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Il Giappone cambia tutto: il seafood entra in una nuova era globale

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Il Giappone cambia tutto: il seafood entra in una nuova era globale . Quando un’azienda con 145 anni di storia decide di cancellare il proprio nome, non è mai una decisione di facciata. Dal 1° marzo 2026 Maruha Nichiro diventerà Umios Corporation e, con questa scelta, lancia un messaggio chiaro all’intero settore: non è più sufficiente essere competitivi. È tempo di essere necessari alla società.

In un comparto dove spesso il valore si misura in volumi, margini e mercati conquistati, Umios propone un’altra logica: prima il contributo sociale e ambientale, poi il profitto. La nuova identità non è solo un cambio grafico, ma una ridefinizione della funzione dell’azienda nel mondo. E se a farlo è il più grande gruppo ittico giapponese, il messaggio è forte e globale.

Il nuovo nome – una sintesi tra umi (oceano), one (unità con gli stakeholder) e solutions – mette in chiaro il posizionamento futuro. Non si tratta di vendere più tonno o prodotti surgelati, ma di creare valore sostenibile e rigenerativo. Umios si propone come attore integrato, capace di rispondere ai grandi temi del nostro tempo: scarsità di risorse, sicurezza alimentare, salute pubblica, salvaguardia degli ecosistemi.

Il cambio di nome coincide con quella che il board ha definito la “terza fondazione” del gruppo. Dopo le origini (fine Ottocento) e la fusione Maruha-Nichiro (2007), arriva oggi la fase della trasformazione strategica: l’azienda si riorganizza in chiave glocale*, ridisegna le sue filiere, investe sul valore sociale come asset competitivo e si apre a una narrazione internazionale, più universale.

Non si tratta di marketing. Si tratta di ridefinire cosa vuol dire essere una grande impresa del seafood nel 2025. E forse, anche in Europa, dovremmo iniziare a guardare con più attenzione cosa succede in Giappone. Perché se un colosso da miliardi decide che l’obiettivo non è più crescere, ma contribuire, allora è chiaro che qualcosa sta cambiando davvero.

Umios non nasce per stupire. Nasce per durare. E nel farlo, riscrive le priorità di un’intera industria.

Il ruolo del Giappone nell’industria ittica globale

Il Giappone non è solo una potenza storica del settore ittico. È uno dei principali riferimenti culturali, tecnologici e strategici dell’intero comparto. Anche se negli ultimi vent’anni ha perso peso in termini di volumi, il suo impatto resta determinante su più livelli.

La cultura alimentare giapponese ha definito standard globali nella selezione e lavorazione del pesce. Il Paese è all’avanguardia nelle tecnologie per pesca sostenibile, tracciabilità, automazione e sicurezza alimentare. È leader nella trasformazione industriale e nella creazione di valore aggiunto, con modelli replicati ovunque.

Importatore tra i più esigenti, è anche un mercato-guida per chi esporta qualità. Negli ultimi anni ha accelerato nella direzione di modelli produttivi più responsabili, rigenerativi, orientati alla sostenibilità. L’esempio di Umios ne è la dimostrazione.

Nel settore ittico globale, quello che il Giappone fa oggi, il resto del mondo osserva e spesso replica domani. Quando un suo colosso cambia visione, è l’industria intera che viene chiamata a reagire.

*Il termine “glocale” è una fusione di globale e locale, e indica un approccio che concilia la visione e le strategie globali con l’attenzione e l’adattamento alle specificità locali.

Nella foto Masaru Ikemi, Presidente di Maruha Nichiro

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Seafood Expo Global. L’industria ittica mondiale si dà appuntamento a Barcellona

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Seafood Expo Global. L’industria ittica mondiale si dà appuntamento a Barcellona – Barcellona torna ad essere il cuore pulsante dell’industria ittica globale. Dal 6 all’8 maggio 2025, la Fira de Barcelona – Gran Vía accoglierà la 31ª edizione del Seafood Expo Global/Seafood Processing Global, l’evento internazionale più atteso da chi opera nel mondo della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione alimentare. Un appuntamento irrinunciabile per buyer, produttori, fornitori e innovatori del settore.

Con oltre 50.000 metri quadrati di spazio espositivo già venduti e una lista in continua crescita di aziende provenienti da 79 paesi, l’edizione 2025 si preannuncia come la più grande di sempre. Non solo numeri da record, ma anche un fermento concreto: 63 padiglioni nazionali e regionali porteranno in fiera le eccellenze ittiche di tutto il mondo, con un focus sempre più marcato sull’innovazione, la sostenibilità e la tecnologia.

Tra le nuove presenze spiccano Brasile, Sri Lanka, l’Isola della Riunione, Malta e Giappone, mentre l’Italia conferma la propria centralità nel panorama marittimo internazionale. A condividere gli spazi fieristici, le grandi firme del settore: da Mowi a AquaChile, da Cermaq a Lerøy Seafood, passando per realtà emergenti come Nutrisco SA, che propone pesce fresco cileno con un approccio etico e sostenibile, o la spagnola OPPAO, pioniera nella pesca a basso impatto ambientale.

L’altro grande pilastro dell’evento è il Seafood Processing Global, dove protagonisti saranno tecnologie, macchinari, servizi e materiali per la lavorazione e il confezionamento dei prodotti ittici. Qui si muove l’avanguardia: Fishtek Marine lavora per ridurre le catture accessorie, Ace Aquatech sviluppa soluzioni intelligenti per l’acquacoltura, mentre la norvegese Stingray Marine Solutions sperimenta l’uso dei laser per eliminare i parassiti del pesce allevato.

A rendere ancora più densa l’offerta, un programma di oltre 20 conferenze condotte da esperti internazionali, che analizzeranno le evoluzioni della filiera: dalle nuove direttive europee sulla tracciabilità alla risposta del mercato ai cambiamenti climatici, dai comportamenti di consumo post-pandemia fino alle sfide poste dall’intelligenza artificiale nel controllo qualità.

Seafood Expo Global è molto più di una fiera: è un hub globale di opportunità. È qui che si definiscono le rotte del business, si stringono partnership strategiche e si anticipano le tendenze che influenzeranno i mercati dei prossimi anni. In un settore che oggi più che mai ha bisogno di visione, connessione e coraggio innovativo, Barcellona si conferma la capitale dove tutto prende forma.

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One Health e acquacoltura: un approccio integrato per un futuro sostenibile

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One Health e acquacoltura: un approccio integrato per un futuro sostenibile – L’acquacoltura è una delle principali fonti di produzione alimentare a livello globale e garantisce una notevole fonte di proteine di alta qualità a milioni di consumatori. Tuttavia, il settore deve affrontare sfide importanti, come la gestione delle malattie ittiche, la sicurezza alimentare e l’impatto ambientale. In questo contesto, l’approccio One Health si rivela essenziale, poiché riconosce l’interconnessione tra la salute degli animali, dell’uomo e dell’ambiente, promuovendo soluzioni integrate e sostenibili.

One Health è un approccio olistico che favorisce la collaborazione tra diverse discipline per affrontare le sfide sanitarie in modo globale. I pilastri su cui si fonda nello specifico settore dell’acquacoltura si basano essenzialmente sulla salute dei pesci ottenuta attraverso l’implementazione di protocolli di biosicurezza per prevenire la diffusione di malattie, ma anche attraverso l’uso di vaccini per ridurre la necessità di antibiotici e contestualmente monitorando la qualità dell’acqua, soprattutto negli allevamenti intensivi, per assicurare condizioni ottimali di crescita garantiti anche dall’utilizzo di mangimi arricchiti con probiotici per rafforzare il sistema immunitario dei pesci.

L’altro pilastro è la salvaguardia della salute umana che si ottiene attraverso un controllo della sicurezza alimentare per prevenire contaminazioni e malattie zoonotiche, ma anche con la limitazione dell’uso eccessivo di antibiotici per contrastare la resistenza antimicrobica. Il tutto per produrre del pesce con elevato valore nutrizionale per una dieta sana ed equilibrata.

Il terzo ed ultimo, ma non per questo meno importante, è la salute ambientale. Si perviene a questo risultato adottando pratiche di allevamento sostenibili per ridurre l’impatto sugli ecosistemi acquatici come, per esempio, lo sviluppo di sistemi di acquacoltura integrata, (acquaponica), il tutto per ottimizzare le risorse. Un controllo particolare in questo ambito è quello delle specie invasive per preservare la biodiversità marina.

L’integrazione del modello One Health nell’acquacoltura rappresenta dunque una strategia chiave per il futuro del settore. La collaborazione tra veterinari, biologi marini, produttori ittici e istituzioni sanitarie è essenziale per garantire la salute dei pesci, la sicurezza alimentare e la tutela dell’ambiente.

Solo attraverso un approccio multidisciplinare sarà possibile affrontare le sfide dell’acquacoltura moderna e garantire un futuro più sostenibile e sicuro per tutti.

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Approvato il nuovo partenariato di pesca con la Guinea-Bissau

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Approvato il nuovo partenariato di pesca con la Guinea-Bissau – Ieri il Parlamento europeo ha approvato il rinnovo dell’accordo di pesca con la Guinea-Bissau, garantendo l’accesso alle acque del paese a 41 navi dell’UE per i prossimi cinque anni.

In base al nuovo protocollo, applicato provvisoriamente dal 18 settembre 2024, consente l’accesso alle acque della Guinea-Bissau per 28 tonniere congelatrici con reti a circuizione e pescherecci con palangaro e 13 tonniere con lenza e canne provenienti da Spagna, Italia, Grecia, Francia e Portogallo. L’accordo permette ai pescatori europei di catturare 3.500 tonnellate di cefalopodi e 3.700 tonnellate di gamberi all’anno fino al 2029. Le specie di piccoli pelagici rimangono escluse a causa dello stato degli stock e del basso sfruttamento.

In cambio, l’UE stanzierà 17 milioni di euro annui per un totale di 85 milioni di finanziamenti durante i cinque anni. Di questi, 4,5 milioni all’anno saranno destinati a promuovere la gestione sostenibile delle risorse ittiche della Guinea-Bissau, potenziare le capacità di controllo e sorveglianza e supportare le comunità di pescatori locali. Si tratta di un aumento di 1,4 milioni di euro all’anno rispetto al precedente accordo.

Oltre al contributo dell’UE, gli armatori pagheranno i canoni di licenza e di cattura all’amministrazione della Guinea-Bissau. La combinazione tra il contributo dell’UE e le tariffe corrisposte dagli operatori europei fa sì che il finanziamento totale superi i 100 milioni di euro nel periodo di cinque anni.

Il nuovo protocollo è stato approvato in plenaria con 518 voti a favore, 104 contrari e 61 astensioni.

Maggiore sostegno alla pesca locale

Con 605 voti a favore, 68 contrari e 10 astensioni, il Parlamento ha approvato una serie di raccomandazioni per la Commissione europea e le autorità della Guinea-Bissau da considerare nelle future negoziazioni e nell’applicazione del suddetto protocollo.

Al fine di garantire che l’accordo contribuisca realmente allo sviluppo della pesca locale, i deputati chiedono di migliorare le infrastrutture del paese per assicurare l’accesso al mercato per prodotti ittici locali e rafforzare la cooperazione per consentire alla Guinea-Bissau di esportare il proprio pescato.

I deputati si dicono preoccupati per il fatto che la Guinea-Bissau stia emergendo come paese di bandiera di comodo. La lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è ostacolata dalla mancata trasparenza sulla titolarità delle imbarcazioni. I deputati chiedono quindi all’UE di mobilitare assistenza tecnica e finanziaria per rafforzare il monitoraggio e il controllo delle attività di pesca, prevenire la pesca illegale e contrastare le strategie di reimmatricolazione delle imbarcazioni.

“La Commissione dovrebbe migliorare il monitoraggio e garantire che la cooperazione settoriale sia maggiormente orientata ai bisogni di sicurezza alimentare locale, alle condizioni sociali a bordo dei pescherecci e al riconoscimento del ruolo delle donne nelle comunità costiere” ha dichiarato il relatore Eric Sargiacomo (S&D, FR).

Per la quantità di risorse finanziarie coinvolte, l’accordo con la Guinea-Bissau è il secondo più importante partenariato per la pesca dell’UE con un paese terzo, dopo quello con la Mauritania.

Sebbene la pesca rappresenti il 15% delle entrate governative della Guinea-Bissau, il paese non può esportare prodotti ittici nell’UE perché non rispetta i requisiti sanitari e igienici europei. Si stima inoltre che solo il 3% del pescato delle imbarcazioni straniere nella zona di pesca della Guinea-Bissau venga sbarcato nel paese.

Approvato il nuovo partenariato di pesca con la Guinea-Bissau

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Il branding è morto. Viva la connessione

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Il branding è morto. Viva la connessione – Ci ha fatto riflettere – e non poco – il post di Federico Menetto. Breve, tagliente, necessario. Una frase su tutte: Il branding è morto.

Boom! Non è una battuta. È una diagnosi. Ed è un messaggio che il nostro settore – pesca, acquacoltura, trasformazione, distribuzione – non può più permettersi di ignorare.

Perché se ancora crediamo che basti un logo accattivante, una palette cromatica ben studiata, qualche frase ispirazionale su un’etichetta per costruire un marchio forte… siamo già fuori tempo massimo.

Menetto lo dice chiaro: oggi il branding come lo conoscevamo non funziona più. La narrazione del “marchio-eroe”, del “racconto tutto nostro”, è un racconto che non racconta più niente.

Viviamo in un’epoca in cui non si parte più da zero.
Non si costruisce un’identità, ci si innesta.
Non si urla chi siamo, si dimostra perché serviamo.

È la logica della plugin strategy: o sei utile a qualcosa di più grande, o non esisti. Punto.

Nel mondo ittico, dove ogni giorno decine di aziende lottano per emergere, questa è una lezione da scrivere a lettere cubitali. Non è più tempo di egocentrismi aziendali. È tempo di alleanze, compatibilità, adattamenti.

Non ti chiedere più “come faccio a raccontare la mia storia”, chiediti “a cosa servo davvero dentro la filiera”.

Perché se il tuo prodotto, per quanto eccellente, non si integra, non trova spazio.
Se non sei utile a chi cucina, a chi distribuisce, a chi consuma, non sei rilevante.
E oggi la rilevanza non si misura in follower o premi, ma in connessioni attive, reali, funzionali.

Questa nuova era della comunicazione ci impone tre parole chiave.
Posizionamento funzionale: a cosa serve il tuo brand, non che cos’è.
Compatibilità culturale: con chi ti leghi, in che ambiente ti muovi, che valori condividi.
Adattabilità: quanto sei capace di cambiare forma senza perdere sostanza.

Chi lavora nel mondo della pesca lo sa bene: il mare premia chi sa fluire.
E forse è proprio questo il nuovo modo di fare branding. Non fissarsi, ma farsi trovare dove serve.
Non attirare, ma connettersi.

Il post di Federico Menetto ci ha lasciato con una domanda. Ed è giusto rilanciarla anche a tutta la community di Pesceinrete: il nostro progetto – che sia un’impresa, un consorzio, un brand, un prodotto – è pensato per emergere… o per connettersi?

Rispondere oggi può fare la differenza tra essere ricordati… o essere rilevanti.

Il branding è morto. Viva la connessione

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