall’attore hanno scosso milioni di coscienze. Non si tratta solo della sopravvivenza di una specie, ma della salvaguardia di un ecosistema unico al mondo. Il Macquarie Harbour è stato appena riconosciuto da Re:wild come Key Biodiversity Area, un luogo di straordinaria importanza per la biodiversità del pianeta. E proprio qui, dove la razza Maugean è vissuta indisturbata per milioni di anni, l’espansione degli allevamenti di salmone industriale ha causato un drammatico abbassamento dei livelli di ossigeno, innescando un crollo dell’80% della popolazione della specie tra il 2014 e il 2022.

Il governo australiano, tuttavia, si muove in direzione opposta. Un nuovo disegno di legge potrebbe accecare l’attività degli allevamenti nel porto, mettendo a rischio qualsiasi revisione futura dell’impatto ambientale. Una decisione che appare in netto contrasto con i dati scientifici, che mostrano un ecosistema in bilico, e con la crescente pressione dell’opinione pubblica internazionale.

Nel cuore di questa crisi, la razza Maugean diventa simbolo di un paradosso: l’industria alimentare che, per rispondere alla domanda globale di pesce allevato, compromette la vita di una specie che non esiste in nessun altro luogo sulla Terra. La voce di DiCaprio, con i suoi oltre 60 milioni di follower, ha riportato i riflettori su una vicenda che rischiava di rimanere confinata al dibattito tecnico. Ora diventa una questione globale, un banco di prova per la coerenza delle politiche ambientali in un’epoca in cui la biodiversità è sempre più a rischio.

Nel frattempo, gli scienziati chiedono tempo e ricerca. Non esistono soluzioni semplici, ma una cosa è certa: ignorare i segnali potrebbe voler dire assistere alla prima estinzione di una razza o di uno squalo al mondo direttamente causata dall’acquacoltura.

Chi produce pesce ha una responsabilità enorme. L’industria dell’acquacoltura può e deve cambiare rotta, con investimenti in innovazione, sostenibilità e trasparenza. Perché l’oceano non è solo una fonte di reddito: è la casa della vita.

DiCaprio esorta l’Australia a chiudere gli allevamenti di salmone

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