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Pesca: da Alleanza Cooperative parte fronte europeo per moratoria a nuovi divieti

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Pesca: da Alleanza Cooperative parte fronte europeo per moratoria a nuovi divieti – I pescatori italiani, insieme ai colleghi croati, francesi e spagnoli e al sindacato europeo dei lavoratori ETF, chiedono ai governi dei rispettivi paesi una moratoria rispetto alle ulteriori misure tecniche e di gestione che la Commissione UE, direttamente o attraverso la CGPM, intende proporre per il prossimo anno.

Lo rende noto l’Alleanza delle Cooperative pesca e acquacoltura (Agci Agrital, Confcooperative Fedagripesca, Legacoop Agroalimentare), promotrice di questo fronte europeo contro nuovi limiti all’attività di pesca.

“Abbiamo ascoltato le nostre marinerie, i problemi dei pescatori, che non sono solo problemi italiani e per questo abbiamo allargato anche alle altre sponde del Mediterraneo questo fronte che si oppone a nuove regole e a ulteriori sacrifici per la pesca. Una scelta condivisa e sostenuta dal ministro Lollobrigida”, sottolinea l’Alleanza.

Il negoziato è alle battute finali e l’augurio della cooperazione è che si concluda assumendo posizioni e decisioni capaci di contemperare, più di quanto non sia accaduto sin qui, le esigenze di una piena ed equilibrata sostenibilità a cominciare dalla componente sociale ed economica.

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Incontro al MASAF: nuove prospettive di partenariato sulla pesca tra Italia e Libia

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Incontro al MASAF: nuove prospettive di partenariato sulla pesca tra Italia e Libia – Ieri a Roma, presso il Masaf, si è tenuto un importante incontro, organizzato dall’On. Aldo Mattia, Presidente del Dipartimento Agricoltura del partito Fratelli d’Italia, tra il Sottosegretario Patrizio La Pietra e una nutrita delegazione italo-libica composta da Gaspare Bilardello, imprenditore e consulente internazionale sulla pesca industriale; dal già Direttore Generale della Pesca del governo libico di Tripoli, Mohamad Hamed Ali Nuttah; dal Vicepresidente del Distretto Produttivo della Pesca e rappresentante della OP Blue Sea del Gambero Rosso di Mazara del Vallo, Gaspare Asaro, e da Sergio Vitale, responsabile del CNR di Mazara del Vallo.

L’incontro segue quello tenutosi a Tripoli all’inizio dello scorso settembre, durante il quale l’OP Consorzio Blue Sea del Gambero Rosso di Mazara del Vallo ha siglato, dopo attenta discussione e sereno confronto, un memorandum d’intesa con soggetti giuridici libici, con i quali sono state elaborate di comune intesa le linee guida di un potenziale partenariato sotto forma di joint-venture. Questo avrebbe come obiettivo l’esercizio della pesca industriale nelle acque libiche, nel rispetto delle normative che prevedono una pesca responsabile e sostenibile, secondo i modelli stabiliti dalla Politica Comune della Pesca (PCP).

La delegazione congiunta ha sottoposto al Sottosegretario La Pietra la richiesta di un concreto intervento politico, finalizzato alla ricerca di soluzioni che consentano in tempi brevi l’accesso alle acque libiche con pescherecci abilitati a campagne di pesca sperimentali. Queste campagne, oltre all’attività di pesca, prevederebbero anche la raccolta di dati sulle catture, utili per lo sviluppo dei piani di gestione che nelle acque libiche (GSA21) non sono mai stati pienamente attuati.

È stato quindi richiesto un intervento politico presso la Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM), con sede a Bruxelles, della quale la Libia è membro, in quanto unica autorizzata a rilasciare le necessarie autorizzazioni.

Il Sottosegretario ha ritenuto interessante l’iniziativa e ha suggerito, assumendosene l’impegno, di inserire la pesca come obiettivo primario nel Piano Mattei per l’Africa, fortemente voluto dal governo Meloni. Ha inoltre proposto di considerare il progetto presentato dall’Organizzazione dei Produttori di Mazara del Vallo, insieme ai partner nordafricani, come progetto pilota da definire nei dettagli all’interno dello stesso programma.

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Permacrisi e resilienza, ma anche più efficienza:
il 2024 del largo consumo in Italia

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Permacrisi e resilienza, ma anche più efficienza:
il 2024 del largo consumo in Italia – Il 2024 sta mostrando quello che tutti gli operatori del largo consumo auspicavano: il riaccendersi della domanda, che ha determinato la ripartenza delle vendite non più solo a valore ma anche a volume. Un trend frutto di molteplici fattori: dall’aumento della pressione promozionale alla crescita della profondità degli assortimenti, passando per la maggior efficienza a scaffale, testimoniata dalla diminuzione del tasso di out-of-stock e della quota di vendite perse. Questo lo scenario delineato e approfondito durante il webinar “Navigare il futuro tra inflazione e cambiamenti nei consumi”, organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con Circana.

«Come ogni anno vogliamo fornire il nostro contributo di analisi e interpretazione dei fenomeni che stanno caratterizzando il largo consumo in Italia» commenta Carolina Gomez, ECR project manager di GS1 Italy. «In questo modo ci proponiamo di aiutare le imprese a conoscere meglio il contesto in cui operano, il livello di servizio che offrono e la capacità di soddisfare il consumatore finale, fornendo loro informazioni di valore che li aiutino nelle loro decisioni strategiche».

Durante il webinar, con Carolina Gomez, Corinna Passaro, retail director di Circana, e Alex Chiesa, retail account executive di Circana, hanno illustrato i tre fenomeni più rilevanti che caratterizzano lo scenario attuale, evidenziando gli aspetti cruciali del 2024 in confronto con gli anni precedenti.

1. Volumi di vendita in ripresa, trainati dalla ricerca di benessere

Il primo bilancio del 2024 mostra segnali di ripresa della domanda. L’analisi di GS1 Italy e Circana evidenzia una lieve, ma significativa, ripresa dei volumi dall’inizio dell’anno (+1,8%), soprattutto nelle ultime settimane: un trend comune a tutti i canali distributivi della GDO (ad eccezione di ipermercati e piccole superfici), anche a parità di rete, che si ripercuote anche sull’aumento delle vendite in valore (+2,3%).
Buone notizie arrivano poi dal rallentamento dell’inflazione (+0,3%) che si accompagna con il ritorno all’attività promozionale, riscontrato in tutti i canali (+1,7 punti percentuali). Cambia, però il vissuto delle promozioni presso gli shopper: non più occasioni per fare scorta, quanto opportunità di contenere lo scontrino della spesa senza rinunciare alle proprie esigenze, a partire da quelle incentrate sullo star bene. Salute, benessere, forma fisica e cura di sé sono infatti i valori su cui gli italiani si stanno concentrando nel 2024, come confermano i trend positivi delle vendite dei prodotti dell’area benessere, in crescita di +33,7% a volume e di +44,7% a valore nell’anno terminante a settembre 2024 rispetto all’anno solare 2019. Al suo interno, il carrello salutistico ha migliorato il giro d’affari di +41,5% e i volumi di +54,7%, mentre quello dell’alimentazione sportiva ha messo a segno +73,7% a volume e +80,5% a valore.

2. Crescita delle private label e dei primi prezzi

Il 2024 vede il consolidamento della crescita della marca privata, arrivata al 30,1% di quota nel mercato totale del largo consumo confezionato. Rispetto al 27,1% del 2019, le private label di strada ne hanno fatta, ma sono ancora distanti dal 38,9% di quota media europea, per cui hanno ancora un buon potenziale di crescita. Lo spostamento dei consumi verso la marca privata penalizza soprattutto i fornitori maggiori (i top 25) e premia la fascia di primo prezzo, la cui quota di mercato è aumentata di +2,8% in 12 mesi, arrivando al 20,1% del giro d’affari del largo consumo confezionato in GDO.

3. Più scelta e più efficienza a scaffale

Gli assortimenti nei punti vendita sono tornati ad ampliarsi (+0,8% annui) arrivando a una media di 9.428 referenze. La crescita assortimentale è guidata da superstore, supermercati e discount. Unico canale in negativo sono i petshop (-1,1%). Di pari passo è migliorato anche il livello di efficienza dello scaffale: il tasso di out-of-stock è sceso rispetto al 2023 (da 3,6% a 3,5%), mentre l’incidenza delle vendite perse è diminuita di -0,2 p.p., fermandosi a quota 4,8%. L’analisi dei trend mensili, però, rivela andamenti disomogenei, con un picco di criticità nel mese di agosto.

La diminuzione del tasso di out-of-stock è maggiore nelle superfici più grandi (-0,1% in ipermercati e grandi supermercati) e accomuna tutti i reparti, con performance sopra media per bevande, fresco e ortofrutta. Si conferma la situazione per le categorie drogheria e fresco, mentre le bevande sono l’unico reparto a peggiorare l’incidenza dell’out-of-stock (+0,1%). Rispetto invece alla diminuzione della percentuale delle vendite perse dovute alla mancanza di prodotti, i più virtuosi sono stati cura persona, ortofrutta e fresco. Guardando i trend nel complesso, è però l’ortofrutta a confermarsi il reparto con il più alto tasso di out-of-stock (10,3%) e di vendite perse (7,3%).

Infine, l’analisi per tipologia di fornitore ha fatto emergere il miglioramento dell’industria di marca in termini di out-of-stock (-0,1%), confermandone la maggiore efficienza rispetto alle private label (rispettivamente 3,4% e 3,7% di tasso di out-of-stock).

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L’intelligenza artificiale a suppoorto del settore ittico

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L’intelligenza artificiale a suppoorto del settore ittico – Chris van der Kuyl, presidente di Ace Aquatec è recentemente intervenuto al Responsible Seafood Summit di St Andrews, Scozia, aprendo un interessante dibattito sul potenziale dell’intelligenza artificiale per l’intero settore ittico e soprattutto per il settore dell’acquacoltura.

Secondo Van der Kuyl l’AI può davvero supportare un settore ritenuto importante per la produzione alimentare mondiale, ma che oggi deve superare grandi ostacoli.

L’imprenditore è fermamente convinto che con l’utilizzo dell’AI sia possibile controllare con maggiore accuratezza la salute dei pesci grazie all’utilizzo di sensori avanzati e algoritmi in grado di esaminare in tempo reale i dati raccolti così da rilevare precocemente malattie e intervenire tempestivamente così da ridurre l’utilizzo di farmaci e migliorando il benessere animale. L’intelligenza artificiale interviene poi nell’ottimizzare l’alimentazione degli animali, gestire la biomassa e monitorare le condizioni ambientali.

“Stiamo vivendo un’epoca di cambiamento senza precedenti e questo cambiamento non sarà mai più così lento”, ha dichiarato Van der Kuy, riferendosi all’evoluzione rapida delle tecnologie. Il focus del suo discorso è stato chiaro: le decisioni guidate dai dati sono la chiave per un futuro più efficiente e sostenibile nell’acquacoltura.

Sono intervenuti al Responsible Seafood Summit, organizzato dalla Global Seafood Alliance e co-ospitato da Seafood Scotland, esperti di oltre 20 Paesi, con l’unico interesse di confrontarsi sulle opportunità e le sfide del settore ittico mondiale. Punti centrali dell’incontro sono stati la crescente competizione per lo spazio marino e la necessità di aumentare la produzione ittica in modo sostenibile.

L’intelligenza artificiale a suppoorto del settore ittico

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Il fallimento delle regolamentazioni UE: ridurre la pesca non salverà i mari

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Il fallimento delle regolamentazioni UE: ridurre la pesca non salverà i mari – Una regola sulla quale sembrerebbe non sia possibile derogare è che il piano di ripristino di un habitat marino non può prescindere da una interruzione totale dello sfruttamento dello stesso per un periodo almeno pari al suo rinnovamento.

Gli effetti delle leggi e i dei regolamenti emanati dalla UE riguardo la riduzione dello sforzo di pesca di fatto non risolvono e allungano a tempo indefinito il sudetto periodo di ripristino. Ciò avviene perché, continuando ad esercitare l’attività della pesca, anche se si cerca di bilanciarla con misure di gestione sostenibile, non si elimina lo sfruttamento delle specie e, soprattutto, la distruzione delle biodiversità, che al contrario continua inesorabilmente.

Nello specifico, non potendo più le imprese esercitare l’attività se non attraverso l’adozione di misure stringenti, in presenza, fra l’altro, di alti costi di produzione, difficilmente potranno sostentarsi nel breve periodo, tantomeno sopravvivere in attesa del ripristino degli habitat.

Chi dice il contrario, dice il falso o forse, in malafede, attende che siano le stesse imprese a decretare la loro fine, illudendole che con siffatte regolamentazioni restrittive (riduzione di giorni lavorativi, quote, allargamento delle maglie delle reti, riduzione delle potenze motori, parchi naturali, etc etc ) possano sopravvivere in attesa di tempi migliori. Non è così!

Le soluzioni? Consentire alle aziende un’onorevole uscita di scena in quei luoghi dove l’ecosistema è totalmente compromesso (tipo gran parte del mar Mediterraneo) e regolamentare quelle aree i cui gli habitat non sono ancora compromessi, con seri piani di gestione, un numero adeguato di pescherecci e l’applicazione, sin da subito, del modello del massimo rendimento sostenibile, ossia il massimo sforzo di pesca nel lungo periodo senza intaccare la consistenza e la capacità di rigenerazione delle popolazioni delle specie bersaglio.

Per soddisfare il fabbisogno, l’inevitabile contrazione della produzione dovrà essere compensata incrementando gli allevamenti che, ironia della sorte, utilizzano ancora oggi tecniche di produzione non sostenibili e ciò non solo per i nutrienti e gli antibiotici somministrati alle specie prodotte.

In molti impianti di allevamento nelle aree del Sud-Est asiatico, per esempio, e in generale nei Paesi tropicali dove l’attività di acquacoltura è maggiormente praticata, l’ulteriore e preoccupante livello di insostenibilità di queste metodologie di produzione è dovuto principalmente al disboscamento delle barriere naturali come le mangrovie. Queste formazioni vegetali, costituite da piante legnose che si sviluppano sui litorali bassi, sono utili non solo per l’assorbimento della CO2, ma anche per fungere da barriera contro l’innalzamento delle acque, dovuto all’aumento del livello degli oceani, causato dai cambiamenti climatici.

La sistematica eradicazione delle mangrovie per fare posto agli impianti di acquacoltura è un allarme lanciato dagli ecologisti e dai biologi marini, i quali prevedono danni ingenti per quelle aree, peraltro densamente popolate, se la deforestazione dovesse continuare con l’intensità attuale.

Ovunque si guardi, i problemi sembrano davvero insormontabili.

Il fallimento delle regolamentazioni UE: ridurre la pesca non salverà i mari

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