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Baccalà e stoccafisso: due vie della stessa sostenibilità. La visione di Unifrigo Gadus

Baccalà e stoccafisso: due vie della stessa sostenibilità. La visione di Unifrigo Gadus

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C’è un legame profondo tra il Nord e il Sud dell’Europa che passa attraverso un pesce antico come il mondo: il merluzzo.
Dalle coste norvegesi alle tavole italiane, il baccalà e lo stoccafisso raccontano una storia di equilibrio tra natura, cultura e responsabilità.
Ne parliamo con Andrea Eminente, amministratore delegato di Unifrigo Gadus, azienda che da oltre trent’anni valorizza la qualità e la sostenibilità dei prodotti ittici nel pieno rispetto del mare e delle persone.

Molti definiscono il merluzzo un pesce “sostenibile per natura”. Quanto è vera questa affermazione?


Verissima.
Il merluzzo nordico non solo vive in acque fredde, in ecosistemi ben monitorati, ma soprattutto fa parte di un sistema di gestione sostenibile.
In primo luogo, viene pescato all’amo e questo già rende l’impatto della sua pesca fortemente ridimensionato e compatibile con gli ecosistemi. In più, ogni anno l’Unione europea stabilisce le Total Allowable Catches, i limiti di cattura per ogni area di pesca, basandosi sui dati dell’ICES – International Council for the Exploration of the Sea.
Queste regole, da una parte di pesca e dall’altra normative, impediscono il sovrasfruttamento e garantiscono il naturale ricambio della specie.

Quindi sì, il merluzzo nordico e i suoi prodotti derivati baccalà e stoccafisso sono intrinsecamente sostenibili.

Noi, in Unifrigo Gadus, non peschiamo ma importiamo, trasformiamo e commercializziamo i prodotti ittici. Amiamo definirci una scatola trasparente perché lavoriamo con i produttori per pescare e pensare al prodotto più appetibile per il consumatore e, dall’altra, raccogliamo le esigenze degli altri operatori della filiera (GDO, per esempio, o horeca) per lavorare il prodotto in modo compatibile sia con la tutela della specie che con le esigenze di chi lavora nella filiera.

Per noi, in quanto importatori e scatola trasparente della filiera, la sostenibilità sta anche in questo, nella scelta consapevole dei partner con cui lavorare e nel fornire un servizio a tutti gli operatori della filiera per migliorare il nostro lavoro, senza limitarci al singolo prodotto da commercializzare.

Baccalà e stoccafisso nascono dallo stesso pesce, ma raccontano storie diverse. Cosa li unisce nella visione di Unifrigo Gadus?


Li unisce la sostenibilità e il rispetto dei cicli naturali.
Il baccalà è merluzzo conservato sotto sale: una tecnica antichissima che preserva e valorizza la materia prima.
Lo stoccafisso, invece, è il pesce essiccato naturalmente all’aria e al vento: un processo che non richiede energia né additivi, solo tempo, luce e freddo.
Sono due vie della stessa filosofia: trasformare senza alterare, conservare senza consumare.

L’Italia è il primo mercato mondiale di stoccafisso norvegese, e questo ci lega profondamente alle comunità di pescatori del Nord Europa, che vivono di questa risorsa da generazioni.
Sostenere questa filiera significa sostenere il lavoro, la cultura e la dignità di chi vive il mare in modo rispettoso.
Il baccalà e lo stoccafisso non sono solo prodotti: sono la prova che la sostenibilità può essere buona, concreta e quotidiana. E soprattutto non è solo branding ma ha davvero un impatto positivo concreto per tutti.

Come si traduce questa visione nel vostro lavoro quotidiano?

Per noi la sostenibilità è una catena di scelte. Collaboriamo solo con partner affidabili, garantiamo la tracciabilità del pescato rendendo trasparente anche la catena di controllo, a favore di operatori della filiera e consumatori. Ancora, utilizziamo materiali di confezionamento riciclabili e sostenibili. In generale, però, vogliamo fare in modo che la scelta del prodotto ittico da acquistare non dipenda solo dal prezzo – un fatto imprescindibile sul mercato di oggi – ma anche dal valore dell’acquisto. E valorizzare davvero il prodotto significa anche raccontarlo al pubblico con serietà e creatività.

La nostra comunicazione digitale e offline sui pack dei prodotti è essenziale per questo: attraverso i servizi digital raccontiamo storie; con i prodotti rendiamo un servizio a 360° sul prodotto, dal racconto della provenienza fino al consiglio di utilizzo. Sono piccole cose che però rendono la filiera meno respingente per chi la avvicina e i consumatori più disposti a provare prodotti fino a ora poco “mainstream”.
E poi mi fa sempre piacere ricordare Progetto 25, la nostra partnership triennale con l’Università Parthenope di Napoli, grazie alla quale abbiamo analizzato tutta l’azienda per comprendere il nostro impatto sul mondo e gestirlo per ridimensionarlo, di anno in anno.

Quanto conta oggi comunicare la sostenibilità di baccalà e stoccafisso?

Conta moltissimo. Chi sceglie baccalà o stoccafisso sceglie due prodotti che hanno resistito al tempo perché basati sul rispetto: del mare, delle persone e delle economie (anche di microlocalità, ma sempre più che degne di tutela e rispetto) che si basano su di essi.
Raccontare questa storia significa valorizzare un’economia fatta di competenza e di passione.
Il nostro obiettivo è far capire che la tradizione non è un ostacolo al futuro, ma la sua radice più sana.

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Mediterraneo in evoluzione: il tonno cambia le sue prede

Mediterraneo in evoluzione: il tonno cambia le sue prede

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La dieta del tonno rosso giovane nel Mediterraneo è cambiata profondamente negli ultimi trent’anni, rivelando la straordinaria capacità di adattamento di uno dei predatori più emblematici del nostro mare. Lo conferma uno studio appena pubblicato su Estuarine, Coastal and Shelf Science, firmato dai ricercatori dell’Istituto di Scienze Marine (ICM-CSIC) e dell’Istituto Spagnolo di Oceanografia (IEO-CSIC), che fornisce una lettura chiave per comprendere come gli equilibri trofici del Mediterraneo occidentale stiano mutando in risposta alle pressioni antropiche e ai cambiamenti climatici.

Il lavoro analizza tre periodi distinti – 1989, 2012-2014 e 2018-2019 – attraverso un approccio integrato che combina l’esame del contenuto stomacale con l’analisi degli isotopi stabili. È una metodologia che permette di “ricostruire” la dieta dei giovani tonni nel tempo con un grado di dettaglio raro, restituendo un quadro dinamico dell’evoluzione dell’ecosistema del Golfo di Valencia.

La prima evidenza, netta, riguarda la composizione delle prede. Con la diminuzione di sardine e acciughe, pesci storicamente centrali nella dieta del tonno rosso, lo spazio trofico è stato colmato da un consumo crescente di sugarello (Trachurus spp.). Un cambiamento che non nasce da una preferenza, ma da una risposta funzionale a un ambiente che fornisce disponibilità diverse rispetto al passato.

Secondo Joan Giménez, ricercatore del Centro Oceanografico di Malaga dell’IEO-CSIC e autore principale dello studio, questa evoluzione conferma la natura opportunista del tonno rosso: un predatore “plastico”, rapido nell’adeguare il proprio comportamento alimentare per garantire la sopravvivenza anche in scenari di forte pressione ambientale. È una caratteristica che permette alla specie di mantenere il proprio ruolo di vertice nella rete trofica mediterranea, nonostante la crescente alterazione degli habitat.

L’altra conclusione di rilievo riguarda le preoccupazioni ricorrenti nel settore della pesca, spesso convinto che l’aumento delle popolazioni di tonno rosso (Thunnus thynnus) possa incidere negativamente sulle già fragili risorse di sardine e acciughe. Le analisi mostrano invece che, almeno per quanto riguarda gli esemplari giovani, il loro impatto è minimo. La quota di queste specie nella dieta attuale è infatti “molto bassa”, come sottolinea Marta Coll, ricercatrice dell’ICM-CSIC e coautrice dello studio. Non c’è quindi evidenza che il recupero del tonno rosso – un risultato importante ottenuto grazie alle misure di gestione internazionali – stia ulteriormente aggravando la situazione dei piccoli pelagici.

Il declino di sardina e acciuga nel Mediterraneo occidentale, suggerisce il team di ricerca, ha radici più profonde e complesse: lo sfruttamento eccessivo, l’innalzamento delle temperature e le variazioni nella struttura del plancton sembrano avere un peso ben più rilevante rispetto alla predazione da parte del tonno.

Lo studio, parte dei progetti SEINE-ETP e PELWEB finanziati dall’Ocean Stewardship Fund e dal Ministero spagnolo della Scienza, si distingue per l’ampiezza del network scientifico coinvolto: dall’ICM-CSIC all’IEO-CSIC, fino all’Università di Cadice e al Campus di Eccellenza Internazionale del Mare (CEI·MAR). Il campionamento dei tonni è stato reso possibile grazie al programma di monitoraggio del Gruppo Tonni del Centro Oceanografico di Malaga.

Per il settore ittico mediterraneo, questi risultati offrono una lettura più matura e meno reattiva: il tonno rosso non è un antagonista della piccola pesca né il “responsabile” del declino delle specie pelagiche. Piuttosto, è un indicatore biologico della trasformazione del mare e della sua capacità – o mancanza di capacità – di mantenere in equilibrio le proprie comunità. Comprenderne il comportamento alimentare significa quindi comprendere meglio il Mediterraneo stesso e i percorsi futuri della gestione delle sue risorse.

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Young Bluefin Tuna Diet Is Shifting in the Mediterranean, Revealing Key Ecosystem Changes

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The diet of young Atlantic bluefin tuna in the Mediterranean has changed profoundly over the past thirty years, revealing the remarkable adaptability of one of the most iconic predators in our sea. This is confirmed by a new study published in Estuarine, Coastal and Shelf Science and led by researchers from the Institute of Marine Sciences (ICM-CSIC) and the Spanish Institute of Oceanography (IEO-CSIC). The work offers a crucial perspective on how the trophic balance of the western Mediterranean is shifting in response to human pressures and climate change.

The study analyzes three distinct periods — 1989, 2012–2014, and 2018–2019 — using an integrated approach that combines stomach content examination with stable isotope analysis. This methodology allows researchers to “reconstruct” the diet of juvenile tuna over time with unusual precision, providing a dynamic picture of ecosystem evolution in the Gulf of Valencia.

The first clear finding concerns prey composition. As sardine and anchovy populations have declined — species historically central to the bluefin tuna diet — the trophic gap has been filled by a growing consumption of horse mackerel (Trachurus spp.). This shift reflects not a preference but a functional response to an environment that now offers different prey availability compared to the past.

According to Joan Giménez, researcher at the Malaga Oceanographic Centre (IEO-CSIC) and lead author of the study, this evolution confirms the opportunistic nature of Atlantic bluefin tuna: a “plastic” predator, quick to adjust its feeding behavior to ensure survival even under strong environmental pressures. This trait allows the species to maintain its top-predator role in the Mediterranean food web despite increasing habitat alteration.

Another key conclusion challenges a recurring concern within the fishing sector — the belief that growing bluefin tuna populations (Thunnus thynnus) may worsen the already fragile state of sardine and anchovy stocks. Instead, the analyses show that the impact of juvenile tuna on these species is minimal. Their presence in the current diet is “very low,” notes Marta Coll, researcher at ICM-CSIC and co-author of the study. There is no evidence that the recovery of bluefin tuna — a major achievement of international management efforts — is further deteriorating the condition of small pelagic species.

The decline of sardine and anchovy in the western Mediterranean, the research team suggests, is rooted in deeper and more complex drivers: overexploitation, rising temperatures, and changes in plankton structure seem to carry far more weight than bluefin tuna predation.

The study, part of the SEINE-ETP and PELWEB projects funded by the Ocean Stewardship Fund and the Spanish Ministry of Science, stands out for the breadth of scientific collaboration involved, including ICM-CSIC, IEO-CSIC, the University of Cádiz, and the International Campus of Excellence of the Sea (CEI·MAR). Tuna sampling was enabled through the monitoring program of the Tuna Group at the Malaga Oceanographic Centre.

For the Mediterranean fisheries sector, these findings offer a more mature and less reactionary interpretation: bluefin tuna is neither an adversary of small-scale fisheries nor the “culprit” behind the decline of pelagic species. Rather, it is a biological indicator of a sea in transformation — and of the ecosystem’s ability, or inability, to maintain balance within its communities. Understanding the species’ feeding behavior therefore means gaining deeper insight into the Mediterranean itself and the future pathways for managing its resources.

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Sopralluogo del ministro Lollobrigida nelle lagune dell’Adriatico

Sopralluogo del ministro Lollobrigida nelle lagune dell’Adriatico

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La gestione del granchio blu a Goro e Scardovari sta producendo risultati concreti, confermati direttamente dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, durante il sopralluogo svolto, lo scorso fine settimana, nelle marinerie dell’Alto Adriatico. Nel corso degli incontri con pescatori e acquacoltori, il ministro ha potuto constatare come la raccolta delle vongole sia tornata a crescere dopo mesi particolarmente critici per la molluschicoltura locale.

Lollobrigida ha evidenziato che, nelle due marinerie, quella di Goro e quella di Scardovari, l’insieme delle misure adottate – dal contenimento mirato alla valorizzazione economica del granchio blu – sta contribuendo a riportare equilibrio nelle lagune e a rafforzare la tenuta socioeconomica del comparto. Ha ricordato inoltre che, per sostenere il settore, il Governo ha messo in campo risorse straordinarie: 50 milioni di euro destinati alla protezione e alla semina delle vongole e ulteriori 10 milioni affidati al Commissario Enrico Caterino per coordinare e accelerare gli interventi operativi.

Durante la visita, il ministro ha sottolineato che il MASAF considera pescatori e acquacoltori un presidio fondamentale per la vitalità dell’intero territorio e continuerà a sostenerli anche nelle prossime fasi di gestione dell’emergenza. A Caterino, Lollobrigida ha riconosciuto l’efficacia del lavoro svolto in questi mesi, ritenuto determinante per mettere in sicurezza gli impianti e per favorire il recupero produttivo.

Le testimonianze raccolte dagli operatori locali, unite alle evidenze osservate nel corso del sopralluogo, indicano una direzione positiva: le azioni messe in campo stanno funzionando, e la ripresa della raccolta delle vongole rappresenta un segnale di stabilità economica e ambientale per le comunità lagunari.

La rinascita di Goro e Scardovari conferma che una gestione strutturata del fenomeno, sostenuta da risorse adeguate e da un coordinamento istituzionale solido, può restituire prospettiva a territori fragili ma capaci di reagire con forza quando dotati degli strumenti necessari.

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Il retail italiano cambia e l’ittico entra in una nuova fase

Il retail italiano cambia e l’ittico entra in una nuova fase

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L’evoluzione dei consumi italiani nel settore ittico è oggi più che mai intrecciata alle trasformazioni del retail moderno. Il Forum della Distribuzione Moderna 2025, ospitato a Milano e organizzato da Federdistribuzione, ha offerto uno spaccato lucido di come sta mutando il rapporto tra cittadini, punti vendita e prodotti alimentari. Un quadro ampio, certo, ma che riguarda da vicino anche la filiera del pesce, sempre più influenzata da scelte di valore, sostenibilità e nuove tecnologie.

Pur privo di riferimenti diretti al comparto ittico, l’appuntamento ha restituito un messaggio trasversale: la distribuzione moderna non è soltanto l’ultimo anello della filiera, ma il luogo dove si definisce ciò che il consumatore è disposto a scegliere, premiare e fidelizzare. E in un Paese che acquista pesce principalmente tramite la GDO, ogni mutamento del retail diventa un segnale strategico per l’intero settore.

L’Italia che compra meno, ma meglio: un’opportunità per il seafood

La ricerca presentata dal Censis ha tracciato un orizzonte preciso. Gli italiani si muovono con cautela in un clima di incertezza economica, ma scelgono con sempre maggiore consapevolezza. Cresce il peso della qualità, dell’origine, della coerenza tra acquisto e valori personali.

Si afferma una logica che penalizza l’estemporaneo e premia ciò che comunica fiducia, sicurezza e integrità. Per il pesce significa un rinnovato interesse verso prodotti trasformati ad alto contenuto di servizio, verso referenze certificabili lungo la filiera e verso packaging che esplicitano informazioni comprensibili e credibili.

In un mercato dove l’83,9% dei consumatori privilegia prodotti allineati ai propri valori e il 75,5% orienta l’acquisto sulla sostenibilità, il settore ittico ha il potenziale per ritagliarsi uno spazio ancora più solido, a condizione di presentarsi con standard chiari e verificabili.

Single, anziani, microfamiglie: un Paese che rimodella gli scaffali

L’Italia che cambia demografia impone una trasformazione altrettanto significativa nelle categorie alimentari. L’aumento delle persone sole, dei nuclei di una o due persone e di una popolazione sempre più anziana dirige la domanda verso prodotti che richiedono meno tempo, meno manualità, meno sprechi.

Nel pesce questo si traduce in monoporzioni, tagli calibrati, ricette pronte, prodotti refrigerati e surgelati con shelf-life controllata. Le aziende della trasformazione che sapranno coniugare praticità, sicurezza alimentare e qualità potrebbero essere le prime a beneficiare di questo scenario.

Il punto vendita come luogo di fiducia: un segnale per il banco del pesce

Uno dei temi più rilevanti emersi dal Forum riguarda il ruolo del negozio fisico. Nonostante la crescita dell’e-commerce e della digitalizzazione, gli italiani continuano a vivere il punto vendita come uno spazio di relazione e rassicurazione.

Il personale preparato, la chiarezza dell’esposizione, la possibilità di chiedere consiglio: sono elementi centrali nelle scelte alimentari. Per l’ittico questo significa che il banco assistito rimane un presidio strategico, e che la professionalità di chi serve può fare la differenza tra un acquisto mancato e una preferenza consolidata.

Parallelamente, il libero servizio dovrà evolvere con packaging più leggibili, schede nutrizionali dirette e sistemi di tracciabilità immediati.

Tecnologie e IA cambiano catene del valore, logistica e decisioni

Il Forum ha affrontato il tema della tecnologia come motore di una trasformazione sistemica. Le imprese del retail stanno investendo in intelligenza artificiale per prevedere flussi, ottimizzare logistica e ridurre errori nelle previsioni di acquisto.

Per il pesce, categoria delicata per natura, l’impatto può essere ancora più rilevante.
L’IA può diventare uno strumento determinante per:

  • garantire continuità nella catena del freddo,
  • anticipare la domanda stagionale,
  • ridurre sprechi e resi,
  • monitorare qualità e conformità,
  • migliorare l’esposizione in base a dati reali e non intuizioni.

In un settore dove un errore logistico può generare costi elevati, la tecnologia non è più solo un’opzione: è la nuova infrastruttura competitiva.

Cosa deve leggere il settore ittico dentro questo Forum

Il Forum della Distribuzione Moderna 2025 non parla direttamente di mare, flotte o acquacoltura, ma parla molto del contesto in cui il pesce arriva al consumatore finale. E questo basta a renderlo un appuntamento strategico.

Tre riflessioni restano sul tavolo:

  • Il valore percepito guiderà più della quantità. Chi opera nell’ittico dovrà investire su contenuti certificabili, trasparenza e qualità tangibile.
  • La sostenibilità diventa mainstream. È un criterio che orienta l’intera spesa alimentare e coinvolge anche chi acquista pesce trasformato o surgelato.
  • La tecnologia ridisegnerà il settore. Dalla logistica alla relazione tra GDO e fornitori, l’IA sarà determinante per rendere la filiera più efficiente e più competitiva.

Il 2026 si aprirà con un mercato in cui non vincerà la referenza più economica, ma quella più coerente con le esigenze di una società che vuole nutrirsi bene, fidarsi di ciò che sceglie e trovare in ogni prodotto una storia verificabile.

Il Forum di Milano ha offerto una lente preziosa per capire dove si muove il consumatore italiano e cosa si aspetterà dal prodotto ittico che porta in tavola. La filiera ittico-alimentare è chiamata a leggere questo cambiamento senza ritardi: qualità, servizio, sostenibilità e tecnologia non sono più tendenze, ma le nuove regole del gioco.

 

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