Categoria: Pesce In Rete Pagina 25 di 924

Mitilicoltura: danni milionari e sfide per il settore in Puglia

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Mitilicoltura: danni milionari e sfide per il settore in Puglia – Il settore della mitilicoltura rappresenta una risorsa fondamentale per l’economia della Puglia, in particolare per la zona di Taranto, da sempre un punto di riferimento per la produzione di cozze di qualità. Tuttavia, negli ultimi anni, il settore ha subito gravi danni, mettendo a rischio non solo la produzione annuale, ma anche le prospettive a lungo termine. I dati parlano chiaro: si stima che la perdita per il settore mitilicolo tarantino ammonti a circa 8 milioni di euro, con oltre 9.000 tonnellate di prodotto andato perduto.

L’aspetto più preoccupante riguarda la perdita del 90% del seme, elemento cruciale per la produzione futura. Senza il seme, la produzione del prossimo anno è fortemente compromessa, sollevando preoccupazioni tra i produttori locali e le istituzioni. Il crollo delle attività di mitilicoltura non solo influisce sull’economia locale, ma anche su quella regionale, con ricadute su occupazione e indotto.

Per affrontare la crisi, un incontro recente tra l’assessore all’Agricoltura della Puglia, Donato Pentassuglia, e il commissario straordinario per le bonifiche di Taranto, Vito Felice Uricchio, ha segnato l’inizio di un percorso volto a trovare soluzioni efficaci e durature. Alla presenza di consiglieri regionali e altri attori istituzionali, si è discusso dell’importanza di una visione strategica che possa garantire non solo la ripresa immediata del settore, ma anche la sua sostenibilità nel lungo periodo.

Le audizioni in Commissione Sviluppo Economico del Consiglio regionale pugliese hanno evidenziato la necessità di un coordinamento sinergico tra le varie parti coinvolte. I consiglieri regionali hanno annunciato l’intenzione di presentare iniziative in vista del prossimo bilancio regionale, con l’obiettivo di dedicare maggiore attenzione e risorse alla mitilicoltura. Le soluzioni a breve termine, però, non bastano. Servono investimenti strutturali per garantire la sostenibilità del settore e mitigare i rischi legati ai cambiamenti ambientali, come l’inquinamento e l’acidificazione delle acque, che contribuiscono al deterioramento delle risorse marine.

Taranto, per la sua posizione strategica e le sue tradizioni legate alla pesca e all’acquacoltura, non può permettersi di perdere questo prezioso patrimonio economico e culturale. La mitilicoltura, se adeguatamente supportata, può continuare a essere un volano di sviluppo per l’intera regione.

Mitilicoltura: danni milionari e sfide per il settore in Puglia

 

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Pesca oceanica: l’epopea italiana

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Pesca oceanica: l’epopea italiana – La marineria italiana ha vantato una solida tradizione nella pesca oltre gli stretti, comunemente chiamata pesca oceanica o atlantica. La prima marineria a esplorare le zone di pesca atlantiche fu quella di San Benedetto del Tronto. Agli inizi degli anni ’50, con motopescherecci d’altura (anche navi-fattoria da tremila tonnellate di stazza lorda), la flotta si spingeva a nord fino al Canada e a sud fino alle isole Falkland.

Il compartimento marittimo di San Benedetto del Tronto fece da apripista a molte altre flotte italiane, tra cui quella di Mazara del Vallo. Insieme,  rappresentavano la maggioranza delle imbarcazioni attive lungo le coste dell’Africa Occidentale, in paesi come Mauritania, Senegal, Guinea Bissau, Sierra Leone, Ghana, Nigeria, Angola e Namibia.

Gli anni ’80

Negli anni ’80, l’Italia contava circa 50 pescherecci oceanici che garantivano un considerevole approvvigionamento di risorse ittiche per il Paese, creando posti di lavoro ben retribuiti per centinaia di marinai, italiani e africani. In quegli anni non si parlava ancora di sostenibilità ambientale, in realtà non si avvertiva il fenomeno, per meglio dire non vi era educazione al rispetto dell’ambiente. La gestione delle risorse marine era affidata alla sensibilità dei comandanti dei pescherecci e delle compagnie armatrici, senza una regolamentazione specifica.

In poche settimane, una singola nave poteva arrivare a produrre tra le 300 e le 400 tonnellate di prodotto misto, tra cefalopodi demersali e crostacei. Tuttavia, non tutti rispettavano il mare allo stesso modo. La Comunità Europea, allora agli albori, non regolava ancora adeguatamente gli accordi bilaterali con i Paesi africani. Alcuni armatori, più spregiudicati, riuscivano a stipulare privatamente accordi vantaggiosi con gli Stati africani, consentendo la pesca anche in zone dove essa avrebbe dovuto essere interdetta, come entro le 12 miglia dalla costa.

L’Unione Europea e la globalizzazione

Se oggi le risorse ittiche scarseggiano in queste aree, l’ipersfruttamento degli anni passati ha avuto un peso significativo. Con l’introduzione di limitazioni severe da parte dell’Unione Europea e la globalizzazione, che ha aperto il mercato a prodotti ittici provenienti da tutto il mondo, insieme ai crescenti costi di produzione (specialmente quelli energetici), oltre il 90% delle aziende italiane del settore ha cessato l’attività.

Oggi rimane ben poco dell’epoca d’oro della pesca oceanica italiana. Pochissime imbarcazioni italiane continuano a lavorare in quelle aree. Alcuni operatori preferiscono utilizzare pescherecci battenti bandiere extracomunitarie, ma, nonostante siano consapevoli del danno arrecato all’ecosistema, riescono ancora a far arrivare prodotti ittici in Europa, aggirando divieti e riducendo i costi, spesso a scapito dell’onestà.

Pesca oceanica: l’epopea italiana

 

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Come ti cucino un pesce…alieno

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Come ti cucino un pesce…alieno – Innovare la cucina a base di pesce è un’impresa complessa ma non impossibile, a patto di avere il coraggio di variare un elemento chiave: il pesce!
Spazio quindi in cucina a specie esotiche e originarie dei mari tropicali che vivono oggi nel Mediterraneo nel nuovo manuale della ConfcooperativeRicettario extraterrestre per cucine terrestri’.

È un libro che punta a diventare una pietra miliare nella gastronomia ittica, non perché manchino volumi sulle ricette a base di pesce, ma per il fatto che, per la prima volta, in un testo vengono illustrate metodologie e tecniche di preparazione di piatti con specie ittiche alloctone, originarie dei mari tropicali ma acclimatatesi oggi nel Mediterraneo a causa dei mutamenti ambientali. Come fare quindi per contenere queste specie invasive, che per inciso mettono a repentaglio la biodiversità del Mare Nostrum?
Semplice, ha pensato Confcooperative, associazione delle imprese cooperative italiane: trasformando una criticità ambientale in opportunità…gastronomica! Come? Traducendo in ricette alla portata di tutti (insegnando anche a riconoscerle) le modalità di preparazione e cottura di specie come il pesce scorpione, la triglia tropicale o il pesce pappagallo. Il tutto grazie al nuovo volume ‘Ricettario extraterrestre per cucine terrestri’, pubblicato con il contributo del Masaf attraverso il Piano Triennale per la Pesca e l’Acquacoltura – annualità 2024 e realizzato dai biologi e dagli esperti di Euroacque (www.euroacquecoop.it), cooperativa di ricerca ittica e indagine ambientale.

Ricette per chef di ogni livello

Il testo, che verrà reso disponibile online su richiesta, nei prossimi mesi, sui siti istituzionali tra i quali quello del C.I.R.S.PE. (www.cirspe.it), ha il duplice scopo di contribuire al contenimento di specie ittiche dannose per gli equilibri del Mediterraneo promuovendone il consumo, nonché informando i consumatori sulle caratteristiche organolettiche e sui benefici per la salute derivanti dal consumo pesci che normalmente non vivrebbero nei nostri mari.

“Il volume insegna innanzitutto a riconoscere le specie alloctone che sempre più spesso compaiono sui banchi di vendita del pesce dei nostri mercati, dopodiché passa alla presentazione delle ricette realizzabili con questi pesci inediti per ciò che concerne l’offerta del mercato ittico – spiega Cristina Lo Fazio, presidente di Euroacque, realtà di ricerca incaricata di redigere il manuale -. Si tratta di specie tropicali quali ad esempio il pesce scorpione, il pesce coniglio o il pesce pappagallo, probabilmente giunte nei nostri mari attraverso il canale di Suez e successivamente individuate dai biologi e dagli esperti del comparto pesca in numerosi siti mediterranei. Sono pesci che alterano o potrebbero alterare gli equilibri dell’ittiofauna locale, e come tutte le specie ittiche sono di complessa eradicazione. Era quindi una sfida complessa quella che abbiamo affrontato raccogliendo l’invito di Confcooperative nell’ideare un progetto che contribuisse a ridurre la presenza di queste specie nel Mediterraneo, e la soluzione più semplice ed efficace ci è sembrata appunto quella di informare meglio i consumatori sulle novità dell’offerta ittica e di portare poi questi pesci…in cucina!”.

Le pagine del volume ‘Ricettario extraterrestre per cucine terrestri’, di agile consultazione e con una ricca iconografia, accompagnano dunque il lettore alla scoperta e al riconoscimento di pesci che normalmente non possono essere visti dai consumatori italiani, se non facendo un tuffo nei mari tropicali. Dopodiché si passa alla preparazione delle diverse specie prese in considerazione, tra le quali non può mancare il famigerato granchio blu, per pulirle correttamente prima di metterle in pentola.

Il capitolo dedicato alla fase dei fornelli prende ispirazione da ricette asiatiche e sud americane in quanto queste specie sono già sedimentate nella loro cultura culinaria. È stato infine fatto un lavoro di adattamento a gusti e sapori più mediterranei studiando alternative e sostituzioni ad ingredienti più tropicali.

“Il nostro auspicio è che queste specie alloctone possano diventare da problematiche ad opportunità economica grazie al loro utilizzo in cucina, contribuendo così ad ampliare la cultura gastronomica marina e a mettere in campo concrete azioni di recupero della biodiversità dell’ittiofauna mediterranea – conclude la presidente di Euroacque, Cristina Lo Fazio -. Con il mutare delle abitudini alimentari causate da cambiamenti dell’ambiente questi pesci oggi semisconosciuti, e magari disprezzati, potranno essere un domani essere impiegati stabilmente in ambito gastronomico e, chissà, entrare anche a far parte dei consueti menu dei nostri ristoranti”.

Come ti cucino un pesce…alieno

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Aquaculture Stewardship Council (ASC) sviluppa il suo impegno in Italia

Aquaculture Stewardship Council (ASC) sviluppa il suo impegno in Italia

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Aquaculture Stewardship Council (ASC) sviluppa il suo impegno in Italia – L’organizzazione internazionale Aquaculture Stewardship Council (ASC), realtà indipendente e senza scopo di lucro nata nel 2010 nei Paesi Bassi, ha deciso di incrementare il suo impegno in Italia con nuovi investimenti e nuove risorse professionali per coinvolgere sempre più la filiera dell’allevamento ittico, sensibilizzare la componente retail e comunicare ai consumatori i valori che caratterizzano e distinguono la propria certificazione.

La certificazione ASC costituisce infatti il principale schema di riferimento per l’acquacoltura responsabile a livello internazionale (l’unico conforme al codice ISEAL), perché ha gli standard più solidi, con requisiti rigorosi, basati su dati scientifici e misurabili da soddisfare.

La scelta di rivolgere maggiori attenzioni all’Italia scaturisce in risposta a una domanda del settore che si sta ampliando a tutti i livelli, collegata ad un crescente interesse per i benefici globali che derivano dalla riduzione degli impatti ambientali e sociali. In particolare, lo scenario italiano evidenzia una significativa crescita di interesse verso i prodotti di acquacoltura certificata da parte delle insegne della GdO, realtà fondamentali per portare i consumatori a privilegiare prodotti certificati, facilmente identificabili dal relativo marchio ASC.

Altrettanto importante è la maggiore sensibilità della filiera: le questioni di sostenibilità stanno diventando sempre più rilevanti nell’ambito dell’acquacoltura, poiché i produttori iniziano a riconoscere le opportunità commerciali che derivano dal certificare le proprie produzioni.

Sul progetto di sviluppo Italiano di ASC, Barbara Janker, Commercial Director Europe & Asia-Pacific, dichiara: “L’Europa meridionale sta diventando una regione prioritaria per ASC: tradizionalmente incentrata su un largo consumo di pesce e frutti di mare, offre grandi opportunità di crescita per i prodotti ittici certificati e di provenienza responsabile. Siamo entusiasti di iniziare a lavorare con i nostri partner italiani per far crescere ulteriormente la presenza del marchio ASC nella grande distribuzione e per guidare insieme la trasformazione dell’acquacoltura verso una maggiore sostenibilità.”

Il team italiano di ASC è coordinato e diretto da Desirée Pesci, Market Development Manager Italy. Sul compito che l’attende sottolinea: “Vista la crescente domanda in Italia di pesce e frutti di mare prodotti rispettando l’ambiente e i diritti dei lavoratori coinvolti, siamo felici di sviluppare ora il nostro impegno sul mercato italiano e di parlare direttamente ai consumatori in merito all’importanza della sostenibilità nel mondo dell’acquacoltura. Insieme a nostri partner faremo informazione sul significato del marchio ASC e incoraggeremo i consumatori a cercare il marchio verde quando si è al supermercato.”

Rientra nell’impegno del team italiano di ASC promuovere inoltre i rapporti collaborativi con la comunità ambientale e scientifica del nostro Paese. Altrettanto coinvolte saranno quindi altre ONG, istituzioni che si occupano di ambiente e sostenibilità, team accademici e universitari, esperti, associazioni, etc.

L’Italia, Paese al centro del mediterraneo e con oltre 7000 chilometri di coste, può essere fra i protagonisti dello sviluppo dell’acquacoltura responsabile. Un tema che riguarda l’intero futuro del pianeta e dei suoi abitanti. Vi è infatti da considerare che attualmente oltre il 30% dello stock di pesce selvatico mondiale ha raggiunto il limite biologico. Di conseguenza i prodotti ittici catturati in natura non saranno in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare di una crescente popolazione globale. Per questa ragione, già oggi, più della metà del pesce consumato in tutto il mondo proviene da allevamenti ittici e si prevede che la quota aumenterà. (Fonte FAO) La rapida crescita dell’acquacoltura può condurre però ad una cattiva gestione degli allevamenti ittici, all’inquinamento idrico, a danni ambientali locali e a condizioni di lavoro inadeguate. La posta in gioco è molto alta: è importante più che mai che l’allevamento ittico sia gestito responsabilmente, avendo a cuore le persone e il pianeta.

Anche il team italiano, naturalmente, lavorerà applicando i principi e le modalità che hanno reso autorevole nel mondo ASC. Il programma di certificazione si basa su standard che incoraggiano gli allevamenti ittici a ridurre al minimo i principali impatti ambientali e sociali dell’acquacoltura. Gli attuali 12 standard ASC coprono diverse specie ittiche: abaloni, bivalvi (vongole, cozze, ostriche, capesante), pesce piatto, trota d’acqua dolce, pangasio, salmone, branzino, orata, ombrina boccadoro, seriola e cobia, gamberetto, persico, tilapia e pesce di mare tropicale. Inoltre, ASC condivide con MSC (Marine Stewardship Council) uno standard per la produzione di alghe.

Il sistema della Catena di Custodia ASC garantisce la tracciabilità dei prodotti ittici lungo la catena di trasformazione, lavorazione e distribuzione del prodotto. Tutte le aziende nella catena che intendono gestire o vendere prodotti certificati ASC devono avere la Catena di Custodia certificata, grazie alla quale il prodotto finale può essere etichettato e i consumatori possono scegliere prodotti ittici con il marchio ASC, indicatore che sono stati allevati in modo responsabile.

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Tendenze globali nel mercato del pesce bianco

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Tendenze globali nel mercato del pesce bianco – Il mercato globale del pesce bianco, compreso il pollock, il merluzzo e il nasello, ha subito cambiamenti significativi negli ultimi due decenni. Cina, Stati Uniti e Spagna sono in prima linea nella domanda, guidando la crescita del settore con l’aumento dei valori di importazione. Dal 2012, il pollock dell’Alaska surgelato ha dominato le importazioni cinesi, mentre altre specie di pesce bianco, come il merluzzo e il nasello surgelati, hanno registrato tendenze significative in questo mercato.

La posizione della Cina come il più grande importatore di pesce bianco è indiscussa. Dal 2004, il paese ha importato pesce bianco per un valore di 24,6 miliardi di dollari, con il pollock dell’Alaska surgelato in testa alla popolarità. L’aumento delle importazioni di pollock dal 2012 riflette un cambiamento nelle preferenze dei consumatori, e anche il merluzzo e l’eglefino detengono una quota di mercato significativa. Nel 2011, la Cina ha importato eglefino surgelato per un valore di 153 milioni di dollari, un anno di picco per questo prodotto.

Gli Stati Uniti seguono da vicino come secondo maggiore importatore di pesce bianco a livello globale, avendo importato oltre 24,1 miliardi di dollari negli ultimi 20 anni. È interessante notare come i filetti di merluzzo surgelati siano stati la scelta principale per i consumatori americani dal 2012, con un valore di importazione di 610 milioni di dollari registrato nel 2022, il valore più alto. Nonostante un calo nel 2023, gli Stati Uniti continuano a fare affidamento sulle importazioni di merluzzo surgelato e altri prodotti di pesce bianco per soddisfare la domanda interna.

La Spagna, terzo maggiore importatore, ha dimostrato un interesse costante per il pesce bianco, soprattutto dopo la Brexit, che ha posizionato il paese come principale consumatore di pesce bianco nell’Unione Europea. Nel 2023, la Spagna ha importato pesce bianco per un valore di 933 milioni di dollari, con i filetti di nasello surgelati in evidenza, per un valore di 297 milioni di dollari.

Le dinamiche del commercio internazionale, come il divieto degli Stati Uniti sui prodotti ittici di origine russa, hanno creato nuove opportunità per paesi come il Vietnam, che esporta un volume significativo di pangasio. Questa specie, pur non essendo tradizionalmente dominante in alcuni di questi mercati, sta lentamente guadagnando terreno grazie alla sua convenienza e valore nutrizionale.

Il pesce bianco continuerà a essere una pietra miliare del consumo di prodotti ittici in molte regioni, e le fluttuazioni del mercato offrono sia sfide che opportunità per gli esportatori. Con l’aumento della domanda di prodotti ittici sostenibili e diversificati, i paesi dovranno adattarsi per soddisfare le esigenze in evoluzione dei consumatori di tutto il mondo.

Tendenze globali nel mercato del pesce bianco

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