Il progetto IPEPAC rivoluziona l’acquacoltura a Cuba

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Il progetto IPEPAC rivoluziona l’acquacoltura a Cuba – Il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze si conferma protagonista nel panorama internazionale della ricerca agro-industriale, guidando un ambizioso progetto volto a promuovere pratiche sostenibili e innovative nel settore. È il caso del progetto IPEPAC, realizzato in collaborazione con il MINAL e il Grupo Empresarial de la Industria Agroalimentaria, finanziato dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Svilupposede dell’Avana, che in linea con gli obiettivi globali di sostenibilità dell’Agenda 2030 (SDG n. 12, Responsible Consumption and Production), interviene per rivoluzionare il settore dell’acquacoltura a Cuba attraverso la trasformazione degli scarti della lavorazione del pesce in preziose risorse per la produzione di mangimi. L’iniziativa non solo affronta la crescente domanda di proteine animali, ma promuove anche l’economia circolare in un contesto segnato da sfide come l’embargo e la scarsità di materie prime.

Cuba, con le sue abbondanti risorse idriche dolci e marine, ha un potenziale significativo per lo sviluppo dell’acquacoltura. Tuttavia, attualmente il settore è ostacolato dalla difficoltà di reperire ingredienti proteici per l’alimentazione dei pesci, che rappresentano il costo più elevato nella produzione dei mangimi.

“Implementando un modello virtuoso nella provincia di Sancti Spíritus, IPEPAC mira a creare punti di raccolta e lavorazione degli scarti che possono essere facilmente replicati in altre province dell’isola”, dichiara la prof.ssa Giuliana Parisi del DAGRI, coordinatrice del progetto. “Questa strategia non solo fornirà ingredienti nutrizionali essenziali per l’allevamento ittico, ma contribuirà anche a garantire alimenti sani, nutrienti e sostenibili per la popolazione cubana”.

Il programma IPEPAC ha messo in luce l’importanza di fornire assistenza tecnica multidisciplinare, con particolare attenzione all’acquacoltura e alla progettazione di linee di lavorazione agroalimentare grazie al coinvolgimento diretto e all’attività che nell’ambito del progetto viene svolta dal dott. Francesco Garbati Pegna del DAGRI. In tale contesto, l’iniziativa IPEPAC è stata affidata al Dipartimento di Agraria dell’Università di Firenze, che vanta un team di esperti con competenze specifiche e una consolidata esperienza nella cooperazione con Paesi in via di sviluppo.

Il DAGRI ha già collaborato attivamente al programma IPEPAC durante una missione a Cuba nel 2019, lavorando a stretto contatto con GEIA, il Grupo Empresarial Industria Alimentaria, per orientare il programma e formulare gli interventi.

La convenzione tra AICS e DAGRI si inserisce in un accordo-quadro firmato nel 2016 con l’Università di Firenze, il cui obiettivo è quello di promuovere la cooperazione nel settore dello sviluppo agricolo e della valorizzazione del territorio.

Il progetto IPEPAC rivoluziona l’acquacoltura a Cuba

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Giovani, social e sostenibilità. Sfide e opportunità per il settore ittico

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Giovani, social e sostenibilità. Sfide e opportunità per il settore ittico – Il modo in cui le nuove generazioni si informano sta rivoluzionando il panorama della comunicazione. Secondo l’ultimo Eurobarometro Youth Survey, i social media sono diventati la principale fonte di notizie per i giovani europei (42%), superando la televisione (39%). Allo stesso tempo, il 76% degli intervistati ha dichiarato di essere stato esposto alla disinformazione, e il 70% si ritiene capace di riconoscerla.

Questi dati pongono una sfida cruciale per il settore ittico, della pesca e dell’acquacoltura: come comunicare efficacemente con le nuove generazioni e, al tempo stesso, combattere la disinformazione che rischia di compromettere la percezione della sostenibilità e dell’affidabilità del comparto?

Il consumo consapevole di prodotti ittici è un tema sempre più discusso, ma la diffusione di notizie fuorvianti o imprecise ha reso necessaria una comunicazione più trasparente e diretta. Instagram (47%) e TikTok (39%) sono le piattaforme più utilizzate dai giovani per informarsi, ma sono anche le più esposte a contenuti distorti, spesso privi di fondamento scientifico. Miti su sostenibilità, certificazioni, modalità di pesca e qualità dei prodotti ittici si diffondono velocemente, minacciando l’immagine di un settore che investe sempre di più in tracciabilità e innovazione.

Come il settore può affrontare la sfida?

Per rispondere a questa sfida, l’industria ittica deve adottare strategie digitali efficaci, puntando su contenuti chiari, visivamente accattivanti e basati su dati scientifici. La narrazione deve avvicinarsi alle modalità di fruizione dei giovani, utilizzando video brevi, infografiche e storytelling esperienziali.

Inoltre, è essenziale collaborare con influencer e content creator che possano veicolare messaggi autorevoli e verificati, contrastando la disinformazione con un linguaggio semplice e diretto. Le campagne sui social possono evidenziare aspetti chiave come il valore nutrizionale del pesce, le certificazioni di sostenibilità e le reali pratiche della pesca e dell’acquacoltura, sfatando i falsi miti che spesso alimentano pregiudizi e diffidenze.

Verso un’informazione responsabile

La consapevolezza del problema è già un primo passo. Il settore ittico e della pesca hanno l’opportunità di posizionarsi come fonti di informazione affidabili per le nuove generazioni, investendo in comunicazione digitale mirata e in iniziative educative che promuovano una maggiore conoscenza del mondo della pesca e dell’acquacoltura.

Raggiungere i giovani là dove si informano è essenziale per costruire un dialogo aperto e contrastare le narrazioni distorte. Se il settore saprà cogliere questa sfida, potrà non solo difendere la propria reputazione, ma anche guadagnare la fiducia di una nuova generazione di consumatori sempre più attenta alla sostenibilità.

Giovani, social e sostenibilità. Sfide e opportunità per il settore ittico

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Mowi investe nel futuro con l’acquisto di Sanda Island

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Mowi investe nel futuro con l’acquisto di Sanda Island – Mowi, leader mondiale nell’acquacoltura, ha compiuto un passo strategico con l’acquisizione di Sanda Island, un’isola situata al largo della penisola di Kintyre, in Scozia. Questo ambizioso investimento non solo rafforza la presenza dell’azienda nel settore dell’allevamento di salmoni, ma apre nuove opportunità nel turismo sostenibile, creando posti di lavoro e valorizzando il territorio.

L’azienda prevede di sviluppare un nuovo impianto di acquacoltura offshore lungo la costa orientale dell’isola, portando alla creazione di 14 nuovi posti di lavoro nel settore ittico. Contestualmente, il piano di Mowi comprende anche il recupero delle infrastrutture esistenti, con la ristrutturazione dell’hotel e degli alloggi per favorire l’ospitalità turistica. Per garantire la gestione di queste strutture, verrà assunta una famiglia o una coppia di custodi, con l’obiettivo di creare un ecosistema sostenibile che possa attrarre visitatori e residenti.

L’acquacoltura nelle isole scozzesi non è una novità per Mowi, che ha già sviluppato con successo allevamenti di salmoni a Rum, Muck e Colonsay, contribuendo al miglioramento delle infrastrutture locali e alla crescita economica delle comunità. L’azienda punta ora a replicare questo modello su Sanda Island, migliorando i collegamenti con la terraferma e installando ormeggi per yacht per incentivare il turismo nautico.

Ben Hadfield, direttore operativo di Mowi per Scozia, Irlanda, Isole Faroe e Canada orientale, ha dichiarato: “Abbiamo l’opportunità di fare qualcosa di molto speciale con Sanda Island. Il nostro obiettivo è combinare sostenibilità, innovazione e sviluppo economico per offrire nuove possibilità alla comunità locale e ai visitatori.”

Oltre a Sanda Island, Mowi ha recentemente acquisito anche Fladda-chuain, un’isola situata a tre miglia dalla punta settentrionale di Skye, anche se i progetti per questa località non sono stati ancora resi noti.

Questo investimento si inserisce in una strategia più ampia di crescita sostenibile, che mira a potenziare il settore dell’acquacoltura riducendo l’impatto ambientale e promuovendo al contempo lo sviluppo economico delle aree costiere.

Mowi investe nel futuro con l’acquisto di Sanda Island

 

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Il salmone norvegese in Italia tra crescita, responsabilità e nuove sfide globali

Il salmone norvegese in Italia tra crescita, responsabilità e nuove sfide globali

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Il salmone norvegese in Italia tra crescita, responsabilità e nuove sfide globali – Negli ultimi anni, il salmone norvegese si è affermato come uno dei protagonisti indiscussi del mercato ittico italiano. Dai ristoranti di sushi ai poke bar, passando per la grande distribuzione, il consumo di salmone è cresciuto a ritmi impressionanti, ridefinendo non solo le abitudini alimentari degli italiani, ma anche le strategie commerciali del settore. Tuttavia, dietro i numeri da record si celano sfide complesse che riguardano la sostenibilità, la gestione delle risorse e l’impatto di un’industria globale in costante evoluzione.
Pesceinrete ha scelto di approfondire questi temi con Tom-Jørgen Gangsø, Direttore Italia del Norwegian Seafood Council.
Non si tratta di un’intervista pensata per celebrare successi facili, ma di un’occasione per esplorare in modo trasparente le dinamiche che stanno plasmando il futuro del salmone norvegese in Italia. Quali sono le opportunità da cogliere? Dove si nascondono le criticità? E soprattutto, come può un’industria globale crescere in modo sostenibile, senza perdere di vista la responsabilità verso l’ambiente e i consumatori?

L’Italia è nota per la sua forte tradizione legata al pesce locale, malgrado ciò quello italiano è diventato uno dei mercati più dinamici per il salmone norvegese. Quali sono, secondo lei, i fattori chiave di questo successo? È solo una questione di trend o c’è una strategia più profonda dietro?

Il successo del salmone norvegese in Italia è stato sicuramente favorito dalle nuove tendenze alimentari, ma alla base di questa crescita c’è la preferenza dei consumatori italiani, da sempre attenti alla qualità, al gusto e alla sostenibilità del prodotto. Aspetti che, per quanto concernono il salmone norvegese, sono supportati e garantiti anche dal ruolo fondamentale di una value-chain dinamica e altamente efficiente: la stretta collaborazione tra esportatori e produttori del mercato locale, e poi tra rivenditori fino alle catene della grande distribuzione al dettaglio e della ristorazione, garantisce che il prodotto raggiunga il consumatore finale con la massima qualità.
Ormai integrato nella tradizione culinaria italiana, soprattutto durante il periodo natalizio, il salmone si è affermato come un ingrediente estremamente versatile, capace di adattarsi a ricette sia classiche che moderne. Che sia servito crudo, affumicato, al forno, in padella o come ingrediente di pasta e pizza, la sua capacità di soddisfare i palati italiani in molteplici occasioni ne ha consolidato la popolarità.
Inoltre, la crescente attenzione verso un’alimentazione sana ed equilibrata ha reso il salmone una scelta sempre più diffusa, grazie al suo elevato contenuto di proteine, omega-3, vitamine A, D e B12 e antiossidanti.
Questo aspetto nutrizionale ha contribuito ulteriormente al suo successo nel mercato italiano, rafforzando la percezione del salmone norvegese come un alimento non solo gustoso, ma anche salutare e adatto a uno stile di vita bilanciato.

Quando una domanda cresce così rapidamente, il rischio è quello di inseguire il mercato anziché guidarlo. Come riuscite a mantenere il controllo e garantire che la qualità resti al centro?

Non possiamo semplicemente inseguire l’obiettivo di soddisfare la domanda esistente, poiché ciò potrebbe portare a vulnerabilità future e soprattutto a una perdita di qualità del prodotto. Su questo punto, le istituzioni e gli enti norvegesi lavorano al fianco delle aziende ittiche per delineare misure rigorose volte a mantenere il controllo sulla qualità.
Oltre a implementare pratiche sostenibili di acquacoltura, che includono severi controlli sulla salute dei pesci e sull’uso di mangimi certificati e sostenibili, la qualità viene garantita attraverso l’uso di tecnologie avanzate e processi di monitoraggio continui. Un esempio è il monitoraggio remoto delle vasche da parte di operatori specializzati, che utilizzano telecamere di ultima generazione installate nelle gabbie per verificare in tempo reale vari aspetti come la quantità di cibo somministrata, il comportamento dei pesci, l’eventuale presenza di parassiti e altre anomalie. Questo sistema permette interventi tempestivi per ripristinare le condizioni ottimali all’interno delle gabbie e garantire la massima qualità del prodotto.

Quello della “sostenibilità” è un tema ricorrente nelle campagne promozionali, ma cosa significa davvero per il Norwegian Seafood Council? Quali azioni concrete state portando avanti per garantire un impatto ambientale ridotto?

Per la Norvegia, la sostenibilità è un principio cardine nella gestione delle risorse marine, lungo tutta la filiera di produzione. La Norvegia è stata tra i primi Paesi a regolamentare in modo rigoroso il settore dell’acquacoltura, ponendo la sostenibilità come prerequisito essenziale per garantire la redditività e la sopravvivenza dell’intero comparto.
Le azioni concrete si articolano su più livelli. Innanzitutto, la legislazione norvegese impone norme severe per minimizzare l’impatto ambientale degli allevamenti, garantendo ampi spazi per i pesci e il rispetto del loro ciclo di vita naturale. Gli impianti devono essere situati in acque attraversate da correnti fredde e ossigenate, e ogni allevamento viene chiuso e bonificato per tre mesi dopo la raccolta di una generazione di salmoni, assicurando così il ripristino dell’ecosistema marino. In base alle normative vigenti in Norvegia, solo il 2,5% del volume degli impianti può essere occupato dai pesci, mentre il restante minimo 97,5% dall’acqua; condizioni che garantiscono non solo che scorra sempre acqua pulita nelle gabbie, ma soprattutto che i salmoni vivano in ambiente che garantisca loro un buon benessere per l’intero ciclo di vita.
Inoltre, l’alimentazione dei salmoni segue standard rigorosi, con un mangime attentamente bilanciato composto per il 70% da ingredienti vegetali e per il 30% da materie prime di origine marina, riducendo così la pressione sulle risorse ittiche selvatiche.
In Norvegia, sostenibilità significa equilibrio tra innovazione, rispetto dell’ambiente e garanzia di un prodotto sicuro e di alta qualità per i consumatori di oggi e di domani.

Il cambiamento climatico sta influenzando anche le aree di produzione norvegesi. Quali sono le principali sfide ambientali che affrontate oggi e come intendete gestirle nel lungo periodo?

Siamo consapevoli che l’ottima qualità dei prodotti ittici norvegesi è frutto anche dell’ambiente e della incontrastata natura del nostro paese. Il cambiamento climatico è una sfida globale che tanti settori stanno affrontando, e potrebbe arrivare ad avere un impatto anche sui nostri ecosistemi marini.
Per affrontare questa sfida, la Norvegia ha adottato un approccio scientifico e basato sui dati, con continui investimenti in ricerca e innovazione per garantire la resilienza del settore. L’industria norvegese collabora con istituti di ricerca marini per monitorare gli effetti del cambiamento climatico sugli habitat naturali del salmone e su altre specie ittiche, sviluppando soluzioni mirate per mitigare gli impatti ambientali.
Tra le principali sfide, sicuramente l’aumento delle temperature del mare è un fattore che può influenzare l’acquacoltura, con risvolti sia positivi che potenzialmente negativi: come aspetto positivo, un leggero aumento della temperatura dell’acqua può portare il salmone a crescere più velocemente. Lato negativo invece, qualora la temperatura dell’acqua diventasse troppo calda si potrebbe osservare una riduzione della crescita, con conseguenze sul benessere dei pesci. Tuttavia, nel breve termine, le condizioni per l’acquacoltura del salmone in Norvegia rimangono favorevoli: il salmone infatti prospera in acque fredde e, se c’è una cosa di cui la Norvegia dispone in abbondanza, è l’acqua fredda dei nostri mari, perfetta per l’allevamento del salmone.
Un altro fattore che può impattare il settore ittico sono le condizioni meteorologiche estreme, come le tempeste, che possono causare danni ad alcune infrastrutture e impianti di acquacoltura, ma anche questo è un punto su cui l’industria si sta adoperando, mettendo in atto misure efficaci per garantire la sicurezza e la stabilità degli impianti.

L’industria ittica norvegese ha dimostrato di sapersi adattare ai cambiamenti, grazie soprattutto alla sua grande capacità di innovazione e alla collaborazione tra produttori, esperti, enti di ricerca ed istituzioni. L’auspicio del settore è che questa nostra capacità continuerà ad aiutare l’industria ad adattarsi alle nuove condizioni che potrebbero presentarsi in futuro, e che oggi ancora non conosciamo.

Oggi i consumatori chiedono trasparenza. Come garantite la tracciabilità del salmone lungo tutta la filiera, dal mare fino alla tavola?

Il salmone norvegese viene tracciato lungo tutta la filiera – dalle prime fasi di allevamento fino al consumatore finale – utilizzando una combinazione di sistemi e processi di tracciamento avanzati per garantire trasparenza, sostenibilità e sicurezza alimentare.

Ogni fase della produzione è monitorata attentamente, e ogni singolo salmone spedito dalla Norvegia ha il suo “passaporto” di tracciabilità, che include informazioni come il luogo in cui è stato allevato, come è stato lavorato e confezionato, la data di confezionamento, qualità e peso. Dopo un’ulteriore lavorazione del pesce, a quest’ultimo vengono assegnati dei numeri di lotto che lo seguiranno fino a quando non raggiungerà il consumatore finale. In alcuni casi, gli operatori includono un codice QR sull’imballaggio finale o sull’etichetta del prodotto, che i consumatori possono scansionare per ottenere informazioni sulla provenienza del prodotto, sulle pratiche di produzione e sulle misure per la sostenibilità messe in atto lungo il processo produttivo.

Il Norwegian Seafood Council rappresenta con orgoglio il marchio d’origine Seafood from Norway, simbolo di provenienza di tutti i prodotti ittici norvegesi.
Le aziende che desiderano utilizzare questo marchio devono includere un processo di verifica per garantire che i prodotti rispettino i criteri di origine e tracciabilità. Questo sistema assicura che ogni salmone norvegese possa essere rintracciato fino alla sua origine, offrendo ai consumatori la trasparenza e la fiducia che cercano.

Il Norwegian Seafood Council funge da ponte tra i produttori norvegesi e i mercati internazionali. Qual è il vostro ruolo specifico nel supportare le aziende norvegesi in Italia?

Il nostro ruolo si concretizza in una serie di iniziative mirate a valorizzare e promuovere i prodotti ittici norvegesi in Italia, come in altri paesi del mondo. Organizziamo eventi di rilievo, sia a livello nazionale che locale, nelle regioni dove il pesce norvegese è parte della tradizione culinaria, creando occasioni di incontro tra operatori del settore, chef, consumatori e media. Attraverso conferenze e attività educative, sensibilizziamo stakeholder, professionisti e pubblico sulla qualità, la sostenibilità e il valore del pesce norvegese.
Inoltre, supportiamo la visibilità dei prodotti attraverso partnership strategiche, campagne di marketing e collaborazioni con la grande distribuzione e il settore della ristorazione, assicurandoci che il salmone e gli altri prodotti ittici norvegesi siano adeguatamente rappresentati sul mercato italiano.

Come valutate l’efficacia delle vostre attività in Italia?

L’Italia è un mercato fondamentale per i prodotti ittici norvegesi come stoccafisso, baccalà e salmone, e allo stesso tempo rappresenta un banco di prova grazie alla grande e crescente attenzione degli italiani per la qualità e la sostenibilità.
Il nostro obiettivo principale è valorizzare i prodotti ittici norvegesi lavorando insieme all’industria norvegese e agli attori locali sul mercato italiano, per aumentarne la consapevolezza e la preferenza tra i consumatori italiani.
Le numerose campagne di marketing e di comunicazione, insieme alle attività nei punti vendita e nella GDO, e le relative analisi di risultati sono per noi strumenti fondamentali per valutare l’efficacia delle nostre azioni e il ritorno sulla visibilità e riconoscibilità del prodotto.

Il successo del salmone è legato anche alla sua capacità di adattarsi alle nuove tendenze, come il boom del poke e della cucina fusion. Quali saranno, secondo lei, i prossimi trend che influenzeranno il consumo di salmone in Italia?

Il poke è l’ultima delle ricette fusion ad essere diventata un trend in Italia. La presenza del salmone norvegese in tante cucine etniche di tutto il mondo, come quella giapponese, e ora anche mediterranea, offre interessanti opportunità per sperimentare nuove combinazioni e influenze culinarie.
Grazie alla sua capacità di adattarsi a ricette tradizionali e moderne, e alla sua versatilità, siamo convinti che il salmone beneficerà molto probabilmente anche della tendenza più generale del mercato, ovvero l’apertura di nuove catene di ristoranti che offrono diverse tipologie di cibo e cucine. Recentemente, infatti, abbiamo assistito all’inserimento del salmone in molte di queste offerte alimentari – dalla piadina agli hamburger, ai toast, ai panini, fino gli ormai famosissimi poke.
È facile ipotizzare che il suo consumo continuerà a essere influenzato dalle tendenze legate alla salute e alla sostenibilità, rispondendo così alla crescente domanda di alimenti nutrienti e sostenibili. Il profilo nutrizionale unico del salmone, ricco di Omega-3, vitamine e proteine, lo rende perfetto per diete salutari, mentre l’impegno per pratiche sostenibili ne aumenta l’apprezzamento tra i consumatori attenti all’ambiente.
Inoltre, va monitorato nella grande distribuzione il sempre più presente segmento ready to eat, che sembra adattarsi perfettamente alla richiesta di consumare il salmone in un modo più semplice e veloce, mantenendo intatte le sue straordinarie caratteristiche nutrizionali.

L’innovazione non riguarda solo il prodotto, ma anche la comunicazione. Come si racconta oggi il valore del salmone norvegese a un pubblico sempre più informato e attento alla sostenibilità?

Oggi, raccontare il valore del salmone norvegese a un pubblico sempre più informato e attento alla sostenibilità significa adottare un approccio di comunicazione innovativo, basato su autenticità, competenza e trasparenza. Il Norwegian Seafood Council utilizza una strategia multicanale per coinvolgere i consumatori, combinando narrazione ed evidenze scientifiche. Attraverso campagne su stampa, TV, social media e piattaforme digitali, vengono condivise storie che valorizzano l’ambiente naturale unico della Norvegia, le pratiche di acquacoltura sostenibile e la tradizione secolare della pesca norvegese. Inoltre, il racconto prosegue attraverso eventi, degustazioni e strumenti digitali che favoriscono un dialogo diretto con il pubblico, anche attraverso la voce di food influencer e chef che, tramite le loro ricette, raccontano ed esaltano il valore gastronomico del salmone norvegese.

Se dovesse immaginare il mercato italiano del salmone tra cinque anni, quali cambiamenti si aspetta in termini di domanda, distribuzione e percezione del prodotto?

Nei prossimi anni, è probabile che il consumo di salmone continui a crescere e ad evolversi seguendo le tendenze già in atto. Inoltre, basandoci sulle nostre analisi e sui nostri dati, prevediamo che entro il 2030 in Italia saranno consumate oltre 160mila tonnellate di salmone, e che la crescita verrà trainata da diversi settori, tra cui la vendita al dettaglio, la ristorazione e il delivery.
Prevediamo anche una maggiore e più capillare distribuzione del salmone norvegese in tutto il paese, grazie anche allo sviluppo di nuovi canali digitali e dell’e-commerce, accompagnata da un’offerta più ampia di formati monodose e packaging sostenibili.
Interessante sarà anche l’espansione delle soluzioni pensate per uno stile di vita sempre più dinamico, come quello che si sta diffondendo in Italia: come detto in precedenza, nella grande distribuzione, il segmento ready to cook potrebbe lasciare sempre più spazio al ready to eat, rispondendo alla richiesta di praticità senza compromessi sulla qualità e la freschezza.
In uno scenario in cui il consumatore sarà sempre più attento al rispetto dei criteri di sostenibilità, e alla disponibilità di prodotti sani e gustosi, ci aspettiamo di vedere quindi un ulteriore sviluppo nell’offerta della categoria salmone, con prodotti e soluzioni che rispondano a questi crescenti driver di consumo.

Il salmone norvegese in Italia tra crescita, responsabilità e nuove sfide globali

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Pesce e microplastiche, un legame inquietante che minaccia la nostra salute

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Pesce e microplastiche, un legame inquietante che minaccia la nostra salute – Un recente studio sottoposto a revisione paritaria ha gettato luce su una realtà preoccupante: il 99% dei campioni di pesce analizzati contiene microplastiche. Su 182 campioni esaminati, ben 180 hanno mostrato tracce di queste minuscole particelle, rilevate in cinque diverse specie ittiche e nei gamberetti rosa della costa occidentale degli Stati Uniti. Questi dati sollevano interrogativi cruciali non solo per l’industria ittica, ma anche per i consumatori di tutto il mondo.

Le microplastiche, frammenti inferiori a 5 mm derivanti dalla degradazione di materiali plastici, si infiltrano negli ecosistemi marini attraverso diverse fonti: dalle fibre tessili rilasciate durante i lavaggi domestici, ai residui di imballaggi e prodotti industriali. Secondo i ricercatori, oltre l’80% delle microplastiche individuate nei campioni analizzati sono fibre di origine tessile, sottolineando l’impatto diretto delle nostre abitudini quotidiane sull’ambiente marino.

Particolarmente allarmanti sono i risultati relativi ai gamberetti, che presentano i livelli più alti di contaminazione. Questo fenomeno è probabilmente legato al loro regime alimentare basato sul plancton, che tende ad accumulare microplastiche nelle acque superficiali. Anche pesci come le aringhe e le giovani lamprede mostrano concentrazioni significative, mentre il salmone reale, analizzato solo nei filetti, presenta livelli più bassi.

Le implicazioni per la salute umana sono inquietanti. Le microplastiche possono trasportare sostanze chimiche tossiche come PFAS, bisfenolo e ftalati, associate a patologie gravi quali cancro, disturbi endocrini e neurotossicità. Recenti studi suggeriscono persino la capacità di queste particelle di attraversare la barriera ematoencefalica e placentare, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari e complicazioni neonatali.

Nonostante la gravità della situazione, gli esperti non consigliano di eliminare i frutti di mare dalla dieta. Le microplastiche, infatti, sono presenti in numerosi altri alimenti e persino nell’acqua potabile. Tuttavia, pratiche semplici come sciacquare accuratamente il pesce possono contribuire a ridurne la presenza.

La vera sfida risiede nelle politiche ambientali e nella responsabilità collettiva. L’introduzione di filtri per microplastiche nelle lavatrici e la riduzione dell’uso della plastica monouso rappresentano passi fondamentali per contrastare questa emergenza. Non basta cambiare le abitudini alimentari: è necessario un impegno globale per ridurre la plastica all’origine.

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