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Cristian Maretti (presidente Legacoop Agroalimentare): «Bene la promozione portata avanti ma c’è da continuare, essere competitivi sui mercati con prodotti a valore aggiunto»
Cala il consumo di pesce sulle tavole degli europei, anche quelle degli italiani, ma si continua a importare pescato dai Paesi extraUe. Anche se questa tendenza sembra essersi invertita tanto che nel 2023 ne è stato importato il 6% in meno. È quanto emerge dal rapporto “Il mercato ittico dell’Ue” di Eumofa (European Market Observatory for fisheries and Aquaculture Products) secondo cui nel 2023, la spesa delle famiglie italiane per i prodotti ittici è aumentata del 6% per arrivare a quasi 13 miliardi, sono stati 62,3 miliardi di euro in tutta Europa, nonostante un calo del consumo domestico del 5%. Nel 2022, il consumo è stato inferiore del 14% rispetto al 2021, mentre nel 2023 è diminuito di un ulteriore 12% rispetto all’anno precedente, per un totale di 245.112 tonnellate. Un calo, secondo Eumofa, dovuto in particolare e al conseguente aumento dei prezzi: l’inflazione ha fatto salire i prezzi al dettaglio che in Italia erano già tra i più alti dell’Ue.
Import in calo
Se nel 2023 l’Unione Europea ha visto un calo del valore, -2%, e del volume, -4%, del commercio di prodotti ittici, l’Ue ha anche importato meno in volume per arrivare a 5,9 milioni di tonnellate, ovvero al di sotto dei livelli pre-pandemia.
Valorizzare il pescato delle marinerie italiane: essere imprenditori
«Si iniziano a vedere i primi frutti del lavoro di valorizzazione e promozione del pesce dei nostri mari, un prodotto quello italiano, pescato secondo le regole, proveniente da una pesca totalmente legale, dichiarata e regolamentata». Ma occorre andare avanti. «Deve essere data continuità con le azioni delle cooperative della pesca, e delle altre imprese, per dare quel giusto riconoscimento di valore aggiunto che hanno le nostre marinerie, piccole realtà, spesso familiari, che portano avanti una tradizione di secoli. Un valore fatto anche di servizi e di trasformazione per poter stare sui mercati in maniera competitiva. E quindi occorre essere anche bravi imprenditori e sapersi confrontare con i mercati e proporre prodotti con valore aggiunto».
La tendenza dei consumi
A proposito di mercato, il rapporto mette in luce come nei quattro Paesi dal consumo nominale di pesce più elevato (Italia, Spagna, Francia e Germania) emergono abitudini di spesa diverse. Le famiglie italiane spendono per il pesce circa un quarto di quanto spendono per la carne. In Spagna, la spesa per i prodotti ittici rappresenta il 31% del totale, poco meno di un terzo della spesa per la carne. In Francia le famiglie spendono meno di un quinto per i prodotti ittici rispetto alla carne, e in Germania circa un settimo.
Crescono i prezzi per l’inflazione, cresce l’acquacoltura
A crescere sono i prodotti dell’acquacoltura. Il 2022 ha registrato un consumo di circa 6,82 chilogrammi di pesce d’allevamento a persona, il più alto dell’ultimo decennio. Per il stesso periodo, il consumo di prodotti selvatici è stato di 16,70 chilogrammi a persona, il minimo dell’ultimo decennio.
La tendenza al ribasso dei consumi delle famiglie, rileva Eumofa, è in gran parte attribuibile all’attuale clima economico e geopolitico, che ha portato a una crescita dell’inflazione e a incidere sul potere d’acquisto dei consumatori al dettaglio. A causa dell’aumento dei prezzi, la spesa delle famiglie per i prodotti freschi della pesca e dell’acquacoltura è aumentata del 6% nel 2022, una tendenza al rialzo iniziata nel 2018. «Il trend di crescita è un segnale che risponde alla ricerca continua e costante da parte delle imprese di acquacoltura di qualità e sostenibilità delle produzioni».
Il valore delle relazioni politiche con i Paesi del Sud del Mediterraneo. «La pesca ha un grande valore, sociale ed economico, che è stato riconosciuto anche grazie al G7 di Ortigia dove è stato evidenziato il ruolo che ha in termini di relazioni politiche con i Paesi del Sud del Mediterraneo. Non dobbiamo disperdere quanto fatto per questo ci dobbiamo impegnare a portare avanti iniziative di promozione del consumo di pesce ad iniziare dalle scuole e dalle mense collettive. Un consumo intelligente che preveda l’impiego anche di quelle specie finora poco apprezzate o conosciute, spesso consumate solo localmente o in determinati ambiti regionali e che hanno ottime caratteristiche specifiche di sapidità e qualità organolettiche», conclude Maretti.
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