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Istamina: una minaccia controllata nella filiera ittica – L’istamina, comunemente nota come scombrotossina, è una tossina alimentare che può svilupparsi nel pesce, in particolare nelle specie appartenenti alle famiglie Scombridae e Scomberesocidae, come sgombri e tonni. Questa sostanza si forma naturalmente attraverso la trasformazione dell’amminoacido istidina, presente nei tessuti del pesce, in seguito all’azione di specifici batteri. Sebbene in passato fosse una problematica diffusa, oggi il rischio associato all’istamina è stato significativamente ridotto grazie ai progressi tecnologici e alle rigorose normative in vigore in Europa.
La formazione dell’istamina è strettamente legata alle condizioni di conservazione del pesce. Se il pescato non viene immediatamente refrigerato o congelato a temperature inferiori a 4°C, l’attività enzimatica promossa da batteri naturalmente presenti nei tessuti può portare a un accumulo di istamina. Questo rischio si manifesta in modo particolare nei pesci ricchi di istidina libera, come il tonno e lo sgombro. Tuttavia, l’industria europea ha implementato soluzioni all’avanguardia per prevenire tale fenomeno, rendendo il consumo di questi prodotti ittici sicuro per il pubblico.
Grazie alle moderne tecniche di refrigerazione e congelamento, il livello di istamina nei prodotti ittici disponibili sul mercato europeo è oggi estremamente basso. Ad esempio, nel tonno in scatola, i livelli di istamina sono generalmente compresi tra 1 e 30 ppm (parti per milione), ben al di sotto dei limiti di sicurezza fissati dall’Unione Europea, che consentono un massimo di 50 ppm. Tali livelli sono monitorati attraverso controlli rigorosi lungo tutta la filiera, dalla pesca alla lavorazione e alla distribuzione. L’industria ha adottato standard ancora più stringenti, con soglie che spesso si attestano al di sotto dei limiti normativi per garantire una tolleranza anche durante i processi di lavorazione.
L’avvelenamento da istamina, noto come sindrome sgombrotossica, è una rara forma di intossicazione alimentare che si manifesta rapidamente dopo il consumo di pesce contaminato. I sintomi, che possono includere vampate, mal di testa, nausea e rash cutanei, sono generalmente di breve durata e si risolvono autonomamente entro 24 ore. Tuttavia, episodi significativi di questa intossicazione sono ormai limitati a contesti dove le infrastrutture di refrigerazione e le pratiche igieniche sono carenti. Nei paesi europei, i casi registrati sono diventati sporadici, grazie alle misure preventive e agli alti standard di sicurezza alimentare.
È importante sottolineare che una volta formatasi, l’istamina non può essere eliminata tramite cottura o sterilizzazione. Per questo motivo, la prevenzione è cruciale. Le imbarcazioni moderne sono dotate di sistemi di refrigerazione avanzati, che mantengono il pesce fresco sin dal momento della cattura. Durante le fasi di lavorazione, le aziende seguono protocolli stringenti che includono test regolari per verificare i livelli di istamina e garantire il rispetto delle normative europee.
Nonostante i progressi compiuti, il problema dell’istamina persiste in alcune aree del mondo, dove le condizioni igieniche e le infrastrutture di conservazione sono inadeguate. In questi contesti, l’assenza di una catena del freddo efficiente può favorire lo sviluppo di livelli pericolosi di istamina. Questo sottolinea l’importanza di una continua sensibilizzazione sull’importanza della corretta gestione del pescato, non solo per proteggere la salute dei consumatori, ma anche per promuovere la qualità e la sicurezza dei prodotti ittici a livello globale.
In Europa, la combinazione di normative rigorose, innovazione tecnologica e impegno dell’industria garantisce che il rischio legato all’istamina sia oggi estremamente ridotto. I consumatori possono quindi acquistare e consumare prodotti ittici con fiducia, certi che dietro ogni confezione ci siano anni di ricerca, prevenzione e controlli volti a tutelare la loro salute.
Istamina: una minaccia controllata nella filiera ittica
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