L’aumento della domanda globale di vongole spinge l’export vietnamita

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L’aumento della domanda globale di vongole spinge l’export vietnamita – Il mercato globale delle vongole sta vivendo una crescita significativa, trainata da una domanda in aumento che alimenta l’espansione delle esportazioni del Vietnam. Nel solo mese di agosto 2024, il Paese ha esportato vongole per un valore vicino ai 10 milioni di dollari, registrando un aumento del 29% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Complessivamente, nei primi otto mesi del 2024, il fatturato ha superato i 65 milioni di dollari, con una crescita del 19%. Questi numeri sottolineano il ruolo centrale delle vongole nel panorama delle esportazioni vietnamite, contribuendo per oltre il 52% al totale delle esportazioni di prodotti ittici.

Il Vietnam possiede oltre 41.500 ettari dedicati all’allevamento di molluschi, con una produzione annua che sfiora le 265.000 tonnellate. Di queste, le vongole rappresentano una parte predominante, con circa 179.000 tonnellate prodotte annualmente. Questo settore non solo contribuisce all’economia nazionale, ma fornisce impiego a circa 200.000 persone. Tuttavia, il cambiamento climatico e l’intrusione di acqua salata stanno esercitando una pressione significativa sulla produzione, in particolare sulle vongole, mettendo a rischio la stabilità a lungo termine del settore.

L’Unione Europea si conferma il principale mercato di sbocco per le vongole vietnamite, con l’Italia e la Spagna tra i maggiori importatori. La Spagna rappresenta il 26% del mercato, mentre l’Italia segue con il 21%. Sebbene le esportazioni verso la Spagna siano in continua crescita, quelle verso l’Italia mostrano una certa instabilità, con una tendenza al calo nel mese di agosto. Questo potrebbe indicare una temporanea riduzione della domanda o problemi logistici legati alla distribuzione.

Parallelamente, la Cina si sta affermando come il terzo più grande mercato di importazione per le vongole vietnamite. Le esportazioni verso il gigante asiatico hanno registrato un incremento impressionante, crescendo del 215% nei primi otto mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023. Questo forte aumento evidenzia l’importanza della diversificazione dei mercati per mantenere l’espansione delle esportazioni vietnamite.

Le imprese vietnamite del settore ittico sono ottimiste riguardo al futuro, prevedendo una crescita continua delle esportazioni di vongole nei prossimi mesi, sostenuta dalla crescente domanda globale di prodotti ittici di qualità. Il Vietnam si sta quindi posizionando come un leader nell’industria delle vongole, nonostante le sfide poste dalle condizioni climatiche e dal mercato.

L’aumento della domanda globale di vongole spinge l’export vietnamita

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Barriere artificiali in eolico offshore: habitat promettente per le specie marine

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Barriere artificiali in eolico offshore: habitat promettente per le specie marine – Il crescente dibattito sull’energia eolica offshore, tra perplessità e certezze, coinvolge sempre più stakeholder. Un recente studio dell’Università di Wageningen ha fornito nuove prospettive su questo tema. La ricerca ha introdotto barriere artificiali attorno al parco eolico offshore Borssele 1&2 nel Mare del Nord, con implicazioni promettenti per la vita marina.

Le barriere artificiali installate vicino ai parchi eolici offshore potrebbero contribuire in modo significativo alla creazione di habitat idonei per le specie marine. In particolare, l’introduzione di barriere artificiali nel parco Borssele 1&2 ha attirato un numero rilevante di merluzzi dell’Atlantico. Pubblicata su Royal Society Open Science, la ricerca ha evidenziato il potenziale di queste strutture nell’aumentare la biodiversità marina.

Nel 2020 sono state installate quattro barriere artificiali presso il parco eolico Borssele 1&2, composte da 45 tubi di cemento di diverse dimensioni. Dall’installazione, oltre 70 merluzzi dell’Atlantico sono stati catturati, dotati di trasmettitori acustici e successivamente rilasciati in mare. Sedici ricevitori sono stati posizionati attorno alle barriere artificiali per monitorare i pesci marcati e tracciare i loro spostamenti nel tempo.

I risultati dello studio rivelano che la maggior parte dei pesci è rimasta vicina alle barriere, sia all’interno che attorno ai tubi di cemento, suggerendo che queste strutture svolgono un ruolo cruciale come aree di alimentazione e rifugio. Le barriere artificiali si sono dimostrate più attraenti per i merluzzi rispetto alle pietre utilizzate per il controllo dell’erosione attorno ai monopali del parco eolico.

Le aperture più ampie offerte dalle barriere artificiali forniscono un rifugio sicuro per i merluzzi, promuovendo l’abitazione a lungo termine. Le barriere sono state installate sia su strati rocciosi che su fondali sabbiosi, attirando i merluzzi in egual misura, indipendentemente dal tipo di fondazione.

Sebbene i parchi eolici possano avere un impatto negativo sulla vita marina durante la loro costruzione e il loro funzionamento — a causa del rumore sottomarino, dei campi elettromagnetici generati dai cavi elettrici e del degrado dell’habitat — esistono anche potenziali risultati positivi. Secondo Benoît Bergès, ricercatore capo presso il Wageningen Marine Research, le barriere artificiali possono contribuire a creare habitat idonei per alcune specie del Mare del Nord. Ulteriori indagini sulla disponibilità di cibo e sul consumo energetico dei pesci attorno a queste barriere potrebbero determinare se tali strutture portino effettivamente a un aumento della produzione ittica, a vantaggio delle popolazioni di pesci.

Questo studio mette in luce la possibilità di armonizzare le infrastrutture per l’energia rinnovabile con gli sforzi di conservazione marina. Con il continuo sviluppo dell’energia eolica offshore a livello globale, iniziative come questa potrebbero offrire un modello per bilanciare la preservazione ecologica con la produzione sostenibile di energia.

Barriere artificiali in eolico offshore: habitat promettente per le specie marine

 

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Pesca oceanica: l’epopea italiana

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Pesca oceanica: l’epopea italiana – La marineria italiana ha vantato una solida tradizione nella pesca oltre gli stretti, comunemente chiamata pesca oceanica o atlantica. La prima marineria a esplorare le zone di pesca atlantiche fu quella di San Benedetto del Tronto. Agli inizi degli anni ’50, con motopescherecci d’altura (anche navi-fattoria da tremila tonnellate di stazza lorda), la flotta si spingeva a nord fino al Canada e a sud fino alle isole Falkland.

Il compartimento marittimo di San Benedetto del Tronto fece da apripista a molte altre flotte italiane, tra cui quella di Mazara del Vallo. Insieme,  rappresentavano la maggioranza delle imbarcazioni attive lungo le coste dell’Africa Occidentale, in paesi come Mauritania, Senegal, Guinea Bissau, Sierra Leone, Ghana, Nigeria, Angola e Namibia.

Gli anni ’80

Negli anni ’80, l’Italia contava circa 50 pescherecci oceanici che garantivano un considerevole approvvigionamento di risorse ittiche per il Paese, creando posti di lavoro ben retribuiti per centinaia di marinai, italiani e africani. In quegli anni non si parlava ancora di sostenibilità ambientale, in realtà non si avvertiva il fenomeno, per meglio dire non vi era educazione al rispetto dell’ambiente. La gestione delle risorse marine era affidata alla sensibilità dei comandanti dei pescherecci e delle compagnie armatrici, senza una regolamentazione specifica.

In poche settimane, una singola nave poteva arrivare a produrre tra le 300 e le 400 tonnellate di prodotto misto, tra cefalopodi demersali e crostacei. Tuttavia, non tutti rispettavano il mare allo stesso modo. La Comunità Europea, allora agli albori, non regolava ancora adeguatamente gli accordi bilaterali con i Paesi africani. Alcuni armatori, più spregiudicati, riuscivano a stipulare privatamente accordi vantaggiosi con gli Stati africani, consentendo la pesca anche in zone dove essa avrebbe dovuto essere interdetta, come entro le 12 miglia dalla costa.

L’Unione Europea e la globalizzazione

Se oggi le risorse ittiche scarseggiano in queste aree, l’ipersfruttamento degli anni passati ha avuto un peso significativo. Con l’introduzione di limitazioni severe da parte dell’Unione Europea e la globalizzazione, che ha aperto il mercato a prodotti ittici provenienti da tutto il mondo, insieme ai crescenti costi di produzione (specialmente quelli energetici), oltre il 90% delle aziende italiane del settore ha cessato l’attività.

Oggi rimane ben poco dell’epoca d’oro della pesca oceanica italiana. Pochissime imbarcazioni italiane continuano a lavorare in quelle aree. Alcuni operatori preferiscono utilizzare pescherecci battenti bandiere extracomunitarie, ma, nonostante siano consapevoli del danno arrecato all’ecosistema, riescono ancora a far arrivare prodotti ittici in Europa, aggirando divieti e riducendo i costi, spesso a scapito dell’onestà.

Pesca oceanica: l’epopea italiana

 

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Mitilicoltura: danni milionari e sfide per il settore in Puglia

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Mitilicoltura: danni milionari e sfide per il settore in Puglia – Il settore della mitilicoltura rappresenta una risorsa fondamentale per l’economia della Puglia, in particolare per la zona di Taranto, da sempre un punto di riferimento per la produzione di cozze di qualità. Tuttavia, negli ultimi anni, il settore ha subito gravi danni, mettendo a rischio non solo la produzione annuale, ma anche le prospettive a lungo termine. I dati parlano chiaro: si stima che la perdita per il settore mitilicolo tarantino ammonti a circa 8 milioni di euro, con oltre 9.000 tonnellate di prodotto andato perduto.

L’aspetto più preoccupante riguarda la perdita del 90% del seme, elemento cruciale per la produzione futura. Senza il seme, la produzione del prossimo anno è fortemente compromessa, sollevando preoccupazioni tra i produttori locali e le istituzioni. Il crollo delle attività di mitilicoltura non solo influisce sull’economia locale, ma anche su quella regionale, con ricadute su occupazione e indotto.

Per affrontare la crisi, un incontro recente tra l’assessore all’Agricoltura della Puglia, Donato Pentassuglia, e il commissario straordinario per le bonifiche di Taranto, Vito Felice Uricchio, ha segnato l’inizio di un percorso volto a trovare soluzioni efficaci e durature. Alla presenza di consiglieri regionali e altri attori istituzionali, si è discusso dell’importanza di una visione strategica che possa garantire non solo la ripresa immediata del settore, ma anche la sua sostenibilità nel lungo periodo.

Le audizioni in Commissione Sviluppo Economico del Consiglio regionale pugliese hanno evidenziato la necessità di un coordinamento sinergico tra le varie parti coinvolte. I consiglieri regionali hanno annunciato l’intenzione di presentare iniziative in vista del prossimo bilancio regionale, con l’obiettivo di dedicare maggiore attenzione e risorse alla mitilicoltura. Le soluzioni a breve termine, però, non bastano. Servono investimenti strutturali per garantire la sostenibilità del settore e mitigare i rischi legati ai cambiamenti ambientali, come l’inquinamento e l’acidificazione delle acque, che contribuiscono al deterioramento delle risorse marine.

Taranto, per la sua posizione strategica e le sue tradizioni legate alla pesca e all’acquacoltura, non può permettersi di perdere questo prezioso patrimonio economico e culturale. La mitilicoltura, se adeguatamente supportata, può continuare a essere un volano di sviluppo per l’intera regione.

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Evento conclusivo Pnt, gli interventi salienti

Tanti relatori d’eccezione per commentare lo stato della pesca nostrana

Contenuti elevati e grande partecipazione oggi, al convegno conclusivo del Pnt pesca ed acquacoltura organizzato da Agripesca. Abbiamo fatto il punto sullo stato dell’arte del comparto toccando tanti argomenti, dal tema sostenibilità all’accesso al credito passando per i limiti imposti dal regime di concorrenza europeo ed analizzando il mercato mondiale dal punto di vista della dotazione finanziaria.

L’incontro è stata occasione di confronto tra più voci, sempre alla ricerca del giusto modo di valorizzare la risorsa mare ed un’attività, quella della pesca, che tanto ha a che fare con il nostro essere italiani e mediterranei.

Ancora una volta Agripesca ha puntato i riflettori sulla necessità di avere normative che si concilino con il ciclo naturale e con le specificità dell’attività di prelievo dalla acque marine, con il tema dell’ammodernamento della flotta in chiave sostenibile e con l’impellenza di creare le condizioni di offerta aggregata per indurre le marinerie a riunirsi in strutture aggreganti.

Le sfide oggi sono globali e non possiamo più solcare le acque del mare nostrum da soli. Se è già complicato definire la portata del significato dell’arcipelago “mare”, strutturare una pesca competitiva diventa l’urgenza dell’oggi.

Le conclusioni del presidente Mario Serpillo hanno portato ad un parallelismo con il mondo agricolo, strozzato dalla burocrazia.

Si conclude in tal modo l’engagemenmt della Federazione Agricpesca nel Pnt. Ma siamo pronti a nuove ed ulteriori sfide.

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