Categoria: Pesce In Rete Pagina 35 di 925

Eolico offshore e il suo impatto sulla pesca

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Eolico offshore e il suo impatto sulla pesca  – Mentre l’Italia si avvia verso l’adozione di fonti di energia rinnovabile, l’energia eolica offshore emerge come una soluzione promettente per ridurre le emissioni di carbonio. Tuttavia, questa spinta ha suscitato preoccupazioni tra gli attori del settore della pesca e dell’acquacoltura. L’installazione di parchi eolici nelle acque costiere, pur vantaggiosa per la produzione energetica, pone interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine degli ecosistemi marini e sul futuro del settore ittico italiano.

La preoccupazione non è nuova. Paesi come la Spagna hanno già affrontato una forte opposizione dalle loro industrie di pesca per l’espansione dei progetti eolici offshore. I pescatori avvertono di potenziali sconvolgimenti negli habitat marini, con ripercussioni significative sulle popolazioni ittiche e sulla biodiversità. Al centro della questione vi è il modo in cui queste strutture potrebbero alterare le correnti marine, i livelli di rumore e i percorsi migratori, portando a conseguenze impreviste sia per l’ecosistema che per l’economia locale della pesca.

In Italia, la situazione è sempre più complessa. Il paese ha a lungo fatto affidamento sulle sue regioni costiere sia per il turismo che per la pesca, due pilastri economici che potrebbero entrare in tensione se i parchi eolici venissero costruiti in aree molto trafficate. Le organizzazioni ambientali sottolineano la necessità di rigorose valutazioni d’impatto ambientale, garantendo che questi progetti rispettino le normative nazionali e comunitarie. Insistono sul fatto che la biodiversità marina, già minacciata dalla pesca eccessiva e dall’inquinamento, non può permettersi ulteriori danni dovuti a progetti eolici mal pianificati.

Il settore della pesca italiano solleva punti critici riguardo alle possibili ricadute economiche. Lo spostamento dalle zone di pesca, l’aumento dei costi operativi e l’incertezza sugli impatti ambientali a lungo termine gettano ombre sul futuro di queste iniziative. Sebbene il governo miri ad accelerare la transizione energetica, i pescatori temono che le loro esigenze vengano messe in secondo piano a favore degli interessi industriali su larga scala.

Tuttavia, questo dibattito pone una domanda cruciale: come si sta preparando l’Italia per l’installazione dell’energia eolica offshore e quali misure sono state prese per bilanciare le necessità energetiche del paese con la conservazione degli ecosistemi marini?

L’Italia deve riflettere su come armonizzare queste priorità, soprattutto mentre si prepara ad assegnare spazi marittimi per i progetti di energia rinnovabile. La collaborazione tra scienziati, ambientalisti e rappresentanti dell’industria è fondamentale. Una pianificazione strategica permetterà uno sviluppo sostenibile, dove sia il settore energetico che quello ittico potranno prosperare.

Eolico offshore e il suo impatto sulla pesca 

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Serve il sostegno politico per superare le sfide dell’acquacoltura in UE

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Serve il sostegno politico per superare le sfide dell’acquacoltura in UE – L’acquacoltura europea si trova in una fase di stagnazione, nonostante il suo ruolo cruciale nella sicurezza alimentare e nella sostenibilità ambientale. Il recente report The EU oceans and fisheries policy, commissionato dalla Commissione Pesca del Parlamento Europeo fornisce approfondimenti chiave sullo stato attuale del settore, identificando le sfide e offrendo raccomandazioni per garantire la sua crescita e diversificazione.

La Politica Comune della Pesca (PCP) viene spesso vista come inadeguata per lo sviluppo dell’acquacoltura, concentrandosi principalmente sulla pesca di cattura. L’acquacoltura occupa un ruolo marginale all’interno di questo quadro politico, il che ne ostacola il potenziale. Per affrontare questa lacuna, il rapporto sottolinea la necessità di strategie più mirate e coerenti, che rispondano alle specifiche esigenze del settore. Il Metodo di Coordinamento Aperto (MAC), delineato nell’articolo 34 della PCP, consente la cooperazione tra gli Stati Membri dell’UE nella governance dell’acquacoltura, ma si basa su linee guida non vincolanti, piani strategici e condivisione di buone pratiche. Sebbene questo approccio favorisca la collaborazione, non riesce a superare le difficoltà persistenti.

Il cambiamento climatico rappresenta una delle principali preoccupazioni, influenzando sia la produttività a breve termine che la resilienza a lungo termine del settore. Inoltre, i crescenti costi di produzione, aggravati da cambiamenti geopolitici, e la crescente concorrenza per lo spazio marittimo pongono barriere significative. La licenza sociale per operare nelle comunità costiere si sta riducendo, rendendo più difficile l’espansione dell’acquacoltura.

Il report propone tre aggiustamenti politici fondamentali. In primo luogo, aumentare l’attenzione sull’acquacoltura all’interno della PCP per raggiungere gli obiettivi ambientali e di sicurezza alimentare dell’UE. In secondo luogo, considerare un riallineamento strategico a lungo termine per mitigare l’impatto del cambiamento climatico, trasformando le sfide in opportunità di crescita sostenibile. Infine, promuovere una migliore coesistenza tra l’acquacoltura, le comunità locali e altre attività economiche legate al mare.

Accanto a queste raccomandazioni, l’economia blu, che integra l’acquacoltura in una strategia marittima più ampia, richiede attenzione. Dal 2007, con l’adozione della Politica Marittima Integrata, questo quadro ha guidato le ambizioni economiche e ambientali dell’UE. Nel 2021, la Commissione Europea ha introdotto un approccio rinnovato per un’economia blu sostenibile, in linea con il Green Deal europeo.

In questo contesto emergono tre sfide principali. La crescente domanda di spazio marino, in particolare per le energie rinnovabili, esercita pressione sugli operatori dell’acquacoltura. Le piccole imprese, spesso carenti di capitali e competenze, faticano ad adattarsi ai processi di decarbonizzazione, creando un panorama competitivo disomogeneo. Inoltre, i produttori extra-UE, non soggetti agli stringenti standard ambientali e sociali dell’UE, creano un ulteriore svantaggio per gli operatori europei.

Per superare questi ostacoli, il report sottolinea la necessità di un supporto diretto per aiutare gli operatori a fronteggiare i cambiamenti climatici e garantire transizioni ecologiche e digitali eque. Incoraggiare la co-ubicazione delle attività marine risulta cruciale per massimizzare l’uso dello spazio disponibile, mentre altre misure efficaci di conservazione basate sull’area (OECM) potrebbero migliorare la protezione della biodiversità senza ricorrere a zone marine completamente protette.

Attraverso l’implementazione di queste strategie, l’acquacoltura europea potrebbe emergere più forte, resiliente e meglio posizionata per contribuire alle economie verde e blu dell’UE.

Serve il sostegno politico per superare le sfide dell’acquacoltura in UE

 

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Rivitalizzare le comunità costiere

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Rivitalizzare le comunità costiere – Negli ultimi anni, il Giappone ha avviato una strategia innovativa per rivitalizzare i propri borghi di pesca costieri, trasformandoli in hub di turismo marittimo. Questi sforzi, guidati dall’Agenzia giapponese per la pesca, sono una risposta alle difficoltà economiche causate dalla diminuzione delle risorse ittiche e dall’invecchiamento rapido della popolazione in molte di queste località costiere. Concentrandosi sulla promozione del turismo legato al mare e sulla diversificazione delle attività economiche, l’approccio giapponese rappresenta un modello interessante per l’Italia, dove condizioni socio-economiche simili minacciano il futuro delle comunità di pesca.

L’iniziativa giapponese, denominata “umigyo” o business marittimo, evidenzia l’importanza di integrare il turismo con le attività ittiche tradizionali. Dodici distretti, tra cui Suttsu, nella prefettura di Hokkaido, sono stati selezionati come aree pilota per questi progetti. Le iniziative mirano a creare infrastrutture turistiche sostenibili, come strutture per immersioni subacquee, esperienze di raccolta di alghe e crociere in barca, oltre a mercati del pesce e strutture ricettive. L’approccio non si limita a promuovere il turismo, ma favorisce anche collaborazioni con le cooperative di pesca locali, permettendo a turismo e pesca di coesistere in maniera equilibrata.

In molti di questi villaggi giapponesi, la dipendenza dalla pesca è diventata insostenibile a causa dell’aumento delle temperature marine e della conseguente migrazione delle specie ittiche. Le basse rese delle catture hanno aggravato le difficoltà economiche, causando una riduzione sia della popolazione che dell’industria. L’intervento del governo giapponese si concentra sul ripristino della vitalità economica, attirando le giovani generazioni in questi borghi grazie al turismo marittimo e alle attività di acquacoltura. Questi sforzi puntano a creare posti di lavoro, generare entrate attraverso esperienze legate ai prodotti ittici e preservare i legami culturali con il mare, modernizzando al contempo l’infrastruttura che sostiene le economie locali.

Anche l’Italia si trova di fronte a una realtà simile, in particolare nelle regioni meridionali e insulari, dove borghi di pesca un tempo fiorenti oggi affrontano il declino dovuto alla sovrappesca, ai cambiamenti climatici e alla concorrenza internazionale. In luoghi le pescherie tradizionali lottano contro una crisi che rispecchia quella giapponese. Le risorse ittiche sono diminuite e molti giovani italiani emigrano verso le città in cerca di opportunità lavorative più stabili, lasciando una forza lavoro sempre più anziana e ridotta.

La ricca storia costiera dell’Italia e il profondo legame tra le sue comunità e il mare offrono un contesto ideale per un cambio di rotta verso il turismo marittimo. Così come accade in Giappone, integrare il turismo nell’economia locale potrebbe portare nuova linfa vitale ai borghi di pesca italiani. Lo sviluppo dell’eco-turismo, di ristoranti specializzati in prodotti ittici e di esperienze dirette, come tour di pesca guidati e raccolta di alghe, potrebbe offrire diverse fonti di reddito. Strutture ricettive costiere e esperienze culinarie – incentrate sulle rinomate tradizioni gastronomiche italiane legate ai prodotti del mare – potrebbero aumentare sia il reddito locale che la conservazione culturale.

L’Italia potrebbe trarre ispirazione dalla ristrutturazione dei quadri giuridici del Giappone per sostenere queste iniziative. Rivedendo le leggi legate alla gestione portuale, l’Italia potrebbe sbloccare nuove opportunità economiche per le proprie comunità costiere, consentendo al turismo marittimo e alla pesca di prosperare insieme. Lo sviluppo di strutture condivise, le joint venture tra operatori turistici e cooperative di pesca e i programmi di formazione supportati dal governo getterebbero le basi per una sostenibilità a lungo termine.

Inoltre, l’integrazione delle nuove generazioni in questa economia marittima è essenziale. Programmi di formazione ed educazione incentrati sulle industrie del mare, sull’ospitalità e sull’acquacoltura sostenibile potrebbero essere fondamentali per attirare nuovi talenti nel settore. Le antiche tradizioni gastronomiche italiane, unite alla crescente domanda di esperienze turistiche autentiche e sostenibili, rendono questo cambiamento non solo fattibile, ma anche promettente.

Il modello giapponese offre spunti preziosi su come i borghi di pesca costieri italiani potrebbero reinventarsi. Abbracciando il turismo, promuovendo i prodotti ittici locali e sviluppando attività marittime eco-sostenibili, l’Italia può affrontare le sfide economiche e sociali che minacciano le sue comunità costiere. Questo cambiamento non solo rivitalizzerebbe questi borghi dal punto di vista economico, ma permetterebbe anche di preservare il loro ricco patrimonio culturale e marittimo per le generazioni future.

Rivitalizzare le comunità costiere

 

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Eolico offshore e pesca: dalla Nuova Scozia al Mediterraneo

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Eolico offshore e pesca: dalla Nuova Scozia al Mediterraneo – Con la crescente spinta globale verso le energie rinnovabili, trovare un equilibrio tra la preservazione ecologica e la crescita economica diventa una questione cruciale, in particolare nei settori della pesca e dell’acquacoltura. L’espansione rapida dell’industria eolica offshore in Nuova Scozia mette in luce queste tensioni, soprattutto per quanto riguarda la protezione di Georges Bank, uno dei più ricchi banchi di pesca della regione, mentre i pescatori esprimono preoccupazioni per l’impatto potenziale delle turbine offshore.

Il disegno di legge 471, attualmente in revisione presso il legislatore della Nuova Scozia, mira a facilitare lo sviluppo di progetti eolici offshore ampliando i mandati regolatori. Tuttavia, leader del settore come Ian McIsaac, presidente della Seafood Producers Association of Nova Scotia, sostengono che il disegno di legge ignora il moratorio di lunga data che protegge Georges Bank. Dal 1980, l’area è stata protetta dallo sviluppo petrolifero grazie alla sua importanza ecologica ed economica, supportando un’industria della pesca fiorente, con specie come pesci demersali, aragoste e capesante.

Georges Bank genera un valore socio-economico significativo per il sud-ovest della Nuova Scozia, contribuendo a oltre l’11 percento dell’occupazione nella regione, con un valore di sbarco del pesce pari a 145 milioni di dollari solo nel 2020. I pescatori sono comprensibilmente cauti riguardo all’introduzione di infrastrutture eoliche su larga scala in un’area così vitale. Essi chiedono emendamenti alla legge che garantiscano che il banco rimanga intoccato dai progetti eolici, simile alle sue protezioni contro l’esplorazione petrolifera.

Il ministro provinciale delle risorse naturali e dell’energia rinnovabile, Tory Rushton, riconosce l’importanza del banco e assicura che i piani attuali escludono le turbine eoliche dalla zona. Tuttavia, il disegno di legge non menziona esplicitamente questa questione, sollevando interrogativi sulle garanzie legali a lungo termine. Rushton mira a superare il sistema dei moratori temporanei, cercando soluzioni permanenti, anche se il meccanismo regolatorio esatto rimane non definito.

Con la crescente domanda globale di energie rinnovabili, regioni come la Nuova Scozia sono chiamate a trovare percorsi sostenibili che preservino ecosistemi cruciali, soddisfacendo al contempo le esigenze energetiche. Il destino di Georges Bank rappresenta un caso di prova cruciale per bilanciare questi interessi concorrenti.

La questione sollevata dai pescatori della Nuova Scozia rispetto alla protezione di Georges Bank si riflette anche nel Mediterraneo, dove gli impianti eolici offshore incontrano resistenze simili. Anche qui, i pescatori esprimono preoccupazioni per l’impatto delle turbine sull’ecosistema marino e sulle risorse ittiche, essenziali per la loro sopravvivenza economica. Recentemente, durante il G7 Agricoltura Pesca ancora in corso a Siracusa, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha riconosciuto queste preoccupazioni, affermando che l’installazione di impianti offshore deve essere bilanciata con la tutela delle attività tradizionali, come la pesca, e con la protezione dell’ambiente marino.

Il Mediterraneo, come Georges Bank, rappresenta una zona cruciale per le risorse ittiche, e la sfida resta quella di conciliare le esigenze di sviluppo energetico con la necessità di preservare ecosistemi marini vulnerabili. Le dichiarazioni del ministro Pichetto Fratin, che ha sottolineato l’importanza di una pianificazione accurata e di un dialogo continuo con le comunità locali, mostrano la consapevolezza di quanto sia delicato questo equilibrio. La gestione di queste sfide, sia nel Mediterraneo che nell’Atlantico, offrirà una lezione importante su come integrare efficacemente energie rinnovabili e protezione degli ecosistemi marini, evitando impatti negativi per il settore della pesca.

Eolico offshore e pesca: dalla Nuova Scozia al Mediterraneo

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Agrifish. Possibilità di pesca per il 2024 e il 2025

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Agrifish. Possibilità di pesca per il 2024 e il 2025 – Il Consiglio “Agricoltura e Pesca” del 23 settembre 2024 ha visto la partecipazione dei ministri della pesca dei Paesi dell’UE per discutere argomenti chiave sulla gestione degli stock ittici condivisi e sulle prospettive per il 2025. Al centro del dibattito, le consultazioni con il Regno Unito e la Norvegia per coordinare la gestione delle risorse ittiche nei rispettivi bacini marittimi.

Dialogo con il Regno Unito: gestione degli stock ittici condivisi

Uno dei temi centrali dell’Afrifish ha riguardato il confronto con il Regno Unito sulla gestione di 81 stock ittici condivisi. Le consultazioni bilaterali, che si terranno tra ottobre e dicembre 2024, mirano a definire le modalità di pesca per l’anno successivo. La cooperazione tra UE e Regno Unito resta fondamentale per preservare la sostenibilità degli ecosistemi marini, soprattutto in vista delle opportunità di pesca per il 2025.

Consultazioni trilaterali con Norvegia e Regno Unito

In parallelo, il Consiglio ha avviato le discussioni sulle imminenti consultazioni con la Norvegia. Questo processo, previsto tra ottobre e dicembre, riguarderà lo scambio di quote e l’accesso alle acque, con l’obiettivo di armonizzare gli interessi economici e ambientali dei tre attori principali: UE, Norvegia e Regno Unito. La gestione degli stock ittici, in particolare quelli dell’Atlantico nord-orientale, rappresenta una priorità assoluta per garantire un equilibrio tra la sostenibilità delle risorse e le esigenze delle flotte europee.

Consultazioni annuali: focus sugli stock dell’Atlantico nord-orientale

Le consultazioni annuali con gli Stati costieri, previste per ottobre, determineranno i totali ammissibili di cattura (TAC) per specie di grande rilevanza commerciale, come sgombro, melù e aringa atlantico-scandinava. Queste decisioni influenzeranno le opportunità di pesca del 2025, fornendo un quadro strategico per la gestione delle risorse ittiche in un’area altamente competitiva.

Sostenibilità ambientale, economica e sociale

Uno dei pilastri del dibattito del Consiglio è stato il bilanciamento tra sostenibilità ambientale, economica e sociale. I ministri hanno fornito alla Commissione europea orientamenti per garantire che le trattative con il Regno Unito e la Norvegia tengano conto di questi tre aspetti. La salvaguardia degli ecosistemi marini deve infatti andare di pari passo con la tutela delle comunità costiere, che dipendono economicamente dal settore della pesca.

Opportunità di pesca e pareri scientifici

Il Consiglio ha valutato le proposte della Commissione europea per l’aggiornamento delle possibilità di pesca per il 2024 e il 2025. Questa proposta si basa su dati scientifici aggiornati e su analisi approfondite della sostenibilità delle risorse ittiche. Tra i temi più discussi, la situazione dell’acciuga nelle acque iberiche dell’Atlantico ha sollevato preoccupazioni, sottolineando l’importanza di un confronto tra i ministri per adottare le misure adeguate.

La posizione dell’Italia e il ruolo del Mediterraneo

Il ministro italiano Francesco Lollobrigida a margine dell’incontro ha evidenziato la “desertificazione delle marinerie” in Europa, con una particolare attenzione al Bel Paese. L’Italia ha subito una riduzione del 40% delle proprie marinerie, ben al di sopra della media europea del 18%.

La concorrenza di flotte extraeuropee, spesso non conformi alle normative dell’UE, rappresenta una minaccia per la sostenibilità del settore in Italia.

Lollobrigida ha sottolineato la necessità di politiche che proteggano la pesca mediterranea, mantenendo al contempo un equilibrio tra esigenze economiche e tutela ambientale.

L’Agrifish di ieri ha rappresentato un momento cruciale per la definizione delle strategie di gestione degli stock ittici del 2025. Le prossime consultazioni con Regno Unito, Norvegia e Stati costieri saranno decisive per trovare soluzioni equilibrate che garantiscano la sostenibilità delle risorse marine e il benessere economico delle comunità costiere europee, con un’attenzione particolare alle sfide del Mediterraneo.

Agrifish. Possibilità di pesca per il 2024 e il 2025

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