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Si fa presto a dire Buyer! – Nel settore ittico, il termine “buyer” viene spesso usato in modo generico, come se chi acquista pesce per la distribuzione avesse un ruolo univoco e identico per tutte le categorie di prodotto. La realtà, però, è molto più complessa: il buyer del pesce fresco e il buyer dei prodotti ittici trasformati operano con logiche diverse, affrontano sfide specifiche e adottano strategie differenti per garantire un assortimento ottimale nel commercio all’ingrosso, nella ristorazione e nella grande distribuzione.
Perché questa distinzione è importante?
In un mercato sempre più influenzato da logiche di sostenibilità e filiera corta, il ruolo dei buyer sta evolvendo per rispondere alle nuove richieste dei consumatori e agli obiettivi di trasparenza imposti dalle normative. Questo significa che le decisioni di acquisto non sono solo basate su prezzo e disponibilità, ma sempre più su criteri di origine, impatto ambientale e percezione del valore da parte del cliente finale.
Molti operatori del settore, specialmente produttori e fornitori, tendono a rivolgersi ai buyer senza considerare le loro esigenze specifiche. Capire con chi si sta parlando è fondamentale per ottimizzare le trattative e aumentare le possibilità di successo commerciale. Ma non si tratta solo di una questione di strategie commerciali: essere buyer significa operare scelte complesse, spesso sotto pressione, bilanciando qualità, costi, disponibilità e richieste dei consumatori in un mercato in costante evoluzione.
Un ruolo strategico e complesso
Chi si occupa dell’acquisto di pesce fresco lavora con dinamiche simili a quelle dell’ortofrutta: i prodotti sono altamente deperibili, i flussi di fornitura devono essere costanti e programmabili, e la qualità del prodotto deve essere garantita nel tempo. Un margine di errore può tradursi in merce invenduta e perdite significative.
Dall’altro lato, il buyer dei prodotti ittici trasformati (surgelati, conserve, affumicati, prodotti ready-to-eat) ragiona con logiche industriali, incentrate su shelf-life più lunghe, marginalità, posizionamento di marca e strategie di assortimento che bilanciano brand e private label. Anche qui, la pressione è elevata: l’innovazione di prodotto e le strategie di marketing determinano il successo o il fallimento di un’intera categoria merceologica.
Le sfide dei buyer del pesce fresco
I responsabili acquisti del fresco devono affrontare diverse problematiche che incidono sulle loro scelte. Il prodotto nazionale spesso ha costi più elevati rispetto alle alternative di importazione, rendendo difficile il posizionamento a scaffale. La stagionalità e la frammentazione della filiera rendono complesso garantire una disponibilità costante. Inoltre, la shelf-life breve impone una gestione logistica impeccabile per evitare sprechi e scarti. Il consumatore non sempre è abitudinario nel consumo di pesce fresco, creando fluttuazioni nella domanda. Le regolamentazioni sulla pesca e le certificazioni di sostenibilità aggiungono ulteriori vincoli alle scelte di acquisto.
Le sfide dei buyer dei prodotti trasformati
Nel settore del trasformato, invece, le problematiche riguardano principalmente la competizione con i big player globali, con i prodotti italiani che devono competere con brand internazionali già consolidati nei surgelati e nelle conserve. Il consumatore spesso non percepisce un valore aggiunto nei prodotti ittici trasformati di origine italiana rispetto agli equivalenti esteri. Trovare un equilibrio tra costi di produzione, prezzi al consumo e posizionamento di marca rappresenta una sfida continua. L’appeal del prodotto è fondamentale per emergere nei banchi frigo e negli scaffali delle conserve, mentre le aziende del settore distribuzione puntano sempre più su marchi propri, cercando fornitori in grado di offrire qualità e prezzi competitivi.
Due strategie di acquisto, due mondi da comprendere
Le logiche di approvvigionamento di queste due categorie sono profondamente diverse, e un produttore che vuole entrare nei mercati retail e Horeca deve capire con chi sta parlando. Approcciare un buyer del fresco con argomentazioni valide per il surgelato, o viceversa, significa rischiare di non ottenere alcuna attenzione.
Essere buyer, però, non significa solo selezionare prodotti. Ogni scelta implica un calcolo attento delle variabili in gioco: bilanciare volumi e prezzi, gestire le relazioni con i fornitori, prevedere le tendenze di consumo e, soprattutto, ridurre al minimo il rischio di invenduto o di prodotti che non performano sul mercato. Un errore può avere ripercussioni su tutta la filiera, dal pescatore al punto vendita.
Ecco perché è fondamentale segmentare le strategie di vendita e comunicazione in base all’interlocutore. Mentre il buyer del fresco è attento alla continuità della fornitura e alla gestione della logistica, quello del trasformato valuta strategie di marketing, marginalità e posizionamento del prodotto. Entrambi, però, operano sotto una pressione costante per prendere decisioni rapide e ben ponderate.
Una professione di equilibrio e visione
Se per un consumatore il pesce è “semplicemente pesce”, per un buyer è una categoria altamente segmentata e con logiche di gestione molto diverse. Ogni scelta, ogni accordo con un fornitore, ogni variazione nel posizionamento di prezzo ha conseguenze dirette sul mercato e sulla competitività dell’azienda.
Essere buyer non è solo una questione di numeri e margini, ma richiede competenze trasversali, capacità di adattamento e una visione chiara del settore. Un fornitore che comprende queste dinamiche ha maggiori possibilità di successo rispetto a chi approccia la distribuzione con una visione semplicistica del mercato. Dietro ogni decisione di acquisto c’è un lavoro di analisi, valutazione e rischio che rende questo mestiere tanto delicato quanto strategico.
Si fa presto a dire Buyer!
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