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E-commerce e nuovi stili di vita ridisegnano il mercato del salmone in Cina

E-commerce e nuovi stili di vita ridisegnano il mercato del salmone in Cina

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Il mercato cinese del salmone sta vivendo una trasformazione profonda. Non si tratta solo di un balzo nei numeri d’importazione, ma di un cambiamento strutturale nelle abitudini di consumo. La combinazione di prezzi più accessibili, crescita dei redditi urbani e un sistema di e-commerce sempre più efficiente ha creato un terreno ideale per un’espansione senza precedenti.

Secondo le più recenti rilevazioni di mercato, tra agosto e settembre la domanda cinese di salmone ha registrato tassi di crescita a due e tre cifre rispetto all’anno precedente. Ma il dato, per quanto eclatante, è solo la punta dell’iceberg di una rivoluzione che coinvolge piattaforme digitali, catene logistiche e nuove abitudini alimentari.

La rivoluzione digitale del pesce fresco

Fino a pochi anni fa il consumo di salmone in Cina era associato ai ristoranti giapponesi delle grandi città. Oggi, invece, milioni di famiglie acquistano filetti e porzioni fresche direttamente dalle app di consegna, ricevendoli a casa in poche ore. Il mercato cinese del salmone si è spostato rapidamente dal ristorante al frigorifero domestico.

L’e-commerce alimentare, che in Cina ha conosciuto un’accelerazione straordinaria dopo la pandemia, è diventato il principale vettore di crescita per i prodotti ittici premium. Le piattaforme digitali non solo garantiscono accesso a un assortimento più ampio, ma educano il consumatore con schede di tracciabilità, consigli di preparazione e recensioni verificate. La tecnologia ha sostituito la diffidenza con fiducia, trasformando un acquisto di lusso in un gesto quotidiano.

Prezzi più bassi e fiducia nella sicurezza alimentare

L’altro fattore che ha alimentato la corsa del 2025 è la percezione di maggiore accessibilità. Dopo anni di volatilità, i prezzi del salmone sul mercato internazionale sono scesi su livelli più gestibili, e ciò ha permesso agli importatori cinesi di ampliare l’offerta. Nei principali marketplace, il salmone fresco o refrigerato è oggi disponibile in confezioni piccole e convenienti, spesso accompagnate da certificazioni e garanzie di qualità.

La fiducia è il capitale più prezioso del mercato alimentare cinese. Le autorità locali hanno intensificato i controlli sanitari sui prodotti importati e investito nella catena del freddo, migliorando la percezione di sicurezza. Questo mix di logistica efficiente e comunicazione trasparente ha spinto i consumatori a inserire il salmone tra gli alimenti “buoni per la salute”, non più un lusso, ma un segno di benessere e modernità.

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Un mercato che si fa urbano e competitivo

Il cuore di questa trasformazione batte nelle città di seconda e terza fascia, dove la classe media cresce più rapidamente. Qui, il consumo di salmone si diffonde come simbolo di qualità e apertura internazionale. Non è più confinato ai distretti cosmopoliti di Shanghai o Pechino: oggi si mangia salmone anche a Chengdu, Hangzhou e Wuhan, spesso acquistato durante le promozioni online o negli eventi legati al “Singles’ Day”.

Il mercato cinese del salmone diventa così il laboratorio più avanzato del retail ittico globale. La concorrenza tra piattaforme, distributori e catene di supermercati ha ridotto i tempi di consegna, aumentato la tracciabilità e migliorato la presentazione del prodotto. Si moltiplicano i formati ready-to-eat e i kit per preparare sushi a casa, mentre l’offerta di salmone affumicato e marinate cresce nelle aree metropolitane.

Un equilibrio fragile ma promettente

Dietro l’entusiasmo dei numeri resta però un equilibrio delicato. La domanda cinese è estremamente sensibile a prezzo e fiducia: eventuali tensioni commerciali, problemi di sicurezza alimentare o interruzioni logistiche potrebbero ridimensionare la crescita. Gli operatori locali e internazionali sanno che la sostenibilità della filiera sarà decisiva per mantenere questo slancio.

Ciò che il 2025 consegna al settore è una lezione chiara: il mercato cinese del salmone non è un fenomeno passeggero, ma l’anticipazione di un modello di consumo che unisce digitalizzazione, benessere e nuovi stili di vita urbani. Per la filiera ittica globale, la Cina non è solo un cliente in crescita — è il banco di prova del futuro consumo ittico.

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Al Congresso FAO-Conxemar-MAPA ridisegnata la rotta dell’ittico mondiale

Al Congresso FAO-Conxemar-MAPA ridisegnata la rotta dell’ittico mondiale

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A trent’anni dall’adozione del Codice di condotta per una pesca responsabile (CCRF), la FAO è tornata a interrogarsi sullo stato reale della sostenibilità marina. È successo a Vigo, durante il 13° Congresso FAO-Conxemar-MAPA, dove istituzioni, scienziati e rappresentanti dell’industria hanno delineato il futuro di un comparto che resta cruciale per la sicurezza alimentare mondiale.

Nel suo intervento inaugurale, Manuel Barange, Direttore Generale Aggiunto e capo della Divisione Pesca e Acquacoltura della FAO, ha presentato la nuova Revisione 2025 dello stato delle risorse ittiche marine mondiali, basata su 2.570 stock analizzati.
Il dato più rilevante: il 64,5% degli stock globali è sfruttato entro i limiti di sostenibilità biologica, mentre il 35,5% risulta sovrasfruttato. Nonostante la pesca estrattiva resti stabile, è l’acquacoltura a trainare la crescita.

Barange ha richiamato l’urgenza di considerare pesca e acquacoltura tra le priorità nella lotta alla malnutrizione globale: entro il 2034, la produzione complessiva di animali acquatici toccherà 212 milioni di tonnellate, con 118 milioni provenienti dall’acquacoltura e 94 milioni dalla pesca di cattura. Una traiettoria chiara: il futuro dell’alimentazione marina sarà scritto da allevamenti sostenibili e innovazione tecnologica.

Il ruolo politico della sostenibilità

A chiudere il congresso è stata Isabel Artime, Segretaria Generale per la Pesca del Ministero spagnolo dell’Agricoltura, Pesca e Alimentazione. Ha definito il Codice FAO “un pilastro per preservare la salute degli oceani e la prosperità delle generazioni future”, sottolineando come strumenti multilaterali come l’Accordo sui sussidi alla pesca dell’OMC e il Trattato BBNJ rappresentino un avanzamento epocale nella governance globale.

La Spagna — e con essa l’intera Unione Europea — guarda ora alla riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) e al nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034. “Le risorse destinate alla pesca e all’acquacoltura non sono sufficienti per affrontare le sfide attuali,” ha affermato Artime, richiamando temi che toccano l’intero continente: ricambio generazionale, rinnovo della flotta e riduzione dei consumi.

Nel suo intervento, l’ex Commissario europeo Karmenu Vella ha aggiunto che l’Unione deve “tradurre in finanziamenti concreti” la sua volontà di sostenere i pescatori, riconoscendo che oggi in Europa esiste un divario strutturale fra agricoltura e pesca. “Senza fondi adeguati — ha avvertito — la sostenibilità rischia di restare una parola vuota.”

Il Codice FAO e il suo impatto reale

Nel dibattito sul bilancio di trent’anni di applicazione del Codice FAO, Alberto Prieto, coordinatore di Fish Nation, ha mostrato dati inequivocabili: “Il 100% dei Paesi membri ha adottato le misure previste dal Codice, e il 90% ne applica la totalità dei criteri.”
Un risultato che dimostra l’efficacia del documento come riferimento tecnico, politico e scientifico.

Il Codice ha favorito la nascita di Organizzazioni regionali della pesca, di certificazioni di sostenibilità, e ha introdotto criteri condivisi su gestione delle risorse, ricerca, catena del valore e transizione energetica. Ma, come ha ricordato Prieto, “il paradigma è cambiato”: oggi la sfida è adattare quel quadro alle nuove condizioni climatiche, sociali ed economiche.

pesca sostenibile 2025

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Giovani consumatori, comunicazione e fiducia

Una delle tavole rotonde più seguite del Congresso ha affrontato il tema dell’accesso dei consumatori alle proteine acquatiche. Le rappresentanti di catene internazionali come Grupo Chedraui (Messico), Sobeys Inc. (Canada) e Worldpanel Numerator (Spagna) hanno concordato su un punto: il settore deve riconquistare la fascia giovane della popolazione.

Come ha spiegato Gabriela Fujita (Worldpanel Numerator), “se i giovani non iniziano a mangiare pesce oggi, sarà difficile che lo facciano in futuro”. Il calo dei consumi tra gli under 30 è un segnale d’allarme che richiede una comunicazione più chiara, prodotti più versatili e campagne educative efficaci.

Alghe e pesce coltivato: le nuove frontiere del cibo blu

L’innovazione è stata il filo conduttore della seconda giornata del Congresso. Julio Salas, sottosegretario alla Pesca del Cile, ha illustrato i progressi del Paese nell’acquacoltura e nella valorizzazione della pesca artigianale, citando anche la crescita dell’algocoltura.
Un tema ripreso da Helena Abreu, della Global Seaweed Coalition, che ha riconosciuto nell’Europa un terreno fertile per sviluppare il settore grazie alle competenze scientifiche, alla volontà politica e alla fiducia degli investitori.

A fianco dell’algocoltura, la biotecnologia avanza. Sebastian Rakers, CEO di Bluu Seafood, e Mihir Pershad, fondatore di Umami Bioworks, hanno presentato le prospettive del pesce coltivato da cellule staminali, un comparto ancora in fase sperimentale ma potenzialmente rivoluzionario.
“È un settore giovane,” ha detto Rakers, “ma può ampliare l’offerta alimentare e aprire all’Europa un’opportunità di leadership.”

La dimensione sociale e culturale del mare

Il sociologo Jean-Pierre Poulain, dell’Università di Tolosa, ha offerto una riflessione più ampia: la pesca come espressione identitaria e culturale. Il legame tra cibo, territorio e turismo costiero, ha spiegato, può rafforzare la percezione del valore sociale del pesce e delle comunità che lo producono.
Un concetto ripreso da Fernando González Laxe, economista dell’Università di La Coruña, secondo cui il piatto di pesce del futuro sarà frutto di un “modello ibrido”, combinando cattura, allevamento e nuove fonti proteiche.

Verso un’agenda condivisa per il futuro

Nel suo intervento conclusivo, Carmen González-Vallés (Sustainable Fisheries Partnership) ha richiamato l’attenzione su un punto essenziale: la stabilità delle risorse marine resta condizione imprescindibile per la sopravvivenza del settore.
Oggi, ha ricordato, il 77% degli sbarchi globali proviene da stock sostenibili, ma persistono aree non regolamentate dove la pesca illegale e non dichiarata (INN) mina la sicurezza delle imprese.
La tendenza, ha detto, dovrà essere “una gestione sempre più basata sulla scienza e sulla collaborazione internazionale”.

Il 13° Congresso FAO-Conxemar-MAPA ha dunque lasciato un messaggio inequivocabile: la pesca sostenibile 2025 non è più un obiettivo futuro, ma una responsabilità collettiva e immediata.
Il Codice FAO, nato trent’anni fa, ha fatto scuola. Ora deve evolvere. Perché la sostenibilità — oggi — non si misura solo nei numeri degli stock, ma nella capacità di unire economia, ricerca, cultura e società sotto lo stesso orizzonte blu.

Foto: Faro De Vigo

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Europêche avverte l’UE: senza fondi dedicati la pesca è a rischio collasso

Europêche avverte l’UE: senza fondi dedicati la pesca è a rischio collasso

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Venerdì scorso, sotto la presidenza danese, si è tenuto a Bruxelles un incontro ad alto livello tra Europêche, il Commissario Costas Kadis e i rappresentanti alla pesca di dodici Stati membri. Un confronto che ha messo a nudo le tensioni profonde che attraversano la filiera comunitaria. Mai come oggi, sostenere il settore della pesca europea appare una sfida cruciale per il futuro del comparto e delle comunità costiere.

Una politica comune senza un fondo non è più una politica

La proposta della Commissione europea per il bilancio 2028-2034 ha lasciato l’industria ittica sgomenta. La dotazione finanziaria destinata alla pesca verrebbe ridotta di due terzi, passando a circa 2 miliardi di euro. Una cifra giudicata insufficiente per affrontare la transizione verde, le sfide tecnologiche e l’urgenza di attrarre nuova forza lavoro a bordo delle flotte.

Secondo Europêche, accorpare i fondi per la pesca in macro-strumenti finanziari condivisi con altri settori significherebbe esporre gli operatori a una competizione impari e privare la Politica Comune della Pesca della sua identità. La riduzione del budget, unita alla libertà concessa agli Stati membri di fissare autonomamente le aliquote d’aiuto, rischia di creare disparità e concorrenza interna, minando uno dei principi cardine dell’Unione: la parità di condizioni.

La richiesta del presidente Javier Garat è stata chiara: il prossimo quadro finanziario deve includere un fondo pienamente dedicato alla pesca, capace di sostenere innovazione, sicurezza sul lavoro e sostenibilità ambientale, senza scaricare tutto il peso delle scelte sui singoli Paesi.

Le opportunità di pesca 2026 e l’equilibrio fragile delle flotte

Se il tema dei fondi preoccupa, quello delle prossime opportunità di pesca rischia di diventare esplosivo. Europêche ha accolto con favore il riconoscimento, da parte della Commissione, dei progressi nella gestione degli stock, ma ha criticato l’impostazione di alcune proposte che prevedono catture zero o riduzioni ulteriori.

Nel Mar Baltico, dove la crisi del merluzzo e dell’aringa è aggravata da fattori ambientali come l’inquinamento, la scarsità di ossigeno e la predazione di foche e cormorani, ulteriori tagli appaiono più simbolici che risolutivi. Nel Mediterraneo, invece, l’industria rivendica gli sforzi già compiuti, con una riduzione dello sforzo di pesca superiore al 40% in pochi anni, chiedendo in cambio giorni di attività aggiuntivi e l’esclusione del gambero rosso dal regime delle quote.

Ancora più teso lo scenario dell’Atlantico nord-orientale, dove le raccomandazioni scientifiche vengono giudicate eccessivamente prudenziali. Le proposte di cattura zero per merluzzo, eglefino e merlano, denunciano le associazioni, avrebbero un impatto devastante su porti e famiglie che vivono di pesca. Europêche invita Bruxelles a non fermarsi alla matematica biologica, ma a valutare anche gli effetti socioeconomici delle decisioni.

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L’Europa tra controlli, accordi e competitività globale

Il confronto di Bruxelles ha toccato anche due dossier delicati: i nuovi accordi commerciali e il rafforzamento delle misure di controllo. L’obiettivo dichiarato è garantire tracciabilità e sostenibilità lungo tutta la filiera, ma il timore del settore è che l’Europa imponga ai propri pescatori regole più severe di quelle applicate ai concorrenti internazionali.

Europêche chiede dunque coerenza: chi esporta prodotti ittici nel mercato europeo deve rispettare gli stessi standard ambientali e di sicurezza alimentare imposti alle flotte dell’Unione. Solo così si potrà parlare di concorrenza leale e di una vera politica di sostenibilità globale.

La responsabilità di non arretrare

Il dialogo con la Commissione è aperto, ma il tempo stringe. Per Europêche, il successo del prossimo bilancio e delle misure per il 2026 dipenderà dalla capacità dell’UE di trasformare le promesse in strumenti concreti. Difendere e sostenere il settore della pesca europea significa proteggere non solo le imprese e i posti di lavoro, ma anche la sovranità alimentare e la presenza marittima del continente.

Perché senza un fondo forte e regole eque, la Politica Comune della Pesca rischia di diventare una cornice vuota: una politica comune senza politica.

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Amazon entra nella grocery con un marchio unico: e il pesce finisce nel mirino

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Amazon, solo pochi giorni fa, ha annunciato il lancio di Amazon Grocery, un marchio unico che riunisce e sostituisce Amazon Fresh e Happy Belly, due etichette private già note ai clienti del gruppo.
Il nuovo brand propone oltre 1.000 prodotti alimentari, dai generi base ai freschi, fino a carne e pesce, con la maggior parte degli articoli a un prezzo inferiore ai 5 dollari.
L’obiettivo, dichiarato dall’azienda, è offrire “qualità e valore senza compromessi” e rendere più semplice la scoperta dei prodotti alimentari a marchio Amazon.

Il lancio segna un ampliamento importante della presenza del colosso di Seattle nel food, sia online che nei punti vendita Amazon Fresh.
Può essere letto come una dichiarazione d’intenti per il mercato alimentare globale: Amazon punta a consolidare un’offerta di prodotti freschi e confezionati sotto un’unica identità, in linea con la crescita costante del proprio comparto grocery.
Tra le categorie centrali figurano anche i prodotti ittici, accanto a carne, latticini, snack e prodotti da forno.

Il packaging è parte integrante della strategia. L’azienda ha ridotto l’uso di plastica — ad esempio, le confezioni di mele Amazon Grocery contengono il 50% di plastica in meno rispetto al passato — e ha introdotto un design più leggibile e trasparente per aiutare i clienti a compiere scelte consapevoli.

La nuova frontiera del private label

L’iniziativa conferma l’intenzione di Amazon di rafforzare la propria strategia MDD (marca del distributore), già diffusa in altri segmenti come la casa, la cura personale e il baby care.
Con Amazon Grocery, la private label entra pienamente nella sfera dei prodotti freschi, un terreno tradizionalmente dominato dai retailer fisici.

Negli Stati Uniti, dove la penetrazione delle MDD è storicamente inferiore rispetto all’Europa, Amazon punta a guadagnare fiducia e volumi grazie al proprio ecosistema: logistica integrata, dati di consumo e un posizionamento di prezzo altamente competitivo.
Ogni prodotto viene presentato con una valutazione media superiore a quattro stelle, a conferma del focus sulla reputazione verificata più che sulla notorietà del brand.

Amazon Grocery e settore ittico italiano: un collegamento inevitabile

A prima vista, un lancio oltreoceano potrebbe sembrare lontano dal contesto italiano. In realtà, i segnali che arrivano dagli Stati Uniti anticipano tendenze destinate a riflettersi anche nel mercato europeo.
Amazon è già presente in Italia con Amazon Fresh, attivo nelle principali aree metropolitane, e dispone di un’infrastruttura logistica che consente la consegna di prodotti freschi e surgelati in giornata.

Se il format Amazon Grocery venisse progressivamente esteso ai Paesi europei, il pesce rientrerebbe naturalmente tra le categorie chiave, accanto a carne e latticini.
Il modello di pricing americano — la soglia dei 5 dollari — si tradurrebbe in Europa in prezzi target tra i 3,99 e i 4,49 euro, con un impatto diretto sui segmenti più esposti del mercato: conserve, surgelati e seafood ready-to-eat.

Per i produttori italiani, significa confrontarsi con una nuova forma di concorrenza che non arriva dal discount ma da un operatore globale capace di combinare convenienza, logistica e reputazione digitale.
In questo scenario, il valore del prodotto non potrà più basarsi solo sull’origine o sul prezzo, ma anche sulla capacità di differenziarsi attraverso tracciabilità, sostenibilità del packaging e storytelling autentico.

Prezzo, qualità e sostenibilità: il triangolo competitivo

Il mercato europeo registra una crescita costante delle MDD: nel 2024 la quota valore ha raggiunto circa il 39% del grocery complessivo, con l’Italia in aumento del 2,4% rispetto all’anno precedente.
La tendenza è chiara: i consumatori riconoscono alle marche private un rapporto qualità-prezzo sempre più convincente.

In questo contesto, Amazon si inserisce come nuovo attore ibrido, in grado di unire la forza del digitale alla percezione di affidabilità tipica dei brand globali.
Il seafood, categoria finora protetta da barriere di filiera e da competenze produttive specifiche, entra così nel radar del commercio elettronico alimentare di massa.

La sfida per la filiera italiana è duplice: mantenere la leadership sulla qualità percepita e presidiare con professionalità i canali digitali.
Ogni recensione, ogni dato di reso, ogni commento del consumatore diventa parte integrante del valore del prodotto, tanto quanto la certificazione ASC, MSC o la provenienza FAO.
In altre parole, la reputazione online diventa una nuova forma di tracciabilità.

Le prospettive per la filiera

Per i produttori italiani di pesce conservato e trasformato, il segnale è chiaro: occorre anticipare i cambiamenti.
Chi lavora solo sul prezzo rischia di essere assorbito nella fascia bassa del mercato, mentre chi saprà comunicare origine, sostenibilità e affidabilità potrà consolidare la propria posizione anche di fronte a un colosso come Amazon.

L’arrivo di Amazon Grocery non va letto come una minaccia immediata, ma come un promemoria: la battaglia per il valore nel seafood non si gioca più soltanto nei supermercati, ma anche sugli schermi dei consumatori.
Chi presidia oggi la narrazione digitale del pesce — dai contenuti di prodotto alle recensioni — definirà il proprio spazio nel mercato di domani.

Il più grande operatore mondiale dell’e-commerce ha scelto di unificare il proprio marchio alimentare, includendo il pesce tra le categorie protagoniste.
Per la filiera italiana è un segnale preciso: il seafood sta entrando nella nuova geografia del grocery globale, dove prezzo, sostenibilità e reputazione contano quanto — e talvolta più — dell’etichetta.

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Stoccafisso e Baccalà: tradizione che si rinnova tra Italia e Norvegia

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Ci sono sapori che attraversano i secoli, resistono alle mode e sanno adattarsi alle nuove abitudini senza perdere autenticità. In Italia, stoccafisso e baccalà appartengono a questa categoria speciale: prodotti che hanno plasmato la cultura gastronomica e continuano a rappresentare un ponte vivo con i mari del Nord.

Secondo i dati diffusi dal Norwegian Seafood Council, l’Italia è oggi il principale mercato mondiale per queste specialità, con importazioni di prodotti lavorati a base di merluzzo che nel 2025 hanno raggiunto un valore di 275 milioni di euro, segnando una crescita dell’11% in volume rispetto all’anno precedente. Un risultato che assume ulteriore significato se si considera che, nello stesso periodo, la Norvegia ha adottato quote di pesca più restrittive per tutelare la sostenibilità degli stock ittici.

Consumi in evoluzione

Lo stoccafisso conferma una tendenza positiva soprattutto nei canali retail, dove la domanda è in crescita e la pressione promozionale si è ridotta. Un segnale che riflette la crescente percezione di qualità da parte dei consumatori. Parallelamente, il baccalà si consolida come prodotto premium: nonostante un prezzo medio superiore, rimane apprezzato per origine e tracciabilità, soprattutto nella grande distribuzione.

Accanto ai piatti iconici delle cucine regionali, trovano spazio sempre maggiore i formati ready to eat e ready to cook. Soluzioni che intercettano nuove fasce di consumatori, attratte dalla praticità ma attente a gusto e autenticità.

Eventi che raccontano un legame

Il ruolo di stoccafisso e baccalà nella cultura italiana non si misura soltanto nei numeri, ma anche nella capacità di animare comunità ed eventi. A Roma, la sesta edizione di Roma Baccalà ha trasformato la capitale in un palcoscenico dove storia, gastronomia e convivialità si sono intrecciate, offrendo al pubblico un viaggio tra tradizione e nuove interpretazioni culinarie.

In Liguria, il borgo di Badalucco ha celebrato la 53ª edizione del Festival dello Stoccafisso, con oltre nove quintali cucinati secondo la ricetta “a Baücogna” nei tradizionali paioli di rame. Una festa che è insieme memoria e futuro: mette in dialogo generazioni, rinsalda comunità e rinnova un legame storico con le isole Lofoten, da dove proviene lo stoccafisso IGP protagonista della manifestazione.

Una tradizione che guarda avanti

Tra cucine domestiche e feste popolari, stoccafisso e baccalà restano ambasciatori di un dialogo gastronomico che unisce passato e futuro. La loro storia continua a intrecciarsi con quella delle comunità che li celebrano: piatti che hanno sfamato generazioni, oggi diventano simboli di identità condivisa e di rinnovata creatività. Non più soltanto eredità di ricette antiche, ma chiavi per leggere come il cibo sappia costruire ponti tra culture lontane, trasformando ogni tavola in un luogo di incontro e di memoria viva.

 

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