Categoria: Pesce In Rete Pagina 34 di 988

Salmone norvegese a spese dell’UE

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Salmone norvegese a spese dell’UE – “Circa l’80% del mercato di esportazione dei prodotti ittici della Norvegia, in particolare quello del salmone atlantico allevato, é destinato all’UE. L’acquacoltura norvegese, tra le più importanti a livello globale, non sempre rappresenta l’immagine positiva dell’allevamento ittico e dello sviluppo sostenibile e risulta il più grosso concorrente del nostro mercato interno, costituito, per il 75%, da micro e piccole imprese. Pur non essendo la Norvegia un paese membro dell’unione, negli ultimi anni sembra abbia beneficiato di importanti stanziamenti da parte dell’UE, sia in forma diretta che indiretta per progetti di ricerca o collaborazioni nel settore dell’acquacoltura. Ho chiesto quindi alla Commissione, congiuntamente ai colleghi Paolo Borchia (Lega PfE) e Carlo Ciccioli (Fdi Ecr), l’ammontare di questi finanziamenti, e informazioni sulla sostenibilità dell’allevamento di salmoni norvegesi, al fine di promuovere standard più rigorosi nelle importazioni di prodotti ittici provenienti da paesi terzi, cosi da garantire condizioni di concorrenza più eque per i produttori europei.”

A dichiararlo l’eurodeputato Anna Maria Cisint (Lega Patriots for Europe).

Salmone norvegese a spese dell’UE

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Futuro della pesca UE: Europêche incontra il Commissario Kadis

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Futuro della pesca UE: Europêche incontra il Commissario Kadis – L’industria della pesca europea ha compiuto un primo passo cruciale verso il futuro con l’incontro tra Europêche e il Commissario per la Pesca, Costas Kadis. L’obiettivo? Disegnare una rotta chiara per il settore nell’arco della legislatura 2024-2029, bilanciando sostenibilità ambientale, crescita economica e sovranità alimentare.

Europêche ha espresso preoccupazione per il costante calo della flotta, la perdita di posti di lavoro e la crescente dipendenza dalle importazioni ittiche, che coprono ormai oltre il 70% del consumo nell’UE. L’associazione ha ribadito l’urgenza di regole più eque, chiedendo che gli standard di sostenibilità richiesti ai pescatori europei vengano applicati anche ai prodotti importati da Paesi terzi. Una concorrenza sleale rischia di penalizzare l’intero comparto, mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare e la stabilità delle comunità costiere.

Il presidente di Europêche, Javier Garat, ha accolto con favore l’apertura al dialogo dimostrata dal Commissario Kadis, ma ha sottolineato la necessità di azioni concrete e tempestive. La revisione della Politica Comune della Pesca (PCP) rappresenta una finestra di opportunità per modernizzare le normative e snellire la burocrazia che grava quotidianamente sui pescatori.

Un altro nodo critico affrontato durante l’incontro è stata la progressiva restrizione degli spazi marittimi per la pesca, dovuta all’espansione delle aree marine protette e dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore. Europêche ha chiesto un approccio scientifico e bilanciato nella pianificazione dello spazio marittimo, garantendo l’accesso alle zone di pesca tradizionali.

L’associazione ha anche evidenziato la necessità di un piano di modernizzazione della flotta e di finanziamenti adeguati per supportare la transizione energetica verso una pesca a zero emissioni. Tuttavia, senza un supporto economico concreto e una regolamentazione che tenga conto delle reali esigenze del settore, il rischio è di assistere a un ulteriore declino della pesca europea.

Europêche ha poi sollecitato la Commissione a garantire stabilità normativa nelle trattative post-Brexit. L’UE deve agire con direttive politiche chiare e accordi tempestivi per tutelare i propri interessi nelle acque condivise, evitando che Paesi come la Norvegia adottino pratiche commerciali aggressive a discapito dei pescatori europei.

Infine, l’associazione ha ribadito l’importanza di mantenere il settore al centro dell’“Oceans Pact” dell’UE. La pesca non è solo una fonte di cibo, ma un pilastro dell’economia marittima europea, un elemento essenziale per le diete sane e la tutela delle comunità costiere. Il futuro della pesca nell’UE dipende da politiche pragmatiche, investimenti mirati e un reale impegno verso un settore resiliente e competitivo.

L’incontro con il Commissario Kadis segna un punto di partenza, ma la rotta verso un nuovo equilibrio è ancora tutta da tracciare.

Futuro della pesca UE: Europêche incontra il Commissario Kadis

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Nuove opportunità per l’allevamento dei ricci di mare negli USA

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I ricci di mare piacciono ovunque. In Italia li adoriamo in tutte le salse, dal crudo puro alla pasta che sa di mare. Ma anche negli Stati Uniti non scherzano: il loro mercato è in crescita, e gli esperti guardano con sempre maggiore interesse al potenziale economico dell’allevamento di questi echinodermi.

Coleen Suckling, ricercatrice presso l’Università del Rhode Island, sta portando avanti un progetto innovativo: dimostrare che i ricci di mare possono non solo fornire un reddito aggiuntivo agli allevatori, ma anche migliorare l’efficienza delle produzioni esistenti. L’idea alla base? I ricci di mare, spesso considerati parassiti dagli operatori del settore, potrebbero invece rivelarsi preziosi alleati, contribuendo a ridurre il biofouling nelle gabbie di capesante e molluschi.

L’iniziativa, sviluppata in collaborazione con il Centre for Cooperative Aquaculture Research (CCAR) dell’Università del Maine, punta a fornire semi di ricci gratuiti agli allevatori, insieme a consulenze specialistiche per supportarne l’inserimento negli impianti di acquacoltura. Un modello di cooperazione tra ricerca e industria che sta già dando risultati promettenti. “Abbiamo visto sempre più produttori includere i ricci di mare nelle loro richieste di permessi per nuove attività di allevamento” spiega Suckling. “L’interesse sta crescendo e il settore inizia a cogliere le opportunità offerte da questi organismi.”

Ma non si tratta solo di business. Con il cambiamento climatico che minaccia gli ecosistemi marini, Suckling e il suo team stanno studiando strategie per rendere i ricci di mare più resistenti alle variazioni ambientali. Testando diversi livelli di temperatura e pH, vogliono identificare le condizioni ottimali per garantire una produzione sostenibile anche in futuro.

“Il Golfo del Maine si sta riscaldando a un ritmo allarmante. Siamo in una delle cinque regioni del mondo più colpite dai cambiamenti climatici e dobbiamo trovare soluzioni per garantire la resilienza dell’industria acquicola” sottolinea l’esperta.

L’idea di trasformare un organismo considerato un problema in una risorsa chiave per la crescita economica e la sostenibilità ambientale sta prendendo piede. E chissà, magari un giorno gli Stati Uniti diventeranno protagonisti del mercato globale dei ricci di mare, sfidando la nostra tradizione mediterranea. Di certo, quello che oggi sembra un settore di nicchia potrebbe presto diventare una delle nuove frontiere dell’acquacoltura internazionale.

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Tiozzo: rivedere PCP per combattere dumping Extra-Ue

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Tiozzo: rivedere PCP per combattere dumping Extra-Ue – “Solo nell’ultimo bando per l’arresto definitivo, in Italia sono state presentate oltre 1000 domande di rottamazione pescherecci che superano di molto i 74milioni di euro messi a disposizione dalla Ue per far cessare l’attività. Con una flotta europea e italiana che sta lentamente scomparendo a causa di normative inadeguate e concorrenza sleale da parte di Paesi extra-UE è necessario rivedere la Politica Comune della Pesca (PCP) nel segno di una sostenibilità economica, sociale e ambientale. Nei prossimi dieci anni c’è bisogno, infatti, di aumentare di almeno il 30% il numero degli operatori ittici lungo tutta la filiera per garantire la sopravvivenza della pesca italiana che invecchia e fatica a trovare addetti”.

Lo dice Paolo Tiozzo, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca a margine di incontri istituzionali organizzati a Bruxelles in occasione dell’Anno Internazionale delle cooperative proclamato dall’ONU per la seconda volta nella storia.

“Misure per favorire la transizione energetica e la decarbonizzazione dei pescherecci, ma anche la modernizzazione visto che l’età media della flotta è di 31 anni. Contrasto ai cambiamenti climatici e alle specie aliene, dal granchio blu al vermocane, che stanno mettendo in ginocchio le economie di interi territori. La necessità di normative comunitarie più calate sulle realtà produttive delle diverse marinerie. A questo bisogna dare risposta in Europa per far uscire l’economia ittica dal guado e rilanciare il ricambio generazionale. Nell’ultimo decennio la nostra flotta peschereccia ha fatto registrare a un -21%”, conclude Tiozzo.

Tiozzo: rivedere PCP per combattere dumping Extra-Ue

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La pesca al centro del Patto UE per gli oceani, l’appello del settore

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La pesca al centro del Patto UE per gli oceani, l’appello del settore – Il futuro della pesca europea si gioca su un equilibrio delicato tra sostenibilità, economia blu e politiche comunitarie. Durante un’udienza pubblica del Comitato economico e sociale europeo (CESE), Tim Heddema, vicepresidente di Europêche, ha ribadito l’importanza di garantire alla pesca un ruolo chiave nel Patto UE per gli oceani, l’iniziativa politica lanciata dalla presidente Ursula von der Leyen che verrà presentata alla terza conferenza ONU sugli oceani a giugno 2025.

Il settore ittico rappresenta un pilastro per la sovranità alimentare dell’UE, contribuendo a diete sane, alla tutela degli ecosistemi marini e al sostentamento delle comunità costiere. Tuttavia, il 70% dei prodotti ittici consumati in Europa proviene dall’estero. Secondo Heddema, il Patto UE per gli oceani deve colmare questo divario produttivo, garantendo che i prodotti ittici importati rispettino gli stessi standard di sostenibilità richiesti alla flotta europea.

L’industria ittica dell’UE ha già compiuto passi significativi nella riduzione dell’impatto ambientale, abbattendo del 52% le proprie emissioni e investendo in tecnologie innovative, come attrezzi da pesca avanzati e motori a basso consumo energetico. Nonostante ciò, le comunità di pescatori devono affrontare sfide sempre più gravose: crisi energetica, Brexit, regolamentazioni complesse e difficoltà di ricambio generazionale.

Un nodo cruciale è la pianificazione dello spazio marittimo, che deve garantire la coesistenza equilibrata tra la pesca e altri settori marittimi emergenti, come l’eolico offshore. Per Europêche, i pescatori devono avere un posto al tavolo decisionale per tutelare le zone di pesca tradizionali ed evitare impatti socio-economici negativi.

La governance degli oceani deve rafforzarsi per garantire una concorrenza equa e un adeguato supporto finanziario al settore. Il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEMFAF) attuale non è sufficiente a sostenere gli investimenti necessari in decarbonizzazione, innovazione e competitività. Inoltre, il recente taglio di 105 milioni di euro al budget 2025-2027 rischia di compromettere gli obiettivi di sostenibilità promossi dall’UE.

Europêche chiede un’azione politica concreta per valorizzare il settore come asset strategico per l’Europa. Il Patto UE sugli oceani dovrà promuovere politiche di adattamento, semplificare la burocrazia e migliorare l’attrattività della pesca come settore professionale moderno e sostenibile. L’impegno dei pescatori nella raccolta dati per la gestione scientifica delle risorse marine e nei programmi di pesca per i rifiuti è una dimostrazione di quanto il comparto sia già attore chiave nella protezione dell’ambiente marino.

La partita è aperta: l’UE dovrà decidere se riconoscere alla pesca il ruolo che merita nel futuro della blue economy europea o se continuare a dipendere dalle importazioni, lasciando le comunità costiere senza risposte adeguate alle loro esigenze.

La pesca al centro del Patto UE per gli oceani, l’appello del settore

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