Categoria: Pesce In Rete Pagina 6 di 988

Obiettivo Net Zero: la sfida che l’industria ittica non può più ignorare

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Obiettivo Net Zero: la sfida che l’industria ittica non può più ignorare – In un contesto globale in cui la sostenibilità è diventata la chiave d’accesso al mercato, anche l’industria ittica – da sempre colonna portante del sistema agroalimentare – si trova di fronte a una svolta epocale. La recente “Navigating Net Zero: A Guide to Customer Expectations”, redatta da Scotland Food & Drink Partnership, è un punto di riferimento imprescindibile per chi intende rimanere competitivo all’interno di un sistema commerciale che richiede sempre più trasparenza, responsabilità ambientale e capacità di adattamento.

Non si tratta più di una questione etica: Net Zero è un requisito commerciale.

Le grandi insegne della distribuzione – da Aldi a Tesco, da Lidl a Morrisons – stanno alzando l’asticella delle aspettative verso i fornitori, imponendo target climatici validati dalla Science Based Targets iniziative (SBTi), strumenti di tracciabilità delle emissioni e linee guida precise su packaging, rifiuti e deforestazione. Il mondo del foodservice segue lo stesso sentiero, come dimostrare gli impegni presi da giganti come Sodexo, Compass Group, Brakes e Sysco .

Questa guida rappresenta un’opportunità di orientamento strategico per tutti i produttori, trasformatori e fornitori – compresi quelli del comparto ittico – che vogliono rimanere sulla cresta dell’onda in un mercato in rapido cambiamento. Il messaggio è chiaro: chi non intraprende oggi un percorso verso la sostenibilità rischia di rimanere escluso domani dai grandi canali distributivi.

Per il settore ittico, in particolare, il tema della sostenibilità non si esaurisce nella tracciabilità o nella certificazione dei prodotti. Oggi si parla di emissioni di Scope 3 (Per il settore ittico, Scope 3 significa ad esempio: emissioni causate dalla pesca del fornitore esterno, quelle legate alla produzione del ghiaccio o del packaging, quelle causate dal trasporto via camion o nave, emissioni del consumatore quando cucina e smaltisce il prodotto), di gestione dei rifiuti lungo tutta la filiera, di riduzione dell’impatto ambientale delle confezioni, di uso responsabile dell’energia e persino di criteri sociali legati alla rendicontazione delle performance ESG (Environmental, Social, Governance).

Alcuni obiettivi contenuti nella guida parlano da soli: riduzioni delle emissioni operative del 60-70% entro il 2030, eliminazione della deforestazione entro il 2025, utilizzo esclusivo di packaging riciclabile o compostabile, dimezzamento dello spreco alimentare entro il 2030. Sono traguardi che i retailer e le multinazionali del foodservice stanno già traducendo in clausole contrattuali e sistemi di valutazione per i fornitori.

Cosa significa tutto questo per le aziende del comparto ittico?

Significa che è arrivato il momento di agire. Di fare rete con esperti di sostenibilità, di misurare la propria impronta di carbonio, di scegliere piattaforme di monitoraggio (come Manufacture 2030 o Mondra ) e di strutturare roadmap di riduzione delle emissioni in linea con i modelli scientifici. Ogni ritardo rischia di diventare un ostacolo commerciale.

In uno scenario dove i buyer della GDO chiedono prodotti buoni, sicuri e sostenibili, non basta più la qualità organolettica o il rispetto delle normative: serve una visione a lungo termine, comunicata con trasparenza e validata con dati.

Chi opera nel settore della pesca e dell’acquacoltura – e ancora di più chi si occupa di trasformazione, confezionamento e distribuzione – ha ora tra le mani una guida concreta per leggere il futuro prossimo. Un documento tecnico, sì, ma con un messaggio potente: il Net Zero non è una moda, è il nuovo standard di mercato .

Il consiglio? Leggere, analizzare e agire. Perché essere parte della soluzione non è più un’opzione. È una necessità per sopravvivere e prosperare.

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Avvio delle attività pilota del progetto Life Lifemuscles

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Avvio delle attività pilota del progetto Life Lifemuscles  – Da oggi, lunedì 24 a venerdì 28 marzo 2025, presso il piazzale del mercato ittico della Cooperativa OP di Pila, sarà operativo l’apparato mobile per il trattamento delle retine usate nella mitilicoltura della Rom Plastica di Chioggia, dando il via alle attività pilota del progetto Life Lifemuscles.

L’iniziativa, cofinanziata dal programma LIFE della Commissione Europea e coordinata da Legambiente, con la partecipazione di partner pubblici e privati, mira a ridurre l’impatto ambientale causato dalla dispersione delle retine di plastica nell’ambiente marino e a promuovere il recupero e il riuso, rendendo più sostenibile il settore della mitilicoltura.

L’apparato mobile, attraverso un processo di macinazione, lavaggio e asciugatura, consentirà di recuperare il materiale plastico (polipropilene) dalle retine usate, che potrà essere riutilizzato per la produzione di nuove retine, secondo i principi di economia circolare.

“Questo progetto innovativo da un contributo importante verso la tutela dell’ecosistema marino e la promozione di pratiche sostenibili nel settore della mitilicoltura”, ha dichiarato Eraldo Rambaldi, Direttore Associazione Mediterranea Acquacoltori (A.M.A.).

Il Direttore del Mercato ittico di Pila, Luigino Pelà, ha aggiunto: “Siamo orgogliosi di avviare queste attività pilota e di contribuire alla creazione di una filiera più circolare e sostenibile”.

Durante la settimana “pilota” sarà possibile assistere alle attività dell’apparato mobile dalle 9:00 alle 15:00, e venerdì ci sarà un evento organizzato con la presenza del Sindaco di Porto Tolle, dell’Assessore Pesca di Porto Tolle e dell’Assessore alla Pesca Regionale Corazzari oltre ad altri funzionari della Regione Veneto.

Dopo Pila, chiarisce il Presidente Federico Pinza, “il prototipo mobile farà tappa a Goro, a La Spezia, in una località nelle Marche, nel Lazio e in Campania per poi trasferirsi a Cagnano Varano”.
A conclusione del tour nazionale il prototipo sarà trasferito in Slovenia per prove pratiche presso miticoltori locali.

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A.M.A., finalmente si può parlare seriamente di ostriche

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A.M.A., finalmente si può parlare seriamente di ostriche – Dopo essere stati travolti da luoghi comuni e preconcetti difficili da sradicare, finalmente, grazie anche all’intervento del Ministro Lollobrigida sulla necessità di adeguamento dell’IVA, dal 22% al 10%, possiamo affrontare il tema delle ostriche in modo serio e informato.
Le ostriche sono spesso considerate un alimento di lusso, riservato a occasioni speciali e a palati raffinati. Tuttavia, c’è molto di più da sapere su questi molluschi affascinanti. Innanzitutto, è importante sfatare alcuni miti comuni.
Pochi sanno che da circa 20 anni è stato avviato l’allevamento dell’ostrica a livello nazionale e negli ultimi anni, grazie all’affinamento delle tecniche di allevamento in sospensione, la produzione è in crescita esponenziale, per il 2025 si stimano oltre 600 ton di prodotto commerciale, di alta qualità e apprezzate anche all’estero.
Molti altri prodotti ittici spuntano prezzi alla produzione e al dettaglio di gran lunga più alti, ma con IVA al 10% invece del 20%. Un esempio eclatante, ma poco conosciuto, e che si commenta da solo riguarda il famoso e ricercato tartufo bianco d’Alba che alla produzione ha un’IVA al 5%.

“Siamo stanchi –  ribadisce il Presidente dell’Associazione Mediterranea Acquacoltori (A.M.A.) Federico Pinza – nel vedere sempre associata l’ostrica allo champagne, quando invece si dovrebbe associarla alle decine di imprese e micro-imprese che lavorano duro, che investendo con un elevato rischio di impresa e che contribuiscono alla diversificazione delle produzioni della molluschicoltura nazionale, in un momento particolarmente difficile per la predazione del granchi blu sulle vongole veraci di allevamento e per le alte mortalità di mitili allevate osservate a fine estate 2024”.

Nel contempo sorprende come, nelle ultime settimane, molti addetti del settore stanno rapidamente sostenendo l’adeguamento dell’IVA sulle ostriche, dopo anni di silenzio e immobilismo.

A.M.A. ha sempre creduto nelle potenzialità dell’ostricoltura nazionale e lo dimostrano i fatti facilmente documentabili:

  • 10 maggio 2014 Cesenatico – AMA è sponsor dell’evento l’ostricoltura – Stato dell’arte e prospettive in Italia -Aspetti tecnici e produttivi giornata di confronto
  • Commissione Agricoltura della Camera 2017 – Proposta congiunta AMA, API e ACI all’adeguamento dell’Iva sulle Ostriche al 10%
  • Aquafarm 2019 – Presso lo stand AMA sono stati invitati i tre principali produttori francesi di giovanili di ostrica concava, per consentire i necessari contatti con i produttori e allevatori italiani
  • Aquafarm 2024 – Presso lo Stand AMA sono stati invitati i principali produttori di ostriche nazionali ed è stato dato risalto all’evento nazionale a La Spezia “Italian Oyster Fest”
  • Commissione Agricoltura della Camera 2024 – Nuova richiesta AMA per l’adeguamento IVA sulle ostriche al 10%
  • Italian Oyster Fest -La Spezia – 2023-2024 – Ama è presente con uno stand e organizza workshop anche sullo sviluppo della produzione nazionale di ostriche
  • Commissione Agricoltura della Camera 2025 – Nuova richiesta AMA per l’adeguamento IVA sulle ostriche al 10%

 

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Boom dell’acquacoltura in Turchia.+800% negli ultimi vent’anni

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Boom dell’acquacoltura in Turchia.+800% negli ultimi vent’anni  – L’acquacoltura turca corre veloce, spingendo il settore ittico a livelli mai visti prima. In appena due decenni, la produzione di pesce in Turchia è passata da 61.163 tonnellate a oltre 547.500 tonnellate nel 2023. Un incremento di quasi l’800% che ha riscritto le regole del gioco nel Mediterraneo, trasformando la Turchia in un hub strategico dell’acquacoltura europea e internazionale. Il settore oggi vale circa 1,7 miliardi di euro, superando la pesca tradizionale ed elevandosi a principale fonte di prodotti ittici del Paese.

A trainare questa crescita ci sono fattori precisi: tecnologia avanzata, politiche di incentivo e una domanda internazionale in continuo aumento. Secondo una recente revisione pubblicata su Reviews in Aquaculture, il successo della Turchia è il risultato di investimenti mirati e strategie lungimiranti. Non è solo una questione di numeri, ma di visione industriale.

Le tre specie chiave – trota iridea, spigola e orata – rappresentano ancora il 97% della produzione, ma lo scenario è in pieno fermento. Si punta sull’espansione dell’offerta con progetti di allevamento per il rombo del Mar Nero e il tonno rosso, mentre la vera star emergente è la trota turca, conosciuta anche come salmone turco, allevata nelle fredde acque del Mar Nero. Solo nel 2023 la sua produzione è cresciuta del 31%, conquistando mercati sempre più esigenti.

Non mancano le innovazioni tecnologiche. Si sviluppano impianti offshore in acque profonde e sistemi a ricircolo (RAS), che garantiscono condizioni ottimali e una produzione più controllata. L’intelligenza artificiale e il machine learning fanno il loro ingresso negli allevamenti: ottimizzano l’alimentazione dei pesci, monitorano la qualità dell’acqua e migliorano il benessere animale, aumentando l’efficienza e riducendo i costi operativi.

Ma la corsa non è priva di ostacoli. Il cambiamento climatico si fa sentire anche qui: il riscaldamento delle acque marine sta mettendo in difficoltà alcune specie sensibili. La risposta? Sistemi di raffreddamento installati nelle gabbie marine del Mar Nero che stabilizzano la temperatura e salvaguardano gli stock.

La sostenibilità è una priorità. La dipendenza da farina e olio di pesce importati ha spinto la ricerca di alternative locali e più ecologiche. Si sperimentano mangimi a base di farine di insetti e sottoprodotti dell’industria ittica per ridurre l’impatto ambientale. Inoltre, la filiera corta si impone come strategia vincente: avvicinare le fabbriche di mangimi ai siti di produzione abbassa le emissioni legate al trasporto e contribuisce a una gestione più green dell’acquacoltura.

Nonostante i risultati impressionanti sul fronte export, il consumo domestico di pesce in Turchia resta sorprendentemente basso: appena 7,2 kg pro capite contro una media mondiale decisamente più alta. Per cambiare rotta, il governo e i produttori privati puntano forte su campagne educative e promozionali mirate ai giovani, raccontando il valore nutrizionale del pesce e le opportunità offerte da una dieta più bilanciata.

L’acquacoltura in Turchia non è solo una storia di successo produttivo, ma l’emblema di un settore che guarda avanti, affronta le sfide ambientali e innova con coraggio. Un modello che l’industria ittica europea osserva con grande attenzione e che può rappresentare un esempio per il futuro sostenibile dell’acquacoltura nel Mediterraneo.

Boom dell’acquacoltura in Turchia.+800% negli ultimi vent’anni

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Una tragedia che scuote il settore ittico. Il caso del salmone contaminato e l’importanza di conoscere chi produce

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Una tragedia che scuote il settore ittico. Il caso del salmone contaminato e l’importanza di conoscere chi produce – Una confezione di salmone affumicato comprata al supermercato. Una cena qualsiasi. Poi la corsa in ospedale, il coma, la diagnosi di Listeria monocytogenes e una vita segnata da danni permanenti. La protagonista di questa vicenda è una donna bolognese di 63 anni. Ma dietro questa storia si cela una tragedia ancora più grande: l’uomo che aveva denunciato le presunte pratiche illegali all’interno dell’azienda ittica che produceva quel salmone era suo marito. Un dipendente che, prima di togliersi la vita nel 2022, aveva più volte espresso la sua preoccupazione per la falsificazione sistematica delle date di scadenza dei prodotti, effettuata con l’ausilio di un phon per rimuovere le etichette originali. Una drammatica coincidenza che lega l’intera vicenda a un’unica, inquietante responsabilità industriale.

Un’inchiesta ancora in corso solleva interrogativi profondi. Perché se da un lato è doveroso raccontare i fatti, dall’altro è urgente offrire risposte. E la risposta oggi più che mai è una sola: conoscere da chi acquistiamo. Fidarsi non è più una questione di marketing, ma di sopravvivenza economica e di reputazione, sia per le aziende che per i consumatori.

Il mercato del pesce affumicato – e non solo – sta vivendo un momento delicato. Chi opera con correttezza e serietà si trova spesso a pagare il prezzo degli scandali provocati da pochi irresponsabili. È il danno peggiore: quello che colpisce la fiducia e semina diffidenza verso un’intera categoria. Eppure, le aziende ittiche che lavorano bene esistono. Sono quelle che investono ogni giorno in sicurezza, certificazioni, qualità, controlli rigorosi. Ma oggi non basta più essere eccellenti: bisogna dimostrarlo. Raccontarsi, mostrare le proprie scelte, aprire le porte di stabilimenti e impianti (fisici e virtuali), raccontare la storia dietro ogni prodotto.

Perché un cliente che sa chi c’è dietro a un marchio, che vede il volto e conosce la filosofia di chi produce quel salmone affumicato o quel filetto di spigola, è un cliente che si fida. E quando la fiducia è forte, gli scandali non trascinano tutti nel fango. Chi ha costruito una reputazione solida regge l’urto, mentre gli altri crollano.

I consumatori vogliono sapere. Le aziende devono essere pronte a rispondere. Parlare di tracciabilità oggi non è più solo una questione tecnica o normativa. È un tema di comunicazione efficace, di relazione, di vicinanza al consumatore. È ciò che distingue un’azienda che resiste e cresce da una che finisce per soccombere ai danni di reputazione.

Il caso di Ancona è una lezione amara, ma anche un’opportunità. Per chi lavora nel settore ittico è il momento di uscire dall’ombra e raccontarsi, prima che siano gli altri – o i fatti di cronaca – a raccontare per loro.

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