Categoria: Pesce In Rete Pagina 2 di 986

Ghiaccio intelligente, pesce più fresco: la tecnologia Glaice conquista il settore ittico

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Ghiaccio intelligente, pesce più fresco: la tecnologia Glaice conquista il settore ittico – Nel trasporto e nella distribuzione dei prodotti ittici, il punto debole è sempre stato il freddo. O meglio: il controllo efficiente del freddo, spesso affidato a sistemi superati, costosi da gestire, poco igienici e soggetti a dispersione. Ma oggi, grazie a soluzioni come quelle sviluppate da Glaice Srls, quell’anello debole si trasforma in un vantaggio competitivo reale per tutta la filiera.

L’azienda siciliana, con sede operativa a Francofonte (SR), ha creato una gamma di prodotti termici intelligenti per la conservazione e il trasporto del pesce, progettati per rispondere alle nuove esigenze di efficienza logistica, qualità, branding e sostenibilità. Il cuore dell’innovazione Glaice è il ghiaccio sintetico Glaice-Gel, un sistema di refrigerazione che supera i limiti del ghiaccio tradizionale e garantisce un controllo termico prolungato, pulito e ottimizzato per ogni tipo di trasporto, dalla piccola spedizione locale fino all’export.

A differenza del ghiaccio convenzionale, il ghiaccio sintetico prodotto da Glaice non si scioglie in acqua: resta solido più a lungo, non bagna, non contamina. Questo significa igiene garantita, conservazione più stabile del pesce, meno sprechi e una drastica riduzione dei costi di pulizia e smaltimento. Le buste refrigeranti riutilizzabili sono progettate per l’impiego industriale e possono essere combinate con buste termiche e box isotermici di ultima generazione, disponibili anche in versioni personalizzabili con il marchio del cliente. Un plus che fa la differenza nei mercati GDO e HORECA, dove l’immagine aziendale e la tracciabilità del freddo sono diventati fattori chiave.

Dal punto di vista tecnico, i materiali impiegati da Glaice garantiscono elevati standard di isolamento termico, in grado di mantenere la temperatura del pescato entro i range critici richiesti dalla normativa, anche in condizioni ambientali difficili. I prodotti sono pensati per integrarsi perfettamente con i sistemi logistici già esistenti, rendendone l’adozione rapida, modulare e scalabile, senza costi di conversione strutturale.

Non è un caso se Glaice sta attirando l’attenzione di cooperative di pescatori, aziende di trasformazione, esportatori e distributori specializzati, che vedono in queste soluzioni non solo un supporto operativo, ma anche una risposta concreta alla crescente domanda di qualità e sostenibilità nella filiera ittica.

L’azienda è attiva anche sul fronte del servizio clienti, con un approccio diretto e flessibile: preventivi su misura, assistenza nella scelta delle soluzioni migliori, possibilità di personalizzare i volumi e i materiali a seconda della destinazione del prodotto (mercato interno, estero, vendita al dettaglio o ingrosso).

In un momento storico in cui il mercato ittico è chiamato a fare un salto di qualità su tutta la linea – tracciabilità, logistica, valore aggiunto – Glaice si propone come partner strategico, capace di accompagnare le imprese in una transizione fredda, ma intelligente. Una transizione dove la tecnologia del freddo smette di essere solo una spesa e inizia a generare valore.

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Adriatico, due pesi e due misure. Il paradosso della pesca al pesce azzurro

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Adriatico, due pesi e due misure. Il paradosso della pesca al pesce azzurro – Nel Medio Adriatico, tra le coste delle Marche e dell’Abruzzo, le imprese dedite alla pesca del pesce azzurro, come alici e sardine, si trovano da anni a fare i conti con una disparità di trattamento che grida vendetta. Mentre i pescatori che utilizzano sistemi di pesca a strascico ricevono, seppur con ritardi cronici, indennizzi per i periodi di fermo biologico imposti dalle autorità per il riposo delle risorse ittiche, le piccole imprese che operano con metodi tradizionali per il pesce azzurro restano sistematicamente escluse da qualsiasi forma di sostegno economico. Una situazione che solleva interrogativi sulla coerenza delle politiche di gestione della pesca e sull’equità nei confronti di un settore già messo a dura prova da costi crescenti e regolamentazioni stringenti.

Il fermo pesca, introdotto in Italia circa quarant’anni fa, ha l’obiettivo di tutelare le specie marine favorendone la riproduzione durante periodi critici del loro ciclo biologico. Per il 2025, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) ha previsto specifiche misure di riposo biologico per la pesca a strascico nell’Adriatico. Il decreto stabilisce un’interruzione temporanea obbligatoria per le reti a strascico a divergenti (OTB), reti gemelle a divergenti (OTT) e sfogliare rapide (TBB), con un fondo di indennizzo stanziato attraverso il Fondo di Solidarietà per la Pesca, alimentato sia da risorse nazionali che dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA). Si tratta di una misura che, pur con tempistiche di erogazione spesso lente, garantisce un sostegno economico ai pescatori fermati.
Eppure, per le imprese di pesca del pesce azzurro, che operano prevalentemente con reti a circuizione o sistemi di piccola pesca, non è previsto nulla di simile nonostante anch’esse siano soggette a periodi di fermo nel Medio Adriatico (GSA 17-18). Le ragioni di questa esclusione? Sarebbe doveroso chiedersi se vi siano motivazioni legate alla biologia delle specie o alla gestione delle risorse.
Ragioni scientifiche o alibi burocratici?

Il pesce azzurro, in particolare acciughe (Engraulis encrasicolus) e sardine (Sardina pilchardus), rappresenta una componente fondamentale dell’ecosistema marino adriatico. Studi scientifici, come quelli condotti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dalla FAO, evidenziano che queste specie, pur essendo abbondanti, sono soggette a fluttuazioni significative a causa di fattori ambientali e della pressione antropica. Il riposo biologico è quindi essenziale anche per i piccoli pelagici, tanto che la Raccomandazione UE GFCM/42/2018/8 ne sottolinea l’importanza per la sostenibilità delle popolazioni ittiche nel Mediterraneo. Tuttavia, a differenza delle specie demersali pescate a strascico (come sogliole o gamberi), il pesce azzurro non beneficia di una tutela economica per i pescatori durante i fermi.

La disparità è tanto più grave se si considera la realtà socio-economica delle Marche e dell’Abruzzo, dove la pesca del pesce azzurro sostiene numerose piccole imprese familiari, spesso prive delle risorse per affrontare lunghi periodi di inattività. Mentre i pescatori a strascico possono contare su un indennizzo giornaliero (che nel 2023, ad esempio, ammontava a 30 euro al giorno, erogato nel 2024), i colleghi del pesce azzurro sono lasciati a se stessi, nonostante il loro contributo alla filiera ittica e alla dieta mediterranea.

È tempo che le autorità, a partire dal MASAF, rivedano questa politica discriminatoria ed offrano un’occasione per estendere i fondi anche alla pesca dei piccoli pelagici, riconoscendo il valore ecologico ed economico di questo comparto. Senza un intervento deciso, il rischio è quello di penalizzare ulteriormente un settore già fragile, minando la biodiversità dell’Adriatico e la sopravvivenza di chi vive di questa tradizione.

La scienza chiede sostenibilità, l’equità chiede giustizia: è ora di ascoltarle entrambe.

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DiCaprio esorta l’Australia a chiudere gli allevamenti di salmone

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DiCaprio esorta l’Australia a chiudere gli allevamenti di salmone – Nelle acque scure e profonde del Macquarie Harbour, in Tasmania, nuota una creatura che ha attraversato le ere geologiche, sopravvivendo a cataclismi e trasformazioni epocali. È la razza Maugean, un “dinosauro vivente” che oggi rischia di scomparire per sempre a causa di un nemico moderno: l’acquacoltura intensiva del salmone.

L’allarme è scattato a livello globale quando Leonardo DiCaprio ha condiviso sui social un appello accolto per salvare la razza, sostenendo la petizione della Bob Brown Foundation, che chiede al governo australiano di fermare le attività industriali di allevamento di salmone nel porto di Macquarie. Con lui anche il celebre surfista Mick Fanning, uniti in una battaglia che va ben oltre la Tasmania e mette al centro un tema urgente: la sostenibilità delle pratiche di acquacoltura.

Le immagini postate dall’attore hanno scosso milioni di coscienze. Non si tratta solo della sopravvivenza di una specie, ma della salvaguardia di un ecosistema unico al mondo. Il Macquarie Harbour è stato appena riconosciuto da Re:wild come Key Biodiversity Area, un luogo di straordinaria importanza per la biodiversità del pianeta. E proprio qui, dove la razza Maugean è vissuta indisturbata per milioni di anni, l’espansione degli allevamenti di salmone industriale ha causato un drammatico abbassamento dei livelli di ossigeno, innescando un crollo dell’80% della popolazione della specie tra il 2014 e il 2022.

Il governo australiano, tuttavia, si muove in direzione opposta. Un nuovo disegno di legge potrebbe accecare l’attività degli allevamenti nel porto, mettendo a rischio qualsiasi revisione futura dell’impatto ambientale. Una decisione che appare in netto contrasto con i dati scientifici, che mostrano un ecosistema in bilico, e con la crescente pressione dell’opinione pubblica internazionale.

Nel cuore di questa crisi, la razza Maugean diventa simbolo di un paradosso: l’industria alimentare che, per rispondere alla domanda globale di pesce allevato, compromette la vita di una specie che non esiste in nessun altro luogo sulla Terra. La voce di DiCaprio, con i suoi oltre 60 milioni di follower, ha riportato i riflettori su una vicenda che rischiava di rimanere confinata al dibattito tecnico. Ora diventa una questione globale, un banco di prova per la coerenza delle politiche ambientali in un’epoca in cui la biodiversità è sempre più a rischio.

Nel frattempo, gli scienziati chiedono tempo e ricerca. Non esistono soluzioni semplici, ma una cosa è certa: ignorare i segnali potrebbe voler dire assistere alla prima estinzione di una razza o di uno squalo al mondo direttamente causata dall’acquacoltura.

Chi produce pesce ha una responsabilità enorme. L’industria dell’acquacoltura può e deve cambiare rotta, con investimenti in innovazione, sostenibilità e trasparenza. Perché l’oceano non è solo una fonte di reddito: è la casa della vita.

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Findus conquista il premio Eletto Prodotto dell’Anno 2025

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Findus conquista il premio Eletto Prodotto dell’Anno 2025 – Findus si conferma ancora una volta leader nell’innovazione, conquistando il prestigioso riconoscimento Eletto Prodotto dell’Anno 2025 nella categoria Pesce Surgelato con la sua gamma premium “Tentazioni di Gusto“, una nuova linea di prodotti a base di frutti di mare e crostacei certificati ASC che offrono un’esperienza di gusto e croccantezza unica. Una vittoria che premia l’impegno costante di Findus non solo nella ricerca del gusto e della qualità, ma anche nella selezione di materie prime certificate.

Il mercato del seafood surgelato in Italia rappresenta una fetta significativa del settore, con un valore di 500 milioni di euro nel 2024, pari al 37% del mercato dell’ittico surgelato[1]. In questo scenario, la linea “Tentazioni di Gusto” è stata sviluppata per fornire un’esperienza di gusto unica e sofisticata, perfetta per chi desidera un pasto speciale, sia in famiglia che con gli amici. La gamma include tre speciali referenze: Mazzancolle in Pastella al prezzemolo e limone, Mazzancolle al Gratin con zucchine e timo e Cozze al Gratin con patate e pomodori.

Tutta la gamma “Tentazioni di Gusto” riporta il marchio di acquacoltura responsabile ASC, che garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship CouncilASC, un’organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l’acquacoltura responsabile, definendo criteri ambientali, sociali e di benessere animale che devono essere soddisfatti per ottenere la certificazione. A tal proposito, Findus ha recentemente annunciato il raggiungimento del 100% di prodotti ittici certificati provenienti da pesca sostenibile certificata MSC o da acquacoltura responsabile ASC, consolidando così il suo ruolo di leader di mercato nel segmento del surgelato ittico – con circa 20 mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro[2] – e punto di riferimento nella sostenibilità ittica e nella protezione dei mari, oceani e delle specie che li abitano.

“È una grande soddisfazione per noi di Findus ricevere questo importante riconoscimento, che premia il nostro impegno costante nella ricerca della qualità e dell’innovazione, per portare
sulla tavola dei nostri consumatori prodotti certificati di qualità, con un gusto unico e delle panature e gratinature sfiziose e differenzianti. – ha dichiarato Manuel Rubini, Cluster Head of Marketing Fish Segment Findus – Da oltre 60 anni siamo apprezzati sul mercato e questa per noi è la conferma più importante, frutto di un lavoro di squadra straordinario e della fiducia che i nostri consumatori ripongono in noi”.

“Eletto Prodotto dell’Anno” è il Premio all’Innovazione conosciuto da oltre 38 anni, presente in oltre 40 Paesi nel mondo e attribuito ai migliori nuovi prodotti e servizi lanciati sul mercato italiano. I prodotti e servizi eletti, scelti attraverso una ricerca di mercato svolta da Circana su 12.000 consumatori italiani, sono riconoscibili per l’inconfondibile logo rosso e bianco.

Findus conquista il premio Eletto Prodotto dell’Anno 2025

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Gamberi svizzeri: l’acquacoltura d’alta quota che sfida oceani e pregiudizi

Gamberi svizzeri: l’acquacoltura d’alta quota che sfida oceani e pregiudizi

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Gamberi svizzeri: l’acquacoltura d’alta quota che sfida oceani e pregiudizi – Nel cuore della Svizzera, a Pratteln, esiste un luogo che potrebbe sembrare uscito da un racconto di fantascienza gastronomica: una struttura ad alta tecnologia dove si allevano gamberi d’acqua dolce in modo sostenibile, senza l’ombra di antibiotici o sostanze chimiche. Sì, proprio in una nazione senza sbocco sul mare, a 300 metri sopra il livello dell’oceano. Eppure, qui si produce una delle alternative più pulite e tracciabili ai frutti di mare importati che popolano abitualmente le tavole europee.

L’idea potrebbe sembrare bizzarra: gamberi “alpini” venduti a circa 80 franchi svizzeri al chilo, mentre quelli Black Tiger biologici, congelati e importati, costano quasi il 30% in meno. Ma la differenza non è solo nel prezzo. È una questione di visione.

Eco Prawn Farm rappresenta l’avanguardia dell’acquacoltura chiusa a ricircolo, dove ogni litro d’acqua viene trattato, purificato e reimmesso nel sistema. Qui non ci sono scarichi a mare, zero antibiotici, zero microplastiche e un impatto ambientale pressoché nullo. Le condizioni di allevamento, calibrate al dettaglio, garantiscono benessere animale, un prodotto freschissimo e una qualità che richiama alla memoria i sapori selvatici del passato.

Il paradosso è che, nonostante questi standard elevati, i consumatori svizzeri sembrano ancora esitanti. Secondo la psicologa dei consumi Mirjam Hauser, la causa va cercata nella distanza culturale tra immaginario tradizionale e innovazione tecnologica. Il pescatore sul lago, la mucca nei pascoli, il mercato contadino: sono queste le icone che ispirano fiducia. L’allevamento in vasca ipercontrollata, invece, ancora non seduce.

A complicare il quadro ci pensa anche l’etichettatura alimentare, troppo tecnica e poco narrativa. Quando un consumatore si trova a scegliere tra un gambero “bio del Vietnam” e uno svizzero “a ricircolo”, senza una spiegazione chiara e convincente, il prezzo spesso decide tutto.

Eppure, qualcosa si muove. I ristoratori più attenti stanno iniziando a proporre gamberi e pesci allevati localmente, consapevoli che la scelta di un ingrediente può orientare gusti e coscienze. L’acquacoltura elvetica, che oggi produce circa 1.200 tonnellate di trota e 500 kg di gamberi all’anno, è ancora una nicchia. Ma è una nicchia che guarda lontano, puntando su qualità estrema, rispetto per l’ambiente e tracciabilità assoluta.

Siamo forse di fronte a un nuovo paradigma, dove il prodotto non compete per quantità, ma per coerenza etica? Dove il “chilometro zero” si fa anche “microgrammo zero”? In un mondo stanco di eccessi e opacità, le piccole storie come quella di Eco Prawn Farm potrebbero diventare simboli potenti di una nuova normalità.

Una normalità dove anche in mezzo alle montagne si può allevare il mare.

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