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Obiettivo Net Zero: la sfida che l’industria ittica non può più ignorare – In un contesto globale in cui la sostenibilità è diventata la chiave d’accesso al mercato, anche l’industria ittica – da sempre colonna portante del sistema agroalimentare – si trova di fronte a una svolta epocale. La recente “Navigating Net Zero: A Guide to Customer Expectations”, redatta da Scotland Food & Drink Partnership, è un punto di riferimento imprescindibile per chi intende rimanere competitivo all’interno di un sistema commerciale che richiede sempre più trasparenza, responsabilità ambientale e capacità di adattamento.

Non si tratta più di una questione etica: Net Zero è un requisito commerciale.

Le grandi insegne della distribuzione – da Aldi a Tesco, da Lidl a Morrisons – stanno alzando l’asticella delle aspettative verso i fornitori, imponendo target climatici validati dalla Science Based Targets iniziative (SBTi), strumenti di tracciabilità delle emissioni e linee guida precise su packaging, rifiuti e deforestazione. Il mondo del foodservice segue lo stesso sentiero, come dimostrare gli impegni presi da giganti come Sodexo, Compass Group, Brakes e Sysco .

Questa guida rappresenta un’opportunità di orientamento strategico per tutti i produttori, trasformatori e fornitori – compresi quelli del comparto ittico – che vogliono rimanere sulla cresta dell’onda in un mercato in rapido cambiamento. Il messaggio è chiaro: chi non intraprende oggi un percorso verso la sostenibilità rischia di rimanere escluso domani dai grandi canali distributivi.

Per il settore ittico, in particolare, il tema della sostenibilità non si esaurisce nella tracciabilità o nella certificazione dei prodotti. Oggi si parla di emissioni di Scope 3 (Per il settore ittico, Scope 3 significa ad esempio: emissioni causate dalla pesca del fornitore esterno, quelle legate alla produzione del ghiaccio o del packaging, quelle causate dal trasporto via camion o nave, emissioni del consumatore quando cucina e smaltisce il prodotto), di gestione dei rifiuti lungo tutta la filiera, di riduzione dell’impatto ambientale delle confezioni, di uso responsabile dell’energia e persino di criteri sociali legati alla rendicontazione delle performance ESG (Environmental, Social, Governance).

Alcuni obiettivi contenuti nella guida parlano da soli: riduzioni delle emissioni operative del 60-70% entro il 2030, eliminazione della deforestazione entro il 2025, utilizzo esclusivo di packaging riciclabile o compostabile, dimezzamento dello spreco alimentare entro il 2030. Sono traguardi che i retailer e le multinazionali del foodservice stanno già traducendo in clausole contrattuali e sistemi di valutazione per i fornitori.

Cosa significa tutto questo per le aziende del comparto ittico?

Significa che è arrivato il momento di agire. Di fare rete con esperti di sostenibilità, di misurare la propria impronta di carbonio, di scegliere piattaforme di monitoraggio (come Manufacture 2030 o Mondra ) e di strutturare roadmap di riduzione delle emissioni in linea con i modelli scientifici. Ogni ritardo rischia di diventare un ostacolo commerciale.

In uno scenario dove i buyer della GDO chiedono prodotti buoni, sicuri e sostenibili, non basta più la qualità organolettica o il rispetto delle normative: serve una visione a lungo termine, comunicata con trasparenza e validata con dati.

Chi opera nel settore della pesca e dell’acquacoltura – e ancora di più chi si occupa di trasformazione, confezionamento e distribuzione – ha ora tra le mani una guida concreta per leggere il futuro prossimo. Un documento tecnico, sì, ma con un messaggio potente: il Net Zero non è una moda, è il nuovo standard di mercato .

Il consiglio? Leggere, analizzare e agire. Perché essere parte della soluzione non è più un’opzione. È una necessità per sopravvivere e prosperare.

Obiettivo Net Zero: la sfida che l’industria ittica non può più ignorare

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