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Emilia-Romagna: nuovi fondi per emergenza granchio blu e anossia vongole

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La Regione Emilia-Romagna pronta a mettere a disposizione 1,5 milioni di euro di fondi regionali per il 2026 per sostenere il settore della pesca e dell’acquacoltura nel contrasto alla proliferazione del granchio blu e all’anossia delle vongole. L’obiettivo di queste nuove risorse, che andranno ad aggiungersi a quelle già stanziate a partire dal 2023, è proseguire negli interventi finalizzati a contenere la diffusione di specie invasive e ripristinare la consistenza degli allevamenti colpiti per far fronte ai periodi di fermi pesca e alle perdite di produzione collegate a fenomeni di anossia o di proliferazione delle alghe, oltre a compensare le fluttuazioni dei costi di produzione.

Con la messa a disposizione di queste nuove risorse confermiamo il nostro massimo impegno a sostenere un settore che è sotto pressione dal 2022– afferma l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi-. La proliferazione del granchio blu e il fenomeno dell’anossia, oltre ad un allarme ambientale, rappresentano anche un vero e proprio problema economico e sociale per un comparto unico in Europa, che dà lavoro a centinaia di persone e necessita di una strategia nazionale, come abbiamo chiesto più volte al Governo di mettere in campo. Una strategia che unisca innovazione e sostegno concreto alle filiere. Fin dall’inizio dell’emergenza non abbiamo mai fatto mancare il nostro appoggio al comparto e continueremo a essere al fianco di imprese e cooperative di pescatori e acquacoltori per sostenerle”.

L’impegno della Regione

Per il contrasto alla proliferazione del granchio blu, a partire dal 2023 sono stati erogati 3,5 milioni di euro su tre anni (2023, 2024,2025) a favore delle imprese per i danni causati dal granchio, responsabile della distruzione delle vongole allo stadio giovanile (novellame) e, in alcune aree, della riduzione di oltre il 70% delle vongole di taglia commerciale.

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Consorzio Affumicatori Maestri Italiani: il salmone affumicato conquista l’Italia

Consorzio Affumicatori Maestri Italiani: il salmone affumicato conquista l’Italia

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Il salmone affumicato è un prodotto dalla storia antica, conosciuto già dai Greci e dai Romani, così come tra i popoli scandinavi del Nord Europa, che perfezionarono le prime tecniche di conservazione del pesce – salatura e affumicatura – trasformandole, nel tempo, in una vera e propria arte gastronomica. Secondo le fonti storiche, i Romani conobbero il salmone durante la conquista della Gallia, avvenuta attorno al 50 a.C. I Galli lo chiamavano “Salmo”, mentre i Romani “Salar”, dalla capacità del salmone di risalire i fiumi per riprodursi. È proprio dall’unione di questi due termini e delle due culture d’origine che nasce il nome scientifico moderno, Salmo salar, lo stesso che ancora oggi compare sulle etichette dei prodotti a base di salmone.

Alimento simbolo di prosperità della tavola, il salmone affumicato ha conquistato i menù natalizi italiani anche grazie alla tradizione del “mangiare di magro” la sera della Vigilia, quando non si prevede consumo di carne. Ma è negli anni ’80 – quelli delle musicassette, dei jeans a vita alta e delle grandi tavolate in famiglia – che il salmone diventa il protagonista indiscusso delle feste, servito come antipasto in sottili fettine su crostini con burro e limone, oppure come primo piatto: le iconiche pennette al salmone. Da allora, questo pesce pregiato porta gusto e un tocco di colore e raffinatezza sulle tavole delle festività italiane e in prossimità del Natale, il suo consumo aumenta: nel prossimo mese di dicembre si prevede un +125% delle vendite dei prodotti a bollino CAMI-Consorzio Affumicatori Maestri Italiani, rispetto al mese di ottobre, superando i 2,25 milioni di pezzi venduti[2].

In tempi più recenti, un nuovo balzo in avanti. Il consumo di salmone affumicato ha superato il suo andamento stagionale: questo prodotto si è affermato come healthy food e alimento “di tendenza”, durante tutto l’anno. Negli ultimi tre anni, infatti, il consumo degli italiani è aumentato del +21,5%[3]. Grazie alla sua versatilità gastronomica e al profilo nutrizionale − è ricco di proteine nobili, acidi grassi Omega-3 e Vitamine fondamentali come la D e quelle del gruppo B (B12 e B6) − trova spazio in preparazioni bilanciate e gustose, come insalatone, club sandwich, bowl, rispondendo così al desiderio dei consumatori di unire gusto, salute e praticità quotidiana.

CAMI: come riconoscere la qualità italiana dell’affumicatura

In Italia, il salmone affumicato domina oggi il comparto dei prodotti ittici affumicati, con una quota del 94%[4], generando un valore totale di 376,4 milioni di euro nel 2023[5] (+5,5% rispetto al 2019) e un volume di 20.963 tonnellate consumate[6]. Il consumo pro-capite ha raggiunto quota 2,4 kg per persona all’anno[7], mentre la frequenza media di acquisto per famiglia è salita a 7,4 volte nel 2023 (Vs 7,2 del 2022)[8].

Con un volume d’affari che nel 2024 ha superato i 120 milioni di euro nel comparto del pesce affumicato, stimando un’incidenza di circa il 30% sul mercato e un tasso di crescita a valore più che doppio rispetto all’anno precedente, CAMI – Consorzio Affumicatori Maestri Italiani riunisce aziende italiane che condividono l’obiettivo di garantire eccellenza e trasparenza nei sistemi di produzione propri del know-how Made in Italy.

“La nascita del Consorzio − evidenzia Gianpaolo Ghilardotti, Presidente CAMI − vuole rispondere alla necessità di tutelare e valorizzare una tradizione artigianale storica e distintiva del panorama gastronomico italiano, come l’affumicatura dei prodotti ittici, in un contesto in cui i consumatori sempre più richiedono prodotti di alta qualità e certificati. Le aziende associate rispettano rigidi disciplinari che assicurano alti standard qualitativi in ogni fase del processo, dalla selezione della materia prima alla lavorazione e alla salatura a secco. E il bollino del Consorzio è simbolo di questa garanzia”.

Ma cosa significa salmone di qualità e come distinguere la qualità a scaffale?

5 regole auree da tenere a mente in fase di acquisto:

  1. Cerca il bollino di qualità CAMI – È la garanzia di un prodotto lavorato in Italia, secondo regole condivise, controllate e rispettose della tradizione.
  2. Leggi l’etichetta con attenzione – Controlla che contenga informazioni puntuali e chiare, sulla tracciabilità e la certificazione della materia prima: la trasparenza è indice di qualità.
  3. Verifica il metodo di lavorazione – La salatura a secco, metodo tradizionale senza iniezione di salamoia, prevede l’applicazione manuale del sale marino sul filetto, preservando gusto e consistenza del prodotto, in modo naturale, senza aggiunta di additivi. Inoltre, i prodotti a bollino CAMI non sono sottoposti a stiffening, un processo di irrigidimento utilizzato per agevolare il taglio in fettine.
  4. Pochi ingredienti, ben dosati – Un buon salmone affumicato richiede solo pesce, sale e fumo: diffida da liste ingredienti troppo lunghe. Il prodotto di qualità non viene colorato artificialmente, il colore della carne del salmone di qualità è dovuto all’alimentazione degli animali in allevamento.
  5. Controlla la data di scadenza – Un prodotto di qualità ha una conservazione più breve, segno di minore manipolazione.

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Italy Calls for a 2026 Moratorium on EU Mediterranean Measures

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The request for a 2026 moratorium on new EU rules for the Mediterranean has become Italy’s central political message. The statement made by Minister Francesco Lollobrigida at the meeting of EU Agriculture and Fisheries Ministers on 17 November marked a turning point. His expression was sharp: the operation may have succeeded, but the patient — Italian fisheries — is dead.

The minister presented a scenario with no room for misinterpretation. Italian fishing communities continue to lose vessels and labour, and the generational turnover has stalled. Despite years of restrictions, several stocks have not shown the expected recovery. Yet for Italy, the crisis is not only environmental. It is also economic and competitive. Imported fish produced under looser rules enters Europe at lower prices and displaces domestic products. Auction values fall, and many vessel owners choose scrapping over unsustainable operations.

Italy’s Call for a Moratorium in 2026

Before his European colleagues, Lollobrigida asked for a pause in new measures for the Mediterranean in 2026. The fishing effort, especially in trawling, has reached levels that jeopardize economic viability. The minister described this request as a red line that Italy will defend at every negotiation step.

The European Commission presented two regulatory proposals that will guide the next phase of discussions. One concerns Atlantic and North Sea fishing opportunities from 2026 to 2028. The second introduces new measures for the Mediterranean and Black Sea in 2026. These proposals are based on ICES scientific advice and EU multiannual plans. However, Lollobrigida questioned whether Brussels’ timelines reflect Mediterranean realities or risk emptying marinerie before stocks recover.

The issue is not only Italian. Several ministers acknowledged that the Mediterranean has unique structural fragilities, not comparable to the Atlantic or North Sea. Danish minister Jacob Jensen, chairing the session, stressed the need for a balanced political agreement by December. That balance must integrate biological sustainability with the resilience of coastal economies built on fishing traditions.

The Three Pillars of the CFP

Lollobrigida recalled a principle often overlooked in current EU discussions. The Common Fisheries Policy stands on three pillars: resource conservation, safeguarding maritime labour and supporting the sector’s economy. When a single pillar carries the entire weight, the system becomes unstable.

The decisive moment will come in December, when new TACs and 2026 measures are adopted. Only then will it be clear whether Italy’s message has influenced the negotiation or whether the Mediterranean will face another year of restrictions without adequate support.

The coming months will define the balance between sustainability, competitiveness and social resilience in Mediterranean fisheries. The outcome will directly impact the entire supply chain, from primary production to processing and distribution.

Pesceinrete will continue to closely monitor the European negotiations, providing analysis and updates for all operators across the supply chain.

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Forum Retail 2025, i trend che influenzano anche il mercato ittico

Forum Retail 2025, i trend che influenzano anche il mercato ittico

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Milano ha ospitato la venticinquesima edizione del Forum Retail, uno degli appuntamenti che meglio raccontano come stanno cambiando i comportamenti d’acquisto e le logiche della distribuzione moderna. Pur trattandosi di un evento trasversale, molti dei trend emersi finiscono per coinvolgere anche il settore ittico, soprattutto nelle aree più vicine alla GDO, alla trasformazione e alla logistica del freddo. Nel retail, infatti, nulla accade in compartimenti stagni: ciò che riguarda consumo, tecnologia e gestione dei dati ricade inevitabilmente su tutte le categorie alimentari.

Uno dei segnali più evidenti arriva dall’analisi sulle interazioni tra clienti e aziende. Secondo le ricerche presentate sul palco, ogni mese in Italia si generano decine di milioni di richieste ai servizi clienti. È un numero impressionante, che dice molto sull’evoluzione delle abitudini di acquisto. Le persone vogliono sapere di più, vogliono risposte rapide e cercano conferme sulla qualità dei prodotti. Nel caso dell’ittico, questo bisogno è ancora più marcato: provenienza, certificazioni, freschezza, allergeni e modalità di trasformazione richiedono una comunicazione affidabile lungo tutto il percorso d’acquisto. Quando un consumatore non trova informazioni chiare, tende a cambiare prodotto. Quando invece si sente rassicurato, la fidelizzazione diventa molto più probabile.

Il Forum ha messo in luce anche un altro elemento chiave: la trasformazione dei punti vendita. Nei negozi che integrano strumenti avanzati di analisi dei dati o sistemi evoluti di gestione dello spazio espositivo si registra un aumento delle vendite e una percezione più positiva dell’esperienza d’acquisto. Non si parla solo di tecnologia fine a se stessa, ma della capacità di comprendere meglio ciò che le persone cercano. Per chi lavora con prodotti freschi o trasformati a base di pesce, questo significa poter ottimizzare gli assortimenti in modo più preciso, ridurre la merce invenduta e garantire una presenza più coerente delle referenze di maggior interesse.

Molto spazio è stato dedicato anche al Retail Media, un tema che sta rapidamente cambiando il modo in cui i brand si presentano all’interno dei negozi. Le informazioni visualizzate vicino ai prodotti, le campagne basate sui dati di acquisto e le comunicazioni personalizzate raggiungono il cliente proprio nel momento della scelta. Per le aziende ittiche, che spesso devono raccontare valori come sostenibilità, tracciabilità e qualità delle lavorazioni, queste nuove forme di comunicazione possono diventare un alleato importante. Rendono il prodotto più riconoscibile, soprattutto in categorie affollate come conserve, surgelati e ready to eat.

Un altro capitolo centrale dell’evento ha riguardato l’intelligenza artificiale. La riflessione proposta dagli esperti ha insistito sulla necessità di adottare un’AI trasparente, comprensibile e controllabile. Si tratta di un principio fondamentale per settori come quello ittico, dove la gestione della catena del freddo, la previsione della domanda o il monitoraggio della qualità richiedono strumenti precisi e affidabili. Se l’AI diventa una “scatola nera”, il rischio è perdere fiducia e generare incertezza. Se invece viene applicata con criteri chiari, può migliorare efficienza, sicurezza e pianificazione, senza sostituire la professionalità delle persone.

Interessanti anche i dati sulle abitudini di spesa nel lusso, presentati da Mastercard. Pur parlando di un segmento diverso, rivelano una dinamica utile da osservare: l’esperienza fisica del punto vendita pesa ancora più dell’online. Questo aspetto è molto vero anche nel caso dei prodotti ittici. Chi acquista pesce fresco o trasformato tende a valutare la presentazione, la pulizia del banco, la relazione con il personale e la percezione immediata della qualità. L’online cresce, ma il negozio rimane il centro della relazione, rafforzato però da nuovi strumenti digitali che migliorano servizio, informazione e fidelizzazione.

Nella sezione dedicata alla GDO, il Forum ha ricordato che, in un mercato in continuo movimento, le aziende che riescono a prendere decisioni rapide e coerenti hanno un vantaggio competitivo. È una logica che vale anche per i reparti pescheria, dove la velocità operativa, la scelta dei fornitori e la gestione dei flussi possono cambiare il risultato di un’intera settimana. La tecnologia aiuta, ma resta decisiva la qualità delle competenze interne e la capacità di leggere con attenzione ciò che accade nel punto vendita.

L’edizione 2025 del Forum Retail lascia quindi un messaggio chiaro: i trend che stanno ridisegnando il retail italiano riguardano anche la filiera dei prodotti del mare. Non perché l’ittico sia al centro della manifestazione, ma perché fa parte di un ecosistema commerciale sempre più legato ai dati, alla trasparenza e all’esperienza d’acquisto. Chi saprà intercettare questi segnali potrà trasformarli in vantaggi competitivi concreti, in un mercato in cui informazione, qualità e innovazione sono diventati elementi imprescindibili.

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Cisint: “La PCP va riformata, ora la Commissione non ha più scuse”

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All’interno del Consiglio Agrifish, tenutosi a Bruxelles lunedí 17 novembre, Italia, Belgio, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Spagna, hanno colto l’occasione per chiedere la revisione della politica comune della pesca.

Ne dá notizia l’europarlamentare Anna Cisint (Lega), che evidenzia come i Ministri di ben 13 Paesi hanno fatto emergere una serie di carenze che compromettono gli obiettivi, fissati per la Politica Comune della Pesca.

Le cause principali derivano da un quadro normativo frammentato e incompleto, che ha portato ad una crescente incertezza giuridica e all’aumento degli oneri amministrativi per le parti interessate. Tra le criticitá sollevate, l’invecchiamento della flotta peschereccia dell’UE, costituita da navi con un’età media delle navi superiore ai 30 anni e ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili, il mancato ricambio generazionale e la fatica ad attrarre le nuove generazioni e le donne.

“Finalmente ci stiamo muovendo nella giusta direzione: sono anni che i pescatori europei subiscono le scelte di una PCP priva di lungimiranza, adesso non ci sono piú scuse, é ora che la Commissione europea si attivi di conseguenza” afferma l’On. Cisint, che fa presente come piú del 70 % dei prodotti ittici consumati in UE viene importato da paesi terzi, mentre infrastrutture marittime, come cantieri navali e centri di formazione, stanno chiudendo in tutta Europa, minacciando migliaia di posti di lavoro.

“La Politica Comune della Pesca deve oggi garantire la sopravvivenza e il benessere delle comunità costiere, eliminando soprattutto difficoltà, oneri e vincoli, che attanagliano i nostri pescatori. Una riforma quanto mai necessaria, per ridare sostenibilità socioeconomica al settore della pesca, e a tutte quelle economie locali ad essa collegate”.

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