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C’è una dipendenza nascosta dell’acquacoltura dal pesce selvatico – L’acquacoltura, considerata una soluzione sostenibile per alleviare la pressione sugli stock ittici naturali, potrebbe in realtà dipendere dal pesce selvatico molto più di quanto si pensasse. Un recente studio pubblicato su Science Advances ha rivalutato l’uso di pesce pescato in natura nei mangimi per acquacoltura, rivelando che l’industria mondiale potrebbe consumare quantità significativamente maggiori di pesce selvatico rispetto a quanto stimato in passato.

La ricerca, condotta da esperti delle Università di Miami e New York e da Oceana, ha esaminato il rapporto tra pesce utilizzato per i mangimi (FI:FO – fish-in:fish-out ratio) e pesce prodotto dall’acquacoltura. Precedenti stime avevano collocato questo rapporto a 0,28, ma la nuova analisi suggerisce che potrebbe essere fino a tre volte superiore per alcune specie carnivore d’allevamento, come salmone e trota. Questo significa che per ogni chilo di pesce allevato, potrebbero essere necessari due chili di pesce pescato in natura.

Una delle scoperte più significative riguarda le specie carnivore, che richiedono grandi quantità di proteine marine per crescere. La dipendenza dell’acquacoltura da fonti di pesce selvatico, inclusi ritagli e sottoprodotti della pesca commerciale, non è mai stata completamente considerata nelle stime precedenti. Questo fenomeno solleva nuove preoccupazioni sulla sostenibilità del settore.

Il team di ricerca ha inoltre considerato l’impatto della mortalità da catture accessorie, ovvero i pesci catturati accidentalmente e restituiti al mare, ma che spesso non sopravvivono. Tali fattori contribuiscono a un consumo ancora maggiore di pesce selvatico rispetto alle stime ufficiali.

Questa revisione dei dati offre un quadro più complesso della produzione di mangimi per acquacoltura e solleva importanti domande sul futuro dell’industria. L’aumento dell’uso di ingredienti alternativi nei mangimi, come proteine vegetali e microalghe, non ha ancora portato a una significativa riduzione della dipendenza dai pesci selvatici. Ciò pone un serio interrogativo sul reale impatto ambientale dell’acquacoltura, soprattutto in un momento in cui il settore offshore sta espandendosi rapidamente.

Le implicazioni di questa ricerca sono profonde. La gestione delle risorse marine e la sostenibilità dell’acquacoltura richiedono una riflessione critica sulle specie da allevare e sugli approcci adottati per limitare il consumo di risorse naturali. I responsabili politici e le parti interessate nel settore ittico dovranno affrontare queste sfide se si vuole che l’acquacoltura mantenga la sua promessa di contribuire alla sicurezza alimentare globale senza esaurire gli ecosistemi marini.

C’è una dipendenza nascosta dell’acquacoltura dal pesce selvatico

 

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