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POWER4MED: The Mediterranean’s Green Transition

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The Mediterranean, one of the busiest maritime areas in the world, is now at the center of a crucial challenge: maritime decarbonization in the Mediterranean. Every year, millions of passengers and tons of goods cross its routes, but the environmental cost remains high. Ship emissions impact coastal communities, marine ecosystems, and economic competitiveness.

A complex yet urgent transition

International targets set climate neutrality by 2050 and a 55% emissions reduction by 2030. Within this framework, the maritime sector must speed up its energy transition. Major shipping companies are investing in low-emission technologies, but it is small operators — fishing vessels, commercial boats, and marinas — that face the greatest challenges.

This is where POWER4MED comes in — a project funded by the European Union and co-financed by the European Maritime, Fisheries and Aquaculture Fund (EMFAF). Running from November 2023 to July 2025, with a budget of €798,043 and 80% EU contribution, the initiative provides technical support, practical tools, and targeted training to help maritime SMEs shift to zero-carbon fuels and sustainable technologies.

From research to operational tools

POWER4MED followed a structured, three-phase approach: first collecting data on operators’ needs and available energy options, then conducting pilot studies on infrastructures and vessels, and finally developing six practical toolkits, transition strategies, and a digital support hub — the ECA4Med platform, accessible to anyone interested in applying tested solutions.

This approach successfully combined research, field application, and legacy-building through replicable materials for the fisheries, transport, and maritime tourism sectors.

A greener and more competitive Mediterranean

The project’s impact extends beyond the EU, involving partners from Algeria, Egypt, Turkey, and Libya. According to coordinator Mario Dogliani (SDG4MED), POWER4MED’s strength lies in its focus on practical collaboration among diverse Mediterranean countries, preparing small maritime operators for the environmental transition.

Aligned with the European Green Deal and the Fit for 55 package, POWER4MED demonstrates that even small fleets can play a decisive role in tackling climate change. EU support has been key in strengthening energy partnerships across fisheries and aquaculture, paving the way for a scalable and sustainable model throughout the Mediterranean and beyond.

A shared route toward the future

Maritime decarbonization is not only an environmental goal but also an economic strategy. Sustainable ports and fleets enhance competitiveness, attract investors, and protect coastal communities. The project’s legacy will continue through ECA4Med, the permanent digital hub supporting operators and policymakers in the years to come.

Step by step — ship by ship, port by port, community by community — the Mediterranean is building a model that blends innovation, cooperation, and sustainability.

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Inflazione stabile a settembre, ma il pesce resta un bene sensibile ai rincari

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Secondo le stime preliminari diffuse dall’Istat, i prezzi dei prodotti ittici a settembre 2025 si sono mantenuti su livelli sostenuti, pur in un contesto di inflazione stabile e in lieve rallentamento per la componente alimentare. L’indice nazionale dei prezzi al consumo (NIC) ha evidenziato una variazione del -0,2% su base mensile e del +1,6% su base annua, confermando il dato di agosto.

Il quadro generale mostra dinamiche differenziate tra i vari aggregati di spesa. In particolare, i beni alimentari non lavorati — categoria che include il pesce fresco — hanno rallentato la loro crescita tendenziale, passando dal +5,6% di agosto al +4,8%. In parallelo, gli alimentari lavorati — dove rientrano anche conserve e trasformati ittici — hanno registrato un lieve aumento del ritmo di crescita, dal +2,7% al +3,0%.

Il pesce fresco tra costi e stagionalità

L’attenuazione dei prezzi dei beni non lavorati non implica una discesa immediata dei prezzi del pesce. Il comparto ittico continua infatti a risentire di fattori strutturali come la stagionalità, i costi di trasporto e la gestione del freddo. La variazione congiunturale positiva dei beni alimentari non lavorati (+0,6% rispetto ad agosto) conferma che, nonostante il rallentamento su base annua, la pressione sui costi resta concreta.

La stabilità dell’inflazione di fondo (+2,1%) e la leggera accelerazione dei beni energetici regolamentati (da +12,9% a +14,0%) contribuiscono a mantenere un quadro di equilibrio fragile per i settori che dipendono in modo diretto dai consumi energetici, come la filiera ittica.

Una filiera in attesa di stabilità

L’inflazione acquisita per il 2025 è pari a +1,7% per l’indice generale e +2,0% per la componente di fondo, valori che indicano una fase di stabilizzazione, ma non ancora di pieno recupero. Per il settore ittico, ciò significa che i prezzi restano più alti rispetto ai livelli pre-pandemia, con una domanda che si mantiene prudente e più sensibile alle variazioni di prezzo.

Nel mese di settembre, il “carrello della spesa” ha mostrato una crescita su base annua del +3,2%, in attenuazione rispetto al +3,4% di agosto. Anche in questo contesto, il pesce continua a rappresentare una voce rilevante e ad alta variabilità, influenzata tanto dall’offerta quanto dalle condizioni di mercato internazionali.

Per la filiera, la sfida resta quella di garantire continuità nell’approvvigionamento e mantenere la competitività senza comprimere ulteriormente i margini, in attesa che il rallentamento dell’inflazione si traduca in un effettivo sollievo sui costi di produzione e distribuzione.

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Vongole a 22 mm: la deroga italiana al bivio del voto europeo

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Si torna a parlare di taglia minima delle vongole. Il prossimo 16 ottobre la Commissione Pesca del Parlamento europeo sarà chiamata a votare sull’obiezione presentata da alcuni eurodeputati spagnoli del Partito Popolare Europeo (PPE) contro la deroga alla taglia minima delle vongole a 22 mm, concessa all’Italia dal 2016 e attualmente valida fino al 31 dicembre 2025.

Il contesto della deroga italiana

L’Italia gode di un regime speciale che consente la raccolta delle Chamelea gallina a 22 millimetri, anziché i 25 previsti dal regolamento generale dell’Unione europea. Una misura introdotta per tener conto delle peculiarità biologiche e ambientali del Mare Adriatico, dove le vongole difficilmente raggiungono la taglia standard a causa della minore salinità e della diversa composizione dei fondali.

Le evidenze scientifiche elaborate a suo tempo dal MIPAAF e validate dallo STECF (Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico della Pesca) dimostrano che, nell’Adriatico settentrionale, la maturità riproduttiva delle vongole si raggiunge prima dei 25 millimetri. È su questa base che la Commissione europea ha concesso la deroga, giudicandola compatibile con gli obiettivi di sostenibilità previsti dalla Politica Comune della Pesca.

L’obiezione spagnola e la posizione italiana

L’obiezione, presentata dagli eurodeputati spagnoli Carmen Crespo Díaz, Gabriel Mato e Francisco José Millán Mon, sostiene che la deroga italiana rappresenti un vantaggio commerciale scorretto rispetto agli altri Stati membri che mantengono la soglia dei 25 mm.
Una posizione che però divide lo stesso PPE, perché l’eurodeputata italiana Anna Maria Cisint (Lega), si è schierata contro l’iniziativa spagnola, difendendo la legittimità scientifica della misura e l’interesse delle marinerie italiane.

Le motivazioni inserite nell’obiezione sono del tutto pretestuose – fa sapere l’eurodeputata, membro della Commissione Pesca –. La deroga – secondo Cisint – si fonda su dati scientifici solidi e riconosciuti dalla stessa Commissione europea, che ha valutato con attenzione le condizioni ecologiche del nostro mare. Le vongole dell’Adriatico vivono in un ambiente unico, dove fattori naturali come salinità, sedimenti e nutrienti incidono sulla crescita. Non si tratta di un vantaggio competitivo, ma di un necessario adattamento scientificamente giustificato. Oggi la risorsa è in calo, anche per effetto di fenomeni come la mucillagine e la diffusione del granchio blu. Mi aspetto che, al momento del voto, prevalga il buon senso da parte di tutti i deputati italiani.

L’impatto economico e le preoccupazioni del settore

A quantificare il peso della decisione è Antonio Gottardo, responsabile regionale Legacoop Veneto – Agricole e Pesca, che evidenzia come l’eventuale aumento della taglia minima a 25 mm significherebbe per le nostre imbarcazioni un calo di produttività stimato intorno al 35%, pari a circa 20 mila euro di perdita annua per equipaggio. Le marinerie adriatiche, già alle prese con costi crescenti e condizioni ambientali difficili, non potrebbero sostenere un ulteriore taglio ai margini operativi.

La discussione non riguarda soltanto gli aspetti economici. Gli studi scientifici che hanno portato alla deroga mostrano che la vongola adriatica raggiunge la maturità riproduttiva già intorno ai 18–20 mm: per questo, fissare la taglia minima a 22 mm non compromette la capacità di ripopolamento degli stock, ma garantisce una gestione sostenibile adattata alle condizioni locali. È la linea su cui insistono i consorzi di gestione italiani, che chiedono all’Europa una politica più flessibile e rispettosa delle specificità ambientali dell’Adriatico.

Una decisione cruciale per la filiera

Se l’obiezione degli eurodeputati spagnoli venisse accolta, il rinnovo della deroga verrebbe bloccato e l’Italia non potrebbe estenderla oltre il 31 dicembre 2025. L’attuale regime resterebbe in vigore fino a quella data, ma senza ulteriori proroghe.

Il voto del 16 ottobre rappresenta quindi un passaggio cruciale per la filiera. In caso di bocciatura dell’obiezione, la deroga potrà essere prorogata fino al 2030, come auspicano i rappresentanti italiani in Commissione Pesca e le organizzazioni di categoria.
Difendere la deroga alla taglia minima delle vongole a 22 mm significa salvaguardare un modello di pesca costruito su solide basi scientifiche, capace di conciliare sostenibilità, redditività e specificità ambientali dell’Adriatico.

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Innovazione, sostenibilità e mercato: l’ittico protagonista ad Anuga 2025

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Anche il comparto dell’ittico è protagonista ad Anuga 2025, la fiera mondiale del food & beverage organizzata da Koelnmesse e in corso fino all’8 ottobre a Colonia. L’evento riunisce oltre 8.000 espositori da 110 paesi e più di 140.000 visitatori professionali provenienti da tutto il mondo. In questo scenario, la filiera del pesce porta con sé un messaggio chiaro: il futuro passa attraverso sostenibilità, trasparenza e innovazione.

Una piattaforma per il futuro del food

Il tema centrale di quest’anno, Sustainable Growth, mette al centro la sfida che riguarda tutto l’agroalimentare: crescere senza compromettere l’ambiente e la coesione sociale. Un obiettivo che coinvolge pienamente anche il comparto ittico, dove il bilancio tra qualità, risorsa marina e competitività economica è sempre più complesso.

Il salone tedesco offre un’istantanea del cambiamento in atto. Accanto ai grandi player, emergono startup e imprese medie che sperimentano nuove tecnologie per la tracciabilità, materiali di imballaggio riciclati e linee di prodotto a minore impatto energetico. Nel padiglione Chilled & Fresh Food si respira la direzione del mercato: pesce sostenibile, certificato, comunicato con un linguaggio trasparente.

Proteine alternative e clean label

Anuga 2025 dedica ampio spazio anche al tema delle proteine alternative, ormai non più fenomeno di nicchia ma segmento strutturato del mercato globale. Nel nuovo Anuga Alternatives Pavilion trovano spazio prodotti ibridi a base di pesce e proteine vegetali, o soluzioni create con alghe e micoproteine. L’obiettivo non è sostituire il pescato, ma ampliare l’offerta con un occhio alla sostenibilità e all’evoluzione dei consumi.

Parallelamente cresce l’attenzione per la clean label, sinonimo di trasparenza e fiducia. Etichette più chiare, processi semplificati e ingredienti riconoscibili stanno diventando prerequisiti per la competitività, non semplici plus di marketing.

Dalla tracciabilità alla valorizzazione territoriale

Per l’ittico, la tracciabilità non è più solo una misura di controllo: è un racconto di filiera. Sempre più aziende italiane e mediterranee scelgono di comunicare il valore del territorio e delle pratiche di pesca responsabile come elemento distintivo. Un posizionamento che incontra la domanda crescente di autenticità e identità, soprattutto nei mercati europei e del Nord America.

Il pesce non è più visto solo come prodotto alimentare, ma come vettore culturale e simbolo di equilibrio tra risorsa naturale e innovazione industriale.

Le sfide ancora aperte

Resta il nodo dei costi. La filiera deve fronteggiare rincari energetici, standard ambientali sempre più stringenti e la concorrenza di produzioni extraeuropee con minori vincoli. A questo si aggiunge l’urgenza di rafforzare la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico, due aree ancora fragili in molti distretti italiani.

Nonostante ciò, il messaggio che arriva da Colonia è di fiducia: l’industria ittica ha imboccato la strada della modernizzazione e non intende tornare indietro. La sostenibilità, oggi, non è più un tema da convegno, ma una condizione di sopravvivenza economica.

Un comparto in evoluzione

Anuga 2025 fotografa un settore in movimento, dove le aziende non si limitano ad adattarsi alle tendenze ma provano a guidarle. Il mare, in questo contesto, torna a essere laboratorio di innovazione: un luogo dove si sperimentano nuovi modelli produttivi, commerciali e comunicativi.
Per l’Italia, la sfida sarà continuare a presidiare la fascia alta del mercato, con prodotti di qualità certificata, filiere trasparenti e un racconto autentico del mare Mediterraneo.

Al via dallo scorso 4  ottobre anche per il Distretto della Pesca COSVAP la partecipazione con una delegazione di aziende che presentano le eccellenze del paniere agroalimentare siciliano alla Hall 5.1 – Stand A-008G, che consolida la propria presenza internazionale e il legame tra tradizione e futuro sostenibile del Mediterraneo.

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Esportazioni ittiche norvegesi: settembre in crescita tra Cina, USA ed Europa

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A settembre, le esportazioni ittiche norvegesi hanno raggiunto 17,9 miliardi di corone, segnando un aumento dell’8% rispetto allo stesso mese del 2024. A diffondere i dati è stato il Norwegian Seafood Council, che evidenzia un terzo trimestre da 45,9 miliardi di NOK, in crescita del 4% su base annua, ma segnato anche da criticità strutturali per l’industria.

Cina: la spinta del salmone e dei gamberi

La Cina ha registrato la crescita più dinamica. A settembre, le esportazioni sono aumentate del 39% in valore, pari a 393 milioni di NOK in più. Nel terzo trimestre la crescita cinese ha toccato il 54%. Il salmone norvegese ha conquistato il 65% della quota di mercato, sottraendo spazio al Cile, mentre i gamberi hanno registrato un incremento straordinario: +705% in volume e +1.050% in valore rispetto allo stesso mese del 2024. La domanda è alimentata da segmenti premium come sashimi e retail online.

Stati Uniti: dazi al 15% e diversificazione di specie

Settembre è stato il primo mese intero con dazi del 15% sui prodotti ittici norvegesi destinati agli Stati Uniti. Nonostante la barriera tariffaria, le esportazioni hanno toccato 1,3 miliardi di NOK, +9% su base annua. Granchio reale, trota e sgombro hanno trainato la crescita verso questo mercato; nel complesso di settembre lo sgombro ha segnato +32% in valore, la trota +10%, mentre il granchio reale ha mostrato un forte incremento di valore. Al contrario, il salmone accusa la pressione competitiva: -5% in valore nel trimestre, con una quota scesa al 7,6% del totale export verso gli USA. La combinazione di dollaro debole e prezzi più alti sta riducendo la domanda di salmone fresco intero.

Europa: il ruolo di Polonia, Portogallo e Svezia

L’Unione Europea resta il principale mercato. Per il salmone a settembre i mercati più grandi sono stati Polonia, Stati Uniti e Francia, mentre per l’export complessivo del mese guidano Polonia, Cina e Stati Uniti. Il Portogallo ha consolidato la sua posizione storica nel baccalà, assorbendo l’80% delle esportazioni dall’inizio dell’anno e registrando a settembre un +94% in valore. In Svezia, invece, il calo dei prezzi ha stimolato i consumi interni, con un aumento del 23% nelle importazioni di salmone, in particolare filetti congelati.

Materie prime, quote ridotte e prezzi in tensione

Lo sgombro è stato il prodotto simbolo di settembre, con una crescita di valore di 500 milioni di NOK. Tuttavia, le prospettive sono incerte: l’ICES ha raccomandato una riduzione delle quote fino al 70% per il 2026. Una dinamica simile riguarda il merluzzo, sia fresco che congelato, dove l’aumento dei prezzi all’export (+13% per il selvatico e +17% per l’allevato) riflette la contrazione delle disponibilità.

L’intera filiera deve confrontarsi con un quadro complesso: crescita del valore, ma volumi in calo per diverse specie. Il rischio è un progressivo inasprimento della competizione globale per le materie prime, con impatti diretti sulla sostenibilità economica delle imprese di trasformazione.

Il mese di settembre conferma dunque la resilienza delle esportazioni ittiche norvegesi, ma dietro i numeri positivi si celano tensioni crescenti. Cina e USA si affermano come mercati chiave, mentre in Europa il Portogallo resta pilastro del baccalà. La riduzione delle quote e i prezzi in salita impongono però un adattamento strategico a tutta la filiera internazionale.

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