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Energia eolica offshore e pesca: intervista al Presidente di AERO – Negli ultimi mesi, il dibattito sull’energia eolica offshore ha assunto toni sempre più accesi, alimentato dalle preoccupazioni provenienti dal settore della pesca. Le associazioni di categoria sollevano critiche riguardo ai possibili impatti negativi sugli stock ittici e sulle attività tradizionali, mentre il comparto delle rinnovabili sostiene che gli impianti offshore possano coesistere con la pesca e, in alcuni casi, addirittura favorirne la crescita.
Per fare chiarezza e individuare possibili punti di equilibrio tra sostenibilità energetica e tutela della pesca, abbiamo intervistato Fulvio Mamone Capria, Presidente dell’Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore (Aero).
L’intervista affronta temi centrali come la coesistenza tra energie rinnovabili e pesca tradizionale, le prospettive per la multifunzionalità del mare e il ruolo della scienza nel garantire un equilibrio sostenibile tra innovazione tecnologica e tutela degli ecosistemi marini.
Presidente Mamone Capria, negli ultimi tempi l’energia eolica offshore è al centro di un acceso dibattito. Come risponde alle preoccupazioni espresse dalle associazioni dei pescatori riguardo ai presunti impatti negativi degli impianti sul settore della pesca?
Mi preme precisare che l’intero settore delle rinnovabili dal mare sta dialogando con molte marinerie locali per informali correttamente sulle tempistiche, gli spazi marittimi impegnati, le ricadute positive e anche le possibilità criticità, aprendo una sorta di dialogo costruttivo e d’ascolto. Purtroppo, le analisi tecniche che alcuni rappresentanti del mondo della pesca hanno elaborato sono fuorvianti, in quanto hanno immaginato che più di 100 impianti di eolico offshore in Italia potessero, a breve, essere realizzati nei mari italiani. Non è così, neanche nel migliore degli scenari.
Quali sono i numeri esatti dell’eolico offshore e qual è la geografia attuale dei progetti approvati in Italia?
In Italia ci sono 129 progetti, per un totale circa 80,5 GW, che hanno fatto richiesta di connessione alla rete di Terna; di questi però, solo per 49 GW, ossia 75 progetti, sono stati accettati i preventivi di connessione di Terna e solo per 20 progetti, per circa 15 GW, è stato avviato l’iter di Valutazione di Impatto Ambientale presso il MASE. È doveroso precisare, pertanto, che degli 84 progetti ai quali fa riferimento l’allarmante comunicato di alcune associazioni di categoria del mondo della pesca, solo una minima percentuale rappresenta l’obiettivo al 2030 e che anche gli scenari più ambiziosi difficilmente prevedono una potenza installata superiore ai 20 GW al 2040. Geograficamente i progetti più ambiziosi si articolano in Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Lazio e nell’Alto Adriatico.
Lei ha dichiarato che la crisi della pesca a strascico è indipendente dall’eolico offshore e strettamente legata invece alla sostenibilità delle risorse marine. Può spiegare meglio questa sua affermazione?
La Commissione Europea ha presentato nel 2023 un Piano d’Azione per la protezione dei fondali marini, anche attraverso l’eliminazione graduale, entro il 2030, della pesca a strascico o con le draghe nelle aree marine protette e per la tutela del 30% dei mari europei. E’ un percorso che, nonostante l’Italia cerchi di opporsi e sottovalutare, punterà ad una riduzione costante delle giornate di lavoro per chi opera la pesca a strascico (che ricordiamo non è una modalità selettiva di prelievo ittico), al divieto di pesca in alcune aree vulnerabili nonché alla riduzione delle flotte attive con incentivi per chi rinuncerà alle licenze di pesca rottamando le proprie imbarcazioni. Non credo che il problema al 2030, quindi, sia quello di veder realizzato qualche progetto di eolico offshore in mare.
Ha parlato di possibili benefici derivanti dagli impianti offshore, come il ripopolamento degli stock ittici e la creazione di nuove opportunità per il comparto ittico. Ci può fornire esempi concreti di queste sinergie positive?
L’attuale sforzo di pesca non è più compatibile con la protezione delle specie ittiche e degli habitat marini. È doveroso comprendere le preoccupazioni di un intero comparto ma è essenziale analizzare le reali motivazioni che hanno determinato una crisi oramai irreversibile e ragionare insieme – così come stiamo facendo con Federpesca e Flai Cgil – per costruire un percorso di confronto vero, fondato sugli effettivi dati progettuali, puntando alla coesistenza di diversi interessi in mare che generi nuovi benefici. Realizzare impianti di eolico in mare significherà consentire ad alcune aree di ripopolarsi di stock ittici oggi quasi o del tutto scomparsi. Un beneficio per i pescatori che potranno proseguire al di fuori di queste aree le loro attività di prelievo. Esistono numerosi studi scientifici che evidenziamo che una progettazione rigorosa, approcci e criteri standardizzati per la valutazione dell’impatto ambientale sono cruciali per lo sviluppo ecosostenibile delle installazioni FOWF. I parchi eolici offshore galleggianti, se adeguatamente pianificati, monitorati e implementati, possono essere ecocompatibili con gli ecosistemi marini e di acque profonde, andando a creare zone di sosta, rifugio, alimentazione e riproduzione per numerose specie ittiche. Un aspetto positivo per la biodiversità, ma anche per le marinerie che all’esterno degli impianti potrebbero beneficiare di questo aumento della risorsa ittica.
Un tema chiave che emerge è quello della multifunzionalità della pesca, con attività complementari come acquacoltura, mitilicoltura e pescaturismo. Come ritiene che queste attività possano essere integrate e valorizzate in collaborazione con il settore delle energie rinnovabili?
Con appositi studi e valutazioni tecniche si potranno costruire progetti di acquacoltura e mitilicoltura in alto mare creando apposite sinergie con i pescatori che vorranno ampliare la loro attività multifunzionale. Sappiamo bene che chi fa strascico e pesca industriale non ha niente a che fare con le iniziative di acquacoltura, ma è anche vero che se vogliamo formare una nuova classe imprenditoriale nel mondo della pesca, tra i tanti giovani che non intendono rischiare e soffrire come chi pesca per giorni con natanti d’altura, dobbiamo puntare a nuove forme di impresa del settore. Il consumo del pesce d’importazione ha raggiunto percentuali incredibili in Italia. Pensare di creare forme cooperative anche coinvolgendo in forme di partenariato, ove possibile, gli stessi imprenditori delle rinnovabili, con credibili e ambiziosi progetti di allevamento sostenibile, potrà solo che arricchire le imprese della pesca e accrescere la loro rilevanza e competitività nazionale.
Molti pescatori temono una riduzione delle zone di pesca a causa degli impianti offshore. Quali misure concrete possono garantire una reale coesistenza tra energia rinnovabile offshore e le attività di pesca tradizionale?
Come abbiamo detto in precedenza, la riduzione delle aree di pesca a causa degli impianti offshore è irrilevante. Tenendo presente che molti pescatori, per metodologia di pesca, neanche si avventurano a 10/12 miglia dalla costa, laddove l’area di un impianto di eolico offshore coincida con un’area di sfruttamento della pesca a strascico, è ovvio che siamo disponibili a confrontarci per trovare le soluzioni più idonee per contemperare le esigenze di produzione di energia pulita con le attività di pesca. Ma va studiato caso per caso, senza ingigantire uno scenario che, dal nostro punto di vista e lo ribadiamo, non è preoccupante per il settore ittico.
Quanto è rilevante l’approccio scientifico per rassicurare i pescatori e assicurare un equilibrio tra innovazione tecnologica e la salvaguardia degli ecosistemi marini?
Di fronte ad un evidente e preoccupante cambiamento climatico serve sempre un approccio scientifico e non ideologico quando si parla di una risorsa unica e preziosa come il mare, che dà ossigeno e cattura la CO2. Proprio per questi motivi la gran parte dei nostri soci ha avviato campagne di scoping, che non sono altro che verifiche preliminari che hanno la finalità di definire i riferimenti concettuali e operativi attraverso i quali si elaborerà la valutazione ambientale. In particolare, nell’ambito di questa fase vanno stabilite indicazioni di carattere procedurale (autorità coinvolte, metodi per la partecipazione pubblica, ambito di influenza, metodologia di valutazione adottata, ecc.) e indicazioni di carattere analitico (presumibili impatti attesi dall’attuazione del Piano, analisi preliminare delle tematiche ambientali del contesto di riferimento e definizione degli indicatori). Chi ha realizzato i nostri scoping sono i migliori biologi marini italiani afferenti alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, al Conisma e alle maggiori Università italiane con discipline legate allo studio del mare. Una garanzia sulla conoscenza dei nostri mari e dei fondali che porterà benefici all’intera comunità scientifica e anche al mondo della pesca in quanto sono state attivate, anche per mezzo di tanti nostri soci specializzati nelle survey marine e nei rilievi ambientali, monitoraggi con altissima innovazione tecnologica e con l’uso di strumentazione all’avanguardia. Dei fondali ubicati nei nostri progetti conosciamo ormai tutto e, non le nascondo, che le devastazioni causate dall’uomo superano ogni immaginazione.
Esistono esempi virtuosi a livello internazionale di coesistenza tra impianti eolici offshore e pesca? Quali best practice possiamo adottare in Italia per replicare questi modelli di successo?
Esistono interazioni tra le marinerie del Nord Europa e le società che più di trent’anni fa hanno avviato progetti di eolico offshore in quegli specchi acquei. Ci sono esempi di protocolli d’intesa efficaci e altri in fase sperimentale. Io credo che nel Mediterraneo ci siano tutte le condizioni per valorizzare gli interessi economici dei pescatori, tutelare la biodiversità e produrre energia rinnovabili con l’eolico offshore e il fotovoltaico galleggiante. Dobbiamo guardare al futuro e saper cogliere le opportunità che la transizione ecologica ci spinge ad attivare. Ogni comparto deve rigenerarsi e guardare al futuro per essere meno impattante e più sostenibile. Abbiamo ancora tempo per costruire le nostre best practices e adattarle ai casi specifici, avviando un costante monitoraggio progettuale e diventando anche un modello positivo per altri Paesi del Mediterraneo che hanno le stesse nostre ambiziosi in termini di produzione energetica dal mare e di sostenibilità della pesca.
Il dialogo con le marinerie e le associazioni di categoria è fondamentale per affrontare questa transizione. Quali sono le prossime iniziative che Aero intende promuovere per costruire un percorso condiviso tra energia rinnovabile e comparto della pesca?
È fondamentale l’ascolto e il dialogo. Lo stiamo facendo, come accennavo in precedenza, con la Federpesca e la Flai Cgil, ma molti nostri soci lo alimentano anche con il mondo delle cooperative territoriali. Attraverso una cornice nazionale d’intenti dovremmo andare a definire, caso per caso, le azioni comuni e le intese per far coesistere i due settori. Nel 2024 abbiamo partecipato a tante iniziative locali organizzate da diversi attori del mondo della pesca e nel prossimo anno proseguiremo questa maratona di corretta informazione. Siamo amici dei pescatori e solo insieme potremmo coniugare quel necessario equilibrio che deve consentire ai nostri mari di continuare a svolgere quella preziosa funzione ecologica che alimenta la vita di tutti noi. È un obiettivo comune e non di una sola categoria. Per questo resto ottimista sulla capacità collettiva di costruire un percorso integrato che dia equilibrio e visione a vantaggio delle nuove generazioni.
Energia eolica offshore e pesca: intervista al Presidente di AERO
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