La desertificazione bancaria indebolisce la filiera ittica

La desertificazione bancaria indebolisce la filiera ittica

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La desertificazione bancaria colpisce con intensità crescente le comunità costiere italiane, dove la pesca rappresenta ancora un presidio economico essenziale. La chiusura degli sportelli riduce la capacità delle imprese di gestire operazioni quotidiane che richiedono tempi rapidi e interlocutori diretti. Questa dinamica crea ostacoli evidenti nelle marinerie più piccole, che basano la loro stabilità su servizi finanziari accessibili. L’assenza di filiali vicine si traduce in costi aggiuntivi, ritardi e minore competitività.

L’intervento politico e il ruolo di Marco Falcone

La questione ha assunto dimensione europea grazie all’iniziativa dell’eurodeputato Marco Falcone, che ha sollevato il tema della desertificazione bancaria nelle sedi comunitarie. L’attenzione dedicata alle aree interne e insulari riporta in primo piano territori dove la filiera ittica svolge un ruolo decisivo. L’interrogazione presentata a Bruxelles punta a rafforzare la protezione dei servizi finanziari essenziali, perché la loro assenza incide sulla capacità delle imprese di programmare investimenti e affrontare la volatilità dei costi operativi.

Imprese ittiche tra costi crescenti e servizi ridotti

L’erosione della rete bancaria modifica la gestione finanziaria delle marinerie. Armatori e microimprese devono affrontare spostamenti più lunghi, difficoltà con le procedure digitali e maggiore burocrazia. Le attività legate alla filiera del freddo, alla manutenzione delle imbarcazioni e agli approvvigionamenti richiedono strumenti di credito tempestivi. La distanza dagli sportelli rende più complessa anche la gestione dei fondi europei, che spesso necessitano di documenti bancari immediati. L’intero settore risente quindi di un rallentamento strutturale.

Sicilia e Sardegna più esposte al rischio

Le regioni insulari registrano i maggiori disagi. La desertificazione bancaria avanza più velocemente dove la presenza pubblica e privata è già limitata. Le marinerie di Sicilia e Sardegna conoscono bene l’effetto combinato di costi logistici elevati e servizi territoriali ridotti. In questi contesti l’assenza dello sportello fisico non è un semplice disservizio, ma un fattore che amplia i divari e limita la capacità delle imprese di innovare.

Un nodo europeo che riguarda la competitività

La discussione aperta in Europa considera la desertificazione bancaria come una minaccia alla coesione territoriale. Il settore ittico rientra pienamente in questa riflessione, perché opera in territori dove la prossimità dei servizi finanziari rappresenta un elemento strutturale. La competitività delle imprese passa anche dalla tutela di presidi economici di base. Ridurre le distanze tra porti e credito significa rafforzare l’intera filiera e sostenere la resilienza delle comunità costiere.

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Amoroso: “Senza giovani il mare rischia di restare senza futuro”

Amoroso: “Senza giovani il mare rischia di restare senza futuro”

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“La crisi del ricambio generazionale nella pesca italiana rappresenta oggi uno dei principali fattori di vulnerabilità del comparto.” Lo ha dichiarato Natale Amoroso, presidente di AIC Pesca, intervenendo alla XXXIV Rassegna del Mare di Trapani, dove ha evidenziato le rigidità burocratiche e le lacune normative che rallentano l’ingresso dei giovani nel settore.

“Il percorso per diventare marinaio professionale è oggi troppo lungo e disincentivante,” ha spiegato Amoroso. “Tra tempi, requisiti di navigazione e vincoli amministrativi, un giovane raggiunge l’abilitazione se va bene intorno ai venticinque anni. Un tempo bastavano due anni di navigazione continua: la legge non è cambiata, ma sono cambiate le abitudini. Oggi in inverno i natanti si mettono in disarmo, cosa che una volta non succedeva spesso, e i giovani pescatori non maturano la navigazione necessaria per passare di grado. La burocrazia scoraggia chi vorrebbe intraprendere un mestiere che richiede invece tempestività, pratica e continuità.”

Il presidente di AIC Pesca ha sottolineato come “il sistema di abilitazioni e tabelle di armamento risponda ancora a logiche del passato, non più coerenti con l’attuale organizzazione del lavoro in mare. Manca un coordinamento interministeriale tra istruzione, lavoro e pesca che consenta di pianificare una reale transizione generazionale, e la discontinuità occupazionale rende impossibile completare i requisiti di navigazione.”

Secondo Amoroso, “la questione non riguarda solo l’occupazione giovanile, ma la tenuta complessiva della filiera. Senza nuovi ingressi, la capacità produttiva delle imprese di pesca rischia di ridursi ulteriormente nei prossimi anni, con impatti diretti sulla competitività, sulla gestione delle quote e sulla sicurezza a bordo.”

“È necessario – conclude Amoroso – un intervento deciso delle istituzioni per introdurre strumenti di semplificazione amministrativa, percorsi formativi più agili e incentivi mirati che permettano ai giovani di entrare stabilmente nel settore. Il futuro della blue economy italiana dipende anche dalla capacità di rendere attrattivo e sostenibile un mestiere che è parte della nostra identità e della nostra economia costiera.”

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Nuove soglie UE per rendicontazione e due diligence: cosa deve aspettarsi la filiera ittica

Nuove soglie UE per rendicontazione e due diligence: cosa deve aspettarsi la filiera ittica

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La riduzione degli obblighi di rendicontazione e degli obblighi di due diligence approvata dal Parlamento europeo apre uno scenario articolato per l’economia blu e la filiera ittica. La posizione negoziale adottata punta a semplificare gli adempimenti, circoscrivendo gli obblighi alle imprese di dimensioni molto grandi. Nonostante ciò, le ricadute indirette per il settore del pesce rimangono significative e richiedono attenzione.

Gli obblighi di bilancio di sostenibilità verranno applicati solo alle imprese con oltre 1.750 dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro, mentre la due diligence obbligatoria interesserà solo i gruppi con più di 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato. La maggior parte delle aziende della filiera ittica, composte in larga misura da PMI, resta quindi ai margini del perimetro normativo, ma non può considerarsi fuori dall’arena delle aspettative di mercato.

Che cosa si intende davvero per rendicontazione di sostenibilità

La rendicontazione di sostenibilità rappresenta un sistema organico di informazioni sugli impatti ambientali, sociali e di governance di un’impresa. Non si limita a un documento descrittivo, ma diventa un vero bilancio non finanziario affiancato al bilancio economico. L’azienda rende conto di come utilizza risorse naturali, energia e acqua, come gestisce emissioni e rifiuti, quali politiche adotta per sicurezza, welfare e parità di trattamento.

Nel settore ittico questi elementi riguardano lo sforzo di pesca, la tutela degli stock, la gestione degli impatti in acquacoltura, la tracciabilità delle materie prime, il benessere animale e le condizioni di lavoro lungo la catena del valore. La riduzione degli obblighi non elimina queste esigenze, ma sposta l’attenzione su un approccio più volontario, spinto soprattutto da mercati e clienti istituzionali.

Due diligence: dal quadro normativo alla filiera del pesce

La due diligence è il processo attraverso il quale un’impresa identifica, previene e mitiga i propri impatti negativi sulle persone e sull’ambiente lungo tutta la filiera. Nel comparto ittico significa valutare come si pescano o si allevano le specie, in quali condizioni operano i lavoratori a bordo e negli stabilimenti, quali rischi ambientali e sociali emergono nei porti di sbarco, nella trasformazione e nella logistica.

Con l’alleggerimento normativo, gli obblighi si applicano solo a un numero ristretto di grandi imprese. Tuttavia, queste imprese continueranno a richiedere garanzie solide a tutti i fornitori, soprattutto quando si tratta di prodotti ittici provenienti da Paesi terzi o da filiere complesse. L’effetto a cascata della due diligence resta quindi una costante anche in un quadro regolatorio più leggero.

Soglie più elevate e obblighi semplificati: che cosa cambia

L’innalzamento delle soglie riduce in modo significativo il numero di imprese obbligate. La rendicontazione settoriale diventa volontaria e gli standard saranno alleggeriti, con minori richieste qualitative e una maggiore flessibilità per le PMI, che non potranno essere sovraccaricate dai grandi partner commerciali.

Sul fronte della due diligence viene eliminato l’obbligo di predisporre un piano di transizione verso la piena conformità con l’Accordo di Parigi. La responsabilità sulle violazioni ricade sui sistemi nazionali, con sanzioni definite dagli Stati membri. Per il settore ittico questo significa un minor carico amministrativo diretto, ma anche un possibile rallentamento dei processi di allineamento tra obblighi legali e pratiche ESG consolidate.

Opportunità e rischi per la filiera ittica

Per le imprese ittiche medio-piccole la riduzione degli obblighi di rendicontazione e degli obblighi di due diligence rappresenta un sollievo amministrativo. Tuttavia, i principali mercati europei continueranno a chiedere dati solidi su origine del pescato, condizioni di lavoro, tracciabilità e impatti ambientali. I buyer che operano con politiche ESG interne o nell’ambito della GDO mantengono standard elevati anche in assenza di obblighi stringenti.

Per questo, investire in sistemi di tracciabilità, gestione dati e reporting integrato può trasformarsi in un vantaggio competitivo. Chi sceglierà di rimanere ancorato a un approccio minimale rischierà invece di perdere spazio all’interno delle catene del valore internazionali.

Il portale digitale UE come risorsa per le imprese del mare

La creazione di un portale digitale europeo unico con linee guida, modelli e informazioni sugli obblighi di rendicontazione (misura prevista dal pacchetto di semplificazione che il Parlamento europeo vuole introdurre) può rappresentare un’opportunità importante per la filiera. Anche se molti operatori non saranno soggetti a rendicontazione obbligatoria, la disponibilità di strumenti gratuiti può agevolare la costruzione di report credibili e coerenti con le aspettative di mercato.

Consorzi, organizzazioni di produttori e associazioni di categoria possono utilizzare questo strumento per accompagnare le aziende in percorsi di sostenibilità più leggeri e strutturati, migliorando la competitività complessiva del comparto.

Le prossime tappe e la strategia che serve alla filiera

La posizione approvata dal Parlamento europeo avvia ora i negoziati con il Consiglio e la Commissione, con l’obiettivo di finalizzare la legislazione entro la fine del 2025. La filiera ittiva può utilizzare questa fase di transizione per rafforzare sistemi di tracciabilità, raccolta dati e gestione degli impatti ambientali e sociali.

La sostenibilità non è più solo una questione di obblighi normativi, ma un elemento centrale di posizionamento e reputazione. Il settore ittico potrà competere meglio se saprà raccontare, e soprattutto dimostrare, la qualità del proprio operare in mare e a terra.

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Coldiretti, da tavolo tecnico ittico impegno comune per sostenere flotte Tirreno e Adriatico

Coldiretti, da tavolo tecnico ittico impegno comune per sostenere flotte Tirreno e Adriatico

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Far ripartire la pesca a strascico nel Tirreno dopo lo stop di novembre e garantire l’attività delle marinerie anche in Adriatico, con una puntuale pianificazione anche nel 2026, affrontando le criticità del regolamento europeo. È l’impegno comune venuto dal tavolo sulla pesca svoltosi nella sede del Masaf,a Roma, alla presenza del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, del sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra e della responsabile di Coldiretti Pesca Daniela Borriello, assieme alle altre associazioni di categoria.

L’unità di intenti e il forte spirito di squadra evidenziati soprattutto dalla condivisione con gli operatori del settore – rileva Coldiretti Pesca – rappresentano un elemento fondamentale per individuare e attuare soluzioni efficaci capaci di garantire un futuro sostenibile alle imprese ittiche italiane, grazie all’impegno e la collaborazione dimostrati dal Ministro, dal Sottosegretario e dalla Direzione Generale rispetto alla difficile situazione che sta attraversando il settore. Il tutto con l’obiettivo di portare le proposte maturate al prossimo consiglio Agrifish di dicembre.

L’obiettivo è far ripartire l’attività nel Tirreno, così come elaborare una proposta efficace per assicurare una corretta gestione delle giornate di pesca anche nel prossimo anno, sia nel Tirreno che in Adriatico. Il settore della pesca è una componente fondamentale del Made in Italy agroalimentare, con circa 12mila imbarcazioni per un giro d’affari complessivo di poco meno di 750 milioni di euro.

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EU Tightens Rules on Brine-Freezing for Tuna Safety

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The new EU regulation on brine freezing marks a decisive turning point for food safety and the competitiveness of the European fleet. With the adoption of Delegated Regulation (EU) 2025/1449, the European Commission has amended Annex III of Regulation (EC) 853/2004, introducing stricter requirements for purse seiners using brine-freezing systems. Starting 27 January 2026, only vessels capable of ensuring a continuous, validated freezing process at –18 °C will be allowed to place tuna on the EU market.
The measure, published in the Official Journal on 29 October 2025, represents a concrete acknowledgment of the technological investments made by European operators.

Real-time monitoring and certified vessels

The new legislative framework requires continuous electronic monitoring of brine temperature. These data must be accessible to competent authorities to guarantee traceability and compliance. Only approved vessels equipped with compliant freezing systems will be listed on the EU’s authorized register.
The objective is to eliminate fraudulent practices involving the refreezing of tuna—often associated with high histamine levels. The European Commission acted after years of inspections and RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) notifications highlighting health risks linked to improperly treated fish.

A recognition for the European fleet

The regulation rewards the European fleet, which has long implemented freezing and control procedures exceeding minimum international standards. Its adoption strengthens operators that have invested in innovation, digital systems and verifiable quality processes.
For the first time, the EU is aligning market access with the technological and safety levels required of its own operators, establishing a global reference model.

Economic and health impact

Full implementation of the regulation will naturally reshape the international tuna market. Non-EU fleets will have to meet the same requirements to export to the Union. This will raise overall product quality and reduce consumer risks.
The Commission’s focus on histamine hazards and labelling fraud demonstrates its commitment to public health while safeguarding responsible businesses.

Toward a more transparent and competitive market

The new EU regulation on brine freezing strengthens consumer trust and enhances the reputation of European-caught tuna. Clear requirements and validated vessel processes will enable more effective controls and greater transparency along the entire supply chain.
Europe thus reaffirms its leadership in the governance of frozen seafood products, consolidating coherence between safety, sustainability and industrial innovation.

Europêche welcomed the adoption of the Regulation, emphasizing how it rewards the technological and sanitary excellence already achieved by the European fleet.

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