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La rinascita delle pescherie passa dalla relazione con i clienti – C’è un’aria nuova tra i banchi del pesce, e non è solo il profumo del mare. A guidare la rinascita delle pescherie indipendenti è il ritorno di un protagonista dimenticato: il pescivendolo. Quello che non si limita a vendere un prodotto, ma che guarda il cliente negli occhi, lo ascolta, lo accompagna. Che sa consigliare un’alternativa stagionale, raccontare una ricetta semplice, suggerire un abbinamento. E soprattutto, sa creare fiducia.

Sue MacKenzie, presidente della National Federation of Fishmongers e titolare del The Fish Shop nel Surrey, Inghilterra sud-occidentale, è oggi una delle figure simbolo di questo cambiamento. Il suo negozio è diventato un punto di riferimento per la comunità non solo per la qualità del pesce, ma per il modo in cui lo propone, lo racconta, lo condivide. Perché la differenza, oggi, la fa l’esperienza.

Sue ha trasformato la sua pescheria in un luogo di incontro. La vetrina non è solo una distesa ordinata di filetti e crostacei, ma una scenografia studiata con cura e creatività per incuriosire, invogliare, far venire voglia di cucinare. Le conversazioni con i clienti iniziano spesso con “cos’hai di buono oggi?” e finiscono con un sorriso e un “ci provo!”. È lì, in quel passaggio, che avviene la magia: il cliente non è più un acquirente distratto, ma una persona coinvolta, informata, ispirata.

Il lavoro di Sue non si ferma alla porta del negozio. Sui social condivide idee, ricette, consigli. Parla di promozioni, stagionalità, eventi. Organizza degustazioni serali, crea menù per le festività, ascolta le esigenze delle diverse comunità culturali. Non solo conosce i gusti dei suoi clienti, ma li anticipa. E questo genera fedeltà, passaparola, relazione.

In un’epoca dove tutto è diventato impersonale e veloce, il pescivendolo torna ad essere figura centrale: un professionista competente, un selezionatore fidato, un narratore del mare. Il pesce non è più un acquisto da fare di corsa il venerdì. Diventa parte della quotidianità, anche grazie alla semplicità con cui può essere preparato, quando qualcuno ti spiega come farlo.

Il coinvolgimento del consumatore è il vero punto di svolta. È lì che si vince o si perde la partita. Chi entra in una pescheria per la prima volta ha bisogno di sentirsi accolto, non giudicato. Ha bisogno di capire la differenza tra orata di allevamento e pescata, tra un prodotto locale e uno proveniente da chissà dove. Ha bisogno di qualcuno che gli dica con semplicità “prova questo, è fresco e facile da cucinare”.

E quel qualcuno oggi esiste, ed è in crescita. In Regno Unito, il ritorno della pescheria indipendente è realtà. I numeri parlano chiaro, ma più dei numeri parlano le persone: clienti che ritrovano il piacere di comprare pesce in modo consapevole, di cucinarlo, di condividerlo.

Il segreto è tutto lì: dare al consumatore un ruolo attivo nella filiera, renderlo partecipe, ascoltarlo. È una rivoluzione silenziosa, che nasce dalla qualità, ma si afferma nella relazione. E che in Italia potrebbe trovare terreno fertile, se solo si smettesse di dare per scontata la ricchezza della nostra offerta ittica.

C’è bisogno di pescivendoli che non si limitino a “mettere il pesce in mostra”, ma che sappiano comunicare il valore del prodotto, la sua provenienza, il suo impatto. C’è bisogno di trasformare il banco del pesce in uno spazio vivo, dinamico, familiare. Dove si costruisce fiducia, si tramandano ricette, si rinnova ogni giorno il legame con il mare.

Il futuro della filiera passa da qui: non solo da grandi strategie industriali, ma da piccoli gesti quotidiani, autentici, che parlano alle persone. Il pescivendolo non è un mestiere del passato. È un mestiere del presente, se sa guardare negli occhi il futuro.

La rinascita delle pescherie passa dalla relazione con i clienti

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