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Il mercato dei prodotti ittici congelati nell’Unione Europea

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Il mercato dei prodotti ittici congelati nell’Unione Europea – Il mercato dei prodotti ittici congelati nell’Unione Europea sta vivendo una fase di crescita significativa, trainata da una domanda in costante aumento. Secondo le ultime previsioni, si prevede che il consumo raggiunga 5,2 milioni di tonnellate entro il 2035, con un valore di mercato stimato a 24,6 miliardi di dollari.

Nel 2024, il consumo di pesce e frutti di mare congelati nell’UE è stato stimato a 4,5 milioni di tonnellate, registrando un incremento del 4,2% rispetto all’anno precedente. Questo trend positivo è attribuibile a diversi fattori, tra cui la crescente consapevolezza dei consumatori riguardo ai benefici nutrizionali del pesce e la praticità offerta dai prodotti surgelati.​

Analizzando il consumo per paese, Spagna, Paesi Bassi e Germania emergono come i principali mercati, rappresentando insieme il 45% del consumo totale nel 2024. Questo dato evidenzia l’importanza di questi paesi nel settore ittico europeo e la loro influenza sulle tendenze di consumo.​

Le previsioni indicate nel report EU – Frozen Fish And Seafood – Market Analysis, Forecast, Size, Trends And Insights  indicano un tasso di crescita annuale composto (CAGR) dell’1,4% in termini di volume e del 2,1% in termini di valore dal 2024 al 2035. Questo suggerisce non solo un aumento della quantità di prodotti ittici surgelati consumati, ma anche un incremento del loro valore economico, riflettendo una possibile evoluzione verso prodotti di maggiore qualità o a più alto valore aggiunto.​

Le aziende del settore ittico devono quindi adattarsi a queste tendenze, investendo in tecnologie di congelamento avanzate e garantendo standard elevati di qualità e sostenibilità. Inoltre, strategie di marketing mirate e una maggiore trasparenza sulla provenienza dei prodotti possono contribuire a fidelizzare i consumatori e ad ampliare la quota di mercato.​

In conclusione, il mercato dei prodotti ittici congelati nell’Unione Europea offre prospettive promettenti per i prossimi anni. Le aziende che sapranno innovare e rispondere alle esigenze dei consumatori avranno l’opportunità di consolidare la propria posizione in un settore in continua espansione.

Il mercato dei prodotti ittici congelati nell’Unione Europea

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Cresce il mercato globale del tonno

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Cresce il mercato globale del tonno – Il mercato globale del tonno si conferma un pilastro fondamentale dell’industria ittica, con previsioni di crescita che ne delineano un futuro solido e in continua espansione. Attualmente valutato a 8,6 miliardi di dollari nel 2024, il settore del tonno dovrebbe raggiungere gli 11,2 miliardi di dollari entro il 2034, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 3,4% nel periodo 2025-2034.

Questo trend positivo è spinto da diversi fattori, tra cui l’aumento della domanda globale di prodotti ittici, la crescente attenzione verso il consumo di proteine sane e la spinta verso pratiche di pesca e acquacoltura più sostenibili. I consumatori, sempre più attenti all’origine e alla qualità del pesce, stanno orientando il mercato verso soluzioni certificate e filiere tracciabili.

L‘analisi delle tendenze evidenzia un incremento significativo della richiesta di tonno in scatola e fresco nei mercati asiatici ed europei, con un’espansione anche in Nord America. Il Giappone rimane tra i maggiori consumatori mondiali, seguito da Stati Uniti e Unione Europea, mentre nuovi attori emergono nei mercati mediorientali e sudamericani.

Parallelamente, la crescita dell’acquacoltura sta rivoluzionando il comparto, offrendo un’alternativa sostenibile alla pesca intensiva. Alcuni dei principali operatori di mercato stanno investendo in tecnologie innovative per migliorare la resa degli allevamenti e ridurre l’impatto ambientale, garantendo una fornitura stabile e di qualità per il futuro.

Le politiche internazionali stanno giocando un ruolo cruciale, con regolamentazioni più severe per il contrasto alla pesca illegale e un rafforzamento delle certificazioni ambientali come MSC (Marine Stewardship Council) e ASC (Aquaculture Stewardship Council). Questi standard si stanno imponendo come riferimento per l’intero settore, influenzando le strategie commerciali delle principali aziende attive nella lavorazione e distribuzione del tonno.

Le prospettive di crescita del mercato nei prossimi anni saranno fortemente influenzate da investimenti in ricerca e sviluppo, dall’automazione dei processi produttivi e dall’introduzione di nuovi prodotti a valore aggiunto. La tendenza verso soluzioni ready-to-eat e la sperimentazione di ricette innovative basate sul tonno stanno aprendo nuove opportunità commerciali per il settore food & beverage.

Per le aziende del comparto ittico, questa evoluzione rappresenta un’opportunità strategica da cogliere con visione e innovazione. Puntare su trasparenza, sostenibilità e digitalizzazione delle filiere potrebbe fare la differenza in un mercato sempre più competitivo e regolamentato. Il futuro del tonno è in continua trasformazione, e chi saprà adattarsi con tempestività alle nuove dinamiche globali avrà un vantaggio decisivo nella conquista di nuove quote di mercato.

Cresce il mercato globale del tonno

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Turismo e acquacoltura per un modello di sviluppo integrato

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Turismo e acquacoltura per un modello di sviluppo integrato – Nelle regioni costiere, il turismo e l’acquacoltura rappresentano due pilastri economici fondamentali. Tuttavia, questi settori spesso si trovano in competizione per le stesse risorse, suscitando dibattiti su come bilanciare crescita economica e sostenibilità ambientale. Ma cosa accadrebbe se questi due mondi, invece di scontrarsi, si alleassero per creare un modello di sviluppo integrato e vantaggioso per tutti?

L’esempio di Oban: una sinergia possibile

Nel cuore della Scozia occidentale, la cittadina costiera di Oban sta dimostrando che il turismo e l’acquacoltura possono non solo coesistere, ma addirittura rafforzarsi a vicenda. Le acque di questa regione ospitano allevamenti di salmoni, cozze, ostriche e alghe, tutte risorse chiave per l’economia locale. Nel frattempo, le stesse acque sono meta di tour marini che attirano migliaia di visitatori interessati alla fauna selvatica e alle bellezze naturali della zona.

L’integrazione tra allevamenti ittici e turismo non è un caso: gli operatori del settore hanno capito che offrire esperienze dirette legate alla produzione di pesce può trasformare la percezione dell’acquacoltura, rendendola parte integrante del paesaggio e dell’economia locale. Le visite guidate ai siti di allevamento, ad esempio, non solo educano i visitatori sulle pratiche sostenibili, ma incentivano anche il consumo di prodotti ittici locali, rafforzando il legame tra comunità, pescatori e turisti.

Turismo esperienziale e consumo consapevole

Un recente studio, “Maricoltura in ambienti naturali: atteggiamenti dei turisti nei confronti dell’acquacoltura durante i tour marini a Oban, Scozia“, ha rivelato che l’esposizione diretta all’acquacoltura migliora la percezione dei consumatori nei confronti del pesce allevato. Tra i turisti che hanno visitato gli allevamenti di Oban, coloro che inizialmente si mostravano scettici sulla qualità del pesce d’allevamento hanno cambiato opinione dopo aver appreso i metodi sostenibili utilizzati. Il risultato? Un aumento significativo della propensione all’acquisto di pesce locale.

Le aziende del settore hanno colto questa opportunità creando pacchetti turistici che combinano escursioni in barca con visite agli allevamenti, degustazioni di pesce fresco e incontri con gli allevatori. Questo approccio offre numerosi vantaggi: aumenta il valore aggiunto del prodotto ittico, riduce la diffidenza dei consumatori e genera nuove entrate sia per l’industria turistica che per l’acquacoltura.

Un modello replicabile per il Mediterraneo

L’esperienza di Oban suggerisce che anche le comunità costiere del Mediterraneo potrebbero beneficiare di un’integrazione più stretta tra turismo e acquacoltura. In Italia, ad esempio, il pescaturismo ha già dimostrato di essere un successo, con turisti sempre più attratti da esperienze autentiche legate al mare. L’estensione di questo modello agli allevamenti ittici potrebbe aprire nuove opportunità di business, valorizzando specie locali e promuovendo pratiche sostenibili.

In Grecia, alcune aziende di acquacoltura collaborano con centri di immersione per offrire ai visitatori la possibilità di nuotare tra gli allevamenti di orate e spigole, trasformando un impianto produttivo in una vera e propria attrazione turistica. Questo tipo di iniziative non solo aumenta la consapevolezza ambientale, ma contribuisce anche a creare un modello economico più resiliente e diversificato.

Nonostante i numerosi vantaggi, l’integrazione tra turismo e acquacoltura presenta alcune sfide. La competizione per lo spazio costiero, l’impatto visivo degli allevamenti e le preoccupazioni ambientali rimangono temi sensibili. Tuttavia, soluzioni innovative come l’adozione di strutture meno invasive e l’utilizzo di pratiche agricole eco-compatibili possono mitigare questi problemi, trasformando gli allevamenti in veri e propri punti di interesse per i visitatori.

Lavorando insieme, operatori turistici e allevatori ittici possono creare esperienze educative e coinvolgenti, rendendo il pesce d’allevamento non solo una risorsa economica, ma anche un elemento chiave per la valorizzazione del territorio. Con una pianificazione attenta e un dialogo aperto tra le parti, il futuro dell’acquacoltura e del turismo costiero potrebbe essere più connesso di quanto immaginiamo.

L’esperienza di Oban dimostra che l’acquacoltura non deve essere vista come un ostacolo al turismo, ma come un’opportunità per arricchire l’offerta turistica e promuovere una maggiore sostenibilità. Il Mediterraneo potrebbe essere il prossimo a seguire questa strada, trasformando i suoi allevamenti ittici in destinazioni di valore, capaci di coniugare crescita economica, conservazione ambientale e cultura locale.

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Il pompano è il pesce ideale per l’acquacoltura australiana

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Il pompano è il pesce ideale per l’acquacoltura australiana – In Australia, la scelta dei prodotti ittici è spesso limitata a un ristretto numero di specie, mentre la domanda di pesce cresce esponenzialmente. Attualmente, il 62% dei prodotti ittici consumati nel paese è importato, una dipendenza che il CSIRO l’agenzia scientifica nazionale – vuole ridurre attraverso un ambizioso progetto di ricerca. L’obiettivo è individuare una nuova specie autoctona a polpa bianca, adatta all’allevamento sostenibile, per rafforzare il settore dell’acquacoltura locale e garantire una fonte di proteine a basso impatto ambientale.

Dopo anni di studi e sperimentazioni, la scelta è ricaduta sul pompano, un pesce diffuso nelle acque tropicali australiane, da Yamba nel Nuovo Galles del Sud fino a Exmouth, in Australia Occidentale. La decisione non è casuale: specie simili vengono già allevate con successo in altri paesi, e questo ha reso il pompano un candidato ideale per essere adattato alle esigenze dell’acquacoltura australiana.

Il progetto è iniziato nel 2019 con un processo di selezione rigoroso. Gli esperti del CSIRO hanno valutato diversi fattori, tra cui la velocità di crescita, la resa in filetti, la robustezza nelle vasche di allevamento e, soprattutto, la qualità del sapore. Il pompano ha superato tutti i test, rivelandosi un pesce versatile, dal gusto piacevole e con un elevato potenziale di mercato.

Nei laboratori di Bribie Island, nel Queensland, gli scienziati stanno ora perfezionando il processo di allevamento per garantire una produzione efficiente e sostenibile. Un elemento chiave del progetto è la gestione genetica della popolazione per evitare la consanguineità e migliorare progressivamente le caratteristiche della specie, ottimizzando la crescita e la resistenza alle malattie. Questo approccio innovativo sta contribuendo a “domesticare” il pompano, rendendolo sempre più adatto alla vita in cattività.

Ma un pesce d’acquacoltura non deve solo essere facile da allevare: deve anche piacere ai consumatori. Per questo, il CSIRO ha coinvolto chef e pescivendoli fin dalle prime fasi del progetto. I primi test di mercato hanno dato risultati promettenti: il pompano ha una consistenza soda, un gusto leggermente oleoso e una versatilità che lo rende adatto a numerose preparazioni, dalla griglia ai curry, fino al consumo crudo. Secondo gli esperti, potrebbe essere una valida alternativa a specie più diffuse come il salmone o il barramundi.

L’obiettivo è portare il pompano nei piatti degli australiani entro il 2030, rispondendo alla crescente domanda di proteine sostenibili. Secondo le stime del CSIRO, il fabbisogno globale di proteine raddoppierà entro il 2050, e l’acquacoltura giocherà un ruolo cruciale per colmare il divario tra il consumo e la disponibilità di pesce selvatico.

Oltre all’aspetto alimentare, il progetto ha anche un’importante valenza economica e occupazionale. Lo sviluppo di un’industria basata sul pompano potrebbe creare nuove opportunità di lavoro e consolidare l’Australia come leader nell’acquacoltura sostenibile. Il successo del programma potrebbe inoltre ispirare altri paesi a investire nella diversificazione delle specie allevate, contribuendo a una filiera ittica più resiliente e meno dipendente dalle importazioni.

Il pompano è quindi più di una semplice nuova proposta gastronomica: rappresenta il futuro dell’acquacoltura australiana, una risposta concreta alla sfida di garantire una produzione ittica sostenibile, riducendo la pressione sugli stock selvatici e offrendo ai consumatori un prodotto innovativo e di alta qualità. Se il progetto manterrà le promesse, potremmo assistere alla nascita di una nuova era per il settore ittico globale, con il pompano a fare da apripista.

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Pesca a strascico e AMP. EBFA sostiene l’approccio di Kadis

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Pesca a strascico e AMP. EBFA sostiene l’approccio di Kadis – L’European Bottom Fishing Alliance (EBFA) ha accolto con favore l’approccio pragmatico del Commissario europeo alla pesca, Kadis, riguardo alla regolamentazione della pesca a strascico di fondo nelle aree marine protette (AMP). L’orientamento espresso dal Commissario si basa su un principio fondamentale: ogni decisione deve essere supportata da evidenze scientifiche solide, evitando misure generalizzate che potrebbero danneggiare inutilmente il settore.

L‘EBFA ha sottolineato come questa visione sia essenziale per scongiurare chiusure sproporzionate delle aree di pesca, che potrebbero impattare negativamente le economie costiere e la sicurezza alimentare dell’UE. La chiave è una valutazione personalizzata, analizzando caso per caso l’effettivo impatto della pesca sugli ecosistemi marini. Tale metodo consente di distinguere le AMP in cui la pesca a strascico può essere compatibile con gli obiettivi di tutela della biodiversità da quelle in cui è necessario limitarla per evitare danni ambientali significativi.

Il Commissario Kadis ha chiarito un punto cruciale: la strategia UE sulla biodiversità per il 2030 non è giuridicamente vincolante, mentre la legge sul ripristino della natura impone obblighi concreti. Ciò rappresenta un’evoluzione rispetto a politiche passate che prevedevano restrizioni drastiche, come l’eliminazione progressiva della pesca di fondo attiva entro il 2030 o il divieto totale di pesca su almeno il 10% delle acque europee. Secondo l’EBFA, tali obiettivi non hanno mai ottenuto un consenso internazionale e rischierebbero di colpire indiscriminatamente un comparto già sottoposto a rigidi controlli ambientali.

In linea con i principi dell’Oceans Pact e con le direttive della United Nations Ocean Conference (UNOC), il Commissario ha ribadito l’importanza di una regolamentazione che garantisca sostenibilità, monitoraggio costante e supporto agli Stati membri. L’EBFA ha evidenziato come molte AMP siano concepite per proteggere specifiche specie marine che non subiscono impatti diretti dagli attrezzi della pesca a strascico.

La pesca di fondo regolamentata, se gestita con criteri scientifici rigorosi, può coesistere con la tutela della biodiversità. Non tutte le AMP vietano questa pratica, e in numerosi casi le autorità hanno individuato zone specifiche in cui è consentita, senza compromettere gli obiettivi di conservazione. Questo approccio razionale, secondo l’EBFA, dovrebbe essere adottato anche nel Patto sugli Oceani e nelle prossime conferenze internazionali, evitando derive ideologiche e decisioni basate su pressioni emotive.

Un’eccessiva rigidità normativa, infatti, potrebbe avere conseguenze controproducenti: la riduzione della flotta europea comporterebbe un aumento della dipendenza da importazioni di pesce da paesi extra-UE, spesso caratterizzati da standard ambientali e sociali meno stringenti, come Russia e Cina.

L’EBFA ha ribadito la propria disponibilità a collaborare con la Commissione Europea e le altre parti interessate per sviluppare un modello di gestione della pesca che coniughi sostenibilità ambientale, economica e sociale. La chiave del futuro del settore ittico europeo risiede nell’equilibrio tra la protezione della biodiversità e il mantenimento di una filiera produttiva responsabile ed efficiente.

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