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«Lo chiediamo da tempo di adeguare l’Iva sulla produzione alle aliquote di altri Stati Ue nostri concorrenti come Francia e Spagna. Questo consentirebbe di vendere ad un prezzo più basso e favorirebbe una grande espressione della pesca made in Italy, un segmento emergente dell’acquacoltura in tutto il Paese Lo chiediamo a maggior ragione adesso dal momento che l’ostrica resiste meglio di altri molluschi al granchio blu e la riduzione dell’Iva è diventata una necessità per poter dare agli allevatori una possibilità di diversificazione. Quindi la sua coltivazione diventa importante per un settore a forte rischio per le innumerevoli perdite. È bene che il ministro Francesco Lollobrigida abbia rilanciato la proposta di riduzione dell’Iva dal 22% al 10%», dichiarano Legacoop Agroalimentare e Agci Pesca e Acquacoltura.
Quella della riduzione dell’Iva è «una proposta che abbiamo avanzato con tutti i gruppi parlamentari perché ci sono famiglie di pescatori da tutelare, economie di intere marinerie da difendere. L’ostrica non deve essere relegata a prodotto di lusso in quanto da noi è frutto del lavoro e della sapienza di secoli di tradizione. Alla base dell’ostricoltura non ci sono i luoghi comuni che vanno tanto di moda sui social, ma grandi esperienze di ricerca, di sperimentazione, di tecniche produttive in contesti ambientalmente straordinari. Si fa molto presto a fare ironia su una dichiarazione di un ministro, ma bisognerebbe sforzarsi di comprendere che in questo momento ci sono migliaia di persone che sono a rischio nelle loro attività economiche per colpa di un invasore alieno, il granchio blu, e che è un dovere poter cercare delle alternative».
Ostriche: non solo lusso, ma valore per l’Italia
Le ostriche non sono un lusso. «Nell’immaginario collettivo sono associate al lusso, alla Francia dove si lega allo Champagne, ma non sono e non devono essere un prodotto di lusso. E per questo è importante favorire consumo per il rilancio dell’ostrica italiana».
Grande valore di sostenibilità: le ostriche eliminano la Co2. Secondo una ricerca dell’Università di Ferrara, allevare ostriche, oltre che cozze e vongole, è un modo virtuoso per eliminare la Co2 dall’ambiente: un chilogrammo di ostriche è in grado di sottrarre all’ambiente 275,8 grammi di anidride carbonica e con l’attuale produzione annua italiana e mondiale, si arriva ad un abbattimento di 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica. «Con le sue caratteristiche di unicità e per le sue peculiarità che ne fanno un prodotto sostenibile e alleato dell’ambiente», spiegano le due associazioni.
Le ostriche, una storia italiana. La coltivazione delle ostriche ha una storia che parte da lontano, già dal tempo dei Romani. Nel 79 d.C. Plinio il Vecchio parla di allevamenti di ostriche a Pompei. Negli anni è riuscita ad avere numeri importanti tanto da essere esportata anche nella stessa Francia che poi ne ha fatto un vanto nazionale e di fatto ha colonizzato il mercato.
I numeri della produzione italiana
I numeri delle ostriche in Italia. Secondo dati recenti, oggi la produzione italiana di ostriche è di circa 500 tonnellate all’anno (erano appena 33 nel 2015), compresa la grossa fetta di produttori che fanno ri-immersione dall’estero, ovvero acquistano da Francia, Portogallo e Spagna e poi finiscono il processo in Italia. Numeri bassi rispetto ai cugini d’Oltralpe ne producono circa 85mila tonnellate mentre 10 anni fa erano 100mila. Inoltre ci sono gli ostricoltori che allevano ostriche da seme. Facendo una stima si tratta di meno della metà della produzione complessiva italiana, quasi 180 tonnellate delle quali 10 tonnellate circa alla Spezia, il resto tra Sardegna, Puglia, Emilia Romagna e Veneto. Si tratta di un settore con una crescita importante che va sostenuta. E quindi ecco richiesta di abbassamento dell’Iva per favorire i consumi.
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