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Tariffe USA sul seafood europeo, una minaccia per la filiera ittica – L’amministrazione Trump sta valutando l’introduzione di nuovi dazi del 25% sui prodotti agroalimentari provenienti dall’Unione Europea, e il settore ittico è tra quelli che rischiano di subire i contraccolpi più significativi. Secondo un’analisi di RaboResearch, curata da Barend Bekamp e Hosang Wu, le ripercussioni di questa politica protezionistica potrebbero incidere pesantemente su aziende e lavoratori del comparto, riducendo la competitività del seafood europeo negli Stati Uniti.
Uno degli elementi centrali dello studio riguarda il salmone norvegese, che, sebbene sia originario della Norvegia, viene spesso lavorato all’interno dell’Unione Europea prima di essere esportato negli USA. La trasformazione e il confezionamento di questo prodotto avvengono in diversi paesi europei, contribuendo alla creazione di valore aggiunto e occupazione nel settore della lavorazione ittica. Tuttavia, con l’introduzione delle tariffe americane, il mercato potrebbe subire una forte battuta d’arresto. Il rischio più immediato è che i produttori norvegesi decidano di bypassare completamente l’Unione Europea e inviare direttamente il salmone agli Stati Uniti, evitando così di incorrere nei dazi. Questo scenario comprometterebbe il ruolo della filiera europea nella lavorazione e nell’export, con ripercussioni dirette su stabilimenti e occupazione.
L’effetto delle tariffe non si limiterebbe solo al salmone norvegese. Gli Stati Uniti potrebbero anche decidere di potenziare le importazioni di prodotti ittici da paesi non colpiti dai dazi, come Canada e Cile, riducendo ulteriormente lo spazio per le esportazioni europee. L’industria della trasformazione e distribuzione del seafood rischia di trovarsi davanti a un drastico calo della domanda, con conseguenze a catena su tutta la filiera. Se a questo si aggiunge la possibilità di un aumento della produzione ittica interna negli USA, che potrebbe diventare più competitiva rispetto ai prodotti europei, si profila uno scenario complesso in cui il seafood dell’UE rischia di perdere una fetta importante del mercato americano.
L’Italia, con il suo forte legame con il settore ittico e la trasformazione dei prodotti del mare, non sarebbe immune da queste dinamiche. Le aziende italiane esportano verso gli Stati Uniti una varietà di prodotti ittici, tra cui salmone affumicato e lavorato, conserve ittiche e crostacei preparati per il mercato estero. Il rischio concreto è che l’imposizione di dazi renda questi prodotti meno appetibili per gli importatori americani, spingendoli a rivolgersi a fornitori di altri paesi. Un mercato così importante, dove il Made in Italy ha sempre avuto un forte richiamo, potrebbe diventare improvvisamente ostile per le imprese italiane, mettendo a rischio fatturati e posti di lavoro.
Per il settore ittico italiano si prospettano sfide non indifferenti. Alcune aziende potrebbero tentare di assorbire i costi dei dazi riducendo i margini di guadagno, ma questa strategia è rischiosa e difficilmente sostenibile nel lungo periodo. Altre potrebbero cercare di diversificare i mercati di sbocco, spostando parte delle esportazioni verso l’Asia o il Medio Oriente per compensare eventuali perdite negli Stati Uniti. Un’alternativa più strutturale potrebbe essere l’apertura di stabilimenti di trasformazione direttamente in territorio americano, evitando così l’imposizione dei dazi, ma si tratta di un’operazione che richiederebbe ingenti investimenti e una profonda riorganizzazione della produzione.
Le ripercussioni delle tariffe USA, tuttavia, non si fermerebbero al solo settore ittico. Una guerra commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti potrebbe avere effetti a cascata su tutto il commercio agroalimentare, con ritorsioni da parte dell’UE su prodotti americani strategici come la soia, ampiamente utilizzata nell’allevamento e nell’acquacoltura europea. L’eventuale aumento dei prezzi delle materie prime importate dagli USA potrebbe impattare anche il settore della produzione di mangimi, con conseguenze su tutta la filiera alimentare.
In questo scenario di grande incertezza, le aziende ittiche europee e italiane dovranno essere pronte a ripensare le proprie strategie per rimanere competitive. La partita si gioca su più fronti, dalla diplomazia commerciale agli investimenti industriali, fino alla capacità di trovare nuovi sbocchi di mercato. Se le tariffe diventeranno realtà, il settore ittico dell’UE dovrà affrontare una delle sfide più difficili degli ultimi anni, cercando di mantenere il proprio ruolo nel commercio globale senza perdere il valore aggiunto della trasformazione europea. Il Made in Italy ittico è pronto a difendersi da questa nuova tempesta tariffaria?
Tariffe USA sul seafood europeo, una minaccia per la filiera ittica
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