E purtroppo la biodiversità è davvero in pericolo
Il cambiamento climatico in atto minaccia di accompagnare alcune specie del Mare nostrum verso l’estinzione, trasformando il Mediterraneo in un ambiente sempre più caldo e tropicale. Tra quelle più a rischio c’è la Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande. A partire dal 2016, un’epidemia ha determinato una mortalità senza precedenti della specie, con un tracollo di oltre il 95% delle popolazioni e l’inserimento nella lista rossa IUCN in “pericolo critico” (critically endangered).
Del resto, Copernicus, il programma dell’Unione Europea per l’osservazione della Terra, ha già avvisato, con due mesi di anticipo sulla fine dell’anno, che il 2024 sarà il più caldo mai registrato.
E anche il mare ne paga le conseguenze. In agosto, la temperatura media superficiale del Mediterraneo ha stabilito un nuovo record assoluto toccando i 28,9 °C, con punte superiori ai 30 °C. L’enorme quantità di calore assorbita si trasferisce sotto forma di energia e umidità alla circolazione atmosferica ed è all’origine di eventi meteorologici estremi come quello di fine ottobre di Valencia, dove in sole tre ore e mezza è caduta una quantità di pioggia che di solito si attende in un intero anno.
Mediterraneo sempre più tropicale
La tropicalizzazione del Mediterraneo sta mettendo in pericolo la grande biodiversità del nostro hotspot, casa di tante specie uniche e introvabili in altre regioni del mondo. Il riscaldamento delle acque, infatti, ha portato all’ingresso di specie “aliene”, molte delle quali provenienti dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano attraverso il Canale di Suez, che stanno rapidamente occupando le nicchie ecologiche di quelle indigene. Negli ultimi anni anche sulle coste italiane sono cominciati gli avvistamenti di specie esotiche come il pesce scorpione, il pesce palla maculato e il pesce coniglio. A fare le spese del nuovo ecosistema che si sta delineando c’è anche Pinna nobilis, conosciuta anche come “nacchera di mare”, ovvero il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo in virtù di una conchiglia che può superare il metro di altezza.
Il progetto europeo per salvare il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo
Siamo prossimi all’estinzione di un mollusco che svolge un importante ruolo ecologico perché cresce nelle praterie di Posidonia oceanica, dando vita a uno degli ecosistemi più complessi e preziosi del Mediterraneo, offre sostegno e rifugio a tante altre specie di invertebrati, filtra fino a 3.000 litri d’acqua al giorno e aiuta a contrastare l’erosione dei fondali.
Per tentare di salvare la specie, alla fine del 2021 è stato avviato il progetto europeo LIFE PINNA che si svolge in quattro regioni italiane e una slovena ed è guidato da Arpal, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure, avvalendosi di un partenariato di importanti enti pubblici e privati come l’Università di Genova, l’Università di Sassari, il Parco Nazionale dell’Asinara, la società Shoreline, l’Istituto Nazionale di Biologia della Slovenia e Triton Research.
I ricercatori monitorano i fondali, per individuare e proteggere gli ultimi esemplari sopravvissuti nei nostri mari e per mettere a punto le tecniche di allevamento in cattività. Hanno anche cominciato a trasferire alcuni giovani individui in specifiche aree pilota, dal Mar Ligure all’Alto Adriatico, per cominciare il ripopolamento della specie. In particolare, negli ultimi mesi, dopo accurate analisi genetiche che hanno escluso la presenza di microrganismi patogeni, alcuni esemplari di Pinna nobilis sono stati trapiantati dalla Laguna Veneta all’Area Marina Protetta di Capo Mortola, al confine tra Italia e Francia, e vengono costantemente monitorati. Nello stesso periodo, nell’Area Marina Protetta di Bergeggi (SV) i ricercatori hanno utilizzato delle pinne realizzate con la stampante 3D del Fablab (Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare) per effettuare un test di valutazione dell’idrodinamismo dei fondali, nell’ottica di individuare i siti più protetti dalle correnti marine e dalle mareggiate. Nel laboratorio di Camogli, inoltre, i biologi stanno anche tentando la strada, mai realizzata prima per questa specie, della riproduzione in cattività che consentirebbe di allevare i molluschi prima di reintrodurli in natura. Per ora hanno ottenuto un primo grande successo, la fecondazione, portando le larve a uno sviluppo mai raggiunto in precedenza.
Cambiamento climatico, un ulteriore ostacolo ai tentativi di ripopolamento
I cambiamenti climatici stanno complicando lo sviluppo del progetto, in quanto i ricercatori si devono confrontare con condizioni ambientali sempre più estreme. Le alte temperature del mare potrebbero avere un ruolo importante nella diffusione dell’epidemia e, la scorsa estate, l’esplosione della mucillagine nell’Adriatico ha ulteriormente rallentato il reperimento di nuovi esemplari. Il ritrovamento di individui superstiti di Pinna nobilis ancora in salute è essenziale per proteggerli e per studiare le loro capacità di adattamento a livello genetico ed ecologico. Così, per ottenere nuovi dati, sono stati coinvolti anche i comuni cittadini e le associazioni di subacquei con l’avvio di una campagna di Citizen Science denominata “Segnala la Pinna!”, che ha permesso di raccogliere su una piattaforma digitale creata ad hoc decine di segnalazioni di esemplari vivi in tutta Italia.